PONTE, C’È UN’INUTILE SEQUELA DI FALSITÀ
A PARLARE SEMPRE E SOLO INCOMPETENTI

di ROBERTO DI MARIA – All’interno del servizio contenuto nella trasmissione televisiva Report “L’uomo del Ponte” andata in onda qualche giorno fa, ci ha colpito, più di ogni altra cosa, l’affermazione secondo la quale il Ponte non sarebbe in grado di superare l’analisi costi/benefici.

L’opera, che in realtà ha già superato questa fase alla fine degli anni ’90 del secolo scorso, ovvero ai tempi dello studio di fattibilità, non avrebbe più i requisiti previsti allora. Infatti, il prof. Francesco Ramella, docente di Trasporti presso l’Università degli studi di Torino, interpellato da Report, ha affermato che a causa della congiuntura negativa, i traffici sul Ponte non sono cresciuti come previsto, in presenza di una evidente crisi economica e di un declino demografico che appare molto serio.

Ineccepibile: crisi economica e declino demografico sono indubbi. Ed il prof. Guido Signorino, docente di Economia applicata dell’Università di Messina, conferma subito dopo che l’incremento del traffico previsto del progetto non c’è stato, anzi, c’è stata una riduzione. Anche questa è una notizia vera e potrebbe farci dedurre (Report lascia allo spettatore tale compito) che siccome c’è la crisi economica ed i traffici non possono crescere, allora è inutile realizzare un’opera che si giustifica solo in funzione di traffici rilevanti.

In realtà, nel complesso campo delle opere pubbliche destinate alla mobilità, non si ragiona in questo modo. D’altronde, sulla base di queste premesse, chi avrebbe mai pensato di costruire strade o ferrovie in aree economicamente depresse, caratterizzati da uno scarso volume di traffico?

Si pensi alle primissime linee ferroviarie,  costruite nella prima metà del XIX secolo: si trattava sistemi di trasporto spesso realizzati in aree depresse, se non in mezzo al nulla, pressochè sperimentali dal punto di vista tecnologico e pertanto costituivano un investimento ad alto rischio di capitale. Eppure tali ferrovie furono realizzate, e divennero un formidabile volano di sviluppo: lo fu la Union Pacific Railroad che collegava le due coste degli Stati Uniti, o la Transiberiana,tuttora la più lunga ferrovia mai realizzata, che attraverso steppe desertiche collegava le due estremità dell’impero russo: l’economia ed il traffico esistente giustificavano quegli enormi investimenti?

Il ragionamento potrebbe essere fatto per centinaia di altri esempi come, in tempi più recenti per la costruzione dell’Autostrada del Sole, realizzata in un’epoca in cui ci si muoveva ancora pochissimo, e per lo più su carretti a trazione animale. Eppure quell’autostrada venne realizzata per i mezzi a motore, ai tempi rarissimi, ed aveva una capacità di 3600 veicoli l’ora per direzione. Follia pura.

Per comprendere come mai, fortunatamente, si facciano scelte così apparentemente insensate, con tanto successo e sviluppo per il territorio, occorre fare una piccola digressione tecnica.

Come funziona l’analisi costi/benefici

L’analisi costi-benefici di un’opera di trasporto pubblico viene realizzata confrontando i costi della stessa con i benefici apportati alla comunità servita.

I costi sono sia quelli di costruzione sia quelli di esercizio, comprensivi della manutenzione, ordinaria e straordinaria, necessaria a mantenere in efficienza l’infrastruttura.

I benefici sono quelli realizzati grazie alla nuova infrastruttura e vengono “monetizzati” per essere paragonati ai costi ed eseguire il confronto. Se parliamo di un’infrastruttura di trasporto, vanno considerate soprattutto le economie realizzate nel miglioramento degli itinerari: minore spesa per il carburante e per l’energia consumata nel tragitto interessato grazie alla nuova infrastruttura, ma anche minori perdite di tempo. In questo caso, anche il tempo viene “monetizzato” considerando il valore dello stesso su base orario. In generale, si prende a riferimento la paga media di un lavoratore: ogni ora risparmiata viene equiparata al costo di un’ora di lavoro mediamente pagata sul mercato. Ma naturalmente occorre considerare il minor impatto ambientale dell’opera grazie al minor consumo di energia e ridotta produzione di gas climalteranti: il cosiddetto “carbon footprint”.

Tralasceremo, in questa fase, i benefici “indotti”, vale a dire le opere collaterali che si aggiungono ad ogni infrastruttura realizzata. Un esempio o il miglioramento della viabilità esistente in corrispondenza degli attraversamenti, laddove, cioè, viene ricostruita una strada per qualche centinaio di metri in corrispondenza di un sottopasso o di un cavalcavia. Ma l’effetto può essere anche esteso all’irregimentazione di corsi d’acqua, alla stabilizzazione di pendii, allo spostamento con ricostruzione di condotte idriche o fognarie.

Gli elementi considerati per i benefici diretti sono quindi proporzionali al traffico che utilizza la nuova infrastruttura: ogni automobile che la impegnerà farà risparmiare al conducente un tot. Di carburante e di tempo per raggiungere la meta. Qualcosa del genere avviene per il trasporto di merci e per il traffico ferroviario. È evidente che maggiore è il traffico interessato, maggiori saranno i benefici realizzati con la costruzione dell’infrastruttura.

I flussi di traffico: vanno previsti, non fotografati

E qui sta la chiave di tutto. In un’analisi costi/benefici men che seria, occorrerà innanzitutto stimare il traffico, estendendo la stima a tutta la via utile dell’opera. Come si fa? Non è molto semplice. Innanzitutto, non si può considerare il dato attuale “invariante”. Esso è sottoposto alle fluttuazioni della condizione socio-economica, difficilmente immaginabile per il futuro. In genere, tuttavia, si considerano le serie storiche dell’andamento del traffico, tramite le rilevazioni effettuate negli ultimi decenni, proprio per focalizzare un tempo abbastanza lungo da consolidare il dato.

Se ci fermassimo qui, potrebbe essere condivisibile il ragionamento di Ramella: se devo collegare A e B e scopro che il traffico è in diminuzione, che la faccio a fare una nuova infrastruttura? Ma l’Economia dei Trasporti, almeno quella che abbiamo studiato noi, ci dice cose un pò diverse.

La stima del traffico, infatti, non può essere fatta sul solo itinerario A-B. Occorre studiare tutti gli itinerari possibili che comprendano la tratta A-B, estendendo l’indagine ad un certo numero di percorsi possibili che potranno utilizzare la nuova infrastruttura. Per quest’ultima non passeranno solo i mezzi diretti da A a B, ma anche altri utenti che magari sceglieranno questo nuovo ramo di collegamento per viaggiare tra punti magari molto lontani da A e B.

Ad esempio, parlando del Ponte sullo Stretto, i flussi di traffico sono ben diversi da quelli esistenti tra Messina e Villa S. Giovanni. Dal Ponte passerebbero tutte le relazioni Sicilia-Continente (tipo Palermo-Roma o Catania-Milano per fare due esempi) coinvolgendo tutti gli utenti che considereranno conveniente il nuovo itinerario.

Il confronto, nel caso particolare del Ponte, andrebbe fatto con altre modalità di trasporto, come l’aereo e la nave. Non esisterebbero, infatti, altri itinerari via terra alternativi al collegamento stabile sullo Stretto. L’analisi, pertanto, sarebbe molto più complessa di quanto non si pensi, e non si limiterebbe di certo a quest’area, né al momento contingente.

Occorrerà studiare la situazione “post-operam” ed effettuare un’analisi previsionale estesa all’intera vita utile dell’opera. Ciò significa implementare una simulazione che ci conduca a calcolare il flusso che si raggiungerà a regime, considerando tutti gli utenti attratti dalla nuova infrastruttura grazie alla sua convenienza, per i benefici descritti sopra in termini di economie nel tempo e nel costo del trasporto. Si tratta, in sostanza, di valutare il “traffico indotto” dalla nuova infrastruttura ed il suo andamento nel tempo: tutt’altro, quindi, che fotografare la situazione in atto, dandola per buona sine die.

La simulazione viene effettuata mediante un “modello matematico”, partendo da uno schema grafico (grafo) che comprenda tutte le alternative possibili rispetto all’itinerario considerato. In genere si considera la rete stradale al contorno, ma in questo caso, come dicevamo, occorre coinvolgere almeno i collegamenti aerei e navali esistenti tra Sicilia e Continente. Si ricava facilmente che, in presenza di un collegamento più rapido ed economico rispetto a questi due vettori, vi sarà un trasferimento di utenti a favore della nuova infrastruttura, anche provenienti da parecchio lontano. Cosa ben diversa dal prendere in considerazione gli attuali traghettamenti, o, peggio, gli attuali flussi pendolari tra Messina e Villa S.Giovanni.

Che essi non siano cresciuti rispetto alle previsioni dei progettisti del Ponte, come abbiamo sentito dire nelle dichiarazioni dei due professori, non ci meraviglia affatto: come abbiamo spiegato, l’analisi dei flussi di traffico sul Ponte, condotta in fase di progettazione di fattibilità, prevedeva proprio la presenza dell’opera di attraversamento, ovvero la situazione post-operam e la simulazione del traffico indotto in considerazione della sua presenza, con la redistribuzione tra i vari itinerari possibili.

Un piccolo particolare deve essere sfuggito ai professori interpellati da Report: il Ponte non è stato più costruito. In questa situazione, è logico aspettarsi che i traffici di partenza siano rimasti gli stessi, se non addirittura diminuiti a causa della crisi economica nel frattempo intervenuta. Un effetto quest’ultimo che non può certo essere preso a pretesto per rinunciare a quest’opera, essendo dovuto anche alla sua assenza.

Anzi, essendo la riduzione dei flussi di traffico il sintomo evidente di una marginalizzazione della Sicilia su scala globale, ciò dovrebbe accelerare la realizzazione del Ponte, che collegherebbe l’isola ad un corridoio europeo di primaria importanza, anziché metterne in discussione l’utilità.

Senza Ponte, a che serviranno le opere in corso sul corridoio europeo?

Queste riflessioni ci conducono facilmente ad altre considerazioni: si pensi agli oltre 9 miliardi di euro che si stanno investendo in Sicilia per potenziare agli standard europei dei corridoi TEN-T la direttrice Messina-Catania-Palermo ed ai 30 miliardi stimati per la Salerno-Reggio Calabria. Sicuramente non sarà sfuggito ai professori interpellati da Report che queste linee, senza il Ponte, rimarranno opere senza senso.

Avremmo realizzato in Sicilia un corridoio merci ad Alta capacità concepito per treni merci lunghi 600 metri che, semplicemente, non si riuscirebbero neanche a comporre per portare un qualsiasi tipo di merce da Palermo a Catania: converrebbe, semplicemente, trasportarle sui tir. E neanche da un qualsiasi punto dell’isola fino a Messina, magari per poi imbarcarli su un numero di traghetti tali da ospitare un’ottantina di carri merci, quanti ne conterrebbe uno solo di questi treni. E ci troveremmo nell’impossibilità di utilizzare quelle linee per treni ad Alta Velocità che, senza Ponte, semplicemente non potrebbero raggiungere la Sicilia.

Considerazioni ambientali

In tutto questo abbiamo trascurato, colpevolmente, un elemento di fondamentale importanza: i benefici in termini di sostenibilità ambientale dei trasporti. Si può determinare, anche in questo caso, simulando la situazione successiva alla realizzazione dell’opera, confrontando il guadagno in termini di sostenibilità ambientale rispetto alla situazione in assenza della stessa.

Questo calcolo è già stato fatto nel libro Stretto di Messina e rispetto della transizione ecologica pubblicato dal Distretto Rotary 2110, Sicilia e Malta, a firma degli ingg. Giovanni Mollica (intervistato da report) ed Antonino Musca. Studio che è stato frettolosamente etichettato come “non scientifico” e smentito dallo stesso prof. Ramella. A fronte di 140.000 tonnellate di CO2 all’anno in meno, dovute al passaggio dei mezzi sul Ponte anziché sui traghetti, Ramella ha dichiarato che, in realtà, si tratterebbe soltanto di 10.000 tonnellate/anno in meno.

La differenza è notevole, anche se il dato di Ramella, pur ridimensionandone gli effetti, conferma l’impatto positivo dell’opera sull’ambiente, smentendo clamorosamente le tesi di tanti ambientalisti che, in maniera a dir poco superficiale, continuano a considerare il Ponte come il peggior disastro ambientale immaginabile a memoria d’uomo.

Ad ogni modo, ancorchè “non scientifico”, lo studio di Mollica e Musca meriterebbe quanto meno, da parte di chi la “scienza” la pratica ogni giorno, un’occhiata più approfondita e meno spocchiosa. Si scoprirebbe magari che esso è supportato da dati, statistiche, e calcoli che hanno tutta l’autorevolezza di una pubblicazione universitaria. D’altronde, oltre 3 anni dopo la sua pubblicazione, questo studio non è stato mai smentito da nessuno e non è mai stata pubblicata una puntuale analisi scientifica che ne smonti le tesi.

Economia dei Trasporti creativa

Evidentemente, per gli esperti sopra citati, non servirebbe ad un territorio depresso come quello siciliano, poter contare su un moderno sistema di trasporti merci inserito nella rete CORE europea; né tanto meno l’Alta Velocità, della quale è stato dimostrato il ruolo nell’incremento del PIL per i territori serviti, stimato intorno al 10% in più rispetto alle aree non servite.

Poche e semplici considerazioni, di buon senso oltre che scientifiche. Le quali ci portano ad una riflessione altrettanto banale: forse abbiamo studiato sui libri sbagliati, o magari negli ultimi anni si è sviluppata un’economia dei trasporti “creativa” che è sfuggita a chi scrive. Ma non certo a Ramella e Signorino. (rdm)

PONTE, LA DISINFORMAZIONE DI “REPORT”
CONTRO IL SUD BALLE DELLA TV DI STATO

di SANTO STRATI – L’informazione di Stato, quella pubblica, contro il Sud e la sua voglia di sviluppo: la discutibile puntata di Report sul Ponte sullo Stretto è un chiarissimo esempio di disinformazione partigiana e assecondata di punti di vista unilaterali, con esclusione di qualsiasi contraddittorio. Ma il Governo, il ministro Salvini, hanno visto la puntata dedicata al Ponte? Ce n’è di lavoro per la commissione di vigilanza…
Nello scenario dei no-pontisti a tutti i costi è intollerabile il messaggio stracolmo di balle propalato ai telespettatori, da cui si deduce subliminalmente una sola cosa: il Sud deve schiattare e qualsiasi innovazione va bloccata. Ci avevano provato con l’Autostrada del Sole e con la Salerno-Reggio Calabria dopo: se avessero vinto i superscettici (che notoriamente non hanno alcuna competenza delle cose di cui parlano) non avremmo l’Italia collegata da Nord a Sud da un’infrastruttura stradale straordinariamente utile (che però ha prodotto utili solo ai privati, chissà perché?).

Si può essere di opinione contraria a quanti vorrebbero il Ponte (che significa – al di là di qualunque scetticismo – una grande operazione infrastrutturale per i territori della Calabria e della Sicilia: senza il Ponte scordiamoci l’alta Velocità ferroviaria e il rifacimento della statale 106), purché si oppongano argomentazioni basate su inoppugnabili elementi scientifici di valutazione. Lo sport nazionale negli ultimi anni è intervenire pro o contro qualsiasi opera pubblica (vedi i “grullini” antiTav) solo per essere controcorrente e alla disperata ricerca del famoso quarto d’ora di celebrità di warholiana memoria. Ebbene, sul Ponte si è scatenata una campagna di disinformazione spaventosa, di mitizzazione dell’impossibilità della realizzazione, probabilmente per salvaguardare (occulti) interessi di lobbies a cui del Sud interessa poco o, anzi, niente: si raccontano balle un tanto al chilo e arriva il risultato (anche se parziale) di confondere le idee, allarmare la gente, vaticinando disastri inimmaginabili, spaventando l’opinione pubblica.

Con tutto il rispetto per Report che negli anni ha spesso condotto campagne di civiltà con un’informazione corretta ed equilibrata, questa volta si è andati oltre ogni ragionevole sopportazione. Sarebbe bastato – vista la chiara impostazione no-ponte della trasmissione – chiamare esperti e progettisti di ponti (in Italia ne abbiamo svariate eccellenze) e controbattere le tesi a favore o contro con numeri, cifre, dati di fatto, documentazione reale non parole colte da incompetenti alla riscossa che vedono l’inferno in tutto ciò a a che fare con l’innovazione tecnologica. Ora, il minimo sarebbe una puntata dove siano ospitati tecnici, progettisti, costruttori di ponti per esporre con cifre reali e non citate a sentito dire gli aspetti positivi del progetto e le sue eventuali criticità. Guarda caso nel mondo ormai si parla di ponti Messina Type visto che il progetto originario viene utilizzato in tutto il mondo per le qualità innovative (il Ponte sui Dardanelli – realizzzato in tempi record – è un “piccolo” Ponte di Messina basato proprio sul progetto dello Stretto) che i nostri progettisti, tra i migliori al mondo, sono stati in grado di raggiungere.

Il sospetto è che la sospirata realizzazione del Ponte (che non è di Salvini né di Messina, ma appartiene al Paese) in queste condizioni stenti a decollare non perché manchino le condizioni tecniche e le soluzioni tecnologiche, ma per il prevalere di un atteggiamento negativo che presta il fianco ad alimentare la polemica politica. I dem un tempo erano favorevoli all’opera: siccome al Governo c’è la destra, improvvisamente si sono scoperti no-pontisti affiancando le folli idee di decrescita infelice predicate da Grillo & Co.

Salvini difende il suo progetto ed è comico constatare che debba essere un lumbard a difendere un’idea di sviluppo per il Sud (ma ricordiamoci che la Cassa per il Mezzogiorno nacque per iniziativa di illuminati settentrionali), ma farebbero bene i calabresi e i siciliani a difendere quest’idea di crescita che è solo il Ponte (futura nuova meraviglia del III Millennio?) ma le infrastrutture necessarie a rendere utilizzabile l’opera. Se ci sarà il Ponte non potrà non esserci l’Alta Velocità (ad alta capacità) in gradi di collegare Roma e Palermo con tempi accettabili; se ci sarà il Ponte non potranno non esserci strada sgarrupate e finte superstrade (la ss 106, per esempio) perché la mobilità sarebbe impossibile nell’ottica dell’attraversamento stabile.
La comunicazione sul Ponte – lo abbiamo scritto tante volte, sempre manifestando senza sotterfugi di condividere quest’idea di sviluppo – dev’essere non al servizio di lobbies e interessi oscuri: sia al servizio del Paese e dei citatdini. Con onestaà, correttezza e soprattutto basata su competenze specifiche. I mestieranti del No non hanno argomenti, solo slogan e prese di posizione basate sul nulla, in base a un’idea di terrorismo ideologico che non porta nulla di buono. Divide il Paese e danneggia il Mezzogiorno che, invece, vuole crescere  e donare un futuro nella propria terra alle nuove generazioni. (s)

PS: Chi ha voglia si legga il lungo dossier apparso su Facebook che riproponiamo che contesta punto per punto le osservazioni (vistosamente di parte) proposte dal servizio di Report. Non è legge divina o verità assoluta, ma almeno si basa su studi, numeri e cifre inconfutabili.

Ponte / Tutte le perplessità sul servizio di Report su Rai 3

Quello che segue è un post pubblicato dalla pagina Facebook di “Ponte sullo Stretto di Messina”. Ribatte, punto per punto, alle osservazioni di Report, basandosi su studi, numeri e cifre inconfutabili. Ognuno è libero di pensarla come crede, ma la disinformazione è un “lusso” che il Mezzogiorno e la Calabria non possono permettersi, soprattutto quando vengono meno gli elementi di giudizio e dati scientifici che accompagnino dubbi e perplessità diffuse senza ritegno dai No-Ponte e da quanti non  vogliono lo sviluppo del Sud. (s)

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Ieri è andato in onda su Rai 3 un servizio giornalistico di una trasmissione di nome Report che ha parlato del ponte sullo stretto. Sono state condivise molte informazioni sbagliate, che hanno creato disinformazione antiscientifica e dubbi immotivati negli spettatori. Il servizio è stato confezionato ad hoc per remare nella direzione scelta e ha prodotto danni importanti. Abbiamo fatto un breve riassunto, ma vi invitiamo come sempre a recuperare i nostri post passati. Negli anni abbiamo più volte approfondito questi temi nel dettaglio.
Analizziamo il servizio:
⁃ Secondo Report, la Stretto di Messina “non ha fatto nulla”. Si tratta di una menzogna che non tiene minimamente conto del fatto che la SdM, coinvolgendo i più grandi esperti mondiali in ponti sospesi di grande luce (tra cui lo stesso Brown, il più importante ingegnere di ponti sospesi mai esistito) ha permesso di arrivare al progetto definitivo dell’opera. Sono stati necessari vent’anni di lavoro e lo sviluppo di nuove tecnologie che oggi rappresentano il gold standard a livello mondiale e che vengono sfruttate dalle altre nazioni per le proprie opere. Per tutti i più grandi e complessi ponti sospesi al mondo, la fase più lunga è sempre stata quella di progettazione. Oggi tutti i nuovi ponti vengono costruiti sulla base del progetto del ponte di Messina, sfruttando le medesime tecnologie a cui l’ingegneria mondiale è arrivata proprio durante la progettazione del collegamento stabile tra Sicilia e continente. Quanto alla cifra di poco più di 300 milioni di euro, è più che normale per un progetto da oltre 10 miliardi di euro sviluppato in vent’anni di lavoro dai più importanti tecnici del pianeta con soluzioni innovative mai viste prima. Per questo genere di scenari a volte si tocca il 10% del costo dell’opera, quindi addirittura parliamo di una cifra che sarebbe stata normale anche se di 1 miliardo.
⁃ Secondo Report, la variante di Cannitello è un inutile ecomostro. No. È una normalissima opera voluta da RFI per spostare la ferrovia dove sorgerà la Torre del ponte lato Calabria. A causa del sabotaggio del progetto da parte del governo Monti, l’iter non è poi andato avanti. Nel progetto è perfettamente integrata con il paesaggio, come tutte le altre e numerosissime opere accessorie previste per rivoluzionare le due province, che assorbono il 60% del finanziamento complessivo. Inutile dire che l’opera sarà completata ora che l’iter è ripartito.
⁃ Secondo Report, il ponte di Messina è la più imponente opera infrastrutturale al mondo. Ovviamente non è cosi. Un ponte sospeso di terza generazione di 3,3 km con torri in superficie non è quasi niente rispetto ad altri mega progetti nettamente più grandi e complessi in realizzazione in altre zone del pianeta. Anche restando nell’ambito specifico, alcuni vecchi ponti sospesi di grande luce (es. Golden Gate) hanno rappresentato – con le tecnologie obsolete dell’epoca – una sfida decisamente più complicata e rischiosa.
⁃ Secondo Report, la mafia è un problema per l’opera. Questa affermazione è pericolosissima. Non creare le opere per paura della criminalità organizzata è il metodo migliore per portare allo scatafascio il territorio e annientare il futuro della popolazione. In ogni caso, non capiamo la sensibilità in merito per quest’opera nello specifico. Le altre opere sono infinitamente più “a rischio” da questo punto di vista. Per il ponte di Messina, parliamo di un progetto internazionale identificato come strategico dall’Unione Europea che sarà realizzato con riflettori perennemente puntati da qualsiasi direzione e controlli speciali. Se c’è un progetto dove è rischioso e difficile infiltrarsi è proprio questo.
⁃ Secondo Report, il progetto è vecchio e non vale niente. Questa è una menzogna a dir poco diffamatoria. Il progetto rappresenta ancora oggi il gold standard mondiale in materia di ponti sospesi di grande luce con impalcato di terza generazione, la più recente. Negli ultimi dieci anni non ci sono state innovazioni che hanno reso il progetto obsoleto, come ben sa qualsiasi ingegnere strutturista specializzato in questo tipo di strutture. Non esistono tecnologie e soluzioni, al momento, che possano permettere la realizzazione di un progetto differente che sia migliore di quello di cui disponiamo. In altre parole, anche se stracciassimo tutto e ripartissimo da zero, tra 10-20 anni arriveremmo ad un progetto simile a quello che c’è.
⁃ Secondo Report, un ponte sospeso di grande luce di terza generazione di 3300 metri non è adeguato per ospitare il transito ferroviario. Come abbiamo spiegato più volte, non è vero. Anzi, come ben sa qualsiasi ingegnere strutturista specializzato, al crescere delle dimensioni del manufatto la percorribilità migliora, perché il peso stabilizzante dei cavi di sospensione sale non linearmente. I mezzi circolanti deformano di meno una struttura più grande e pesante, in parole povere. Rispetto ad un ponte sospeso di luce 1650, le pendenze si riducono del 70%. Non è un caso che quando L non è sufficiente si debba ricorrere allo schema ibrido con stralli. Così come non è un caso che ormai non si realizzino ponti sospesi sotto 750-1000 m di luce. I ponti sospesi iniziano ad avere prestazioni di tutto rispetto proprio dopo 1 km di luce, pur restando ovviamente nel limite massimo di 5 km di luce, quella critica con le attuali tecnologie, materiali e schemi statici.
⁃ Secondo Report, la progettazione non ha tenuto conto del vento e di eventi estremi. Menzogna clamorosa. Proprio il vento è stato uno dei più grandi focus in fase di progettazione. L’impalcato del ponte di Messina è stato progettato per essere stabile anche in caso di eventi estremi inverosimili per non dire impossibili, come tempeste da primato che soffiano a 300 km/h. Nello Stretto di Messina, non si è mai raggiunta nemmeno la metà di questa velocità. Il segreto sta nell’aver suddiviso l’impalcato in cassoni distinti con profilo aerodinamico che annullano i vortici. Il vento attraversa il Messina Type Deck e addirittura lo stabilizza. Basti pensare che rispetto all’Akashi le prestazioni sono superiori del doppio nonostante la luce di 3300 al posto di 1991. I giapponesi ci fecero i complimenti per il progetto, prima di vincere la gara internazionale per la progettazione esecutiva e costruzione dell’opera con la loro multinazionale IHI, che fa parte del consorzio.
⁃ Secondo Report, i terremoti sono un problema per i ponti sospesi di grande luce. Come ben sa qualsiasi ingegnere strutturista specializzato, i ponti sospesi di grande luce sono le strutture umane più sicure in caso di sisma. Anche devastante. Sono quelle che assorbono meno input sismico e che reagiscono in modo più disconnesso durante un terremoto. Nel caso del ponte di Messina, posto un terremoto come 1 Hz, la struttura reagisce a non oltre 0,003 Hz. In più, ha un periodo fondamentale di oscillazione di oltre 30 secondi. Le fondazioni delle torri sono realizzate con jet grouting per la massima stabilità. Altrove esistono mega strutture più pesanti su terreni meno stabili, a dirla tutta. In altre parole, parlare di terremoti nell’ambito dei ponti sospesi di grande luce è già di per sé un argomento quasi completamente privo di senso.
⁃ Secondo Report, il progetto non tiene conto della faglia del terremoto del 1908. Falso. La progettazione ha tenuto conto di tutte le faglie (144) presenti nell’area. Se conosciamo bene lo Stretto è proprio grazie al Ponte. Se non avessimo dovuto progettare l’opera, non avremmo condotto studi di questa portata sul territorio, coinvolgendo i più autorevoli esperti mondiali e compiendo operazioni rischiose di esplorazione dei fondali. Le faglie presenti sono ininfluenti per il manufatto per sua natura strutturale. Non è un caso che esistano vecchi ponti sospesi meno performanti in aree del pianeta nettamente più pericolose dal punto di vista sismico su faglie infinitamente più formidabili. Peraltro, la faglia del terremoto del 1908 è molto più a sud della zona dove sorgerà il ponte, come ben si nota dalla mappa inquadrata dai giornalisti della trasmissione. Sarebbe il caso di dare un’occhiata a ciò che si trova davanti alla telecamera.
⁃ Secondo Report, non c’è modo di completare la progettazione esecutiva entro luglio 2024. Non è vero. La progettazione dell’opera è già in stato avanzatissimo, come confermato dalla società statunitense Parsons, una delle realtà più importanti al mondo in ambito. Basta poco per arrivare alla fine dell’iter, disponendo già ora di un progetto così dettagliato (oltre 8500 elaborati tecnici firmati dai massimi esperti mondiali). In genere, per le altre opere la progettazione definitiva non arriva dello stato di completezza del progetto definitivo del ponte di Messina. Persino la variante di massima era già sostanzialmente definitiva, anche se all’epoca non esisteva ancora burocraticamente questa distinzione e quindi non aveva questo nome.
⁃ Secondo Report, si tratta dell’opera pubblica più costosa nella storia d’Italia. Menzogna. Persino in questo momento sono in costruzione opere più costose, come l’alta velocità SA-RC da 13 miliardi di euro. Il ponte in sé costa 5 miliardi di euro, 12 in totale con le numerose opere accessorie per rivoluzionare i territori interessati. Queste includono decine di chilometri di nuove strade e ferrovie, sistemazione idrogeologica del territorio, riqualificazione delle province, ripascimento di oltre 10 km di costa, centro direzionale di Libeskind e molto altro.
⁃ Secondo Report, l’analisi costi-benefici dell’opera è negativa. Falso. Numerose ACB autorevoli danno esito pienamente positivo, come quella recente di Open Economics o di Università Bocconi. L’unica citata dal programma è quella del gruppo Ponti, contrario a tutte le grandi opere. Questo gruppo era persino contrario all’alta velocità ferroviaria Milano-Napoli. Ed è ovviamente contrario anche all’alta velocità Salerno-Reggio Calabria. Per arrivare a esito negativo, l’analisi considerata è ricca di forzature, omissioni e cherry picking. Si tratta dello stesso gruppo che era stato scelto dal M5S per dare esito negativo alla convenienza economica dell’alta velocità ferroviaria Italia Francia. Anche in quel caso gli esperti hanno giustamente criticato in modo duro l’analisi, che per arrivare a esito negativo fa delle piroette incredibili.
⁃ Secondo Report, i traghetti potrebbero forse inquinare meno di un collegamento stabile. Come sa qualsiasi esperto in ambito, un collegamento stabile è sempre meno inquinante di un collegamento non stabile (in questo caso marittimo, il più inquinante che ci sia sulle brevi distanze). La cosa è aggravata dal fatto che i traghetti costringono i veicoli a incolonnarsi nei centri urbani, dove le emissioni di particolato cancerogeno toccano livelli allarmanti. E, ovviamente, dall’impossibilità tecnica di istituire un servizio ferroviario a basso impatto ambientale (i normali treni non sono traghettabili, com’è ovvio che sia).
⁃ Secondo Report, non ci sono altri investimenti nel Sud oltre al Ponte. Falso. Abbiamo più volte spiegato che a sud di Napoli sono in realizzazione o già finanziate/in gara nuove opere stradali e ferroviarie per decine di miliardi di euro. Trovate tutti i dettagli sui siti di RFI e Anas. In Sicilia nello specifico, è in realizzazione (tra le altre opere) la nuova ferrovia Messina Catania Palermo da 11 miliardi di euro. Grazie al ponte, l’opera potrà essere attraversata dai treni che già circolano sulla penisola. Oggi, Frecciarossa impiega 5 ore per spostarsi tra Roma e Reggio Calabria. Nei prossimi anni questa tempistica scenderà a sole 4 ore. Meno per l’ingresso al ponte ottimizzando le fermate (poco più di 3 ore e mezza). Con il ponte, Frecciarossa non sarà costretto a tornare indietro una volta arrivato in Calabria, come succede oggi. Potrà proseguire ed essere in Sicilia in pochi minuti, collegando (ad esempio) Roma e Catania in 4 ore (se diretto).
⁃ Report mette nello stesso calderone opere di competenza comunale, provinciale, regionale e statale. Questa nemmeno la commentiamo. È come dire che a Roma non bisogna realizzare la metro C (che costa quanto il Ponte) o in Toscana in Passante di Firenze perché alcune strade di Crotone sono dissestate.
⁃ Secondo Report, la linea Messina Catania Palermo non sarà a doppio binario e non permetterà ai treni di muoversi velocemente. Falso. Avrà velocità media simile alla linea ad alta velocità Roma Firenze con picchi di 250 km/h (standard AV) e sarà a doppio binario. Il tracciato è in costruzione e, come sapete, vi teniamo sempre aggiornati a riguardo. E siamo certi che grazie al ponte, quindi all’apertura del sistema ai vettori continentali, sarà possibile aumentare in modo netto gli investimenti futuri sull’isola, creando ad esempio una linea ad alta velocità diretta per Palermo senza passare da Catania, utile per i treni che vengono da Napoli, Roma, Firenze, Milano ecc.
⁃ Secondo Report, il primo lotto dell’alta velocità Salerno Reggio Calabria finisce nel nulla. Non è vero. Il lotto arriva a Praia e velocizza in modo netto il transito da Roma a Reggio Calabria, coinvolgendo anche nuovi territori più a est. Addirittura, basta questo lotto per ridurre la percorrenza da 5 ore a 4. Se invece ci si riferisce al solo lotto 1a (una porzione dell’1) è fondamentale per Potenza.
Ci teniamo anche a precisare che da che mondo è mondo le grandi opere, ovvero le arterie, stimolano quelle più piccole.
Non collegare stabilmente la Sicilia al continente, lasciandola in una condizione di insularità che secondo le stime crea danni economici non inferiori a 6 miliardi di euro ogni 12 mesi, è una pessima idea.
Se un treno non può superare quei 3 km di mare, arrivando da nord, la sostenibilità economica si riduce in modo netto. Vale lo stesso per un treno che parte da Palermo o Catania e non può andare a Napoli o a Roma.
Non esiste altra isola da addirittura 5 milioni di abitanti che sia separata dal proprio continente da soli 3 km di mare. È una situazione anomala a livello mondiale.
Come sempre, citiamo alcuni dei professionisti da primato mondiale che hanno firmato il progetto definitivo del ponte sullo stretto di Messina tra le centinaia:
⁃ Prof. Ing. Giulio BALLIO Emerito di tecnica costruzioni, già Rettore Politecnico Milano
⁃ Prof. Ing. Alberto CASTELLANI già Ordinario Costruzioni in zona sismica Politecnico Milano
⁃ Prof. Ing. Giorgio DIANA Emerito e Dirett. Galleria del vento CIRIVE Politec. Milano
⁃ Prof. Ing. Ezio FACCIOLI già Professore di Ingegneria Sismica Politecnico Milano
⁃ Ing. Ian FIRTH Director Flint Neill Ltd. Inghilterra
⁃ Prof. Niels J. GIMSING Emerito Technical University of Denmark Danimarca
⁃ Prof. Ing. Mic.le JAMIOLKOWSKI Emerito Geotecnica Politecnico di Torino
⁃ Ing. Dyab KHAZEM PMC Suspension Brigde Indip. Design Parson Group – USA
⁃ Ing. Allan LARSEN Chief specialist Aerodinamics COWI – Danimarca
⁃ Arch. Daniel LIBESKIND Studio Architettura – USA
⁃ Ing. Peter LUNDHUS Managing Director Sund & Baelt – Danimarca
⁃ Prof. Ing. Giuseppe MUSCOLINO Ordinario Scienza Costruzioni Università Messina
⁃ Ing. Klaus H. OSTENFELD Esperto di ponti già CEO COWI A/S – Danimarca
⁃ Ing. Anton PETERSON Senior Vice Presidente COWI A/S – Danimarca
⁃ Ing. Aldo SAULLE Project Manager Parson – USA
⁃ Ing. Christofer SCOLLARD Chief Project Manager Buckland & Taylor – Canada
⁃ Ing. Kenneth SARZAN PMC Suspension Brigde – Parson Group – USA
⁃ Ing. Peter SLUSZKA Vice Presidente Ammann & Whitney – USA
⁃ Ing. Yasutsugu YAMASAKI Progettista Ponti sospesi Ishikawagima – Giappone
⁃ Prof. Ing. Alberto ZASSO Ordinario Meccanica Applicata Politecnico Milano
⁃ Ing. William BROWN, specializzato in ponti sospesi, progettista di quasi tutti i più grossi e complessi ponti sospesi del mondo.
(rrm)