Cgil, Cisl e Uil Calabria: Avviare procedure per reperire 16 mld per av

Cgil, Cisl e Uil ritengono fondamentale avviare subito le procedure per reperire i rimanenti 16 miliardi necessari al completamento dell’alta velocità, riconoscendo l’opera come strategica non solo per la Calabria ma per l’intero Paese. È quanto hanno ribadito i sindacati a margine dell’incontro con Rfi alla presenza del Presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, in cui è stato presentato il piano di Rete Ferroviaria Italiana.

Il piano – visto con interesse dai sindacati – prevede investimenti strategici per oltre 38 miliardi di euro, di cui 16 già finanziati, destinati al potenziamento della rete ferroviaria della nostra regione.

«Gli interventi, che spaziano dalla linea Alta velocità-Alta capacità Salerno-Reggio Calabria alla riqualificazione della linea Jonica – hanno rilevato i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, rispettivamente Gianfranco TrottaTonino RussoMariaelena Senese – rappresentano un’opportunità unica per rendere la Calabria un nodo cruciale del sistema ferroviario nazionale. In questa fase storica, però, è di fondamentale importanza garantire la copertura economica completa di tutti gli interventi progettati».

«Oltre al miglioramento della mobilità – hanno rilevato – questi interventi potrebbero generare circa 6.000 posti di lavoro diretti nei cantieri, senza contare i benefici occupazionali legati all’indotto. Cgil, Cisl e Uil Calabria ritengono che questa sia una risposta concreta alla necessità di creare nuove opportunità per il territorio e frenare l’emorragia di giovani costretti a migrare».

«Appare determinante, intanto – hanno sottolineato – fissare la tempistica delle opere così come rappresentate da Rfi, che per quanto riguarda la tratta Catanzaro Lido – Sibari (inclusi lunetta e snodo per Lamezia) il  completamento è previsto entro giugno 2026. Mentre per la tratta Catanzaro Lido – Roccella Jonica il completamento è previsto entro il 2029, con risorse già stanziate dalla Regione Calabria e, infine, per la tratta Roccella Jonica – Reggio Calabria la Regione si impegna a reperire le risorse necessarie, riconoscendo l’opera come strategica».

Durante l’incontro, poi, Rfi si è impegnata a completare l’Alta velocità fino a Praia a Mare, un’opera  che richiede 17 miliardi di euro.

La disponibilità attuale è di 16 miliardi e la  Regione Calabria si è impegnata a collaborare con il Governo per reperire il miliardo mancante, affinché il completamento sia garantito entro il 2031.

L’implementazione del sistema tecnologico Ertms, che interesserà 216 km della rete ferroviaria calabrese, rappresenta un salto di qualità in termini di sicurezza, efficienza e interoperabilità.

Di fronte a un piano così ambizioso, Cgil, Cisl e Uil Calabria richiamano «l’attenzione su alcuni punti cruciali: il rispetto dei tempi e dei finanziamenti: ogni ritardo nell’attuazione degli interventi rischierebbe di vanificare i benefici attesi; la trasparenza e il coinvolgimento: è essenziale che le parti sociali, sindacati in primis, siano parte attiva nella fase di monitoraggio e implementazione dei progetti e investimenti integrati per il potenziamento ferroviario».

Cgil, Cisl e Uil Calabria «sono pronti a mettere in campo ogni iniziativa utile al rilancio infrastrutturale del territorio e invitano il Presidente Occhiuto a spingere sul Governo al fine di garantire la corretta copertura economica degli interventi programmati e garantire la piena attuazione del piano, vigilando sull’effettivo rispetto dei tempi e dei finanziamenti previsti».

«La realizzazione di questi interventi – hanno concluso – potrebbe sancire un punto essenziale per il potenziamento infrastrutturale regionale e per dare risposte concrete alle richieste dei calabresi. Per questo è  necessario un maggiore coinvolgimento delle parti sociali per assicurare che questi investimenti siano davvero orientati al benessere della comunità. La Calabria merita infrastrutture moderne e sostenibili, in grado di supportare uno sviluppo socio-economico equo e duraturo». (rrm)

Uil e Uil Fpl Calabria: Servono azioni immediate per colmare carenza di medici

La Uil Calabria e la Uil Fpl Calabria «richiamano, con forza, l’attenzione delle istituzioni regionali sul drammatico stato del Servizio Sanitario Regionale, aggravato dalla carenza strutturale di personale medico e dalla chiusura di numerosi presidi sanitari, soprattutto nelle aree interne e nelle zone a maggiore difficoltà di accesso».

Per i sindacati, infatti, «i cittadini calabresi hanno diritto a una sanità territoriale efficiente, capillare e pronta a rispondere alle loro esigenze».

Ma la realtà è diversa, purtroppo: la regione «registra – hanno  rilevato i sindacati – la spesa corrente più bassa in sanità in Italia, con soli 1.748 euro a fronte di una media nazionale di 2.140 euro. Inoltre, la dotazione organica del personale sanitario è in perenne sofferenza, con una proiezione drammatica per il 2026, quando mancheranno 135 medici di famiglia. In Calabria il deficit di medici di medicina generale si attesta a oltre 3100 professionisti, e sul nostro territorio mancano complessivamente 2500medici, con ben 450 richieste di trasferimento all’estero».

«Mentre circa il 40% delle postazioni di guardia medica – hanno proseguito – risultano vacanti, rendendo difficoltoso, se non impossibile, garantire il diritto alla salute in molte comunità locali. La situazione è resa ancora più critica dalla recente ondata di pensionamenti che ha colpito il comparto, un fenomeno destinato a peggiorare nei prossimi anni, senza un immediato ricambio generazionale, nonostante le recenti  modifiche normative consentano di rimanere in servizio sino a 70 anni».

«Secondo l’ultimo rapporto della Federazione italiana dei medici di medicina generale, in Calabria 2 cittadini su 5 non hanno accesso regolare a una guardia medica o a un medico di base nei comuni montani e nelle zone rurali. Un dato che mette in evidenza l’urgenza di agire con soluzioni concrete per colmare questi vuoti», ha detto la Uil, sottolineando la necessità, da parte della Regione, «di elaborare un bando straordinario rivolto ai neo-laureati in Medicina, abilitati alla pratica sanitaria non specialistica, al fine di poter effettuare delle sostituzioni. Questo provvedimento consentirebbe di coprire i posti vacanti nella medicina di base e nelle postazioni di guardia medica, seppur temporaneamente,  offrendo una risposta immediata alla carenza di personale».

Allo stesso tempo bisognerebbe farsi parte attiva per ampliare lo spettro di azione oggi consentito ai neolaureati dalle norme vigenti in materia.

I neo-laureati, con il loro ingresso nel sistema sanitario regionale, rappresenterebbero una “boccata d’ossigeno” per il settore e consentirebbero di fornire servizi sanitari essenziali alle fasce più deboli della popolazione, come gli anziani e i residenti nelle aree interne.

Tuttavia, questa misura d’urgenza deve essere accompagnata da un percorso più ampio e strutturato di riforma del Servizio sanitario. La Uil Calabria e la Uil Fpl Calabria chiedono: Una diversa gestione delle risorse disponibili, con la fine dei tagli lineari che hanno compromesso l’efficienza del sistema; Investimenti mirati nel personale e nelle strutture territoriali, garantendo una maggiore presenza medica nelle aree interne; Piani di formazione e incentivi per i giovani medici, affinché scelgano di lavorare in Calabria, rendendo il sistema sanitario regionale più attrattivo; potenziamento delle misure di welfare aziendale per il personale che opera in Sanità; tempestività nella sottoscrizione dei contratti decentrati integrativi e nell’erogazione delle risorse economiche; maggiori risorse per il personale che opera in servizi svantaggiati (ad esempio il pronto soccorso).

«Occorre – hanno aggiunto – una programmazione coraggiosa, che parta dal coinvolgimento delle giovani generazioni di medici e passi per una revisione radicale delle politiche sanitarie regionali e nazionali. La salute è un diritto fondamentale e non può essere subordinata alla logica del risparmio».

«Insieme la deputazione calabrese – hanno ribadito – è chiamata a portare avanti una battaglia comune, senza distinzioni ideologiche,  affinché si esca da un regime emergenziale che da 15 anni ha certamente indebolito la sanità calabrese». (rcz)

L’ITALIA SI FERMA PER LO SCIOPERO DI
CGIL E UIL, LA CISL NON HA ADERITO

Oggi  tutti in piazza “Per cambiare la manovra di bilancio”. È questo lo slogan della mobilitazione indetta per oggi da Cgil e Uil, con l’obiettivo di chiedere  di cambiare la manovra di bilancio, considerata del tutto inadeguata a risolvere i problemi del paese, e per rivendicare l’aumento del potere d’acquisto di salari e pensioni e il finanziamento di sanità, istruzione, servizi pubblici e politiche industriali.

«Il Governo – si legge in una nota – ci infliggerà 7 anni di austerità con: perdita del potere d’acquisto di lavoratori e pensionati causata da un’inflazione da profitti; crescita della precarietà e del lavoro nero e sommerso; tagli ai servizi pubblici, a partire da Sanità, Istruzione, Trasporto pubblico, Enti locali; rinnovi contrattuali per il pubblico impiego che coprono appena 1/3 dell’inflazione; taglio del cuneo fiscale (con perdite per molti) pagato dagli stessi lavoratori con il maggior gettito Irpef; politiche fiscali che riducono la progressività e che, attraverso condoni e concordati, favoriscono gli evasori; nessun intervento sugli extraprofitti; peggioramento della Legge Monti/Fornero che si applicherà al 99,9% dei lavoratori; insufficiente rivalutazione delle pensioni, con la beffa di un aumento di soli 3 euro al mese per le minime; assenza di una politica industriale e tagli agli investimenti; ritardi nell’attuazione del Pnrr e nessuna strategia per il Mezzogiorno; attacco alla libertà di manifestare il dissenso con il Disegno di Legge Sicurezza».

In Calabria la mobilitazione sarà a Cosenza, a Piazza Kennedy, con il comizio conclusivo a Piazza. G. Carratelli. Presente, anche, la Fillea Cgil Calabria.

«Se non ora, quando?», ha chiesto il segretario generale di Cgil Calabria, Gianfranco Trotta, ospite di Buongiorno Regione, invitando tutti i lavoratori e le lavoratrici calabresi ad aderire allo sciopero, «di scendere in piazza con noi».

«Voglio solo sottolineare il fatto che dalla legge di Bilancio è sparito il Mezzogiorno. Non solo le risorse sono scomparse, ma quando vengono tolte tutte quelle agevolazioni che potevano incentivare le assunzioni, come la decontribuzione del 30%, le aziende se ne accorgeranno a partire dal 1 gennaio 2025, ma nessuno ne parla», ha detto Gianfranco Trotta, segretario generale Cgil Calabria, intervenendo all’assemblea di Cgil Area Vasta svoltasi nei giorni scorsi.

Trotta, intervenendo all’assemblea di Cgil Area Vasta,  ha poi parlato della mancanza di un piano di assunzione per il comparto sanitario, evidenziando le difficoltà nel reclutamento di medici e infermieri e il bisogno urgente di politiche che rispondano alle necessità della Calabria: «Così come in una legge di Bilancio dove mancano i fondi per un piano di assunzione nel comparto sanità, per medici e infermieri. Qui in Calabria abbiamo medici cubani, ma a livello nazionale non ci danno le risorse per un piano di assunzione nel settore sanitario. I calabresi devono scendere in piazza a protestare ancora di più, senza delegare la protesta a nessuno, perché i dati impietosi dell’Inps presentati ieri ci dicono che la realtà è ben diversa rispetto ai TikTok e agli annunci a cui assistiamo ogni giorno».

«Per il nostro settore – ha spiegato Simone Celebre, segretario generale Fillea Cgil Calabria –  gli obiettivi e le ragioni della mobilitazione di venerdì sono: stop alle morti sui posti di lavoro, una nuova e più giusta riforma fiscale e un nuovo modello sociale».

«Come Fillea Cgil – ha aggiunto – venerdì scenderemo in piazza, con pullman provenienti da tutte le province calabresi, perché la salute e la sicurezza sul lavoro devono diventare un vincolo per poter esercitare l’attività d’impresa. È necessario cancellare le leggi che negli anni hanno reso il lavoro precario e frammentato, così come bisogna superare la logica del subappalto a cascata e ripristinare la parità di trattamento economico e normativo per le lavoratrici e i lavoratori di tutti gli appalti pubblici e privati».

«Questo “sacrificio economico” – ha proseguito – chiesto a tutti i lavoratori dell’intero settore delle costruzioni servirà anche per ribadire il nostro categorico No al lavoro senza un’adeguata formazione e diritto alla formazione continua per tutte le lavoratrici e i lavoratori. Saremo in piazza soprattutto per ribadire, per l’ennesima volta, che l’istituzione della “patente a crediti” non basta a risolvere la piaga degli infortuni mortali e il problema della sicurezza nei cantieri, una misura simbolica, senza un reale impatto sui luoghi di lavoro».

«Per noi è importante introdurre il reato di omicidio colposo sui luoghi di lavoro – ha concluso – garantire il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori di eleggere in tutti i luoghi di lavoro i propri rappresentanti per la sicurezza (RLS) e, infine, istituire una procura speciale che si possa occupare solo ed esclusivamente degli infortuni mortali sui luoghi di lavoro».

«Riteniamo che questa mobilitazione rappresenti un momento cruciale per dare voce alle tante istanze sociali, economiche e lavorative che attraversano la nostra regione e l’intero Paese», hanno detto i consiglieri regionali del Partito Democratico Calabria, annunciando la propria adesione alla manifestazione. 

«Temi come il diritto al lavoro dignitoso, la sanità pubblica – hanno spiegato – il potenziamento dei servizi pubblici, il sostegno alle fasce più fragili della popolazione e la lotta contro le disuguaglianze sono da sempre al centro delle nostre battaglie politiche. L’adesione a questa giornata di lotta è, dunque, un atto di responsabilità nei confronti di quei cittadini che ogni giorno chiedono un futuro più giusto, equo e sostenibile. Ci schieriamo al loro fianco, per riaffermare con forza la necessità di politiche pubbliche capaci di garantire crescita, coesione sociale e rispetto dei diritti».

«Ribadiamo che c’è una necessità urgente, in una fase così particolare e complicata, che il popolo calabrese dia sostegno a questa manifestazione. Bisogna mobilitarsi per spostare in avanti la discussione e risolvere le questioni che stiamo affrontando, a partire dal lavoro. Soprattutto dopo aver visto i report che ci sono stati consegnati ieri, nel rendiconto sociale dell’Inps, che evidenziano le problematiche che stiamo denunciando: persone che abbandonano questa terra, il tema dei contratti a tempo determinato e le difficoltà che questa situazione comporta», ha detto Enzo Scalese, segretario generale Cgil Area Vasta nell’assemblea territoriale organizzata in vista della mobilitazione del 29 novembre.

«Il collegato al lavoro è uno degli esempi di come le politiche attuate – ha detto Scalese – non vadano nella giusta direzione e contribuiscano a creare precarietà. In Calabria, la sanità è in difficoltà e la politica industriale non riesce a dare un futuro ai nostri giovani, costringendoli ad emigrare. I vari decreti del governo vanno in direzione opposta, e non possiamo tollerare un attacco alla nostra organizzazione, che ha sempre contrastato le ingiustizie». (rrm)

 

L’OPINIONE / Pierpaolo Bombardieri: Venerdì in piazza per migliorare la vira delle persone

di PIERPAOLO BOMBARDIERI – Abbiamo proclamato uno sciopero generale perché siamo convinti che le condizioni reali del Paese abbiano bisogno di risposte concrete. Stop ai bonus, basta con le soluzioni temporanee e inefficaci: urgono politiche strutturali tese a superare le disuguaglianze sociali ed economiche.

La manovra di bilancio non dà sufficienti risposte, intanto, ai salari ed al potere d’acquisto. Dunque, tra i motivi c’è anzitutto la questione economica.

Nel corso degli ultimi anni, con un’inflazione (da profitti) altissima, si è registrato un aumento del costo della vita e dei prezzi superiore alla crescita degli stipendi.

L’unica azione del Governo su questo fronte è stata la conferma del taglio al cuneo fiscale (una nostra conquista con lo sciopero generale durante il Governo Draghi), che non aggiunge soldi nella busta paga di gennaio ed anzi le nuove modalità ne determineranno in diversi casi una perdita.

A chi ci accusa di far politica, rispondiamo: è vero, facciamo politica sindacale, chiedendo il rinnovo dei contratti e il recupero del potere d’acquisto dei salari e delle pensioni.

Qualche anno fa qualcuno dava la colpa ai sindacati per la mancata crescita dei salari, ma ora che stiamo facendo una battaglia visibile su questo terreno veniamo definiti fondamentalisti. Evidentemente, c’è poco rispetto per i lavoratori e per le lavoratrici, che rinunceranno liberamente ad una giornata di stipendio.

Le politiche in materia di previdenza, sanità, welfare e fisco non garantiscono un reale sostegno alle famiglie e non affrontano i problemi del precariato, della povertà lavorativa e delle diseguaglianze territoriali.

I pensionati italiani sono tra i più tassati in Europa: il 30% in più degli altri Paesi. Ed è assolutamente insufficiente, finanche imbarazzante, la rivalutazione delle pensioni, con la beffa di un aumento di soli 3 euro al mese per le minime.

La sanità è in profonda crisi, basti notare che l’anno scorso 2 milioni e mezzo di persone hanno rinunciato a curarsi per motivi economici e 1 milione di persone si sono spostate da Sud a Nord per assicurarsi trattamenti sanitari. Le liste d’attesa al Cup sono infinite, mentre nelle stanze del potere si chiama direttamente il primario amico. Come possiamo ritenerci soddisfatti del sistema sanitario italiano? Serve riconoscere il lavoro dei professionisti della sanità. Il Governo ha messo più risorse in termini assoluti, ma gli investimenti si calcolano in rapporto al Pil e l’Italia su questo fa passi indietro ed è agli ultimi posti Ue.

Non è accettabile che nella Manovra non ci siano risorse per nuovi contratti e assunzioni.  E neanche traccia della detassazione degli aumenti contrattuali e della contrattazione di secondo livello, nostre rivendicazioni.

Sulle politiche fiscali, poi, registriamo scelte che riducono la progressività e che, attraverso condoni e concordati, favoriscono gli evasori.

Dove prendere le risorse per finanziare le nostre richieste? Era necessario applicare un’extratassa sugli extraprofitti alle banche, alle Big Pharma e alle grandi aziende che si occupano di energia, che hanno speculato sulla vita delle persone durante la pandemia e la guerra. La presunta extratassa alle banche applicata in manovra è semplicemente un prestito che verrà restituito entro due anni. Non ci prendano in giro!

Altra priorità è quella riguardante la sicurezza sul lavoro. Le stragi continuano ma non c’è un solo euro investito.

Continuano a dare numeri roboanti sull’occupazione. Ma quale occupazione? I dati delle attivazioni Inps evidenziano l’elevata percentuale di lavoro precario. E noi su questo punto stiamo girando l’Italia per parlare di fantasmi, i protagonisti del lavoro sommerso, del lavoro nero e del lavoro precario, che non possono godere dei principali diritti di cittadinanza né dei presupposti per progettare la propria vita.

Un Sindacato serio che svolge il proprio mestiere non può accontentarsi che le condizioni delle persone non peggiorino; ma rivendica il miglioramento delle condizioni per lavoratori, giovani e pensionati.

Vogliamo che quella del 29 novembre sia una giornata storica per le nostre bandiere e per dare un segnale concreto al Paese reale sin qui ignorato dal Governo. Se vogliamo le cose cambino: scendiamo tutti insieme in piazza! (pb)

[Pierpaolo Bombardieri è segretario nazionale Uil]

LA CALABRIA È LA REGIONE CON MAGGIORI
DISUGUAGLIANZE TRA I PAESI DELLA UE

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Qual è la regione con le maggiori disuguaglianze nell’Unione Europea? Risposta scontata: la Calabria, purtroppo. Secondo i dati di Eurostat, diffusi dalla Cgil, i numeri segnano il risultato più drammatico, in cui emerge non solo una bassa condizione di crescita, ma anche una forte disparità retributiva tra il capitale e il reddito.

Il 20% dei cittadini calabresi ricchi accresce il suo benessere, mentre il 20% povero diventa ancora più indigente non potendo disporre dei basilari mezzi di sussistenza su beni e servizi essenziali.

L’Istituto economico europeo, infatti, certifica la divaricazione della forbice sociale a vantaggio degli strati più ricchi e ne accentua lo stato di povertà, in valore e condizione, assoluta. Tutto ciò mentre la nostra regione sconta una crisi demografica, uno spopolamento delle aree interne ed una emigrazione giovanile senza precedenti che verrà acuita dall’autonomia differenziata.

Per la Cgil Calabria «c’è un tema ineludibile per il Governo nazionale e regionale: quello salariale, del lavoro, degli investimenti che sfuggono dall’orbita di ogni provvedimento emanato dall’esecutivo».

Un fenomeno che, per quanto paradossale, vista la quantità e la finalità di risorse europee, ordinarie e straordinarie, di cui la Calabria oggi dispone, il sindacato ha sempre cercato di evidenziare negli ambiti istituzionali della programmazione europea, richiamando un approccio di indirizzo e di merito basato sulla qualità della spesa in termini di impatto e congruità dei risultati».

Oltre la metà della spesa comunitaria viene assegnata con bonus, incentivi e crediti d’imposta che solo marginalmente determina una premialità negli investimenti su politiche distributive e reddituali, con un basso coefficiente occupazionale. Per quanto evidenti, i fattori dì criticità nella spesa comunitaria vengono spesso concepiti nella necessità di intervento sugli aspetti quantitativi, anziché affrontarli nella complessità delle loro dinamiche distributive per meglio agire processi contestuali di sviluppo e di crescita sia economica che sociale.

In altre parole, «non c’è solo un problema nella capacità di investire i fondi per ridurre i divari territoriali con le altre aree del Paese – ha rilevato il sindacato – ma, di farlo, attraverso mirate politiche sociali ed occupazionali per garantire un generale benessere di tutte le classi sociali che nei territori risiedono. L’indagine dell’Eurostat, sostanzialmente, ci suggerisce di considerare i divari regionali per poter meglio affrontare quelli nazionali».

Sul tema del lavoro, «il contratto è un buon punto di partenza, ma è necessario potenziarne l’azione nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori», ha detto Mariaelena Senese, segretaria generale della Uil Calabria, intervenendo ai lavori del convegno sui 30 anni dell’Ebac a Reggio Calabria, annunciando di aver chiesto «n incontro per migliorare le prestazioni dell’ente bilaterale a favore dei lavoratori e prevedere un sistema di premialità per le aziende di settore, predisposizione di un fondo di incentivo all’occupazione finalizzato ad evitare la fuga dai giovani dalla Calabria, intervenendo anche con progetti mirati nelle scuole prevedendo il supporto dell’Inail regionale. Inail che è sempre stata al fianco della bilateralità attraverso dei progetti mirati che partono proprio dal mondo della scuola».

Ma non sono solo i sindacati a essere impegnati sul tema del lavoro: Anche la Regione Calabria sta facendo la sua parte. È stato approvato, infatti, su proposta dell’assessore regionale al Lavoro, Giovanni Calabrese, il nuovo schema di Accordo per la realizzazione dell’investimento 1.1 “Piano potenziamento Centri per l’impiego” del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), Missione M5, Componente C1.

L’accordo sarà sottoscritto dalla Regione Calabria – Dipartimento Lavoro, dall’Unità di missione per l’attuazione degli interventi del Pnrr e dalla Direzione generale presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

L’intervento è finalizzato al potenziamento dei Centri per l’impiego, allo scopo di consentire un’efficace erogazione dei servizi per l’impiego e la formazione e, nell’ambito del medesimo, sono previste attività legate al potenziamento dei Cpi tramite il rafforzamento delle competenze del personale e il potenziamento infrastrutturale. L’importo del finanziamento per la Regione Calabria è di 10.593.900,48 euro.

Insomma, c’è grande consapevolezza che nella regione ci sia un grave problema occupazionale a cui, poco a poco, si sta cercando di trovare una soluzione per impedire non solo lo spopolamento dei borghi, ma anche la partenza dei cervelli che, con le loro capacità, potrebbero contribuire a risollevare questa terra dalle grandi potenzialità.

Sicuramente c’è più bisogno di sinergia tra istituzioni, sindacati, Enti e associazioni di categoria per mettere nero su bianco un piano capace di colmare uno dei più gravi e atavici divari della Calabria. I continui report che i sindacati o gli Enti producono, devono indurre la Regione a fare una riflessione seria sul tema e cercare una quadra anche col Governo per mettere a punto una strategia con azioni mirate a rendere la regione un modello virtuoso capace di attrarre, non di indurre a scappare.

SANITÀ PRIVATA, IN CALABRIA È ALLARME
CONTI SALATISSIMI E POCHE PRESTAZIONI

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Quasi 50mila euro per operare un tumore al seno in Calabria, circa 400 euro per un check up cardiologico nella stessa regione, 1.500 euro al giorno per un ricovero a bassa complessità e quasi 30mila euro per una degenza di due settimane ad alta complessità nel medesimo territorio. Sarebbero questi gli effetti che si avrebbero se in Calabria la sanità fosse privata. Numeri che «fanno rabbrividire» e che sono emersi da un recente studio della Uil e condotta dal segretario confederale Santo Biondo, «finalizzato a mettere in evidenza gli effetti che subirebbero i bilanci delle famiglie, nell’ipotesi in cui per curarsi, in presenza di un progressivo smantellamento della sanità pubblica, si fosse costretti a rivolgersi alla sola sanità privata pura».

Per lo studio sono state prese in considerazione la Lombardia, il Lazio e la Calabria, calcolando i costi medi di alcune prestazioni sanitarie più comuni, sulla base dei tariffari di alcune strutture sanitarie private, ubicate nei territori osservati.

«In sintesi – si legge – si può evincere che una persona che necessitasse di un ricovero per bassa complessità assistenziale, in assenza del Ssn, dovrebbe sostenere una spesa giornaliera che varia da un minimo di 422 euro fino a un massimo di 1.178 euro in Lombardia, da un minimo di 435 euro a un massimo di 1.278 nel Lazio e da un minimo di 552 euro a un massimo di 1.480 euro in Calabria. Se il ricovero fosse ad alta complessità assistenziale, la somma aumenterebbe e, al giorno si andrebbe da un minimo di 630 fino a 1.470 euro in Lombardia da un minimo di 530 a un massimo di 1.800 euro nel Lazio e da un minimo di 570 a 1.800 euro in Calabria.

Nel caso di un check up cardiologico, invece, tenendo conto che le tariffe sono variabili a seconda di età, sesso ed esami previsti, il costo in regime privato varia da un minimo di 220 a un massimo di 295 euro per donna e uomo in Lombardia, da un minimo di 234 a un massimo di 275 euro per una donna, e da 235 a 275 euro per un uomo nel Lazio, da un minimo di 373 a 400 euro per una donna, e da un minimo di 343 a un massimo di 397 euro per un uomo in Calabria.

Per un intervento chirurgico, come l’asportazione del tumore alla mammella, il più delle volte seguita dalla radioterapia, se si dovesse ricorrere come unica soluzione al servizio privato, si dovrebbe sostenere una spesa che può arrivare sino a un massimo di 29.400 in Lombardia, di 32.400 nel Lazio e di 48.400 euro in Calabria. Infine, per la chirurgia pediatrica, per risolvere un’occlusione intestinale del neonato o per affrontare casi più gravi come quelli correlati a una spina bifida, il costo, oltre la parcella dovuto al chirurgo, varia da 4.300 a 9.000 euro in Lombardia, da 6.100 a 9.000 euro nel Lazio, e da 6.400 a 11.000 euro in Calabria.

Un quadro desolante che indica come il Sistema sanitario nazionale sia vicino al collasso, ma non solo: per la Uil, infatti, «il Governo per strizzare l’occhio alla sanità privata, volta le spalle alla sanità pubblica. Tutti i provvedimenti dell’Esecutivo Meloni in materia di sanità, a partire dalle leggi di bilancio per finire al recente decreto “abbatti liste”, vanno nella direzione di un rafforzamento della sanità privata a discapito di quella pubblica. Direzione che aggrava sempre più “il malessere economico” di molte famiglie italiane, le quali sono costrette a modulare il proprio bisogno di cura, in funzione delle proprie disponibilità reddituali».

Cosa fare, allora? Per il sindacato si deve investire sui due assi fondamentali del Servizio sanitario nazionale: personale e territorio, ,ma non solo:«occorre: fermare la legge Calderoli, impropriamente definitivo regionalismo differenziato; attestare il rapporto Pil/spesa sanitaria sui livelli della media europea; combattere gli sprechi delle Regioni evidenziati, ormai da diversi anni, dalle sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti» e «occorre – viene ribadito – far maturare nelle persone una maggiore consapevolezza sull’importanza di avere un sistema sanitario pubblico e universale. E, per raggiungere questo obiettivo, abbiamo scelto di utilizzare l’oggettività e l’evidenza dei numeri».

Dall’analisi comparativa tra le Regioni osservate, infatti, emerge come al diminuire dell’offerta sanitaria privata, rispetto alla domanda di cura, crescano le tariffe. Il che potrebbe configurare un regime di monopolio con poche cliniche private che definiscono condizioni di “cartello”, i cui effetti ricadono sui cittadini in termini di prestazioni più salate. Questo spiega perché i costi di alcune prestazioni in Calabria risultano più alte delle stesse attenzionate in Lombardia e nel Lazio. Al Sud, infatti, con la scarsa presenza sul territorio di cliniche private e in assenza di dotazione di personale sanitario, si verifica ciò che viene definito un aumento di “payment for performance”, ossia un aumento del costo della prestazione.

«Pertanto, con il nostro approfondimento – si legge nella nota – abbiamo voluto sottolineare, che tra le tante sue funzioni il nostro Ssn, svolge anche quella di “tranquillizzante” sociale. Il suo carattere pubblico e universale, infatti, garantisce alle persone, che si trovano ad affrontare un problema di salute, una forma di protezione a prescindere dalla loro condizione economica e reddituale. Nel nostro Paese dal 1978 ad oggi, la salute rappresenta un diritto costituzionale, riconosciuto a tutti i cittadini, grazie alla presenza del Servizio sanitario nazionale».

«Ciò non è scontato e pertanto, per noi non è banale ribadirlo – viene evidenziato –. Come tutti i diritti, anche quello legato alle cure del cittadino di fronte alla malattia, è un diritto che per essere mantenuto va sorvegliato socialmente, rivendicato continuamente e difeso collettivamente. Nella nostra Costituzione, il diritto alla salute è riconosciuto alla persona in quanto tale e il suo esercizio non può essere condizionato al lavoro che si svolge oppure alle disponibilità economiche. La salute del singolo è un bene della collettività. Per tale ragione, il cittadino partecipa al finanziamento del nostro sistema salute in proporzione alle proprie possibilità e lo stesso ne usufruisce, al verificarsi di un suo bisogno di cura: questa è l’universalità garantita.

«Per quanto concerne poi, il rapporto tra sanità pubblica e quella privata – viene evidenziato nello studio – occorre fare la seguente riflessione. Nell’ ipotesi in cui le famiglie per curarsi avessero come scelta obbligata la sanità privata, in un contesto in cui vi è una costante perdita di potere d’ acquisto di salari e delle pensioni, la rinuncia alle cure per alcune categorie di lavoratori e pensionati sarebbe una via obbligata. Pertanto, il progressivo arretramento della sanità pubblica è, con evidenza, un colpo mortale per i bilanci delle famiglie e un ridimensionamento del diritto alla salute».

«Occorre, perciò– dare applicazione al decreto attuativo n. 305 31/12/2022, il quale in continuità con quanto disposto dalla normativa contenuta nella Legge Concorrenza 2021 (legge 118/2022), definisce le nuove regole del gioco, che all’interno del sistema salute del nostro paese, dovranno sovrintendere al rapporto pubblico/privato. Le nuove regole, improntate al principio della trasparenza pubblica e della leale concorrenza tra le parti, stabiliscono nel sistema degli accreditamenti regionali, criteri omogenei e standardizzati su tutto il territorio nazionale. In riferimento a ciò, la legge sulla concorrenza rimane inattuata per volontà legislativa dell’ultimo decreto mille proroghe varato dal governo, il quale concede alle Regioni la possibilità di derogare, fino al 31 dicembre prossimo, all’applicazione della stessa legge».

«Le Regioni, pertanto, in modo interessato – conclude lo studio – sul tema accreditamento della sanità privata, continuano ad andare in ordine sparso. Il che vuol dire perseguire interessi che non sono dei cittadini, dato che dai primi approfondimenti, è riscontrabile che molte strutture private ad oggi accreditate, non dispongono dei reali requisiti relativi ai volumi (definiti dal Dm 70/2015), all’adesione al Cup e all’alimentazione del fascicolo sanitario». (ams)

Legge invecchiamento attivo, i sindacati: Regione metta a disposizione propri fondi

«La Regione metta a disposizione Fondi Strutturali Europei e Fondi propri» per la legge sull’invecchiamento attivo. È quanto hanno chiesto Spi Cgil Calabria, Uil Pensionati Calabria, Fnp Cisl Calabria, a seguito del Tavolo Permanente sull’Invecchiamento Attivo svoltosi in Regione.

All’incontro hanno partecipato, oltre ai sindacati sopra citati, il dipartimento Salute e Welfare, l’Università della Terza Età Catanzaro, l’Università della Calabria, l’Università “Magna Græcia”, il Centro Servizi per il Volontariato Catanzaro, il Centro Servizi per il Volontariato Cosenza, il Centro Servizi per il Volontariato Reggio Calabria, il Centro Servizi per il Volontariato Vibo Valentia, l’Auser, l’Università Popolare della Libera Età, il Forum Terzo Settore.

Al Piano Operativo, che ora dovrà seguire l’iter previsto per la formale approvazione da parte della giunta regionale, seguirà il primo piano annuale attuativo nel quale saranno esplicitate le azioni da mettere in campo e le relative risorse finanziarie per sostenerle.

A seguito del Tavolo, i sindacati esprimono un parere cautamente positivom ma anche perplessità sull’incertezza dei finanziamenti. Incertezze dovute al fatto che nel 2024 per la prima volta la Regione abbia definanziato la legge e senza certezza delle risorse difficilmente si possono costruire i piani annuali.

Al programma stilato dalla Regione, i sindacati hanno chiesto di inserire delle integrazioni. In particolare, Spi Cgil, Uil Pensionati, Fnp Cisl, chiedono di porre attenzione: di porre attenzione all’utilizzo dei dati ed alla ricerca, sia nella definizione dei contesti di partenza che nella valutazione delle diversità dei territori e dei fabbisogni e di connettere le azioni di carattere culturale con il patrimonio del territorio; di valorizzare la parte innovativa con uno sguardo alle sperimentazioni già in essere anche in Calabria; di dare rilevanza alle azioni sugli stili di vita, sulla socialità e sulla costruzione di reti che rivestono grande importanza anche nella prevenzione; di considerare gli anziani come parte attiva dei processi

Attraverso questa legge, per la quale i Sindacati Pensionati di Cgil, Cisl e Uil si sono spesi moltissimo, «si intende valorizzare le persone anziane come soggetti rilevanti per la società e prevenire la loro non autosufficienza, attuando azioni positive che contribuiscano a mantenere l’anziano nel suo ambiente e a valorizzarne il patrimonio di esperienza, conoscenza e cultura».

«Ora – continua la nota – occorre un impegno di tutti i soggetti istituzionali e sociali chiamati in causa dalla legge per approntare e far decollare un programma articolato di progetti e di iniziative che investa nella solidarietà intergenerazionale, nell’educazione ad una vecchiaia attiva e responsabile, nella salute e nel benessere degli anziani. In Calabria oggi gli anziani over 65 sono oltre 439mila, pari a circa il 24% della popolazione, e sono destinati a crescere sempre di più raggiungendo circa le 600mila unità nel 2050, il 36% della popolazione, secondo le proiezioni demografiche».

«Affrontare i problemi che l’invecchiamento attivo della popolazione pone, non solo sul piano delle politiche sanitarie, socioassistenziali e previdenziali, ma anche da quello che loro possono rappresentare in termini di impegno e capacità nel mondo del volontariato, della solidarietà e della cittadinanza attiva, significa trasformare quello che spesso viene considerato un “problema” in una “opportunità”», conclude la nota dei sindacati, assicurando che «vigileremo affinché l’impegno, di assicurare un adeguato finanziamento alla legge in sede di definizione del Programma Operativo triennale assunto dall’assessore regionale al Welfare in sede di Conferenza Permanente venga rispettato». (rcz)

L’OPINIONE / Santo Biondo: Occorrono 1,4 mld per il personale sanitario in Case e Ospedali di Comunità

di SANTO BIONDO – Sulla medicina territoriale, il Governo continua a tenere nascosto il tema delle risorse economiche. In risposta alla pubblicazione, di qualche giorno fa, del nostro report sulla Missione 6 del Pnrr, Agenas ufficializza le linee di indirizzo per l’attuazione del modello organizzativo delle Case di Comunità e Ospedali, omettendo però, ancora una volta, di quantificare le risorse economiche necessarie per le assunzioni di personale sanitario da adibire al funzionamento delle Case e Ospedali di Comunità.

Il nostro lavoro di analisi ha evidenziato che, a tale scopo, occorrono circa 1,4 miliardi da destinare al personale del comparto (infermieri, infermieri di comunità, Oss e personale di supporto) al quale si dovrà aggiungere il finanziamento per i medici. Una somma molto lontana da quanto stanziato dal Governo con legge dello Stato (considerato che il Pnrr non consente di finanziare assunzioni), che si attesta invece a 250 milioni di euro per il 2025 e 250 milioni di euro per il 2026. Una cifra che, se confermata, andrebbe purtroppo a sancire il fallimento della Missione 6 Salute.

Inoltre, la previsione dell’infermiere di famiglia o di comunità ha costituito un’innovazione importante, ma i dati oggi ci dicono che nonostante il DM77 ne richieda 25/30 mila in servizio, in Italia se ne contano a malapena 3000.

Senza alcuna assunzione di nuovo personale, il rischio potrebbe essere quello di creare la figura dell’IFoC attraverso un travaso di personale sanitario dall’area ospedaliera all’area territoriale. Ciò è in totale contrapposizione con l’obiettivo sbandierato dal Governo di voler abbattere le liste d’attesa nella Sanità. Con la recente pubblicazione del report abbiamo già ampiamente rappresentato che la specifica Missione 6 Salute manca di dati e di informazioni circa la sua fase d’attuazione.

Sulla realizzazione della medicina di prossimità, dunque, il Governo continua, ostinatamente, a somministrare una cura che è sbagliata e che, se protratta, andrà a ridimensionare anche i grandi proclami che lo stesso Governo sta facendo in ordine alle riforme sulla disabilità e sulla non autosufficienza. (sb)

[Santo Biondo è segretario confederale Uil]

A Lamezia parte l’Alta Scuola di Formazione Antimafia

Con questa iniziativa ci prefiggiamo di raggiungere due obiettivi. Vogliamo chiarire, innanzitutto, che non ci arrenderemo mai, perché il silenzio è il peggiore dei nemici nella battaglia contro le mafie. Inoltre, vogliamo offrire ai nostri quadri dirigenti territoriali gli strumenti per conoscere il fenomeno e capire come muoversi all’interno delle realtà in cui operano». È quanto ha dichiarato Pietrpaolo Bombardieri, segretario nazionale della Uil, all’inaugurazione, a Lamezia Terme, del primo corso dell’Alta Scuola di Formazione Antimafia.

Si tratta di un corso organizzato dalla Uil nazionale e dall’Associazione #Noi, rivolto ai quadri e dirigenti sindacali locali di tutto il Paese. Il percorso, infatti, è partito da uno dei territori più interessati dai fenomeni mafiosi, ma proseguirà, nelle prossime settimane, coinvolgendo, via via, i dirigenti della Uil delle altre Regioni. Le prossime tappe, infatti, sono Roma, Bologna e Genova.

«Dobbiamo essere aggregatori di forza e di coraggio – ha sottolineato il Segretario della Uil – in questa battaglia che abbiamo deciso di combattere insieme all’Associazione #Noi e a Federica Angeli, che ha fatto della lotta contro le mafie la sua stessa ragione di vita. Dobbiamo costituire – ha concluso Bombardieri – quella massa critica che fa rete e non si arrende».

«Stiamo realizzando un sogno di Giovanni Falcone – ha dichiarato Federica Angeli – che aveva intuito il processo di trasformazione delle mafie e, perciò, aveva auspicato la creazione di una scuola di alta formazione antimafia che vedesse come protagonisti i sindacati. Ho raccolto quell’idea e – ha sottolineato la giornalista – la stiamo realizzando per la prima volta proprio con la Uil. Le mafie odiano i sindacati perché possono essere un ostacolo al loro modus operandi in alcune realtà produttive e nel mondo del lavoro e possono spezzare alcune loro dinamiche».

«Solo conoscendole – ha concluso Angeli – possiamo sconfiggere le mafie».

«La lezione odierna – ha dichiarato la Segretaria generale della Uil Calabria, Mariaelena Senese – non è stata solo un momento di alta formazione, ma anche una testimonianza potente di come l’impegno individuale possa fare la differenza nella lotta collettiva contro la criminalità organizzata».

«La nostra regione – ha proseguito Senese – è spesso associata a immagini negative legate alla criminalità organizzata, ma noi sappiamo che questa terra è anche e soprattutto un luogo di grandi risorse, di persone oneste e laboriose, di una società civile viva e attiva. Il nostro augurio – ha concluso – è che i lavori di questa scuola possano contribuire a formare una nuova classe dirigente, consapevole e preparata, capace di guidare la nostra società verso un futuro libero dalle mafie». (rcz)

Bombardiere e Federica Angeli inaugurano in Calabria la Scuola di Alta Formazione Antimafia

Domani, nel Lametino, prenderà il via il primo corso della Scuola di Alta Formazione Antimafia, progetto promosso da Uil nazionale che prevede lo studio delle leggi e dei codici penali in materia di mafia e l’analisi delle principali organizzazioni criminali italiane.

Il sindacato, infatti, ha affidato la formazione dei propri quadri e delegati, su queste tematiche, all’Associazione Antimafia #Noi, presieduta da Massimo Coluzzi e di cui fa parte, nella qualità di Presidente onorario, la giornalista di Repubblica, Federica Angeli, nota per aver portato allo scoperto la mafia romana con il suo lavoro d’inchiesta.0

Quella calabrese sarà solo la prima tappa di un percorso che si snoderà su tutto il territorio nazionale e che coinvolgerà la maggior parte degli attivisti della Uil. Alla giornata inaugurale parteciperà anche il Segretario generale, PierPaolo Bombardieri.

«L’obiettivo – ha detto il leader della Uil  Bombardieri – è quello di fornire ai nostri delegati conoscenze sociologiche e strumenti normativi, per comprendere le dinamiche di penetrazione delle mafie nel tessuto socioeconomico e per contrastare forme di criminalità che dovessero palesarsi anche nei luoghi di lavoro».

«Siamo estremamente orgogliosi di ospitare in Calabria la prima tappa della Scuola di Alta Formazione alla legalità. Questo corso – ha dichiarato la Segretaria generale della Uil Calabria, Maria Elena Senese – rappresenta un’importante occasione per i nostri quadri e delegati di acquisire conoscenze fondamentali per comprendere e contrastare le dinamiche mafiose nel tessuto socioeconomico e nei luoghi di lavoro. Siamo certi che questo percorso formativo fornirà strumenti preziosi per costruire una classe sindacale sempre più preparata e consapevole».

«Sono molto fiero e orgoglioso – ha concluso Massimo Coluzzi, Presidente dell’Associazione #Noi – di poter contribuire, con questi corsi, alla formazione della futura classe sindacale». (rcz)