Il 5 aprile al Museo Archeologico Lametino di Lamezia Terme, alle 17.30, s’inaugura la mostra “Scultura Dipinta. Trasposizioni su carta vetrata” dell’artista Antonio Saladino.
L’evento sarà anticipato da una conferenza di presentazione. Il viaggio artistico tra passato e presente proseguirà sino al 5 maggio.
Promossa dalla Direzione Regionale Musei Calabria, e realizzata in collaborazione con il Museo Archeologico di Lamezia Terme, con il Patrocinio del Comune di Lamezia Terme e il coordinamento dell’Associazione Castalia, la mostra ha un valore anche intimo, in quanto avviene nel luogo in cui Saladino ha mosso i primi passi da artista.
«Per me è un onore esporre nella mia città natale e in questo prestigioso museo. Proprio in questo complesso monumentale, agli inizi degli anni ‘70, ho esordito con la mia prima personale», ha dichiarato il ceramista, scultore e pittore lametino.
L’esposizione si snoda in tre nuclei essenziali – ludico, introspettivo e spirituale – percorrendo il filo conduttore della creatività nonché le varie possibilità di intersezione che si creano tra un ambito tematico e l’altro, sollecitate da simboli, forme metaforiche e geometrie concrete.
Associazioni visive che non rifiutano l’ingerenza della parola come ulteriore veicolo del senso, lasciando che anche il titolo, mai didascalico ma certamente molto indicativo, partecipi al gioco delle rivelazioni.
«Nell’arco della sua produzione artistica, Saladino ha messo in atto una rottura semantica attraverso le sue ceramiche, in una presenzialità oggettuale reinterpretata, dove non è soltanto la figurazione tridimensionale ad occupare il primo piano del senso e dello spazio, ma anche la capacità di coordinamento sintattico della superficie, della pelle materica, delle cavità e quindi della capienza», ha spiegato Elisabetta Longo, curatrice della mostra in cui oggetti scultorei vengono catapultati nel presente dal repertorio archeologico, assumendo forme razionali o metaforiche di un’altra realtà.
Come recita il titolo della mostra, avviene una vera e propria trasposizione: lo scultoreo viene trasferito sulla carta vetrata che raddoppia la sua forza ieratica perché disattende e si affida all’utilizzo originale del supporto e della vivida essenza materica che traspare con naturalezza.
«L’artista esprime la sua ricerca linguistica in una raffinata narrazione ricca di suggestioni in bilico tra arte e archeologi – ha aggiunto Longo – in un’interessante esperienza visiva ed estetica, evocando le origini magnogreche della cultura calabrese».
Pertanto, l’esposizione della più recente produzione pittorica di Saladino non poteva che avvenire nella struttura museale lametina che, come ha evidenziato la direttrice Simona Bruni, «solca il fil rouge del suo percorso artistico, tra la ricerca e l’espressione di un’identità che dialoga con il suo tempo, la sua storia e il suo territorio».
Si tratta di un’operazione culturale che intende contribuire ad accrescere, soprattutto nel pubblico dei non addetti ai lavori, la consapevolezza di una familiarità con i linguaggi e gli strumenti dell’arte del proprio tempo.
«Miriamo a creare nuovi modi di fruire il museo, archeologico per vocazione ma che si pone come hub culturale in cui invitare artisti e professionisti della cultura a collaborare all’interno di un quadro interdisciplinare, consolidando la sinergia con le istituzioni locali e il mondo associazionistico», ha concluso Bruni. (rcz)