di SANTO STRATI – Il drammatico incendio all’Aeroporto di Catania ha, involontariamente, smascherato i magheggi sullo scalo reggino e la sua presunta inoperabilità: a causa dell’emergenza dei traffico aereo deviato da Catania, sono state momentaneamente rimosse le limitazioni al volo che fino a oggi hanno costituito l’alibi (non il deterrente) per atterraggi vietati a personale non addestrato specificamente. Si dirà, ma è un’emergenza, dopo torna tutto come prima, ovvero lo scalo dell’Aeroporto dello Stretto continuerà ad avere limitazioni per l’atterraggio. Ma se ci sono le condizioni di pericolosità (?) perché si fanno atterrare vettori aerei (tipo RyanAir che non ha mai voluto scucire un centesimo per la formazione dei piloti sulle specificità richieste per Reggio) rischiando qualche grave problema? Oppure – a pensar male si fa peccato, diceva Andreotti, ma spesso ci s’azzecca – è la palese dimostrazione che i fatti smentiscono, come al solito le affermazioni perentorie.
Abbiamo un precedente. Per anni ingegneri e fior di tecnici esperti di trasporto ferroviario sostenevano che i treni ad alta velocità potessero viaggiare sulla tratta Salerno-Reggio e le Ferrovie (con il concorso di dirigenti e funzionari che evidentemente non hanno in simpatia i calabresi) lo escludevano tassativamente, in assenza di nuove linee ferrate appositamente dedicate. Ebbene ad aprile 2019 (come documentato da Calabria.Live), a causa di un guasto a un Freccia Bianca diretto da Salerno a Reggio, non avendo altro a disposizione le Ferrovie utilizzarono un Frecciarossa. Regolarmente arrivato (senza ovviamente le velocità di sogno della tratta Salerno-Milano) a conferma che il materiale rotabile fino a Reggio era (è) in grado di sopportare un treno ad alta velocità come il Frecciarossa. Un anno dopo, il miracolo: dall’emergenza la conferma che si poteva fare e il 3 giugno 2020 è partito il collegamento ad alta velocità (insomma…) “senza limitazioni”.
Per analogia, credo, ci troveremo i soliti corvi che hanno gracchiato contro lo scalo a dire che sì, in realtà, sono limitazioni facilmente superabili e si vedrà. Secondo l’Enac (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile) lo scalo reggino è categorizzato secondo le indicazioni dell’Agenzia Europea sulla Sicurezza Aerea (AESA) che impone requisiti specifici di addestramento per l’atterraggio a Reggio. Il problema è che se il Tar ha dato torto alle limitazioni, dall’altra parte l’Enac già da gennaio aveva in programma di studiare, d’intesa con Sacal ed Enav, nuove procedure di volo, una fase di sperimentazione da avviare utilizzando le nuove tecnologie e la riqualificazione (programmata, mai iniziata) dei sistemi di aiuto visivi luminosi (AVL).
I reggini sono stanchi e non ci credono più, ma si stanno svegliando i politici e gli amministratori locali, prima fra tutti la senatrice Tilde Minasi che chiede conto al suo leader Salvini, che guarda caso è anche il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, perché tutte queste manovre contro lo scalo reggino, nonostante le tante promesse (al vento) e la posizione strategica dello scalo tra Messina e Reggio. Ci voleva l’emergenza per mostrare che si può volare (come accadeva tanti anni fa, con lo scalo sempre affollato) e si può atterrare, pur nel rispetto di ogni norma di sicurezza, ovviamente. Il problema, non ci stancheremo mai di ribadirlo, è politico: Reggio deve allearsi con Messina perché l’Aeroporto diventi davvero “dello Stretto”. Non servono scali e mete esotiche: basta moltiplicare i voli per Roma e Milano (da cui si va dovunque) e applicare tariffe accettabili. Sempre che si voglia tenere in vita l’idea di fare rete tra i tre aeroporti calabresi e non chiudere i due scali “minori” concentrando tutto su Lamezia (dove, peraltro, non funziona nulla e l’aerostazione – da terzo mondo – fa vergognare i calabresi di fronte a chi arriva. È la volta buona che si decolla davvero? Perdonate lo scetticismo, ma ci crediamo poco. (s)