Cannizzaro: Al Sud saranno destinate il 40% delle risorse del Recovery Fund

«Una vittoria epocale». Così l0ha definita il deputato e responsabile nazionale di Forza ItaliaFrancesco Cannizzaro, la notizia che al Sud saranno destinate il 40% delle risorse del Recovery Fund. E, questo, grazie all’impegno del ministro per il Sud, Mara Carfagna, che ha preteso che «nella versione definitiva fosse inserito un capitolo specifico Sud, che nel piano iniziale non era presente.

«È con il Pnrr che si gioca la partita del rilancio del nostro Paese. E da qui dipende soprattutto il futuro del Sud» ha ribadito Cannizzaro, che è intervenuto a Montecitorio in merito al Documento di Economia e Finanza 2021, che pone le basi per la legge di bilancio 2022.

«Un documento di basilare importanza – ha aggiunto – anzitutto perché parla di crescita, dopo il Def del 2020 che annunciava numeri drammaticamente negativi; in secondo luogo perché il protagonista di questa decisione di bilancio e di quelle dei prossimi anni sarà il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, incluso per non essere eluso».

Per il parlamentare calabrese, i singoli aspetti previsti dal Def, nei quali il Sud ha bisogno di priorità sono: alta velocità ferroviaria (ad oggi ferma a Salerno), con i due grandi progetti da finanziare delle direttrici Salerno-Reggio Calabria e Napoli-Bari; intermodalità e logistica integrata, per connettere strade, porti e ferrovie, valorizzando strategicamente le porte d’accesso al Mediterraneo; realizzazione concreta delle Zes; digitalizzazione, per colmare il clamoroso digital divide con il resto d’Italia.

Nell’intervento alla Camera, il deputato non si è soffermato solo sul Def: «il Covid ha, purtroppo, inciso profondamente sull’aspetto economico-produttivo. Sarà fondamentale, quindi, mettere in campo misure drastiche per rilanciare le imprese, passando dall’assistenza al rilancio, dal ristoro all’incentivo per gli investimenti, puntando sulle misure di decontribuzione per ridurre il costo del lavoro, uno dei principali ostacoli alla competitività per tutte le aziende».

«Non possiamo pensare – ha proseguito il deputato – ad un rilancio definitivo senza la rimodulazione e l’ammodernamento del sistema sanitario che, ad oggi, rappresenta una delle note più dolenti per tutto il Paese, soprattutto per il Sud. Dopo anni in cui la Sanità è stata vista solo come un costo da tagliare, il Pnrr ed anche la prossima legge di bilancio dovranno segnare un’inversione di tendenza in tema Sanità, dando priorità al Meridione per attuare pienamente quel diritto alla salute sancito dalla Nostra Costituzione». 

«Mi auguro – ha concluso – che questo Def possa farci sentire tutti quanti, poi, più orgogliosamente italiani, compattandoci in un Governo di unità nazionale per superare la guerra e segnare una bella pagina di storia, quella del rilancio definitivo del Paese e, chiaramente, del Sud!». (rrm)

L’OPINIONE/ Rita De Lorenzo (Idm): Recovery Plan rischia di essere altro specchietto per le allodole

di RITA DE LORENZO* – Con il Recovery Plan, l’Italia sta decidendo di destinare cospicue risorse anche allo sviluppo del Mezzogiorno, come passaggio indispensabile per la crescita di tutto il Paese. Solo attraverso investimenti che mirino alla crescita del Sud, si può attuare una ripresa strutturale e sostenibile dell’economia italiana. Tali investimenti che vanno dal turismo all’agricoltura, dalla logistica all’energia e alle infrastrutture, saranno fondamentali per creare sviluppo, lavoro e crescita economica a valle del blocco, ormai interminabile, per la pandemia.

Il Recovery Plan è un’occasione assolutamente da non perdere per ancorare il Sud all’Italia e all’Europa, rendendolo punto centrale di una nuova geo-economia che vede nell’area Euro-Mediterranea uno dei fulcri vitali del vecchio continente.

L’obiettivo è quello di eliminare il divario tra Nord e Sud, destinando i fondi alla riduzione dell’isolamento del sud del Paese, attraverso la realizzazione di infrastrutture concepite come un organismo integrato al processo di sviluppo che si intende realizzare. Infrastrutture che creano valore in quanto opera, non soltanto quindi un progetto economico ma anche sociale. Viene pertanto naturale pensare alla Sicilia e alla Calabria che ancora pagano un prezzo altissimo, a causa di infrastrutture obsolete. Ma penso anche all’alta velocità che vede il suo naturale completamento nelle tratte Salerno-Reggio Calabria e Messina-Catania-Palermo. E sogno anche un collegamento stabile tra Reggio Calabria (Villa San Giovanni) e Messina, quel Ponte sullo Stretto dalla cui realizzazione ormai non si può più prescindere. 

Sono tutte opere indispensabili, da realizzare necessariamente attraverso una visione unitaria, tutte contemporaneamente fondamentali per lo sviluppo non solo delle due regioni ma dell’Italia e dell’Europa. Senza dimenticare il ruolo fondamentale del Porto di Gioia Tauro, nello sviluppo delle connessioni e di un sistema integrato dei trasporti come unico strumento per rilanciare l’economia e rendere finalmente competitivo il nostro territorio.

Purtroppo, la distrazione della classe politica meridionale figlia della logica centralista che, invece di soddisfare gli interessi del Mezzogiorno d’Italia, risponde alla logica dei capi romani, per cui già il fatto che il Ponte sullo Stretto sembra non essere più sull’agenda di Governo, così come la realizzazione di altre opere fondamentali non arrivano sul tavolo europeo, rappresentano un rischio concreto che il Recovery Plan sia un altro specchietto per le allodole. Questo è un’altra denuncia che Italia del Meridione ha messo in evidenza a difesa delle esigenze dei territori e dell’intero sud.

Oggi, è la Comunità Europea stessa che ci ricorda che con la sperequazione e i divari di cui soffre il nostro Paese non potrà esserci alcun sviluppo, situazione peggiorata a causa della pandemia. Italia del Meridione non è un luogo geografico ma una prospettiva politica che intende costruire attraverso un nuovo intervento straordinario per il Mezzogiorno, attraverso la grande capacità della partecipazione e della militanza. Oggi c’è da capire esattamente la strategia da mettere in campo che non vale più soltanto per le regioni del sud ma per l’Italia tutta. (rdl)

*Vicesegretario Regionale IdM Reggio Calabria, con delega alle Infrastrutture e Recovery Plan

Mariateresa Fragomeni: Il Sud spende poco e male i fondi europei

La candidata a sindaco di Siderno, Mariateresa Fragomeni, ha dichiarato che il Sud spende poco e male i fondi europei, e che serve invertire la rotta.

La Fragomeni, infatti, ha ricordato che non ci sono solo «problemi legati all’idoneo utilizzo dei fondi, ma anche al completamento delle opere pubbliche, come dimostra la spesa di poco più di 3 miliardi dei 47,3 miliardi di euro stanziati del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione dal 2014 al 2020, pari solo al 6,7% delle risorse disponibili. E la percentuale di opere avviate e non completate, nel 2017: 647 opere pubbliche, di cui il 70% localizzate al Sud, per un valore di 2 miliardi».

«Sarà, dunque necessario – ha aggiunto – saper spendere i fondi europei, a partire da quelli di Next Generation Eu, incanalandoli innanzitutto nel filone della transizione digitale ed ecologica come indicato dall’Ue. Con particolare attenzione ai giovani e alle donne, e a tutti i settori sui quali è fondamentale intervenire, sanità, scuola, infrastrutture. Questa è un’occasione storica, che non si ripresenterà facilmente in futuro, un’occasione da non perdere per passare finalmente da un Sud “Cenerentola” d’Italia a Sud motore di sviluppo per l’intero Paese».

La candidata a sindaco di Siderno, infine, ha auspicato che «il positivo confronto sul Sud, promosso dalla ministra per il Sud, Mara Carfagna, in vista dell’elaborazione del Pnrr e della definizione dell’accordo di partenariato, dia i suoi frutti». (rrc)

DRAGHI, LA MISSIONE È RILANCIO DEL SUD
OBIETTIVO: STOP ALL’INCAPACITÀ DI SPESA

di SANTO STRATI – C’è un positivo risultato dalla due giorni promossa dalla ministra Mara Carfagna sulle idee per far ripartire il Sud: il Mezzogiorno è stato al centro del dibattito politico, con un’evidente assunzione di responsabilità del Presidente del Consiglio Mario Draghi (in apertura dei lavori) e del ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco (in chiusura). Il Governo, in buona sostanza, è cosciente che “esiste” un problema Mezzogiorno, che esiste un divario che si allarga ogni giorno di più tra Nord e Sud e che, obiettivamente, non è più tollerabile.

Non era, né voleva essere, un’operazione mediatica (peraltro riuscita anche in questo senso), bensì un progetto di ascolto e raccolta di idee dal territorio (oltre 500 le proposte inviate via web) e la formale assunzione di impegni istituzionali per cambiare il presente. La parola magica è rinnovamento, là dove il Paese riuscirà ad offrire uguali opportunità a ciascuno dei suoi abitanti, indipendentemente dal suo luogo di residenza o, peggio, di provenienza. Non è più accettabile che la spesa dello Stato corrisponda a circa 320 euro per un cittadino del centro Nord e di malcontati venti euro per un cittadino del Mezzogiorno. Occorre partire da questa considerazione, fatta propria dal presidente Draghi, se si vogliono davvero creare i presupposti sociali per una nuova stagione di inclusione e coesione: senza il Sud il Paese non riparte e, d’altra parte, il Nord non va avanti se vengono a mancare i consumi del Mezzogiorno. Quindi è necessario un impegno comune che travalichi posizioni antistoriche tra Nord e Sud e pensi unicamente al bene del Paese, un Paese unito, coeso, solidale.

Soprattutto emerge da queste assise di riscossa del Sud l’elemento chiave che spiega la causa del divario e di un apparente abbandono delle aree meridionali: l’incapacità, fin qui dimostrata, di saper spendere (sia nel Mezzogiorno sia in tutto il Paese). È un punto anticipato da Draghi nel suo discorso di apertura, ma ripreso dai tanti autorevoli oratori che si sono susseguiti e ribadito infine dalla ministra Carfagna: « I soldi ci sono – ha detto –, bisogna trasformarli in opere. Noi abbiamo un modello di efficacia: il ponte Morandi. Ha rappresentato una grande tragedia nazionale. Però ha rappresentato anche un modello di efficienza. All’indomani del crollo, le istituzioni hanno saputo fare squadra, rete, hanno messo da parte contrapposizione e lavorato in un’unica direzione e anche le imprese hanno accelerato ogni procedura. Nessuno si perse in ricorsi e cavilli. Dopo un anno, Genova piangeva ancora i suoi morti e la ferita profonda, però aveva il suo ponte. Oggi, davanti a un’emergenza così larga, che riguarda circa 20 milioni di cittadini meridionali, il loro benessere, futuro, speranze e diritti. Il nostro dovere di classe dirigente è individuare i modi e gli strumenti per replicare su scala nazionale e meridionale quel modello di efficienza. Il governo è già all’opera per individuare questi strumenti».

Teniamo a mente quest’ultima affermazione. L’impressione è che, stavolta, il Governo abbia la volontà politica di fare e non di perdersi in chiacchiere, secondo tradizione. Il Mezzogiorno ha bisogno di interventi, il ministro dell’Economia Franco lo ha detto senza girarci intorno: serve un impegno corale che deve vedere tutti remare nella stesa direzione. Le risorse ci sono – questo è chiaro, fin troppo evidente – serve però la volontà politica per un grande rilancio del Paese che passi attraverso un obiettivo trasversale di rinascita di tutto il Meridione.

È quello che viene fuori da queste singolari assise che hanno visto una grande partecipazione e una grande voglia di contribuire, ognuno con le proprie competenze, a delineare un disegno strategico che servirà a far decollare il Sud. Anche perché è l’ultima spiaggia. Quando ricapita una situazione che richiama, per certi versi, il dopoguerra con il Piano Marshall? L’Italia venne ricostruita in breve tempo, conquistando un ruolo di primo piano in Europa: oggi siamo alle soglie di un nuovo Piano Marshall che deve far ripartire il Paese e bisogna esser pronti appena la pandemia cesserà di essere un nemico insidioso e invisibile, avversario della socialità e dello sviluppo, artefice di morti e sventure economico-finanziarie, ma non un nemico imbattibile.

Per questo, bisogna essere pronti. La prima bozza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – come Calabria.Live aveva indicato subito, lanciando l’allarme – non aveva preso in alcuna considerazione la Calabria, oggi, nella riscrittura della bozza che dovrà essere presentata tra 40 giorni a Bruxelles, la Carfagna ha detto che vuole far emergere il “peso” del Sud in ogni capitolo del PNRR: il Sud – ha annunciato la ministra – intercetterà circa il 50 % degli investimenti.

«Abbiamo scelto – ha detto la ministra Carfagna – di legare insieme le principali priorità per lo sviluppo: assistenza contro la povertà educativa, lotta alle mafie, irrobustimento delle infrastrutture sociali e materiali per le aree interne, attrattività delle aree portuali, stimolo alla creatività e all’innovazione. Nello specifico, intendiamo puntare sul rilancio delle ZES, le Zone Economiche Speciali, con una riforma che le renda davvero operative e attrattive per gli investitori e con 600 milioni di opere infrastrutturali dedicate».

Ce n’è di che ragionare e pianificare. Adesso bisogna aspettare i fatti. I meridionali, i calabresi, in particolare, vogliono concretezza. C’è un voluminoso dossier messo insieme in questi due giorni e c’è da attendersi un impegno non più fatto di annunci, ma di realizzazioni e di realtà. Occorre, però, essere vigili, pur sostanzialmente e ottimisticamente fiduciosi. La Carfagna e la Nesci, due donne contro il divario: abbiamo la sensazione che lasceranno il segno. (s)

 

Draghi sposa l’impegno per il Sud: oggi un primo passo per interrompere il divario

di SANTO STRATI – La giornata di oggi è un primo passo contro il divario – esordisce il presidente del Consiglio Mario Draghi collegato in streaming con la ministra Carfagna e gli altri ospiti del Confronto per il Sud –: occorre rafforzare la coesione territoriale in Europa e far ripartire il processo di convergenza tra Mezzogiorno e centro-Nord che è fermo da decenni. Ha un quadro di riferimento tristemente preciso il premier: tra il 2008 e il 2018 la spesa pubblica per investimenti nel Mezzogiorno si è più che dimezzata, passando da 21 a poco più di 10 miliardi. Ovvero, ammette Draghi che il problema esiste ed è ben più vasto di quanto si possa immaginare.

È un successo questo “Confronto per il Sud” che la ministra Mara Carfagna ha voluto concentrare in due giorni chiamando a raccolta personalità del mondo istituzionali, membri del governo, presidenti di regione, amministratori locali. E lanciato un appello ai cittadini del Mezzogiorno di inviare idee e proposte operative attraverso il web: l’appello non è rimasto inascoltato, già nel pomeriggio c’erano più di 400 messaggi propositivi da parte di ogni categoria: semplici cittadini, imprenditori, artisti, intellettuali. La questione meridionale che deve diventare questione mediterranea, con al centro il Porto di Gioia Tauro e il rilancio di tantissime iniziative che dovranno fare capo ad esso, è più che sentita non solo dalle popolazioni del Mezzogiorno, ma dall’intero Paese, non foss’altro perché con i flussi migratori degli ultimi anni le migliori risorse intellettuali e tecniche (quelle che farebbero la fortuna della Calabria) sono andate via, al Nord, al Centro, dove non solo ci sono maggiori opportunità, ma esistono serie probabilità di poter mostrare il proprio talento e far apprezzare competenza e capacità. È la solita vecchia storia: prepariamo ottimi studenti che diventano eccellenti laureati in tre Atenei che sono il fiore all’occhiello di una regione troppo spesso dimenticata e trascurata, poi, però, ce li facciamo “soffiare” da furbastri (meglio dire, però, intelligenti) del centro-nord che ne intuiscono il valore e lo mettono a profitto del loro territorio. Basta farsi un giro per i migliori ospedali di Roma o di Milano, la parlata calabrese è una costante: sono finiti lì i nostri ragazzi, medici, ricercatori, specialisti, diventati professionisti apprezzati, ammirati, ma soprattutto valorizzati. Che se fossero rimasti in Calabria sarebbero diventati disoccupati o professionalità sfruttate con stipendi da fame, senza il minimo di prospettiva per il futuro.

E la partecipazione del premier Draghi a queste assise elettroniche (impossibile fare convegni in presenza) assume – come ha giustamente sottolineato la ministra Carfagna – un significato netto, di adesione e di impegno. «Ci sono due problemi – ha detto Draghi –: uno nell’utilizzo dei fondi europei, l’altro nella capacità di completamento delle opere pubbliche. A fronte di 47,3 miliardi di euro programmati nel Fondo per lo Sviluppo e la Coesione dal 2014 al 2020, alla fine dello scorso anno erano stati spesi poco più di 3 miliardi, il 6,7%. Nel 2017, in Italia erano state avviate ma non completate 647 opere pubbliche.  In oltre due terzi dei casi, non si era nemmeno arrivati alla metà. Il 70% di queste opere non completate era localizzato al Sud, per un valore di 2 miliardi. Divenire capaci di spendere questi fondi, e di farlo bene, è obiettivo primario di questo governo. Vogliamo fermare l’allargamento del divario e dirigere questi fondi in particolare verso le donne e i giovani. Il nostro, il vostro successo in questo compito può essere anche un passo verso il recupero della fiducia nella legalità e nelle istituzioni, siano esse la scuola, la sanità o la giustizia». È un messaggio forte, rivolto al Paese: «Un vero rilancio richiede la partecipazione attiva di tutti i cittadini».

E la partecipazione non è mancata, in questa prima giornata del Confronto per il Sud: l’Italia ha potuto ascoltare non le solite litanie del Sud dimenticato e depresso, ma numeri e cifre della crisi che possono essere determinanti per costruire un progetto di sviluppo. I dati indicati dalla Banca d’Italia o dall’Istat o dalla Ragioneria generale dello Stato non sono fredde indicazioni dello sviluppo mancato, ma esprimono il percorso virtuoso che occorre seguire se – veramente – si intende colmare l’odioso divario tra Nord e Sud e offrire pari opportunità agli italiani, indipendentemente dal luogo di nascita o di residenza.

Il merito di questa due giorni, che domani si chiuderà con un intervento del ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco, è soprattutto questo: di aver attirato l’attenzione del Paese sull’incapacità di spesa (non solo del Mezzogiorno) e sulla possibilità di recupero, nei confronti della popolazione meridionale, di un gap che i nostri giovani non potranno mai perdonare se non verrà colmato. È stato rubato il futuro a tanti giovani, adesso si deve dire basta: il Governo Draghi ha detto, per voce del suo capo, che l’obiettivo è migliorare la capacità di spendere. E il Sud non può più attendere. (s)

L’intervento del presidente del Consiglio Mario Draghi

Il video della mattinata (interventi istituzionali)

il video della sessione pomeridiana (presidenti delle Regioni meridionali e sindaci) 

GLI INTERVENTI CALABRESI AL CONFRONTO PER IL SUD

Sud progetti per ripartireAll’evento di ascolto e confronto per il Sud sono stati invitati per la Calabria il presidente della Regione pro-tempore Nino Spirlì, il sindaco di Reggio Giuseppe Falcomatà e la sindaca di un borgo bellissimo quanto suggestivo del Cosentino Rosanna Mazzia, primo cittadino di Roseto Capo Spulico.

Spirlì ha ribadito la sua richiesta di azzeramento del debito della sanità calabrese, vincolo per una qualsiasi idea di ripartenza: «Consentiamo a tutte le Regioni la possibilità di ripartire da zero. Ripartiamo dall’Italia. Ho chiesto un’operazione di risanamento del debito nel settore sanitario, perché mai come oggi è possibile farlo. Nessun commissario di governo sarà mai in grado di ripianare un debito che supera i due miliardi e molti calabresi sono costretti ad andare fuori regione per le cure. In questo governo sono rappresentati tutti i partiti, e chi è fuori ha dato disponibilità ad appoggiare azioni necessarie perché le cose buone vengano fatte. Se questo governo non salva il figlio più debole, come farebbe un buon padre ed una buona madre, allora non ha più diritto di dire che quel figlio è suo».

Il sindaco metropolitano di Reggio Falcomatà si è detto convinto della bontà dell’iniziativa della ministra Carfagna, in vista dell’elaborazione definitiva del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e della definizione dell’accordo di partenariato e ha definito «molto importante» l’incontro per affrontare il quale «non si può non ragionare sul tema dell’attuazione dei Livelli essenziale delle prestazioni» che, per l’inquilino di Palazzo Alvaro, rappresenta «la più netta e decisiva discriminazione di residenza fra Nord e Sud d’Italia».

«Qualche giorno fa – ha detto Falcomatà – sono stati declinati i dieci punti principali che determinano questa differenza: la gestione e la costruzione degli asili nido, la costruzione asili nido, il tempo pieno a scuola, l’erogazione dei servizi sociali, i ristori per i Comuni a causa del Covid, il trasporto pubblico locale, il turnover universitario, i posti letto negli ospedali, il fondo sanitario. Fare fronte comune per risolvere questi gap, credo sia il presupposto per imbastire ogni ragionamento, discussione o programma di crescita Mezzogiorno».

«Accanto a questo – ha aggiunto il sindaco – bisogna risolvere la clausola del 34% quale tetto per l’utilizzo dei fondi per il Sud previsti dal Recovery Fund. Questa percentuale, purtroppo, tiene conto anche di quella che è la programmazione ordinaria dell’Fsc 2021/2027 facendo venir meno l’aspetto di carattere aggiuntivo del piano di finanziamento straordinario deciso dall’Europa. Come ha correttamente osservato la Svimez, invece, per un giusto equilibrio nella ripartizione delle risorse del Recovery fund e del Next Generation Ue, al Meridione spetterebbe il 60% dei fondi, ovvero quasi il doppio degli investimenti fissati da quei parametri».

Quindi, il primo cittadino della Città Metropolitana di Reggio Calabria si è concentrato sulle proposte, partendo dalle politiche infrastrutturali con l’idea che «questo Paese non possa più andare a due velocità». Fra le priorità indicate da Falcomatà ci sono «l’alta velocità a 300 km/h fino alla Sicilia, l’ammodernamento della Strada Statale 106 ed un piano d’investimenti massiccio non soltanto sui porti del Sud, come Gioia Tauro, ma anche sul retroporto con l’avvio, finalmente, delle Zes».

«Queste idee – ha spiegato Falcomatà durante il collegamento telematico – sono frutto dei dibattiti con gli altri sindaci delle Città Metropolitane del Sud e con quella che è stata definita la rete dei sindaci del “Recovery Sud” che, nei prossimi giorni, presenterà un proprio dettagliato documento di sviluppo direttamente al primo ministro Mario Draghi».

Falcomatà ha puntato l’attenzione anche sulla gestione dei beni confiscati alle mafie rispetto ai quali «il Governo deve fare un forte investimento rivedendo la legge per l’utilizzo delle risorse derivanti dalla sottrazione dei patrimoni ai mafiosi».

Poi, il tema dei temi: l’occupazione. «Segnalo – ha affermato l’inquilino di Palazzo Alvaro – un progetto straordinario dell’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria, già posto all’attenzione del Governo ed inserito all’interno dei Contratti istituzionali di sviluppo, per la realizzazione di un Campus Agapi all’interno dell’ex area dismessa di Saline Joniche».

«Il progetto – ha spiegato Giuseppe Falcomatà – intende realizzare una sorta di San Giovani a Teduccio nel profondo sud ed all’interno di 54 mila metri quadri di terreno. Esiste già un preliminare, che potrebbe diventare un progetto definitivo d’interventi per circa 90 milioni indispensabili alla costruzione di un distretto dell’innovazione».

«L’Università – ha aggiunto – in questi anni ha preso contatti con importanti players internazionali e partner istituzionali per la realizzazione, in quest’area, di laboratori di start-up ed incubatori di imprese utili ad arginare il problema della disoccupazione, soprattutto, giovanile. I giovani neo laureanti, infatti, non hanno la possibilità di tradurre in produttività le conoscenze acquisite all’interno dei nostri atenei. Parliamo di una previsione di circa 400 nuovi posti di lavoro».

La sindaca di Roseto Capo Spulico Rosanna Mazzia ha puntato, nel suo intervento, sulla necessaria attenzione da riservare ai borghi «quel pezzo di Italia autentica che ha bisogno di rimettere in pista tutte le energie ancora inespresse. I piccoli comuni  – ha detto la Mazzia –  devono assumere un ruolo baricentrico in vista della elaborazione definitiva del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e della definizione dell’accordo di partenariato. «È una grande soddisfazione per Roseto Capo Spulico essere al tavolo dei lavori di questo importante incontro istituzionale, insieme ai Comuni di Salvitelle e Sulmona e delle Città Metropolitane del Sud, da Bari a Palermo. C’è tanto da fare e questa occasione di confronto ha dato la possibilità ai territori di avere una importante interlocuzione con il governo». (rrm)

 

DUE GIORNI DEDICATI AL FUTURO DEL SUD
LA MINISTRA CARFAGNA IMPEGNA DRAGHI

di SANTO STRATI – È degno della massima considerazione l’impegno che la ministra per il Sud Mara Carfagna sta profondendo già ai primi giorni dell’insediamento nel Palazzo della Galleria Colonna: in una settimana ha organizzato la due giorni di ascolto e confronto per il Mezzogiorno che si apre stamattina a Palazzo Chigi, con l’intervento del presidente del Consiglio Mario Draghi. Già la partecipazione di Draghi la dice lunga su come pensa di muoversi la ministra: coinvolgere e impegnare tutti coloro che hanno il potere, la competenza, la capacità di “fare” qualcosa di concreto per il Mezzogiorno. Non si tratta della solita passerella di rappresentanti istituzionali a ripetere il solito rosario di inadempienze che hanno messo il Sud in condizioni pietose. No. c’è proprio la voglia di elaborare un progetto articolato e fatto di idee e proposte concrete su cui innestare il nuovo sorso che – finalmente? – vedrà il Mezzogiorno co-protagonista dello sviluppo del Paese. Difatti, ci saranno otto tavoli al lavoro dopo gli interventi istituzionali di Fabrizio Balassone (capo del servizio Struttura economica di Banca d’Italia), Gian Carlo Blangiardo (presidente dell’Istat), Biagio Mazzotta (Ragioneria Generale dello Stato), Massimo Sabatini (direttore generale dell’Agenzia per la Coesione), Nicola De Michelis (Direzione generale Politica regionale della Commissione europea), Antonio Parenti (capo della Rappresentanza in Italia della Commissione europea): una bella sfidata di grand commis di Stato che, al di là dei discorsi di circostanza, attestano con la loro presenza la cosa più importante di queste assise: la non più rinviabile apertura di un tavolo istituzionale che metta il Sud al centro del dibattito nazionale. Prevista la partecipazione dei governatori delle regioni meridionali: Marco Marsilio (Abruzzo), Vito Bardi (Basilicata) Nino Spirlì (Calabria), Vincenzo De Luca (Campania), Donato Toma (Molise), Michele Emiliano (Puglia), Cristiano Solinas (Sardegna) e Nello Musumeci (Sicilia). Una presenza non di maniera che serve a rimarcare il diffuso senso comune che solo facendo squadra è possibile interrompere il divario nord-sud che la pandemia sta contribuendo ad allargare, aumentando disagi e criticità sociali.

L’intervento del presidente Draghi attesta, peraltro, da parte del Governo, il riconoscimento di una nuova “questione meridionale”, che, in realtà, oggi sarebbe più corretto ribattezzare “questione mediterranea”: la conferma, finalmente palese, che l’Esecutivo non può più stare a guardare o a trattare con sufficienza le istanze che provengono dalle aree meridionali del Paese. È anche grazie al “disagio” conclamato del Sud che l’Italia ha ottenuto più di tutti gli altri Paesi europei per il Recovery Fund e, dunque, dei fondi – tantissimi – che arriveranno non sarebbe nemmeno giusto riservare la tradizionale quota del 34%, prevista da una legge tardiva ma opportuna: occorrerebbe stanziare più della metà delle risorse europee per far rinascere davvero, questa volta, tutto il Sud del Paese, guardando al Mediterraneo (e al Porto di Gioia Tauro) come il punto di partenza per lo sviluppo di portualità, mobilità, infrastrutture e, ovviamente, nuova occupazione.

La due giorni prevede otto sessioni di lavoro, dopo gli interventi che nel pomeriggio vedranno impegnati i sindaci delle Città Metropolitane di Bari (Antonio De Caro), Cagliari (Paolo Truzzu), Catania (Salvatore Pogliese), Messina (Cateno De Luca), Napoli (Luigi De Magistris), Palermo (Leoluca Orlando), Reggio Calabria (Giuseppe Falcomatà) e dei Comuni di Salvitelle, SA (Maria Antonietta Scelza), Sulmona, AQ (Annamaria Casini) e Roseto Capo Spulico, CS (Rosanna Mazzia). Non è casuale la scelta di tre donne in rappresentanza dei borghi: il ministero per il Sud è retto da due donne con gli attributi (la Carfagna ministro e Dalila Nesci sottosegretario) e il Sud ha una forte tradizione della capacità femminile di ingegnare soluzioni e trovare il percorso ideale per giungere a risultati concreti. I borghi  sono l’altra scommessa per il Mezzogiorno: basti pensare a quelli della Calabria che rappresentano lo scenario ideale per ipotizzare la riconquista di una qualità della vita che si pensava irrimediabilmente perduta. Le donne, in politica, poi, hanno una marcia in più: sono toste, caparbie, tenaci e non s’arrendono facilmente. Il Mezzogiorno deve pensare al suo sviluppo soprattutto in chiave femminile, visto che è proprio questo l’aspetto più deludente nel campo del lavoro (32%, la metà della media europea): mancano le opportunità, mancano i giusti incentivi e, soprattutto, mancano gli aiuti fondamentali perché una donna possa conciliare il suo ruolo di madre e di lavoratrice (autonoma, dipendente, non importa). Mancano asili, aiuti alla maternità, sussidi alle famiglie: facile comprendere la decrescita (infelice) della natalità che al Sud è meno pesante rispetto al centro-nord produttivo, ma non per questo meno preoccupante.

La stessa ministra, nel messaggio dell’8 marzo ha fatto notare che «La crisi innescata dalla pandemia ha danneggiato ulteriormente il lavoro delle donne, che è solitamente più precario, più intermittente e meno garantito. Al Sud la situazione è ancora più grave e i posti di lavoro persi nel secondo trimestre del 2020 sono stati tantissimi. Far crescere l’occupazione femminile è un obiettivo che garantisce davvero il benessere di tutti e che va perseguito, oggi, inserendo nel Recovery Plan investimenti nelle infrastrutture sociali: asili nido, tempo pieno a scuola, assistenza agli anziani e ai diversamente abili. Tutto questo permetterebbe alle donne di liberare appieno il loro potenziale. Un gap quello delle infrastrutture sociali che è ancora più profondo al Sud e che va assolutamente colmato eliminando la ‘discriminazione per residenza’ e garantendo a tutte le donne, a tutti gli italiani, gli stessi diritti a prescindere dal luogo in cui vivono».

Nel pomeriggio previsti anche gli interventi del presidente dell’Unione Province Italiane Michele De Pascale e di Alfonso Celotto, ordinario di Diritto costituzionale all’Università Roma Tre, il quale terrà una relazione sui diritti delle generazioni future. Dopo di che si passa alla parte operativa: previste otto sessioni di lavoro parallele, dove saranno coinvolte associazioni, fondazioni, scuole e università, parti sociali, imprese e aziende che si occupano di sanità.

Il programma dei tavoli di lavoro è fin troppo ampio, ma siamo convinti che ci siano le condizioni perché emergano progetti propositivi che, ciascuno nel proprio segmento, possano costituire il punto di partenza per la soluzione ottimale degli eterni problemi del Sud, quelli vecchi e quelli attuali. Ogni sessione è coordinata da parlamentari e da un ingegnere, i quali, domani, saranno chiamati a presentare una sintesi dei risultati dei lavori. Otto argomenti che abbracciano la mission che il ministro per il Sud intende perseguire:

La questione meridionale oggi, con il coordinamento della deputata Giuseppina Castiello, (Lega).

Università per l’impresa e l’amministrazione, coordina il senatore Gaetano Quagliarello (Idea e Cambiamo).

Lavoro e socialità, coordina l’onorevole Michele Bordo (Pd).

Mobilità a lungo e a breve raggi“, coordina la senatrice Fulvia Michela Caligiuri (Forza Italia).

Transizione ambientale, coordina il professor Raffaello Cossu (emerito di Ingegneria all’Università di Padova).

La scuola strumento per rimuovere gli ostacoli, coordina Dalila Nesci (M5S), sottosegretario per il Sud e la Coesione territoriale.

Innovazione digitale, coordina il deputato Catello Vitiello (Italia Viva).

– “Salute, filiera strategica“, coordina il deputato Federico Conte (Liberi e Uguali).

La giornata di domani sarà chiusa dall’intervento conclusivo del ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco. Prima del bilancio delle assise tracciato dalla stessa Mara Carfagna, ci saranno gli interventi di Fabrizio Barca, Claudio De Vincenti, Giuseppe Provenzano, Catia Bastoli, Lucrezia Reichlin e del sottosegretario alla Presidenza Bruno Tabacci.

Insomma c’è di che riempire un librone (non dei sogni) per tracciare il percorso che la Calabria, tutto il Meridione, intendono percorrere, da protagonisti del proprio sviluppo. C’è da essere, una volta tanto, ottimisti e fiduciosi, anche perché «se non riparte il Sud non riparte l’Italia», questo è ormai evidente a tutti. (s)

«SGRAVIO TOTALE DEI CONTRIBUTI AL SUD»
LO PROPONE SBARRA NEOSEGRETARIO CISL

di SANTO STRATI – La Calabria si trova oggi in una particolare “congiunzione astrale” che vede due tre tre segretari generali confederali di origine calabrese. Prima, l’elezione di Pier Paolo Bombardieri ai vertici della Uil, con grande soddisfazione e orgoglio della Locride (è di Marina di Gioiosa Ionica) ma in realtà di tutta la regione, a premio di una instancabile attività sindacale, con un’attenzione particolare al Mezzogiorno e alla “sua” Calabria; poi, giusto qualche settimana fa, l’arrivo di Luigi Sbarra ai vertici della Cisl.

Luigi Sbarra è anch’egli figlio della Locride (è nato a Pazzano, in provincia di Reggio) e ha percorso tutte le vie del sindacato prima di arrivare, dalle lotte dure per i braccianti agricoli calabresi fino alla guida del secondo sindacato confederale italiano. Anche questo a riconoscimento di un impegno mai venuto meno, con la convinzione che lo sviluppo dell’intero Paese non può avviarsi al successo se non parte anche il Mezzogiorno. 

Lo abbiamo incontrato con i colleghi Giuseppe Mazzaferro e Francesco Rao a Telemia nel corso di un dibattito, in streaming, su Mezzogiorno e sviluppo e dalle sue dichiarazioni è emersa un’idea che, decisamente, potrebbe trasformare in maniera radicale l’attrazione degli investimenti in Calabria e in tutto il Sud.

La proposta di Luigi Sbarra non è campata in aria e si ispira alle esperienze di altri Paesi in cerca di investimenti industriali: il meccanismo si basa sulla constatazione che non basta il credito d’imposta per attrarre gli imprenditori ad avviare o trasferire parte della produzione industriale al Sud. Serve qualcos’altro. E cosa c’è meglio della totale decontribuzione per chi investe nel Mezzogiorno?

La fiscalità di vantaggio, avviata dall’ex ministro per il Sud Peppe Provenzano l’autunno dello scorso anno (abbattimento del 30% dei contributi previdenziali dovuti dalle aziende) aveva già  richiamato una certa attenzione da parte di industriali che avevano già in mente di localizzare nuove filiali delle proprie imprese o addirittura di avviare nuove iniziative nei territori del Mezzogiorno.

Ma non basta. Serve avviare e proporre  una defiscalizzazione completa – sostiene con convinzione Sbarra e su questo può già contare dell’appoggio di Bombardieri e sicuramente della Cgil di Landini –, solo in questo modo l’attrazione per gli imprenditore diventa irresistibile. 

La defiscalizzazione equivale a un fortissimo abbattimento del costo del lavoro e può costituire l’elemento chiave per la creazione di nuova occupazione e nuovi investimenti. Prendiamo la Zes di Gioia Tauro, le cui lungaggini burocratiche che stanno alla base di ogni iniziativa ammessa alle agevolazioni previste sono in grado di sfiancare il più testardo degli investitori, ebbene, offre agli imprenditori il credito d’imposta. In una misura sicuramente ragguardevole, ma questo meccanismo va bene per le multinazionali, per le grandi aziende con migliaia di addetti, dove, evidentemente, il risparmio fiscale diventa importante nelle cifre. Ma una piccola e media azienda ha bisogno di denaro fresco, ovvero necessita di agevolazioni che abbattano il costo del lavoro, che  – com’è noto – in Italia è esageratamente superiore a quello dei Paesi dell’Est europeo o, eccessivamente incomparabile con quello dei cosiddetti paesi in via di sviluppo. Che in gran parte tali non sono più (vedi Cina e India) ma costituiscono un’attrazione difficile da non subire. O almeno questo avveniva prima della pandemia. 

Dalla crisi si può emergere, si possono creare sviluppo e crescita sostenibile e, soprattutto, si può trasformare la spaventosa idea di contare milioni di nuovi disoccupati in un nuovo slancio occupazionale, dove accanto all’impresa si associno formazione e specializzazione. 

I nostri giovani vogliono avere opportunità di lavoro e crescita sociale nel proprio territorio, tocca ai sindacati gestire questa difficile situazione e mediare tra Governo e imprese: la fiscalizzazione totale è, a nostro avviso, la soluzione opportuna e più efficace. (s)

I Comuni Anci del Sud chiedono un incontro al Governo per il Recovery

Il Coordinamento delle Anci del Sud ha chiesto un incontro al presidente del Consiglio, Mario Draghi, al ministro per il Sud e la Coesione Sociale, Mara Carfagna e al ministro per le Autonomie Locali, Mariastella Gelmini, un incontro per discutere del Recovery Plan per il Sud.

L’incontro, dunque, servirà per discutere sulle criticità e sulle opportunità del Mezzogiorno d’Italia che coinvolga, successivamente, anche  i diversi dicasteri, per l’avvio di un processo di transizione ecologica, ambientale ed economica  che dia pari opportunità a tutti i cittadini italiani.

È quanto è emerso dalla riunione del Coordinamento per discutere di Recovery Plan per il Sud, criticità e  proposte di sviluppo per i territori dell’Italia meridionale.

All’incontro hanno preso parte, fra gli altri, il presidente di Anci Sicilia, Leoluca Orlando, promotore dell’iniziativa, il delegato Anci per la Coesione territoriale e per il Mezzogiorno, Giuseppe Falcomatà,  il presidente di Anci Abruzzo, Gianguido D’Alberto, il presidente di Anci Basilicata, Salvatore Adduce, il presidente di Anci Calabria, Francesco Candia, il presidente di Anci Campania, Carlo Marino, il presidente di Anci Molise, Pompilio Sciulli,  il presidente di Anci Puglia, Domenico Vitto e il presidente di Anci Sardegna, Emiliano Deiana.

«L’incontro di oggi (mercoledì 10 marzo ndr) – riferisce Anci Sicilia  – rappresenta un’ulteriore tappa  di un percorso, avviato nei mesi scorsi, che ha visto anche momenti di interlocuzione con il Governo precedente e che nasce dall’esigenza di porre rimedio ad una profonda  diseguaglianza fra il livello comunale e gli altri livelli di governo nazionale, come più volte evidenziato dall’Anci, che riguarda l’ambito finanziario, le  procedure e l’organizzazione oltre alla capacità progettuale e organizzativa delle realtà comunali. A questo primo grande divario istituzionale si aggiunge, però, la cosiddetta  “questione meridionale”  che consiste in una vera e propria condizione di diseguaglianza territoriale   ed economico-sociale che è caratteristica del Mezzogiorno d’Italia».

«Nel corso dell’incontro – viene ancora riportato – è emersa la necessità di avviare un processo di riforma del sistema delle Autonomie locali che consenta agli amministratori locali  di poter utilizzare competenze, risorse e procedure adeguate alla grande sfida europea ed  eviti che il Recovery Plan confermi ed aumenti il divario tra i territori e, sul versante dei diritti e dei servizi, le disuguaglianze tra i cittadini italiani. Oggi l’Europa, con il nuovo ciclo di programmazione 2021-2027   (Next Generation Eu (Nngeu), ricorda l’esigenza di superare le diseguaglianze e di garantire il diritto alla salute e il Sud  rappresenta un enorme bacino di risorse culturali, umane e naturali che chiede di diventare una grande opportunità per l’intera nazione». (rrm)

Roy Biasi (Lega): Il Mezzogiorno ha bisogno di politiche rivoluzionarie

Roy Biasi, membro della Segreteria nazionale della Lega nonché responsabile degli amministratori dell’Italia meridionale, ha dichiarato che «il Mezzogiorno ha bisogno di una rivoluzione positiva, di politiche di sviluppo finalmente adeguate e studiate per il Sud».

«Il Sud – ha spiegato Biasi – necessita innanzitutto di un’analisi della situazione che dimentichi le chiavi di lettura del secolo scorso. Tutto ciò che è accaduto all’inizio di questo terzo millennio, tra globalizzazione e tragedia economico-sociale della pandemia, ci impone di cambiare completamente visione e quindi approccio alle emergenze che siamo chiamati ad affrontare. Le politiche e i provvedimenti che hanno caratterizzato i decenni che ci siamo lasciati alle spalle, troppo spesso hanno partorito azioni inconsistenti, sperperi colossali di risorse finanziarie, nonché nuove sacche di emarginazione e degrado».

«Dobbiamo cambiare marcia – ha evidenziato – e la Lega di Matteo Salvini ha tutti gli strumenti culturali, politici e d’esperienza per farlo. È per questa ragione che ho abbracciato la sfida della Lega, perché il Sud ha bisogno di un’inversione di rotta epocale, facendo leva sul pragmatismo tipico di un partito post-ideologico qual è quello guidato da Matteo Salvini».

Roy Biasi annuncia, quindi, l’avvio di un lavoro paziente ma intenso di consultazione di tutti gli amministratori locali del Sud Italia, al fine di costruire una piattaforma programmatica completa che – spiega – «porterò all’attenzione del partito a livello nazionale.

«Se il Sud non riparte l’Italia non riparte – ha ribadito –. Siamo il primo mercato per le produzioni dell’industria manifatturiera del Nord del Paese, e il nostro sviluppo sostenibile può contribuire a garantire quei punti di Pil che servono all’Italia per uscire dalla crisi e per saldare i debiti che stiamo continuando a contrarre. Non lo dico da tifoso del Sud, ma da amministratore locale coscienzioso: se si scatena l’enorme potenziale di cui il Mezzogiorno dispone ad ogni livello, dall’agricoltura all’artigianato, dal turismo alla cultura, dalla produzione di energia pulita alla massima valorizzazione delle immense risorse identitarie, tutta l’Italia potrà beneficiarne riprendendosi quel ruolo di guida dell’Europa che le spetta».

«Agli amministratori del Sud Italia – ha concluso Biasi – proporrò una base di ragionamento che parte da alcuni pilastri di fondo politico-culturali e ideali. Con il contributo di tutti costruiremo una piattaforma programmatica concreta che sottoporremo all’attenzione di Matteo Salvini. Lo faremo con la passione e l’entusiasmo che caratterizza la gente del Sud». (rrc)

Klaus Davi: Mario Draghi occasione unica per il riscatto del Sud

Il massmediologo e giornalista Klaus Davi ha dichiarati che «Mario Draghi rappresenta un’occasione unica per il riscatto del Sud a patto che il Sud si faccia sentire».

«Più volte – ha aggiunto – il presidente Draghi ha affrontato il tema delle disuguaglianze ed è perfettamente consapevole che con un’Italia a due velocità non ci sarà mai una ripresa. Draghi può proseguire l’ottimo lavoro iniziato dal governo Conte che ha saputo negoziare credibilmente per l’Italia in Europa. Draghi può migliorare ulteriormente il lavoro di Giuseppe Conte».

«Il problema del Mezzogiorno – ha concluso – sta nei suoi rappresentanti. In Calabria, fra senatori e deputati, ci sono credo 40 eletti ma nessuno ne ha mai avuto notizia. Anzi, li proporrò alla Rai per una puntata speciale di ‘Chi l’ha visto’». (rrc)