STATALE 106, ORA SI FA SUL SERIO: I PRIMI
BANDI PARTIRANNO TRA MAGGIO E APRILE

di LUCA LATELLA – Prima uscita ufficiale per il nuovo commissario della statale 106, Francesco Caporaso, nominato dal governo una decina di giorni fa. Ed è una sortita coi fiocchi, al Ministero delle Infrastrutture dei trasporti alla presenza di Matteo Salvini, del presidente della Regione, Roberto Occhiuto e del nuovo amministratore delegato di Anas, Andrea Gemme.

Il summit è stato utile, sostanzialmente, a mettere i puntini sulle “i” rispetto alle due tratte in fase procedurale avanzata, il cosiddetto progetto bandiera Crotone-Catanzaro, e quello che era stato designato precedentemente come tale, Sibari-Rossano, rimpiazzato proprio dal segmento croto-catanzarese a causa ritardi accumulati dalla politica locale.

Al centro del colloquio – si legge in una nota del Mit – «gli importanti investimenti e i progetti per il territorio calabrese, per modernizzare la viabilità e migliorare i collegamenti, anche con il progetto del Ponte sullo Stretto, per un importo totale di circa 3 miliardi e 800 milioni».

Risorse che serviranno, appunto, a portare a termine le due tratte: circa 2,5 miliardi per la realizzazione dei 51 chilometri di “nuova” 106 a quattro corsie tra Crotone e Catanzaro già banditi ed in fase propedeutica di realizzazione e 1,3 miliardi per i 32 tra Rossano e Sibari.

Le novità di giornata: i bandi di gara

Le vere novità di “giornata”, piuttosto, riguardano i nuovi bandi di gara che interessano le due tratte, ormai imminenti. «Entro il 2 aprile» saranno pubblicate le gare – su due lotti – della Si-Ro mentre per quel che riguarda la Cz-Kr, un primo bando è già stato affidato, ne restano altri cinque in fase di pubblicazione «entro maggio».

Un’ottima notizia per la Sibaritide – già interessata dai lavori del terzo megalotto Sibari-Roseto Capo Spulico che sarà aperta al traffico l’anno prossimo – dopo i mesi di ritardo accumulati per la firma della convenzione tra Regione e Anas (propedeutica al bando di gara) a seguito della chiusura, ormai a giugno scorso, della conferenza dei servizi. Una dilatazione dei tempi – in parte – dovuto anche alla necessità di rimpinguare l’ormai fatidico fondo da tre miliardi stanziati dal governo Meloni per il rifacimento della statale 106 per i prossimi 15 anni, già abbondantemente assorbiti dalle due tratte. Risorse aggiuntive poi recuperate dal Fondo di Sviluppo e Coesione.

«In particolare, nell’ambito del progetto di sviluppo e riqualificazione della Strada Statale 106 Jonica che collega Reggio Calabria a Taranto, uno snodo strategico per il Sud Italia – spiegano quindi dal Mit – Anas procederà entro il 2 aprile alla pubblicazione del bando di gara per l’appalto integrato dei due lotti della tratta Sibari-Corigliano Rossano, mediante procedura aperta, per un importo di circa un miliardo e 300 milioni di euro».

«L’intervento rientra nel più ampio progetto di sviluppo e riqualificazione della SS 106 per un totale di 82 km – puntualizzano dal Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti – in variante e a carreggiate separate, che comprende anche la tratta Catanzaro Crotone per un importo totale, come detto, di circa 3,8 miliardi di euro».

Crotone-Catanzaro: il punto

«Per questa tratta, Catanzaro Crotone – è specificato ancora – un lotto risulta già appaltato (valore 346 milioni) e altri cinque lotti, per un investimento di circa due miliardi e 200 milioni di euro, saranno aggiudicati entro maggio prossimo».

Sibari-Rossano: il punto

Il tratto Sibari – Rossano «fa parte degli interventi oggetto di commissariamento governativo, affidati al commissario Caporaso. Nel dettaglio – conclude la nota del Mit – riguarda la realizzazione di una variante in nuova sede alla SS106 con un tracciato di categoria stradale B extraurbana principale, doppia carreggiata, per una estensione di circa 32 km, 9 svincoli, 28 viadotti per un totale di circa 4,5 chilometri e una galleria artificiale di circa 1,3 km, nel territorio di Corigliano Rossano».

«Grande soddisfazione del ministro Salvini – è la chiosa del ministero – per questi investimenti strategici che, dopo anni di attese, miglioreranno la viabilità della Calabria e i collegamenti con le altre regioni».
Già, ma gli altri?

Occhiuto «Col centrodestra 3,8mld in 3 anni, solo 1mld nei 30 anni precedenti»

«Sono estremamente soddisfatto dell’incontro odierno presso il Mit, nel corso del quale sono stati presentati gli ingenti investimenti relativi a importanti opere per il territorio calabrese sul piano della viabilità e del miglioramento dei collegamenti. Ringrazio il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, per l’attenzione che sta dimostrando nei confronti della Calabria». È il commento di Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria, a margine della riunione romana.

«Un’attenzione corrisposta anche dal governo nazionale e da quello regionale, entrambi di centrodestra, che in questi anni stanno concretamente immettendo risorse mai giunte in passato per l’ammodernamento della strada statale 106 e della viabilità locale. Ricordo che – prosegue il governatore – proprio per la Ss106, purtroppo definita la ‘strada della morte’, nei trent’anni precedenti era stato stanziato soltanto un miliardo. Negli ultimi tre anni siamo arrivati invece a 3,8 miliardi. Si tratta di un impegno inedito e straordinario, con tutte le progettazioni che camminano spedite.
Oltre al finanziamento dei cantieri quasi tutti aperti, stiamo lavorando per colmare un deficit infrastrutturale storico. Lo stiamo facendo in modo concreto, portando nel nostro territorio risorse tangibili e sono certo che presto i cittadini calabresi potranno fruire di quelle opere che attendono da troppi anni».

«Allo stesso tempo proseguiremo in maniera rapida con tutte le progettazioni dei restanti lotti della statale 106. Sappiamo che è un lavoro che durerà per diversi anni ma è anche vero che in Calabria mai nessuno prima d’ora era riuscito in così poco tempo a mettere in campo una mole così ingente di risorse per le nostre infrastrutture.
Di tutto ciò – conclude Occhiuto – voglio ringraziare anche l’amministratore delegato di Anas S.p.A, Andrea Gemme, il commissario straordinario per la “Riqualificazione della Strada Statale 106 Jonica”, Francesco Caporaso, e il dirigente regionale del Dipartimento Infrastrutture e Lavori Pubblici, Claudio Moroni, per la preziosa collaborazione». (ll)

[Courtesy LaCNews24]

NUOVI OSPEDALI, PER OCCHIUTO UNA SFIDA
NON SOLO SANITARIA, MA ANCHE POLITICA

di MASSIMO CLAUSI – Tutto si può dire al presidente Roberto Occhiuto tranne che non abbia il coraggio di assumersi le sue responsabilità.

Come definire altrimenti la scelta di farsi nominare commissario delegato «per l’attuazione degli interventi concernenti il sistema ospedaliero della Regione Calabria, da realizzare nella vigenza dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 7 marzo 2025».

Una scelta che ha fatto molto discutere perché dà poteri amplissimi ad Occhiuto che era già commissario alla Sanità. Con questa nuova nomina, il presidente può decidere tutto quello che riguarda l’iter per la realizzazione dei vari ospedali (Sibaritide, Vibo Valentia, Gioia Tauro, Locri, Gom di Reggio Calabria, Asp di Reggio Calabria, Cosenza, Azienda ospedaliero-universitaria di Catanzaro e Asp di Crotone). I detrattori hanno parlato di un commissario che si è fatto commissariare per avere le mani più libere possibile. E non è certo un affare da poco sia dal punto di vista economico sia politico.

Sotto il primo aspetto si tratta di quasiun miliardo e mezzo di euro da gestire attraverso procedure spedite, sulla falsa riga del Ponte Morandi di Genova, eliminando lungaggini burocratiche, passando sopra anche la volontà degli enti locali (il riferimento è al contenzioso con il Comune di Cosenza sull’ubicazione del nuovo ospedale). Un piatto talmente ricco da far tremare le vene ai polsi.

Sul piano politico la posta in gioco è altrettanto alta perché, come noto, alcuni di questi ospedali sono stati finanziati nel lontano 2004 e quello più avanti nella realizzazione è quello della Sibaritide, arrivato al 35% dei lavori. Se Occhiuto dovesse riuscire ad avviare un po’ di questi ospedali e completare quello della Sibaritide porterebbe a casa un grandissimo risultato politico. In caso contrario non avrà più giustificazioni perché nessuno ha mai avuto maggiori poteri di lui nella gestione della sanità regionale. Prima con i decreti Calabria due volte reiterati, ampliando i poteri del commissario, adesso con questo nuovo incarico dopo il fallito tentativo di inserire alcuni emendamenti ad hoc per la sanità calabrese nel Milleproroghe.

Quanto tempo avrà a disposizione? Il timing non è certo perché il decreto non lo fissa. Se ne desume, quindi, che anche se Occhiuto scadrà da commissario per il Piano di rientro non così da quello investito dalla Protezione Civile per la realizzazione dei nosocomi calabresi. A meno, ovviamente, di un nuovo decreto da parte del Governo.

Ma la posta in gioco è altissima soprattutto per i calabresi che anni aspettano un’offerta sanitaria segna di questo nome. La speranza, per tutti i calabresi indipendentemente dalle magliette politiche, è che Occhiuto riesca nell’impresa.

Si perché anche

Ma la posta in gioco è altissima soprattutto per i calabresi che anni aspettano un’offerta sanitaria segna di questo nome. La speranza, per tutti i calabresi indipendentemente dalle magliette politiche, è che Occhiuto riesca nell’impresa.

Si perché anche questa nomina non è inedita nella disastrata storia della sanità calabrese. Occhiuto ha avuto un predecessore. L’ordinanza numero 3635 del 21 dicembre 2007, firmata dall’allora presidente del Consiglio dei ministri Romano Prodi, prevedeva infatti la nomina – su proposta del Dipartimento della Protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri – dell’assessore regionale alla Salute della Giunta Loiero, Vincenzo Spaziante come commissario “per il superamento della situazione di emergenza socio-economico-sanitaria determinatasi nella Regione Calabria”.

Era l’inizio del commissariamento in sanità della nostra regione. Spaziante veniva poi incaricato della realizzazione delle strutture ospedaliere previste dall’Accordo di programma integrativo, sottoscritto dal Ministero della Salute e dal presidente della regione Calabria in data 6 dicembre 2007, oltre che della riorganizzazione, dell’adeguamento e del potenziamento delle dotazioni tecnologiche ospedaliere esistenti.

Sapete come è andata a finire? Gli ospedali non vennero realizzati e, come racconta Carlo Guccione nel suo libro “Amara verità” nel settembre 2009, sarà l’intera Giunta regionale a denunciare Spaziante per interruzione di pubblico servizio e rifiuto di atti d’ufficio con possibili danni all’erario.

Per Occhiuto tifiamo tutti per un esito diverso. (mc)

[Courtesy LaCNews24]

JONIO, SI NUOTA NELLA PLASTICA E RIFIUTI
LE SPIAGGE SONO DIVENTATE DISCARICHE

di LUIGI STANIZZI – Siamo tutti serviti, ecco cosa ci restituisce il mare in queste giornate di scirocco: bottiglie di plastica, polistirolo, rifiuti speciali che abbiamo smaltito male. E le rive del Mar Jonio vengono così inquinate, incessantemente, con buona pace del tanto decantato sviluppo turistico, vocazione mare-monti, bandiere più o meno blu, e altre parole ormai incredibili.

Oltre all’impegno serio degli organismi preposti, senza una vera collaborazione ci ciascun cittadino l’emergenza rifiuti resterà in eterno. Se riusciremo a sopravvivere, nuoteremo fra plastica e polistirolo! Le istituzioni preposte fanno molta teoria, che difficilmente si concretizza in azioni. Occorrono civiltà, educazione, leggi restrittive, scelte planetarie ma intanto cerchiamo di prenderci cura delle nostre mitiche spiagge ridotte in pattumiere, che abbiamo sotto il naso.

Talvolta è rischioso anche denunciarne lo scempio, perché si rischia di “ledere” l’immagine di questo o quel Comune, soprattutto nel periodo estivo. Grande l’attenzione all’immagine e nessuna attenzione alla sostanza, chiudere gli occhi davanti a tanta sporcizia. Addio Magna Graecia. Noi calabresi diciamo sempre di amare visceralmente la nostra terra, non è sempre vero. La sporcizia è qui a dimostrarcelo. (ls)

[Luigi Stanizzi è presidente del Premio Mar Jonio]

FRENARE LA FUGA DEI GIOVANI CERVELLI
DA CALABRIA: SERVE TAVOLO REGIONALE

di MARIAELENA SENESE – Dobbiamo provare a guardare al domani partendo dai dati dell’oggi, consapevoli di dove eravamo ieri e di dove ci troveremo domani se non saremo capaci di mettere in piedi un dossier sui giovani per provare a cambiare questo trend negativo e fermare l’emorragia dei giovani calabresi.

Dalle nascite che calano, ai talenti che sbocciano e che scappano, dall’invecchiamento che avanza ad una società che non pensa da troppo tempo a come investire sui giovani fino ad un sistema scolastico che forse guarda troppo al passato.

La coesione sociale di un Paese si misura dalla capacità di dare un futuro alle nuove generazioni creando un clima di fiducia. Alle istituzioni compete la responsabilità di attuare politiche attive che permettono ai giovani di realizzare il loro progetto di vita, superando le difficoltà di carattere materiale e di accesso ai servizi.

I dati dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche ci raccontano di un panorama lavorativo ancora fragile, dove da una parte mancano figure professionali specializzate e dall’altra abbiamo perso, negli ultimi venti anni, 162.000 giovani in cerca di migliori opportunità lavorative.
Una situazione che ci induce a fare una riflessione approfondita e, nello stesso tempo, ad avanzare proposte utili a frenare questa fuga inarrestabile.

Per incentivare il rientro dei professionisti altamente qualificati, proponiamo la creazione di un fondo regionale, il fondo “Ritorno dei cervelli” che offra incentivi economici e fiscali; agevolazioni fiscali per i primi cinque anni, contributi per l’acquisto o l’affitto della prima casa per chi decide di ritornare nella nostra regione e, magari, un bonus di rientro, che potrebbe essere quantificato in 30 mila euro, per chi decide di tornare in Calabria e avviare o continuare la propria attività.

Inoltre, riteniamo fondamentale il sostegno alle start-up e all’imprenditoria giovanile attraverso finanziamenti agevolati e un fondo specifico per le imprese innovative nei settori strategici della regione, quali quelli dell’energia rinnovabile, del turismo sostenibile o della blue economy.

Per favorire la crescita professionale dei giovani calabresi, è essenziale un piano di potenziamento delle competenze con programmi di formazione continua in collaborazione con le nostre università e aziende, focalizzati sulle richieste del mercato del lavoro regionale, come digitalizzazione, installazione, manutenzione e riparazione per coprire la domanda di elettricisti, meccanici e magazzinieri che sono necessarie a colmare il gap fra offerta e domanda di lavoro.

Non possiamo permettere che i giovani calabresi continuino a emigrare per trovare opportunità di lavoro dignitose e per una maggiore crescita professionale.

La nostra regione ha tutte le potenzialità per crescere, ma servono interventi mirati. Solo così la Calabria potrà realmente cambiare rotta e costruire un futuro occupazionale più stabile e inclusivo. (ms)

[Mariaelena Senese è segretaria generale Uil Clabria]

INFRASTRUTTURE, AL SUD VINCOLATO IL
40% DEGLI INVESTIMENTI DEI FONDI PNRR

di ERCOLE INCALZA – Il Ministro Tommaso Foti lo scorso 7 gennaio ha dichiarato che «la spesa effettiva dei fondi Pnrr si attesta a circa 60 miliardi di euro di cui 22 miliardi nel 2024. Il 50% delle risorse spese rientra tra quelle a fondo perduto e i pagamenti effettivi sono superiori del 10 – 12% rispetto a quelli rilevati ufficialmente».

Appare evidente che, per centrare l’obiettivo di una piena attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), bisognerebbe spendere oltre 130 miliardi di euro in 18 mesi.

Questo ultimo dato dimostra che siamo già oggi di fronte alla constatazione che è impossibile rispettare la scadenza imposta dalla Unione Europea e, sempre il Ministro Tommaso Foti, di fronte a questa constatazione ha precisato: «Non dobbiamo avere l’incubo di spendere a tutti i costi perché vorrebbe dire spendere male. Se una quota non riesce ad essere spesa perché le misure non sono attrattive, dopo che le abbiamo cambiate, ben venga il prendere atto che ci sono misure che non hanno mercato».

Sulla base di questa obbligata constatazione il Ministro Foti ha anticipato che, entro il mese di febbraio, il Governo varerà un Piano in cui non compariranno più gli interventi irrealizzabili entro i prossimi sedici mesi e saranno inserite opere potenzialmente realizzabili entro la scadenza del giugno 2026.

In questa operazione, ha precisato sempre il Ministro Foti: «sarà inserito il vincolo di destinare almeno il 40% degli investimenti nel Mezzogiorno, anche perché il Mezzogiorno ha dimostrato di utilizzare al meglio i fondi e di farne volano per una crescita che, sempre nel 2024, è stata superiore a quella del Nord».

È quindi in corso, nei vari organismi preposti alla attuazione delle opere, nei vari organismi responsabili della progettazione e della realizzazione degli interventi, un lavoro capillare mirato a cercare da un lato possibili ulteriori modalità per velocizzare l’avanzamento delle attività e dall’altro identificare l’inserimento di interventi sostitutivi in grado di essere portati a termine entro il mese di giugno del 2026.

Senza dubbio questo si configura come un lavoro obbligato e, al tempo stesso, senza dubbio, tutto questo rappresenta un ultimo tentativo per evitare un vero e pesante fallimento nell’attuazione del Pnrr; un fallimento che l’ex Ministro Fitto aveva già cercato, riuscendoci, di ridimensionare trasferendo già molti interventi all’interno del Fondo Sviluppo e Coesione 2021 – 2027.

In altre mie note ho ricordato le grandi responsabilità dei Governi Conte 1, Conte 2 e dello stesso Governo Draghi nell’aver sottovalutato l’obbligato rispetto della “spesa” entro il mese di giugno del 2026 ed in particolare l’aver perso praticamente un biennio nella identificazione delle opere e nell’avvio concreto delle procedure di gara.

Oggi, quindi, non possiamo più rinviare questa triste fase di ammissione della impossibilità di attuare il Pnrr e, come ribadisco da almeno due anni, riconoscere che la possibilità della spesa non potrà attestarsi su un valore superiore alla soglia di 80 – 90 miliardi di euro.

Sempre in alcune mie considerazioni avanzate poche settimane fa ho precisato che dovremmo trovare delle soluzioni per evitare non solo di perdere circa ulteriori 120 miliardi ma di dover subire anche delle penalty.

Avevo anche ribadito che la corsa a cambiare il Piano attraverso l’inserimento di nuove opere e l’annullamento di altre ormai non più difendibili, sia una soluzione rischiosa anche perché l’annullamento di alcune opere scatenerebbe gli Enti locali (Regioni e Comuni), scatenerebbe alcune grandi Aziende come il Gruppo delle Ferrovie dello Stato, darebbe origine ad un vero contenzioso da parte del mondo delle costruzioni.

L’unica soluzione, o meglio, l’unico compromesso penso potrebbe essere quello di trasformare la quota a fondo perduto pari globalmente a circa 68 miliardi (di cui finora utilizzati circa 30 miliardi e per la data del 30 giugno 2026 spendibili fino ad una quota di 45 miliardi) in prestito (cioè dovremo trasformare in prestito un importo di circa 23 miliardi di euro) e incrementare gli interessi anche della quota in prestito restante e quindi dovremo definire con la Unione Europea un accordo attraverso il quale il  nostro Paese dovrà dal 2027 in poi onorare un prestito globale di circa 118 miliardi di euro  (23 miliardi di euro + 95 miliardi di euro).

Senza dubbio questa proposta trova un supporto adeguato nella serie di cambiamenti, nella gestione del nostro Paese, vissuti dal 2020 ad oggi; in soli quattro anni si sono alternati tre distinti schieramenti il primo con il Governo Conte appoggiato essenzialmente dal Partito Democratico e da 5 Stelle, il secondo con il Governo Draghi con la presenza di tutti gli schieramenti politici escluso quello di Fratelli d’Italia e dalla fine del 2022 ad oggi una compagine solida formata da Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega e Noi moderati.

La instabilità dei Governi Conte 2 e Draghi ha inciso in modo rilevante sulla concreta attuazione delle scelte del Pnrr e questo penso possa essere una valida motivazione per supportare la proposta di rivisitazione avanzata non delle opere ma delle modalità di uso delle risorse.

La ipotesi avanzata dal Ministro Foti invece genera automaticamente, come detto prima, uno scontro con gli Enti locali, con le grandi Aziende come Ferrovie dello Stato ed Anas, una vera presa di posizione non solo degli schieramenti politici oggi alla opposizione ma anche di quelli che appoggiano il Governo.

Insisto, quindi, nel ribadire la opportunità di verificare attentamente la mia ipotesi di lavoro perché quanto meno evita: una riapertura procedurale delle istruttorie sulle nuove opere; un contenzioso tra le opere già assegnate anche attraverso l’attestato di “opera giuridicamente vincolante” (OGV); l’impossibilità di identificare in appena 20 mesi interventi capaci di essere portati a compimento entro il 30 giugno 2026

Una grave penalizzazione, soprattutto per il Mezzogiorno, in quanto le opere avviate dalle Ferrovie dello Stato e relative all’asse Salerno – Reggio Calabria, Palermo – Catania e Catania – Messina, per un valore globale di circa 8 miliardi di euro sarebbero bloccate generando un contenzioso perdente per il committente pubblico.

Non credo che, in questo delicato momento storico, il Governo voglia incamminarsi verso una scelta divisiva e ingestibile. (ei)

LA RESILIENZA DELLE IMPRESE COSENTINE
E INCOERENZA DEL MERCATO DEL LAVORO

di KLAUS ALGIERIIl tessuto imprenditoriale della provincia cosentina continua a mostrare una certa vivacità demografica, facendo registrare a fine 2024 un tasso di sviluppo annuale dello +0,52%, frutto del saldo positivo tra nuove iscrizioni e cancellazioni (non d’ufficio).

Tuttavia, nonostante il saldo positivo, si osserva una diminuzione dello stock di sedi di impresa pari al -4,6% rispetto al 2023, dovuto all’elevato numero di cancellazioni d’ufficio (ben 3.556). Leggermente inferiore (-3,5%) la riduzione dello stock delle Localizzazioni di impresa, che passano dalle 81.840 di fine 2023 alle 78.968 del 31/12/2024.

La contrazione dello stock, tuttavia, non corrisponde necessariamente ad una flessione del dinamismo imprenditoriale. L’analisi dimensionale, infatti, conferma la tendenza, in atto dal 2012, che vede le imprese cosentine strutturarsi in forme giuridiche più complesse, in particolare, le società di capitale che sono passate dal 17% del totale delle imprese cosentine nel 2012 al 30% del 2024. Nello stesso periodo le ditte individuali sono passate dal 64% all’attuale 56%. 

L’incremento del peso delle società di capitali trova parziale giustificazione nelle esigenze di un mercato, che nei periodi di crisi, penalizza gli operatori di piccolissime dimensioni spingendo le imprese più resilienti a dotarsi di formule organizzative più strutturate, in grado di reggere meglio le sfide competitive. 

L’analisi settoriale evidenzia una contrazione generalizzata degli stock per tutte le principali categorie produttive: Commercio (-6%), Agricoltura (-8,1%) Costruzioni (-4,7%) ed Attività Manifatturiere (-5,28%) sono i settori che hanno registrato le contrazioni maggiori degli stock sia in termini relativi che assoluti. In leggero incremento numerico solo le imprese operanti nelle Attività immobiliari e delle Professioni scientifiche e tecniche, e più in generale si osserva una tenuta delle imprese operanti nei diversi settori dei servizi.

Occupazione e mercato del lavoro mostrano segnali contraddittori

Le imprese cosentine nel 2024 (dati Excelsior) hanno “previsto” il 10,3% in più di lavoratori in entrata rispetto al 2023 (+0,1% la media nazionale). 

Anche la platea delle imprese che intendevano fare assunzioni è aumentata dal 59% del 2023 al 61% del 2024. Le professioni maggiormente richieste in provincia riguardano esercenti ed addetti alla ristorazione, addetti alle vendite e operai specializzati del settore edile. I settori che hanno previsto più entrate sono stati quelli di alloggio, ristorazione e servizi turistici, Commercio e comparto Costruzioni.

Tuttavia, secondo l’Istituto Guglielmo Tagliacarne, nei primi nove mesi 2024 il tasso di occupazione provinciale è rimasto sostanzialmente invariato mentre il tasso di disoccupazione è sceso dal 17,8 del 2023 al 14,9 del 2024.

I dati appena enunciati, apparentemente contraddittori, trovano una spiegazione dalla persistenza di un costante declino demografico della provincia, un trend crescente di emigrazione giovanile e ad un aumento della popolazione residente inattiva, in un contesto dove il tasso di occupazione è tra i più bassi in Italia.

Una opportunità da cogliere, per arginare l’emigrazione e la disoccupazione giovanile, potrebbe essere rappresentata dalla filiera Culturale e Creativa, che in Calabria, secondo l’ultimo Rapporto “Io sono Cultura” realizzato da Symbola, è in netta crescita almeno secondo i dati più aggiornati (2023 rispetto al 2022). 

In particolare, la Calabria è la regione con il più alto incremento sia in termini di valore aggiunto (+10,1%) sia in termini di numero di occupati (+6,8%) nella filiera del Sistema Produttivo Culturale e Creativo (SPCC), percentuali doppie rispetto alla media nazionale. Questi significativi incrementi, per la nostra regione, sono attribuibili più alle attività Core cultura che a quelle creative driven, e specificatamente dovuti all’aumento della produzione Audiovisiva e musicale, dell’Editoria e stampa nonché delle attività di produzione Software e videogiochi. (ka)

[Klaus Algieri è presidente della Camera di Commercio di Cosenza]

LA CALABRIA ADOTTI IL PORTO DI GIOIA: È
UN’ESSENZIALE OPPORTUNITÀ PER FUTURO

di SANTO STRATI – La Calabria adotti il Porto di Gioia Tauro: non è una preghiera o un’invocazione, quella lanciata da Pino Soriero a San Ferdinando di Rosarno nel bel convegno promosso dal PD e dal sindaco Luca Gaetano.

È un auspicio e, insieme, la constatazione di come ancora oggi manchi la giusta sensibilità nei confronti di un “gioiello” in grado di trasformare radicalmente, anche in termini occupazionali, l’economia e lo sviluppo non solo del territorio della Piana o dell’intera Calabria, ma anche del Paese.

Il Porto di Gioia Tauro è diventato il numero uno nel transhipment, che sarebbe la movimentazione dei container che arrivano da tutto il mondo e la loro veicolazione con consegna tramite gomma o ferrovia. E Gioia Tauro ambisce a fare molto di più, punta a “lavorare” i contenuti dei container attraverso processi di lavorazione e trasformazione industriale che possono trovare ampio spazio nell’immensa area del retroporto, pressoché inutilizzata. Perché ciò si realizzi occorre una visione industriale di tutta l’area portuale con lo sviluppo delle relative competenze di lavoro.

A cominciare  da quella che si chiama “piastra del freddo”. L’esempio più concreto lo porta il “re del tonno” Pippo Callipo che ha superato i 100 milioni di fatturato annuo, il quale, a San Ferdinando di Rosarno ha spiegato come lo stoccaggio della materia prima proveniente da tutto il mondo nel Porto, negli appositi capannoni industriali che l’azienda ha realizzato, ha permesso di incrementare la produzione e ottimizzare i tempi di lavorazione, con il conseguente incremento della manodopera e dell’occupazione.

Il Porto va considerato, dunque, come un’essenziale opportunità per la sua centralità nel Mediterraneo che andrebbe ulteriormente valorizzata mediante interventi strutturali che, ad oggi, sono stati realizzati solo con investimenti dell’Autorità di Sistema Portuale. Il suo presidente, ammiraglio Andrea Agostinelli, ha raccontato con sanguigna e autentica passione cosa ha trovato quando arrivò da Commissario a Gioia Tauro e cosa lascia, al termine del suo mandato (che sarebbe auspicabile venisse rinnovato senza alcuna perplessità, visto l’ottimo lavoro e i risultati ottenuti).

Da una situazione fallimentare con centinaia di operai mandati a casa dalla sera alla mattina e prospettive più che cupe, a uno straordinario rilancio di tutta l’attività portuale, con investimenti milionari da parte dei concessionari subentrati (MSC e Automar-Grimaldi) e una rivitalizzazione straordinaria di tutte le potenzialità Porto. I numeri parlano da soli. siamo arrivati a quasi 4 milioni di teus nel 2024 (l’unità di misura dei container) e nuovi record di preannunciano anche per quest’anno. Consideriamo che il Porto, nato sulle ceneri di quello che avrebbe dovuto servire il mancato V Centro Siderurgico (del famigerato pacchetto Colombo che avrebbe dovuto pacificare i rivoltosi reggini del 1970) ha un pescaggio così ampio da avere superato come operatività persino Genova: possono attraccare le gigantesche supernavi portacontainer la cui altezza richiede grandi profondità che solo Gioia, nel versante italiano del Mediterraneo, è in grado di offrire. Solo che, mentre per Genova vengono stanziati e messi a disposizione centinaia di milioni, al Porto di Gioia, fino a oggi sono state destinate soltanto briciole.

Per questa ragione, Soriero, che è stato sottosegretario nel Governo Prodi proprio ai trasporti e che conosce perfettamente le problematiche del Porto di Gioia ha lanciato l’appello perché la Regione si faccia portavoce delle esigenze di sviluppo del suo Porto, il più grande del Mediterraneo. Un Porto che potrebbe attivare migliaia di nuovi posti di lavoro, al pari di quello che è successo a Tangeri, a Port Said (sulle coste dell’Africa) o addirittura nella spagnola Algesiras. Soriero, che alla realtà di Gioia ha dedicato un corposo e documentato libro (Andata in Porto, Rubbettino), ha vissuto da esponente del Governo tutte le problematiche del Porto di Gioia, attivandosi, in maniera intelligente e con larga visione, affinché le soluzioni arrivassero nei tempi giusti (per esempio l’istituzione della Capitaneria) e tante altre soluzioni ottimali per rendere lo scalo attrattivo e funzionale.

Adesso è una realtà che identifica un’idea di sviluppo che ancora non ha raggiunto il suo traguardo immaginato, ma esistono tutte le condizioni perché questo “gioiello” possa costituire il volano di rilancio del Mezzogiorno, sfruttando la sua posizione nel Mediterraneo. Sono, in realtà, poche ma impegnative le cose da realizzare: ci scapperebbe da ridere se non fosse una vicenda grottesca, la mancanza della necessaria illuminazione per ampliare le movimentazioni anche di notte. Sono lavori di poco conto, ma il Governo centrale (quello che destina grandi risorse a Genova) fa orecchie da mercante.

E poi c’è la ferrovia: un tratto di pochi chilometri che ha dovuto aspettare vent’anni per vedere realizzato il collegamento diretto con il Porto. Il Presidente Agostinelli è uno che non le manda a dire: «I maggiori porti italiani – ha evidenziato – hanno un grave problema per mancanza di aree di stoccaggio, mentre Gioia Tauro ha dietro di sé ben 477 ettari: a fronte delle opportunità di sviluppo del Porto per il quale basterebbero forse solo 150 milioni, lo Stato destina appena 50 milioni riservando un miliardo e mezzo a Genova».

Non servono commenti, è necessaria la non più rinviabile e netta presa di posizione della Regione sul Porto di Gioia. Un investimento sul futuro dei giovani, sul futuro dell’area ma anche di tutta la Calabria.

Il Mediterraneo è il nuovo protagonista dell’economia e il Porto di Gioia, come la Calabria, ne sono al centro. Occhiuto non se lo dimentichi. (s)

CRISI CLIMATICA, LA CALABRIA È A RISCHIO
SERVONO AZIONI PER TUTELARE LE COSTE

di MARIO PILEGGIL’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, (Unesco) e la World Meteorological Organization (WMO)  hanno dichiarato il 2025 “Anno Internazionale della protezione dei ghiacciai” con l’obiettivo di evidenziare il ruolo vitale dei ghiacciai e sensibilizzare il mondo sulla drammatica fusione delle calotte glaciali e sui rischi per questi ecosistemi essenziali.

Il 70% dell’acqua dolce globale è immagazzinata nei ghiacciai e nelle calotte glaciali. I ghiacciai sono fonti primarie di acqua dolce per due miliardi di persone, regolano il clima terrestre e sono anche i custodi della storia climatica del nostro pianeta.  

La loro riduzione sta avendo impatti globali come l’innalzamento del livello del mare e i cambiamenti nei pattern meteorologici. 

I dati più recenti evidenziano che i ghiacciai di tutto il mondo si stanno riducendo sempre più rapidamente: dal 2000 la perdita di ghiaccio globale è aumentata di quasi il 50% rispetto ai decenni precedenti. 

Le Alpi hanno perso circa il 60% del volume glaciale rispetto al 1850 e potrebbero perdere l’80% entro il 2100.  

Secondo il Nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani, curato dal Comitato Glaciologico Italiano e dal Gruppo di Ricerca Glaciologia dell’Università degli Studi di Milano in collaborazione con il Cnr, negli ultimi 60 anni si è registrata una diminuzione del 30% della superficie glaciale, con una perdita di circa 200 km², equivalente all’area del Lago Maggiore.  

Gli studi del Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambiamento Climatico (IPCC) riportano che il livello del mare si è alzato di circa 20 centimetri dal 1900, con un’accelerazione significativa negli ultimi decenni. 

Una recente proiezione riguardo lo scioglimento dei ghiacci “Fusion of Probabilistic Projections of Sea-Level Rise” pubblicata a Dicembre 2024 su “Earth’s Future-AGU” delinea scenari con innalzamento medio globale del livello del mare compreso tra 0,5 e 1,9 metri entro il 2100. 

Lungo le coste delle regioni italiane l’innalzamento del livello del mare entro la fine del secolo è stimato dall’Enea tra 0,94 e 1,035 metri (modello cautelativo) e tra 1,31 metri e 1,45 metri (su base meno prudenziale). A questi valori bisogna aggiungere il cosiddetto storm surge, ossia la coesistenza di bassa pressione, onde e vento, variabile da zona a zona, che in particolari condizioni determina un aumento del livello del mare rispetto al litorale di circa 1 metro.

Secondo le proiezioni dell’Enea, in assenza di interventi di mitigazione e adattamento, 40 aree costiere e molte migliaia di chilometri quadrati di pianure costiere italiane potrebbero essere sommerse entro la fine del secolo.

Lungo 246 chilometri di costa della Pianura Padano-Veneta, nelle regioni Emilia-Romagna, Veneto e Friuli, si estende l’area a rischio più estesa già mappata di 5.451 chilometri quadrati. Altre aree a rischio inondazione: le foci del Pescara, del Sangro e del Tronto in Abruzzo; l’area di Lesina e di Taranto in Puglia; l’area di La Spezia in Liguria; tratti della Versilia, Cecina, Follonica, Piombino, Marina di Campo sull’Isola d’Elba e le aree di Grosseto e di Albinia in Toscana; la piana Pontina, di Fondi e la foce del Tevere nel Lazio; la piana del Volturno e del Sele in Campania; l’area di Cagliari, Oristano, Fertilia, Orosei, Colostrai-Muravera, Nodigheddu, Pilo, Platamona, Valledoria, Porto Pollo e di Lido del Sole in Sardegna; Metaponto in Basilicata; spiagge di Granelli, Noto, Pantano Logarini e le aree di Trapani e Marsala in Sicilia; tratti della Pianura di Gioia Tauro e di Santa Eufemia in Calabria. 

Altre aree costiere esposte a rischio inondazione e/o erosione in Calabria sono localizzate nella Piana di Sibari, nel Crotonese e in vari comuni del Tirreno. Ecosistemi unici e luoghi di rilevanza storico-archeologica come Sibari, Crotone, Squillace, Locri rischiano di subire danni irreparabili a causa di inondazioni e dell’erosione. 

In proposito è da ricordare che nel Rapporto Ambientale Por Calabria 2021–2027 si legge: «…i rischi naturali presenti sul territorio regionale, caratterizzati da livelli molto elevati, (sono) in alcuni casi marcatamente più alti rispetto al resto del territorio nazionale. Per alcuni di questi (rischio frane, rischio alluvione, rischio erosione costiera, rischio incendi, desertificazione) è prevedibile un aumento del livello di rischio a causa dell’aumento delle temperature, dell’innalzamento del livello del mare conseguente allo scioglimento dei ghiacciai e dell’aumentata frequenza degli eventi estremi».

Studi recenti sulla vulnerabilità delle province costiere italiane delineano i rischi ai quali sono esposti anche i preziosi ecosistemi naturali e i numerosi siti archeologici situati nelle nostre pianure costiere.

Le estese fasce costiere, caratterizzate da assetti idrogeomorfologici e climatici favorevoli allo sviluppo di ogni forma di vita, sono ricchissime di biodiversità e testimonianze antropiche e pre-protostoriche. Un patrimonio di testimonianze antropiche sedimentato da millenni di interazioni tra l’Uomo e il mare, diffuso su tutte le coste. 

Dettagliate e più recenti proiezioni sull’impatto previsto dall’innalzamento del livello del mare in corrispondenza dei tratti di costa del BelPaese soggetti a movimenti verticali di abbassamento del suolo sono contenuti nello studio “Sea level rise projections up to 2150 in the northern Mediterranean coasts di A. Vecchio et al. pubblicato nel 2024 sulla rivista ambientale Environmental Research Letters. Lo studio, tra l’altro, riporta i dati delle misure dello sprofondamento in atto in corrispondenza di alcune coste italiane rilevati utilizzando GNSS (Global Navigation Satellite System). I dati più significativi sono stati rilevati in corrispondenza delle coste della Pianura Padano-Veneta e delle regioni meridionali. 

Nelle stesse pianure costiere la combinazione dell’innalzamento del mare e degli eventi meteorologici estremi, come forti mareggiate e inondazioni, aumenta il rischio di perdita di territorio con danni alle infrastrutture e alle attività economiche locali, in particolare turismo, pesca e agricoltura. 

Secondo dati Ispra un’ampia percentuale delle coste italiane, valutata tra il 30-46%, è già soggetta a fenomeni di erosione accelerata; e più di 100 dei 644 comuni costieri italiani hanno visto arretrare il loro tratto di costa di ben oltre il 50%. dell’intero tratto di competenza.

Questi dati mostrano le continue trasformazione delle coste e la rilevanza degli effetti connessi alla stessa dinamica dei litorali, spesso sottovalutati o ignorati dalle classi dirigenti locali e nazionali. Effetti che rappresentano una minaccia sia per numerosi siti archeologici sia per la grande varietà di ecosistemi delle fasce costiere italiane. Ecosistemi di grande valore ecologico, economico e culturale e da tutelare per favorire la biodiversità, la sicurezza ambientale e il benessere delle comunità locali. 

L’iniziativa Unesco-Wmo offre un’importante opportunità per amministrazioni pubbliche, istituzioni scientifiche, organizzazioni private e società civile di promuovere attività volte a proteggere le coste, garantendo al contempo la sicurezza delle popolazioni e la conservazione del prezioso patrimonio storico-ambientale delle aree marine per le generazioni future.

Inoltre, rappresenta un’occasione per riflettere sul legame tra i rischi attuali e la storia glaciale di regioni costiere, come la Calabria, dove sono ancora visibili tracce lasciate dai ghiacciai. Dallo studio di queste testimonianze del passato alle minacce derivanti dall’innalzamento del mare, emerge un filo conduttore che collega le trasformazioni geologiche di ieri alle sfide climatiche di oggi. (mp)

[Mario Pileggi è geologo]

SANITÀ, ALLA CALABRIA SERVE IL GIUSTO
RIPARTO DEI FONDI, NON PIANO DI RIENTRO

di GIACINTO NANCIIl Ministro della protezione Civile Nello Musumeci ha fatto deliberare al Consiglio dei Ministri la dichiarazione dello stato di emergenza, per la durata di dodici mesi, in relazione alla situazione di criticità in atto concernente il sistema ospedaliero della regione Calabria.

Ciò vuol dire che il piano di rientro sanitario cui è sottoposta la Calabria dal 2009, il commissariamento dal 2011 e i commissariamenti di tutte la Asp e i tre maggiori ospedali regionali da 6 anni non sono serviti a niente. Sembra che la Calabria ha bisogno adesso anche della Protezione Civile, ci manca solo la militarizzazione anche se come commissari abbiamo avuto colonnelli, generali e prefetti.

Come si può pensare che in un anno l’ulteriore “commissario” può risolvere ciò che tantissimi commissari in tantissimi anni non sono riusciti a risolvere visto che si tratta anche di ospedali deliberati nel 2004 (si 2004) e 2007 (si 2007)?

Il dubbio per questa delibera nasce dal fatto che stranamente la Medicina Ospedaliera è l’unica in Calabria che aveva una sufficienza per il punteggio Lea (Livelli Essenziali di Assistenza) di 69 (la sufficienza per i punteggi Lea si ha con 60 punti e l’optimum a 100 punti). Sarebbe stato più giustificato un provvedimento per la Medicina del Territorio che ha punteggio Lea 40 e la Medicina Preventiva con punteggio 41, entrambi quindi nettamente insufficienti. Forse una attenzione maggiore sarebbe stata più giusta verso questi ultimi due settori della medicina calabrese anche per il fatto che dovrebbero essere migliorati dal Pnrr che però sembra essere applicato aldisotto del 10% con il rischio quasi certo di non fare le 57 case di Comunità, i 15 Ospedali di Comunità e i 19 Centrali Operative Territoriali.

Questi sì che interverrebbero sui reali bisogni dei malati calabresi, specialmente quelli nelle zone interne. L’altra cosa che non quadra è che la richiesta, per la emergenza Ospedaliera e non per quelle Territoriale e Preventiva, sembra sia stata fatta al governo dal Governatore-Commissario alla sanità Occhiuto che sarebbe, in qualità di commissario, responsabile, come i commissari precedenti, della mancata attuazione di quanto richiesto.

Il nostro Governatore-Commissario, nel mese di febbraio, ci ha anche informati che intende ricandidarsi al governo della Regione Calabria e che entro marzo sarebbe terminato il commissariamento della sanità calabrese (nota bene il commissariamento non il piano di rientro).

Il nostro Governatore-Commissario con la richiesta dell’intervento della Protezione Civile coglie due piccioni con una fava, perché si fa campagna elettorale con questa richiesta, può chiedere di non essere più commissario alla sanità calabrese e si può candidare di nuovo alla guida della Regione Calabria, visto che da commissario non avrebbe potuto fare la campagna elettorale in quanto se così fosse potrebbe essere ineleggibile per l’art. 2 legge 2/7/2004 n. 165.

Infine, questo ulteriore commissariamento della Protezione Civile non risolverà i problemi della sanità calabrese perché essi sono dovuti ad un ultraventennale suo sottofinanziamento dovuto ad una scorretta applicazione della legge 662 del 23/12/1996 da parte della Conferenza Stato Regioni.

Che un riparto dei fondi sanitari che va incontro ai reali bisogni delle popolazioni deve essere fatto in base alla presenza del numero delle malattie nelle varie regioni lo aveva detto nientemeno che un ministro della Sanità, Ferruccio Fazio, nel lontano 2011, quando pubblicamente in un comizio aveva annunciato che «entro due anni ripartiremo i fondi sanitari in base alle malattie perché questo attuale (leggi demografico) penalizza alcune regioni (leggi Calabria)….». 

E che in Calabria ci siano molti più malati cronici delle altre regioni è certificato da un decreto del commissario alla sanità Scura il n. 103 del 30/09/2015 e vidimato sia dal ministero dell’Economia che da quello della Salute, nel quale decreto, con tanto di specifiche tabelle, si calcolano in 287.000 i malati cronici in più nei circa due milioni di calabresi che non in altri due milioni di italiani, oggi sono sicuramente molti di più.

Quindi, il Governatore Commissario Occhiuto invece di “programmare” la sua campagna elettorale sulle spalle dei malati calabresi dovrebbe andare alla Conferenza Stato-Regioni, battere i pugni sul tavolo e far si che venga fatto un riparto dei fondi che soddisfa i reali bisogni delle popolazioni.

Se non riesce in questo il Governatore-Commissario dovrebbe chiedere al suo governo di centralizzare la sanità, visto che questo tipo di regionalizzazione crea forti disparità. Abbiamo una legge sanitaria tra le migliori al mondo e quando era centralizzata avevamo sempre una sanità migliore al mondo e per tutti gli italiani. (gn)

[Giacinto Nanci è medico ricercatore Healt Search e medico di famiglia in pensione Catanzaro]

LA “NON VITTORIA” DELUDE I CALABRESI
MA REGGIO È GIÀ LA “CAPITALE MORALE”

di SANTO STRATI – La mancata assegnazione del titolo di Capitale della Cultura 2027 se da un lato ha lasciato l’amaro in bocca a quanti – tantissimi – ci hanno creduto fino in fondo, dall’altro costituisce comunque una vittoria morale di Reggio nel panorama culturale italiano.

Questa “non vittoria” non decreta la scarsità di idee o di programmi, bensì ratifica l’intelligenza e la validità di un progetto che deve essere portato a termine, indipendentemente dal titolo non conquistato o dal mancato arrivo del finanziamento previsto di 1 milione.

L’ottimo progetto che l’Amministrazione Comunale e la Città Metropolitana di Reggio hanno presentato e che ha permesso di arrivare tra le dieci città finaliste, in realtà, non aveva e non ha bisogno del “milione” di Bonaventura memoria (allora, però erano lire e rappresentavano un sogno) per mettere in pratica le idee – suggestive, va detto – che dovranno trasformare Reggio in una Città Capitale del Mediterraneo, dove la Cultura (con la C maiuscola) rappresenta il volano principale di crescita e sviluppo del territorio.

Cosa cambia, senza il titolo? Non cambia nulla, né tantomeno viene a mancare l’ossigeno a questa sana ambizione di successo, in nome di tutto il Mezzogiorno, che ha permesso di coinvolgere l’intero territorio regionale. Chi avrebbe scommesso l’appoggio delle altre province e del Capoluogo Catanzaro che hanno messo da parte campanilismi e veti localismi per sostenere un’idea di sviluppo culturale che dà lustro alla Calabria e ai calabresi.

È stata una bellissima prova di fare rete, il primo vero tentativo di parlare una voce sola per tutta la Calabria, senza ambiti e limitazioni territoriali. La Calabria unita vince, le Calabrie di lontana memoria non devono esistere più né devono costituire alibi per inutili e meschine rivendicazioni: il “potere” culturale di questa terra ha una storia millenaria alle spalle che non ha bisogno di riassunti o semplificazioni.

La culla della civiltà mediterranea è stata la Magna Grecia ed è diventata il modello di riferimento della cultura occidentale che si è formata sui grandissimi eroi e personaggi che hanno fatto grande questo territorio.

Tremila anni di storia, per parlare di Reggio, fanno da sponda a una storia che affonda le radici in ere preistoriche, di cui ci sono forti testimonianze in tutto il territorio. C’è una voglia di riscossa sociale (contro pregiudizi e preconcetti che, grazie al cielo, appartengono al passato) e il bisogno di ricostruire una reputazione perduta non certo per colpa della bella gente di Calabria. E quest’opera di “ricostruzione” ha solo uno strumento valido per poter essere condotta a compimento: la cultura.

La narrazione della Calabria è cambiata e sta continuamente cambiando. Ci sono testimonial straordinari in grado di garantire l’autenticità del mood culturale proposto al mondo. Pitagora, Zaleuco, Gioacchino da Fiore, Tommaso Campanella, Barlaam da Seminara, Corrado Alvaro, Leonida Repaci, solo per citarne alcuni: un elenco che avrebbe bisogno di troppe pagine ma dovrà essere coniugato con la massima attenzione nel coinvolgimento delle nuove generazioni.

I nostri ragazzi devono crescere a pane e cultura (che certamente non manca in Calabria) e vanno attivate iniziative di divulgazione e conoscenza a 360 gradi, per offrire un panorama quanto mai ampio del patrimonio che appartiene a questo territorio. Un patrimonio di bellezze naturalistiche, di tradizioni e ambiente sano, permeato interamente dalla Cultura.

I progetti proposti per il titolo di Capitale della Cultura (per decine di milioni di euro) vanno sostenuti e realizzati e il sostegno di Enti, Associazioni, singoli professionisti e privati cittadini che hanno creduto fermamente in questo sogno deve crescere, con un’assidua e sostanziale adesione della Regione, che non ha messo – ahimè – il giusto entusiasmo in questa sfida, vinta comunque.

Come ha sottolineato il presidente della Commissione giudicatrice Davide Maria Desario, è stato quello della scelta della città “vincitrice” un impegno reso difficoltoso dalla qualità dei progetti presentati e dall’ottima offerta complessiva di idee e programmi che evidenziano, chiaramente, la vocazione culturale di questo nostro Paese.

Un titolo, in qualsiasi concorso, è sempre un traguardo ambito e la delusione è più che comprensibile. Però, proprio questa volta, il progetto della candidatura di Città Capitale per Reggio ha rappresentato una sfida in ogni caso vincente.

Reggio, ma in realtà tutta la Calabria, hanno mostrato agli italiani non solo una invidiabile compattezza territoriale, ma anche una ricchezza e una vivacità di proposte che hanno affascinato la giuria e quanti hanno ascoltato la presentazione del dossier lo scorso 26 febbraio al Ministero della Cultura.

Adesso viene la parte migliore del progetto: la sua realizzazione. Con un titolo mancato, ma la certezza che il traguardo si può tranquillamente raggiungere e il “Cuore del Mediterraneo” potrà attrarre quel turismo non “mordi e fuggi” che la Calabria si merita.

Della sua ricchezza, la Calabria ha finora utilizzato qualche punto in percentuale, ridicolo: gli altri Paese, le altre regioni, le altre Città se avessero solo un decimo di questa ricchezza farebbero i fuochi d’artificio tutti i giorni.

C’è un capitale umano che chiede solo di essere messo alla prova per valorizzare e far scoprire le risorse del territorio. Questa “non vittoria” è la molla per procedere lungo questo percorso di rigenerazione che i calabresi, soprattutto i giovani, si meritano. (s)