DON MIMMO BATTAGLIA: UN NATALE “SENZA”
L’UNICO IN CUI POSSIAMO SCOPRIRCI LIBERI

di DON MIMMO BATTAGLIA – Ancora Natale, e quale augurio quest’anno? Ci auguriamo sempre di tutto, abbondanza, ricchezza, salute… e ci crediamo pure.

Eppure quest’anno vorrei augurare a tutti un Natale al contrario, un Natale “senza…”. A me, alla mia comunità, alla mia città… sì, un Natale al contrario, un Natale “senza…”. Vorrei che per quest’anno potessimo sostituire il segno “più” con il segno “meno”: meno immagine, meno abbondanza, meno addobbi… un Natale in cui togliere piuttosto che aggiungere. E non per la crisi, quello è un altro discorso.

Un Natale sotto il segno del meno è forse più vero, una specie di magia che ci riporta indietro, indietro nel tempo della nostra vita in un istante preciso: l’istante in cui siamo venuti al mondo, in cui siamo diventati creature, prima eravamo sogni! Neonati senza ricordi, senza il dolore che avremmo poi vissuto o causato, senza le parole dette o ascoltate, senza gli incontri che hanno cambiato nel tempo il corso della nostra storia. Un Natale “senza”.

Neonati, come in una mangiatoia di molti secoli fa. Nudi, senza un abito buono o stracciato, senza il vestito della festa o la borsa di moda, senza le toppe sugli ultimi jeans che ci sono rimasti, senza. Né poveri, né ricchi. Nudi!

Neonati senza un titolo e senza un’immagine da difendere o da voler modificare, senza un ruolo o una maschera da indossare. Solo creature, nella loro semplicità ed essenzialità.

Bambini e non signori o dottori, ingegneri, onorevoli, presidenti, professori. Bambini e non tossici, delinquenti, emarginati, carcerati, immigrati. Bambini. Semplicemente bambini. Senza medaglie o successi, senza ferite o cicatrici.

Vi auguro un Natale “senza”, perché è l’unico Natale in cui possiamo scoprirci liberi. Liberi dal dover fare, dal dover sembrare, dal dover dimostrare, liberi dai bisogni che ci siamo costruiti o da quelli che ci hanno imposto. Liberi di abbandonarci ad un altro, all’Altro, ad una madre, ad un padre, ad un figlio, ad un amore, ad una comunità che, in semplicità, si prenda cura di noi, dei nostri bisogni autentici, quelli che ci rendono umani: calore, protezione, attenzione, amore. Liberi come i gigli del campo, come un neonato in una mangiatoia.

Indifesi come un neonato, indifesi ma non deboli. Perché un neonato in una mangiatoia non ha forza, ma la trova nelle braccia di un padre che lo solleva, di una madre che lo stringe al cuore. E impone nel mondo un nuovo modo di respirare, dove il sospetto cede alla confidenza, la vendetta è disarmata dal perdono, e forse verrà un giorno in cui saremo tutti liberi e vulnerabili, senza più la paura di essere aggrediti o usati dagli altri.

Vi auguro un Natale “senza”, un Natale in cui non camuffare la nostra solitudine nell’ubriacatura di una folla, in cui non negare la nostra solitudine dimostrandoci come altri vorrebbero che noi fossimo ma, al contrario, abbracciare quell’unica solitudine che ci permette di essere sempre noi stessi fino in fondo. Quella solitudine in cui ci costruiamo come persone capaci di amore, la stessa solitudine di Giuseppe sulla via di Betlemme, con i suoi pensieri, i suoi dubbi e le sue paure, con la sua forza di scegliere sempre e comunque il sogno, la forza del sogno. Perché il sogno è sempre possibile.

Un Natale “senza”, in cui anziché il dono, possiamo scambiarci il perdono. Perdono sotto il nostro albero: per noi stessi innanzitutto, per i nostri sbagli, per la nostra vita che è più grande di ogni errore. Perché la vita non coincide mai con i nostri sbagli né con le sue fratture. È sempre più grande. Perché, come un neonato, noi siamo infinito. Vuol dire che il bene possibile domani vale più del male di ieri.

Auguro un Natale “senza” anche a voi che non vivrete un Natale. A voi che avete perso il lavoro o non lo avete mai trovato, a voi che avete perso la casa, che avete perso l’amore, che avete perso la fede. Un Natale “senza” è il Natale che parte dal nulla con un dono solo, ma più grande di tutti: la speranza. Una speranza che è concreta, che è nel miracolo del vostro arrivare a sera, che è nella sacralità di ogni vostra lacrima, di ogni vostro sospiro. Che è nel domani che arriverà comunque, nel vostro esserci a pugni chiusi. Speranza che giace e fiorisce nel buio e nel freddo della vostra disperazione, nel vostro non arrendervi. Nel vostro ostinato restare umani.

È in questo restare umani il senso del Natale che voglio augurarvi, in quella Umanità essenziale che Dio ha scelto. Rinunciando all’onnipotenza, all’assoluto, all’infinito, ha scelto la nudità, ha scelto il “senza”, ha scelto l’umano, l’Umanità. Solo per amore.

Sorella, fratello, buon Natale “senza”!

Che tu possa ricordare che Dio non cerca il giusto che temi di non poter mai essere. Lui guarda quella fragilità che ti appartiene come un respiro antico, la debolezza che è sorgente, ferita e mistero. E proprio lì, in quel punto segreto, Dio vuole entrare. Vuole farsi lievito nella tua creta, sole che illumina le ombre, fuoco che scalda ciò che si è raffreddato, spirito che danza nella tempesta.

Che tu possa accorgerti che, dove il tuo sogno riposa in silenzio, nel luogo più nascosto che sfugge persino a te stesso/a, Dio si fa volto dentro il tuo volto. Lì, nell’intimità che non puoi raccontare, Dio prende carne in te. Non è lontano: è la tua profondità più profonda, è il battito che ti anima.

Che tu possa vivere ogni giorno come un atto di pazienza infinita, la pazienza di ricominciare. Non temere di partire ancora, perché la vita non è solo raccogliere o arrivare, ma seminare a ogni stagione, con fiducia.

Che tu possa trovare forza nell’abbandonarti alla relazione, perché è lì che si rinnova la tua esistenza. Nasciamo da una relazione e rinasciamo in ogni legame autentico, sincero, profondo. Sii coraggioso/a nell’aprirti: è nel dono di te stesso/a che scoprirai la bellezza di essere vivo/a. (mb)

DA OGGI IL GIUBILEO 2025: LA CALABRIA
AMBASCIATRICE DI FEDE E CRISTIANITÀ

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Quest’anno sarà una Vigilia di Natale speciale in tutto il mondo, e in particolare in Calabria, poiché Papa Francesco, questo pomeriggio, aprirà la Porta Santa nella Basilica di San Pietro, dando il via al Giubileo 2025.

Le origini del Giubileo risalgono all’Antico Testamento, in riferimento all’anno di riposo della terra e remissione dei debiti. Nel 1300, sotto papa Bonifacio VIII, il Giubileo acquista il significato attuale, legato all’indulgenza straordinaria che la Chiesa elargisce ai fedeli ogni 25 anni.

Ma il Giubileo – che si concluderà il 6 gennaio 2026 – non si aprirà solo a Roma, ma in tutte le Diocesi italiane, comprese quelle calabresi.

A Corigliano Rossano, l’Arcidiocesi di Corigliano Rossano, guidata dal vescovo mons. Maurizio Aloise, per domenica 29 ha organizzato una Solenne concelebrazione eucaristico

«Desidero – scrive nel decreto in cui vengono elencate le Chiese Mons Aloise – che queste chiese diventino luogo dove si sperimenta l’amore di Dio che consola, perdona e dona speranza. In tal modo questo tempo di Grazia può diventare per la nostra chiesa un momento di riconciliazione con Dio e tra di noi, un’occasione per continuare a ricevere e a donare la forza sanamente e liberatrice del Vangelo».

Mons. Claudio Maniago, Arcivescovo Metropolita di Catanzaro-Squillace, ha voluto sottolineare la profondità di questo momento con un messaggio di augurio che prepara i fedeli alle celebrazioni di apertura del Giubileo nella diocesi.

Nel suo messaggio, Mons. Maniago ha evidenziato come il Giubileo sia un tempo «straordinario di grazia e rigenerazione, un’occasione per riequilibrare i punti cardine della fede e ritrovare l’orientamento del cammino cristiano. Il simbolo della Porta Santa, che sarà aperta da Papa Francesco, rappresenta il passaggio verso una vita nuova, una chiamata a una rinnovata missione della Chiesa nel mondo come portatrice di speranza».

Il tema scelto dal Santo Padre, “Pellegrini di Speranza”, «invita ogni fedele a mettersi in cammino, a vivere l’Anno Santo in un andare verso l’altro. In questo pellegrinaggio spirituale, la meta sarà il volto dell’altro, il fratello, l’amico, la persona bisognosa. Il cammino giubilare ci deve portare a riconoscere il Signore negli altri e a dare loro la speranza che nasce dall’incontro con Cristo».

L’Arcivescovo darà avvio a questo grande cammino spirituale in diocesi con due solenni celebrazioni: domenica 29 dicembre 2024, alle 10.30, nella Basilica “Maria SS. Immacolata” di Catanzaro, con una celebrazione eucaristica che segnerà l’inizio ufficiale del Giubileo; lunedì 30 dicembre 2024, alle ore 17:00, nella Basilica Concattedrale “Santa Maria Assunta” di Squillace, dove si terrà un’altra celebrazione, per poter così abbracciare l’intera comunità diocesana.

Entrambi gli appuntamenti sono un invito caloroso rivolto a tutti i fedeli, affinché si uniscano come comunità pellegrina per accogliere questo anno di grazia in preghiera e in ascolto della Parola.

Mons. Maniago ha, inoltre, espresso il desiderio che questo Giubileo sia un’esperienza ricca di significato e capace di rimotivare il cammino di fede personale e comunitario: «Il Signore sarà pronto, nella sua ricchezza, nella sua generosità, una volta di più a spingere la sua Chiesa, a spingere noi ad essere testimoni nel mondo di qualcosa di veramente importante e nuovo».

L’Arcivescovo sarà al fianco dei fedeli, pellegrino tra i pellegrini, per vivere insieme con la comunità diocesana un’esperienza che rinnovi il cuore e apra la strada a una speranza condivisa e contagiosa.

Il Giubileo del 2025 non sarà solo un evento spirituale, «ma un’occasione per riscoprire la bellezza di essere Chiesa e la sua chiamata a testimoniare con gioia e fede il messaggio di speranza che Cristo vuole portare al mondo, una chiamata che ci invita a camminare verso l’altro con il cuore aperto e gli occhi rivolti al futuro».

Riprendendo le parole di mons. Maniago, effettivamente il Giubileo non sarà solo un’occasione “spiriturale”, ma anche un momento per scoprire e riscoprire il volto spirituale e mistico della Calabria, una terra storicamente legata al monachesimo, al culto mariano e ai santi. Una terra ideale in cui far convivere, devozione, tradizione, natura e bellezza artistica in ogni forma.

La regione, infatti, al secondo posto in Italia per numero di musei ecclesiastici e in prima linea nel percorso di valorizzazione del turismo religioso, come asset distintivo del sistema-Paese, è ambasciatrice del Giubileo, accogliendo  fedeli, turisti e visitatori con una serie di proposte ed esperienze appositamente pensate per valorizzare il ricco patrimonio artistico-religioso, gli itinerari, le principali feste e le manifestazioni immateriali della devozione locale.

Il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, promotore di questa attività che ha definito «un ponte tra la Regione e le generazioni di tutte le età di calabresi e pellegrini nel mondo», ha coinvolto anche i presidenti della Conferenza Episcopale dell’Argentina, dell’Australia, del Brasile, del Canada, degli Stati Uniti d’America, nazioni dove è presente il maggiore il numero dei calabresi.

«La Calabria ha 7 milioni di Calabresi nel mondo che, in occasione del Giubileo, potrebbero venire in Calabria per conoscere la nostra storia, i luoghi e gli eventi religiosi, e per questo abbiamo messo in atto un gruppo di lavoro per coordinare l’attività di promozione di un territorio fortemente impegnato a costruire relazioni solide con i calabresi nel mondo», ha detto l’assessore regionale al Turismo Giovanni Calabrese, invitando tutte le comunità calabresi nel mondo a partecipare al Giubileo e, in questa occasione, a visitare la regione.

SFIDA A OCCHIUTO DAI SINDACI DI SINISTRA
MA ACCETTERANNO DI FARE LE PRIMARIE?

di SERGIO DRAGONE – Le tre recentissime elezioni regionali hanno visto la vittoria di altrettanti sindaci: Marco Bucci, sindaco di Genova, in Liguria; Michele De Pascale, sindaco di Ravenna, in Emilia Romagna; Stefania Proietti, sindaco di Assisi, in Umbria.

Un risultato che non sorprende. I sindaci sono da sempre i politici più vicini alla gente, amati spesso, qualche volta detestati, ma sempre molto popolari. Un dato che dovrebbe fare molto riflettere il centrosinistra o campo largo o alleanza progressista come diavolo intende chiamarsi in Calabria l’alternativa al centrodestra.

L’attuale governatore Roberto Occhiuto ha legittimamente annunciato la propria ricandidatura nell’autunno del 2026 (o primi mesi  2027) con largo anticipo rispetto alla scadenza. Una scelta politicamente ineccepibile e molto astuta: Occhiuto, rivendicando dal suo punto di vista i risultati ottenuti, tenta un’impresa mai riuscita prima a nessun presidente in Calabria, la riconferma per due mandati consecutivi.

Obiettivamente ha dalla sua più di una chances: una notevole visibilità, accresciuta da un abile uso dei social, un’immagine di decisionista e un sistema elettorale che premia le liste più forti, notoriamente schierate dal centrodestra. Ma la più importante chance gli è offerta dall’inconsistenza, dall’eterna indecisione e dalla nebulosità dei suoi avversari. Che nelle ultime due elezioni regionali non hanno toccato palla, affidandosi all’ultimo istante a candidati, sicuramente prestigiosi come Pippo Callipo e Amalia Bruni, provenienti dalla società civile, ma sostanzialmente estranei alle dinamiche politiche ed elettorali.

La riproposizione della candidatura di Roberto Occhiuto impone un’accelerazione anche al centrosinistra che con la sua pigrizia avrebbe magari preferito rinviare a due mesi prima del voto la scelta del candidato.

E allora cosa fare? Io penso che l’unica alternativa possibile ad una quasi scontata riconferma dell’attuale Governatore possa venire solo dalla candidatura di uno dei sindaci progressisti che guidano le principali città calabresi. Che dovrebbe avere il tempo necessario di proporre programmi, stipulare alleanze, preparare le liste, studiare campagne di comunicazione efficaci.

Ma per essere un’investitura “vera” non può essere calata dall’alto, dovrebbe invece ricevere un ampio consenso tra la gente e allora l’unico strumento possibile sono le primarie, di coalizione, aperte e libere. Che non solo consentirebbero di scegliere democraticamente il candidato più attrezzato e unitario, ma anche di mobilitare un elettorato progressista piuttosto disincantato.

Avranno i sindaci calabresi il coraggio di sfidare le primarie? Bisogna verificare la loro disponibilità e intanto ci sarebbe bisogno di qualcuno che le primarie le promuova. 

Tutti i sindaci dei Capoluoghi hanno carte in regola per tentare una sfida che al momento appare molto ardua. Li cito per ordine alfabetico. Franz Caruso, sindaco di Cosenza, è l’ultimo rappresentante istituzionale di quello che fu il glorioso Partito Socialista e giocherebbe nella stessa area geografica del governatore uscente. Giuseppe Falcomatà, sindaco di Reggio Calabria, guida la città più popolosa della Calabria, proviene da una tradizione politica familiare ancora oggi ricordata. Nicola Fiorita, sindaco di Catanzaro, si distingue per movimentismo e per alcune battaglie molto sentite a livello nazionale e regionale (no all’autonomia differenziata e al ponte sullo stretto), Flavio Stasi, sindaco di Corigliano-Rossano, è un volto giovane e fresco, molto apprezzato soprattutto nella sua area geografica. Credo che il sindaco di Vibo Valentia, Enzo Romeo, e il sindaco di Crotone, Vincenzo Voce, non siano interessati a tale competizione.

La mia impressione? Le primarie non si faranno, i sindaci declineranno gentilmente l’invito e cercheranno semmai sponsor per un’investitura da Roma. È assai probabile che il centrosinistra o campo largo trascinerà fino all’ultimo minuto utile la scelta che poi sarà catapultata con un nome, magari di prestigio, destinato alla terza sconfitta consecutiva. (sd)

CARI POLITICI, BISOGNA RISPONDERE CON
CORAGGIO ALLE SFIDE DEL NOSTRO TEMPO

Mons. Francesco Savino, Vescovo di Cassano allo Jonio, nonché vicepresidente della Conferenza Episcopale, ha inviato un messaggio ai politici della sua Diocesi, il cui contenuto vale per l’intera Calabria.

di MONS. FRANCESCO SAVINO – Carissimi, in questo tempo di preparazione al Natale, desidero rivolgermi a voi con un messaggio che unisce gratitudine e sollecitudine.

Purtroppo, gli impegni che scandiscono le vostre giornate e il mio Ministero non hanno permesso che ci incontrassimo di persona, e di questo sono sinceramente dispiaciuto. Tuttavia, non potevo lasciar passare questa occasione senza farvi giungere i miei auguri più sentiti e un pensiero che nasca dalla riflessione sul tempo che stiamo vivendo.

Gratitudine, per l’impegno che quotidianamente dedicate al servizio delle nostre comunità; sollecitudine, perché mai come oggi il ruolo della politica è chiamato a rispondere con coraggio e visione alle sfide del nostro tempo. Il Natale, nella sua profondità, ci ricorda la luce della speranza e della carità, richiamandoci all’urgenza di metterci al servizio del bene comune, con dedizione e responsabilità.

La nostra Diocesi, custode di una storia intrecciata di cultura e fede, incarna tanto le bellezze quanto le sfide che caratterizzano questa terra. Viviamo in un contesto segnato da potenzialità straordinarie, ma anche da ferite che richiedono risposte concrete e immediate. La politica, se vissuta nella sua autentica vocazione di servizio, può diventare il mezzo privilegiato per costruire una società più giusta, solidale e rispettosa della dignità di ogni persona.

La sfida della speranza

Molti, soprattutto i giovani, guardano al futuro con disillusione, prigionieri di un contesto che sembra non offrire prospettive concrete. La speranza sembra essersi smarrita e con essa la fiducia in chi ha il compito di guidare le scelte politiche. È vostro dovere restituire speranza alle comunità, non solo attraverso promesse, ma con azioni capaci di trasformare i sogni in realtà.

Come ci ricorda Gustavo Gutiérrez, «la speranza cristiana non è passiva, ma un motore per l’azione concreta». Ogni vostro gesto, ogni vostra decisione può diventare un segno tangibile di questa speranza. La nostra terra, pur segnata da difficoltà ataviche, è anche una terra di potenzialità inespresse. È compito della politica liberare queste energie e orientarle verso un autentico sviluppo sociale ed economico.

Il bene comune come guida della politica

Papa Francesco, nelle sue esortazioni, ci ricorda che la politica è una delle forme più nobili di carità, un’arte che richiede visione, sacrificio e coraggio. Ogni vostra scelta dovrebbe essere orientata al bene comune, non inteso come la somma degli interessi individuali, ma come una visione più alta che abbraccia giustizia, pace e solidarietà.

Papa Benedetto XVI, nell’enciclica Caritas in Veritate, sottolinea che il bene comune implica il riconoscimento della dignità di ogni persona, in una comunità solidale e giusta. Questo principio deve guidare ogni iniziativa legislativa e amministrativa, affinché nessuno si senta escluso o invisibile.

La giustizia sociale e la lotta alla povertà

La povertà è una delle sfide più urgenti della nostra terra. La Calabria continua a registrare tassi di disoccupazione tra i più alti del Paese, con giovani costretti a lasciare il proprio territorio in cerca di opportunità altrove. Questo fenomeno non è solo una crisi economica, ma una ferita sociale che richiede risposte immediate.

Vi esorto a promuovere politiche che favoriscano l’inclusione sociale, il lavoro dignitoso e l’accesso ai diritti fondamentali. Gandhi ci ricorda che «la povertà è la peggior forma di violenza».

Non possiamo accettare che la dignità umana sia calpestata. La giustizia sociale richiede un cambio di mentalità, una trasformazione che metta al centro la persona, con i suoi bisogni e le sue aspirazioni.

Famiglia e diritti dei bambini

La famiglia è il cuore pulsante della società, il luogo dove nascono e si custodiscono i valori fondamentali. Ogni vostra decisione politica dovrebbe mirare a sostenere le famiglie, offrendo strumenti concreti per conciliare lavoro e vita familiare, protezione sociale e sostegno ai genitori in difficoltà.

Allo stesso modo, è fondamentale garantire che ogni bambino possa crescere in un ambiente sano e sicuro, lontano da situazioni di povertà o disagio. La tutela dei più piccoli è la misura di una società giusta e proiettata verso il futuro.

Ecologia integrale: prendersi cura della Casa Comune

Le questioni ambientali sono ormai al centro delle sfide globali e locali. Papa Francesco, nell’enciclica Laudato Sì, ci invita a considerare l’ecologia non solo come cura della natura, ma come attenzione integrale alla persona e alla società. Ogni vostra scelta politica, sia essa legata all’urbanizzazione, alla gestione dei rifiuti o alla mobilità, dovrebbe riflettere questa visione ecologica.

Il nostro territorio, ricco di risorse naturali, deve essere tutelato e valorizzato, soprattutto di fronte al grave problema dell’inquinamento che minaccia la sua bellezza e il benessere delle comunità, richiamandoci a un impegno concreto per la salvaguardia del creato.

Dunque, le sfide ambientali non possono più essere rimandate: è tempo di adottare politiche sostenibili che promuovano uno sviluppo equilibrato e rispettoso delle generazioni future.

 La cultura della legalità

La nostra terra è ferita dalla criminalità organizzata, una piaga che mina il tessuto sociale ed economico. La lotta alla ‘ndrangheta  e all’illegalità non è solo un compito delle forze dell’ordine, ma una responsabilità culturale e politica.

La legalità, come ci ricorda Don Tonino Bello, non è una semplice formalità, ma un principio che orienta ogni azione verso una società più giusta e libera. Ogni vostro gesto deve contribuire a costruire una cultura della legalità, che si nutre di educazione, coraggio e trasparenza.

Investire nel futuro

La politica deve guardare lontano, investendo in settori strategici come l’educazione, la formazione e l’innovazione. Il nostro territorio ha un potenziale straordinario nell’agricoltura, nel turismo e nelle energie rinnovabili. È necessario valorizzare queste risorse per creare opportunità di lavoro e trattenere i giovani nella nostra terra.

Un invito alla collaborazione

Come Chiesa, siamo al vostro fianco per costruire una comunità coesa, solidale e rispettosa. La politica, come dice Papa Benedetto XVI, è un’arte nobile che deve sempre essere orientata al bene comune. La collaborazione tra politica e Chiesa può diventare una risorsa preziosa per affrontare le sfide del nostro tempo, coniugando competenze diverse al servizio delle persone.

Conclusione

Vi auguro che il vostro impegno politico possa essere illuminato dalla luce del Natale, guidato dalla giustizia e animato dall’amore per il prossimo. Che ogni vostra scelta possa portare speranza, pace e sviluppo a tutte le comunità.

Con la benedizione di Cristo Bambino, vi invito a vivere la vostra missione con coraggio, fedeltà e visione, trasformando la politica in uno strumento autentico di servizio e carità. (fs)

[Mons. Francesco Savino è vescovo di Cassano allo Ionio]

 

REGGIO, UNA VOCAZIONE UNIVERSITARIA
NASCERÀ IL CAMPUS DEL MEDITERRANEO

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Reggio Città Universitaria del Mediterraneo. Un ambizioso obiettivo che vuole porre la Città dello Stretto sempre più protagonista del Mediterraneo nell’ambito della formazione e della cultura, capace non solo di far restare, ma anche attrarre studenti provenienti da tutta Italia, Europa e da tutto il mondo.

Un obiettivo reso possibile grazie ai 4 milioni destinati all’Università Mediterranea con l’emendamento a firma del deputato di Forza Italia, Francesco Cannizzaro e approvato dalla Commissione Bilancio.

Un risultato straordinario, che candida «la nostra città e di conseguenza il mondo universitario calabrese a diventare punto di riferimento nell’attuazione di quanto previsto nel famoso ‘Piano Mattei’», ha detto Cannizzaro, dicendosi orgoglioso di questo emendamento perché consegna a Reggio un altro strumento per il futuro, per proiettare questa città a diventare sempre più baricentrica nel Mediterraneo».

«Ecco perché la denominazione ‘Campus del Mediterraneo’ – ha spiegato – in linea con il territorio e con la sua proiezione geografica. Sarà costruito in centro cittadino, andando non solo a dare nuova linfa a tutto l’indotto, ma soprattutto gettando le basi per rendere Reggio una città più a misura di studente, di giovane».

Ma, cosa più importante, «il campus – ha spiegato Cannizzaro – sarà la chiave di volta per trattenere i ragazzi nella nostra terra e per attirarne altri provenienti da diverse zone d’Italia, d’Europa e del mondo, in linea con l’azione di rilancio dell’Aeroporto dello Stretto che abbiamo attuato, con i numerosi voli internazionali che da qualche mese collegano Reggio al resto del mondo».

«Di fatto – ha continuato Francesco Cannizzaro – con questa operazione abbiamo determinato a tutti gli effetti Reggio città universitaria».

Quello del Campus, infatti, è un progetto ambizioso: «troveranno spazio edifici accademici, residenze studentesche, spazi ricreativi, impianti sportivi, biblioteche, mense, laboratori e aree verdi. Saranno pianificati moderni sistemi di accessibilità e mobilità per le persone con disabilità».

Nell’esprimere il proprio ringraziamento a Cannizzaro per il fattivo impegno nell’affiancare e sostenere il processo di crescita dell’Ateneo reggino e del territorio in generale, il Rettore della Mediterranea, Giuseppe Zimbalatti, ha auspicato che la nascente struttura possa aumentare ulteriormente il livello di servizi offerti, nell’ottica di una Reggio Calabria “città universitaria”,  sempre più attrattiva per tutta l’area del Mediterraneo.

Lo stesso Rettore, in continuità con l’attivazione del Polo Formativo Territoriale Sna, ha sottolineato, inoltre, quanto il gioco di squadra istituzionale si dimostri ancora una volta arma vincente per affrontare le importanti sfide che gli obiettivi di crescita e di sviluppo della Mediterranea ci impongono, mettendo nelle migliori condizioni la nostra comunità accademica di traguardare gli obiettivi di eccellenza con una concreta prospettiva di raggiungerli.

Per l’eurodeputata Giusi Princi, si tratta «dell’ennesimo straordinario risultato raggiunto e interviene su cultura e formazione, linfe fondamentali per lo sviluppo e la crescita del nostro territorio».

«Il ‘Campus del Mediterraneo’, che verrà realizzato nel cuore della città grazie a queste risorse – ha proseguito – sarà certamente un significativo catalizzatore di flussi studenteschi perché non solo offrirà rilevanti opportunità per i nostri giovani ma permetterà anche di attirare studenti provenienti da altre aree dell’Europa e del mondo. Il nuovo campus sarà un eccellente volano per porre in essere partenariati con i paesi dell’Oriente».

«Come Presidente della Delegazione europea per i rapporti con l’Asia Centrale, infatti, mi sto già attivando – ha spiegato l’eurodeputata – con le Ambasciate dei cinque paesi della regione per instaurare collaborazioni tra le università asiatiche e quelle calabresi, in particolare l’Università Mediterranea di Reggio Calabria. Sono già al lavoro, quindi, per tessere relazioni culturali, economiche e commerciali tra i paesi dell’Asia Centrale e la Calabria».

«L’Asia Centrale, a differenza dell’Europa e della Calabria – ha proseguito Princi – è una regione ad alta crescita demografica e con una popolazione molto giovane: promuovere uno scambio accademico con i suoi studenti più meritevoli rappresenta senz’altro un’opportunità di arricchimento perché il nostro territorio sia al centro del Mediterraneo e non solo dal punto di vista geografico. A proposito di Mediterraneo – aggiunge -, sono promotrice dell’Intergruppo parlamentare che sarà a breve formalizzato su Aree costiere, insulari e marittime (SEARICA)».

«Al suo interno – ha concluso – mi impegnerò per far approvare la strategia sulla macro regione mediterranea, già promossa nell’ambito della Conferenza delle Regioni e di cui è Presidente il governatore Occhiuto. Su mia iniziativa, questa strategia è stata supportata tramite raccolta firme da decine di europarlamentari di tutti i gruppi politici e di tutti i paesi dell’area mediterranea».

Per l’Associazione Donne Reggine « un’altra pagina di storia per il futuro di Reggio Calabria è stata scritta. Dare a questa città, a questa provincia, un campus universitario di alto livello equivale ad ergerla ufficialmente a città universitaria; tutt’altro che un semplice appellativo, bensì un’espressione carica di significato e soprattutto di contenuti e concretezza».

«È una iniziativa  – ha spiegato l’Associazione – che porta con sé una strategia ben precisa di rilancio del territorio, in linea con le altre misure concretizzate nel recente passato, vale a dire Aeroporto, Porto, SNA».

«L’emendamento del Campus – ha concluso l’Associazione Donne Reggine – rappresenta un ulteriore tassello nel quadro della Reggio del futuro. Un futuro non lontano, un futuro roseo, che consentirà, ne siamo certe, a tantissimi giovani di restare qui, nella loro terra, ed a tante madri e famiglie, di non perdere i propri figli nella triste fuga di cervelli che ha attanagliato fino ad oggi Reggio e la Calabria».

«La possibilità di studiare a Reggio in un campus moderno e ben attrezzato permetterà a tanti nostri coetanei di restare qui, nella nostra città, per realizzare le proprie aspirazioni professionali e personali: il futuro è qui, nella nostra terra», ha detto il Coordinamento Giovani di Forza Italia, ribadendo come «vogliamo che i giovani calabresi non siano più costretti a scappare per poter studiare, realizzarsi, costruire il loro futuro».

Una iniziativa che va oltre il semplice emendamento: «è un segnale di speranza, di fiducia e di opportunità nuove ai giovani e alla città», ha detto ancora il Coordinamento, sottolineando come «questo campus è solo il primo passo verso una visione di sviluppo che metta al centro i giovani, la ricerca e l’innovazione in ambito formativo».

«La creazione di un ambiente stimolante – ha concluso il Coordinamento – con spazi dedicati allo studio, alla ricerca e alla socializzazione, quale sarà il Campus Universitario del Mediterraneo, costituirà un passo fondamentale in un processo di crescita per Reggio e la Calabria, che contribuirà a ridisegnare il nostro territorio, dando ai giovani le opportunità che meritano». (ams)

ZES UNICA, LA VIA MAESTRA PER UN VERO
RILANCIO INDUSTRIALE DEL MERIDIONE

di ERCOLE INCALZA – Riporto di seguito un comunicato stampa, apparso su vari giornali, relativo al successo che, proprio in questi giorni, sta avendo lo strumento della Zes Unica: «Sette miliardi quelli relativi al solo 2024, precisa la Presidenza del Consiglio; una concessione del Credito di imposta al 100 per 100 della quota disponibile. Il massimo del tiraggio possibile cioè chi ha ottenuto l’autorizzazione unica ad investire nel Mezzogiorno ha potuto contare fino al 60% di credito di imposta come era stato garantito dalla norma varata dal Governo e di cui l’ex Ministro Fitto era stato l’artefice principale».

Due anni fa in una delle mie note avevo denunciato apertamente il fallimento delle ZES e avevo anche motivato la assurdità dello strumento e la anomala articolazione dello stesso sul territorio. Le mie critiche erano legate essenzialmente anche alla assenza di risultati concreti; infatti nel 2021 precisavo: «Il provvedimento istitutivo delle Zes è del giugno 2017, cioè è stato concepito più di cinque anni fa e finora non ha prodotto nulla, anzi mi scuso, ha prodotto una serie di altri provvedimenti che riporto di seguito utili solo a qualche membro delle Istituzioni per annunciarne l’esistenza e per assicurare l’immediato avvio operativo. Riporto di seguito solo alcuni dei provvedimenti: Il Decreto legge 20 giugno 2017 n. 91, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2017 n. 123  e successive modificazioni, nell’ambito degli interventi urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno, ha previsto e disciplinato la possibilità di istituzione delle Zone Economiche Speciali (Zes) all’interno delle quali le imprese possono beneficiare di agevolazioni fiscali e di semplificazioni amministrative; Con il Dpcm 25 gennaio 2018 è stato adottato il Regolamento recante l’istituzione di Zone Economiche Speciali (Zes).

Ebbene, dopo la serie di assicurazioni e di impegni presi anche dai Presidenti della Regione Sicilia, della Regione Campania e della Regione Puglia, oggi apprendiamo che un apposito Decreto del Presidente del Consiglio (Dpcm), trasmesso dal Ministro del Sud alla Presidenza per ottenere il previsto parere, attua quanto già previsto dal Decreto sul Pnrr dello scorso mese di aprile e definisce i requisiti delle Zes regionali e prevede una procedura straordinaria di revisione del perimetro delle aree individuate. Sarebbe stato invece utile effettuare una attenta analisi dello strumento istituito cinque anni fa e cercare intanto di capirne, innanzitutto, il significato e quindi soffermarsi sulle motivazioni per cui sono state costituite e cioè: dovevano essere zone geograficamente delimitate e situate entro i confini dello Stato, costituite anche da aree non territorialmente adiacenti purché presentassero un nesso economico funzionale e comprendessero almeno un’area portuale con le caratteristiche stabilite dagli orientamenti dell’Ue per lo sviluppo delle Reti Ten-T; dovevano avere l’obiettivo di attrarre grandi investimenti; dovevano avere l’obiettivo di favorire la crescita delle imprese già operative o la nascita di nuove realtà industriali nelle aree portuali e retroportuali; dovevano avere l’obiettivo di implementare le piattaforme logistiche, collegate anche da intermodalità ferroviaria.

L’allora Commissario della Zes relativa alle realtà della Campania e della Basilicata Giosy Romano difese l’operato dei vari Commissari ricordando che nella ZES da lui diretta si era riusciti, a differenza delle altre Zes, a far partire iniziative del valore di 30 – 40 milioni di euro. Io precisai subito che nei miei vari interventi non avevo mai messo in dubbio il suo operato e quello dei suoi colleghi, un operato che definii encomiabile ma, sempre due anni fa, precisai che erano poco difendibili due caratteristiche dello strumento: La limitata disponibilità delle risorse (appena 600 milioni di euro); L’assenza di una organicità dell’intero processo, una organicità che sarebbe stato possibile raggiungere solo con una Zes unica.

Oggi l’avvocato Giosy Romano, coordinatore della Struttura di missione della Zes Unica, ha  dichiarato: «Sono convinto che la semplificazione burocratica prevista per la ZES Unica debba essere comunicata costantemente al sistema delle imprese. Abbiamo in programma un road show per i prossimi mesi in giro per l’Italia per raccontare questa opportunità che accresce in modo esponenziale la convenienza ad investire nel Mezzogiorno. Per la sola Campania uno studio condotto da Ambrosetti ha ipotizzato un rimbalzo pari a 2,5 punti percentuali del Pil e forse anche oltre e questo conferma che tipo di percorso si sta delineando nell’attuazione della Legge sulla Zes unica. Siamo ad una rivoluzione nella capacità di attrarre investimenti senza precedenti».

Quindi dal 2017 al 2023, cioè fino alla scelta dell’allora Ministro Fitto e del Parlamento di varare la Legge sulla ZES Unica, avevamo perso, come Paese, una grande occasione: avevamo praticamente speso praticamente nulla e, invece, in meno di un anno si è riusciti ad attivare un volano di risorse di 7 miliardi di euro e come precisava Giosy Romano si è dato vita ad una possibile crescita di 2,5 punti percentuali del Pil.

Forse quattro Governi, quelli di Gentiloni, Conte 1, Conte 2 e Draghi dovrebbero sentirsi responsabili di questa perdita grave per l’intero Mezzogiorno; una perdita causata da un misurabile fallimento di una norma concepita e portata avanti in sette anni senza produrre nulla. Eppure, indipendentemente dal fallimento delle 8 Zes nel Mezzogiorno non possiamo non ricordare le gratuite dichiarazioni ed impegni assunti, sempre dai Governi prima richiamati, per il Mezzogiorno; addirittura nel 2017 fu varata la Legge 18/2017 con cui si disponeva «che la quota delle risorse ordinarie delle spese in conto capitale a favore delle otto Regioni del Mezzogiorno non sia inferiore al 34% del totale nazionale». Dal 2018 al 2022 la spesa per il Sud non aveva superato il 6%.

Bisogna ammetterlo la Zes Unica è il primo segnale di cambiamento concreto del Governo nei confronti del Mezzogiorno. (ei)

LA PROVINCIA DELLA MAGNA GRECIA COME
STRADA PER IL RILANCIO DELLA CALABRIA

di MATTEO LAURIA – Ancora una volta, la classifica sulla qualità della vita pubblicata da Il Sole 24 Ore ci consegna una Calabria che fatica a risalire la china. Vibo Valentia, Crotone e altre province calabresi continuano ad occupare le posizioni di coda, simbolo di un modello amministrativo e territoriale che mostra evidenti segni di inefficienza. La questione non è solo economica o infrastrutturale: alla base c’è un problema di disomogeneità territoriale, che rende necessario ripensare i confini delle province, allineandoli alle reali esigenze e potenzialità dei territori. Non è un caso che, in questo contesto, emerga con forza la proposta della Provincia della Magna Graecia. Un progetto che punta a creare un nuovo assetto amministrativo con doppio capoluogo Corigliano-Rossano e Crotone, due realtà accomunate da potenzialità produttive, vocazione territoriale e, purtroppo, problematiche infrastrutturali irrisolte.

La proposta della Magna Graecia

L’idea alla base della nuova provincia, tutta costiera,  è tanto semplice quanto rivoluzionaria: unire forze, risorse e strategie per ridare slancio a un’area di straordinaria rilevanza storica, economica e culturale. La provincia della Magna Graecia, con una popolazione di 410 mila abitanti, rappresenterebbe un nuovo soggetto amministrativo capace di: Aumentare il potere contrattuale nei confronti dello Stato e delle istituzioni europee; Favorire progetti infrastrutturali condivisi, superando l’isolamento che caratterizza oggi sia Corigliano-Rossano che Crotone; Sfruttare sinergie produttive, soprattutto nei settori agricolo, turistico e portuale.

Tra l’altro l’istituzione di questa nuova provincia è a costo zero per lo Stato, grazie all’assemblaggio di strutture già esistenti e alla riduzione della frammentazione amministrativa. Questo modello non nasce da un capriccio, ma dalla necessità di superare lo status quo che per decenni ha paralizzato lo sviluppo della regione. Continuare a mantenere i confini provinciali così come sono significa ignorare la realtà: territori connessi da esigenze e potenzialità comuni vengono amministrati separatamente, annullando qualsiasi tentativo di crescita congiunta.

Perché è necessario cambiare

La provincia della Magna Graecia potrebbe diventare un esempio virtuoso di come ripensare il territorio partendo dal principio dell’omogeneità territoriale. Due realtà che, se unite, non solo rappresenterebbero un centro economico più forte e competitivo, ma avrebbero anche una maggiore capacità di attrarre investimenti e attenzioni governative.

Ma il leit motiv prevalente è che in Calabria nulla deve cambiare: questa è l’inerzia di un sistema che si aggrappa al passato e ostacola qualsiasi prospettiva di rinnovamento. La permanenza delle province calabresi agli ultimi posti nella classifica nazionale deve essere l’ennesimo campanello d’allarme definitivo.

La Calabria non può permettersi di perdere ulteriori opportunità. È tempo di agire. La Magna Graecia non è solo una proposta, è un segnale: l’unione di forze e di risorse tra territori omogenei è l’unica strada percorribile per uscire dall’immobilismo. (ml)

[Matteo Lauria è del Comitato Magna Graecia]

RIFIUTI, IN CALABRIA SI DIFFERENZIA DI PIÙ
IN REGIONE LA RACCOLTA È AL 56,28%

di ANTONIETTA MARIA STRATI – In Calabria si differenzia meglio e sempre di più. Lo dice l’Arpacal con il suo rapporto sulla raccolta differenziata, evidenziando come nella regione si ria registrato un miglioramento negli ultimi tre anni: dal 52,04% si è passati al 56,28%, quattro punti in più.

Si tratta di risultati che «segnano un passo avanti per la sostenibilità ambientale in Calabria, ma richiedono ulteriori interventi per migliorare l’efficienza del sistema rifiuti e raggiungere i target europei», sottolinea l’Arpacal.

Nonostante ciò, i dati sono confortanti: Catanzaro è la provincia con la performance più alta, raggiungendo il 66,40%, Vibo Valentia si colloca al secondo posto con il 61,97%. 

Le Province con maggiori progressi sono: Crotone, che passa dal 35,90% (2021) al 44,49% (2023), con un incremento di quasi 9 punti percentuali e Reggio Calabria (RC) che ha migliorato notevolmente, salendo dal 36,19% (2021) al 44,05% (2023). Stabile la provincia di Cosenza (CS) con il 61,39% che registra una crescita più contenuta ma costante, indicando un già buon livello di partenza.

La produzione complessiva di rifiuti urbani, su una popolazione di 1,838,150 abitanti, è scesa da 739,462 nel 2022 a 732,046.06 tonnellate nel 2023, con una riduzione pro-capite di 398,25 kg per abitante l’anno. La raccolta differenziata è salita dal 54,6% al 56,28%, senza però raggiungere l’obiettivo del 65% previsto dal d.lgs. n.152/2006.

Incidono sul risultato regionale della raccolta differenziata i valori delle provincie di Reggio Calabria (44,05) e Crotone (44,49), entrambe al di sotto delle province di Catanzaro (66,40), Cosenza (61,39) e Vibo Valentia (61,97).

Tra i Comuni capoluogo, Vibo Valentia si distingue con il 69.59%, seguita da Catanzaro con il 69,37 e Cosenza con il 61, mentre Crotone con il 26,97 e Reggio Calabria con il 40,27 abbassano il dato regionale complessivo al 56,28%. A pesare, in particolare, il dato relativo al Comune di Crotone dove si riscontra ancora oggi il valore più basso di raccolta differenziata (26,97%).

Su base comunale, i migliori risultati si sono registrati nella provincia di Catanzaro con Soveria Simeri (89,58%), Gimigliano (89,40%), Sellia (87,14%), Tiriolo (87,03%) e uno in provincia di Cosenza nel Comune di Montegiordano (87,78%).

Infine, uno sguardo alla quantità (in tonnellate) di ciascuna frazione merceologica raccolta nel 2023. La macrocategoria “forsu+verde” (frazione umida e verde) calcolata sul totale della RD, sia in termini numerici che di percentuale, risulta avere il maggiore peso.

Le altre frazioni merceologiche che hanno una maggiore incidenza sono rappresentate in ordine dalla carta e cartoni, dal multimateriale e vetro, con una distribuzione decrescente per le altre tipologie di rifiuti.

«Gli obiettivi fondamentali della normativa ambientale – si legge nella nota –sono costituiti dalla riduzione della quantità dei rifiuti affiancata a una raccolta differenziata efficace mirata alla riduzione della quota destinata a smaltimento in discariche». (ams)

QUALITÀ DELLA VITA, REGGIO BOCCIATA
È MAGLIA NERA E ULTIMA IN CLASSIFICA

di ANTONIO CLAUSI – Un risultato di cui non andare per nulla fieri. Se il meridione d’Italia occupa tutte e 25 le ultime posizioni, la Calabria fa ancora peggio. Nella classifica finale della Qualità della Vita 2024 prodotta dal Sole24Ore, quattro province della nostra regione compaiono tra le sei in fondo alla speciale graduatoria. Reggio Calabria, addirittura, scendendo di sei gradini rispetto ad un anno fa, guarda tutti dal basso verso l’alto: 107° su 107.

La “migliore”, si fa per dire al netto del dato poco edificante e su cui una riflessione profonda andrebbe prodotta, èla provincia di Catanzaro che arriva 90°. Guadagna addirittura una piazza, ma è difficile che qualcuno stia esultando in questo momento dalle parti del capoluogo. Cosenza resta inchiodata al 102° posto, Vibo Valentia è 103° (-7), Crotone 105° (-2).

Nord est in vetta alla classifica, crollano le aree metropolitane

La trentacinquesima edizione della Qualità della Vita del Sole24Ore, indagine lanciata nel 1990 per misurare i livelli di benessere nei territori italiani segna la vittoria della provincia di Bergamo. Mai premiata prima d’ora nella classifica generale, ma già incoronata regina dell’Indice di Sportività 2024, la provincia orobica aveva già scalato diverse posizioni nel 2023 e quest’anno ha scalzato habitué del podio come Trento, al secondo posto, e Bolzano, al terzo.

La top 10 della classifica è lo specchio di un Paese in cui le grandi città cominciano a manifestare diverse fragilità: l’unica presente è Bologna, al nono posto, in calo di sei posizioni rispetto all’edizione 2023. Per il resto, trionfano le medie province: Monza e Brianza (4° posto), seguita da Cremona e Udine, vincitrice lo scorso anno, Verona e Vicenza. A chiudere, dopo Bologna, è Ascoli Piceno. Vince il versante nord orientale, con tre province lombarde, le due province autonome del Trentino Alto Adige, due venete, una emiliana e una marchigiana.

Le città metropolitane, più in generale, registrano un crollo diffuso: Bologna scende di 7 posizioni, Milano di 4 passando al 12° posto, Firenze (36° posto) segna un -30 dopo essere stata in zona top 10 per tre anni consecutivi e Roma scende di -24 posizioni piombando al 59° posto. Torino perde 22 posizioni, arrivando al 58° posto subito davanti alla Capitale. Napoli è penultima, mentre Bari è tra le poche a salire: un aumento di 4 posizioni la porta al 65° posto.

I criteri su cui viene stilata la classifica

L’indagine fotografa il benessere nelle province italiane con 90 indicatori divisi in sei categorie: ricchezza e consumi; affari e lavoro; ambiente e servizi; demografia, società e salute; giustizia e sicurezza; cultura e tempo libero.

La classifica della Qualità della vita, dove la Calabria è stata bocciata inesorabilmente, è una media delle medie calcolata su 90 indicatori da fonti certificate (Istat, Banca d’Italia, Istituto Tagliacarne, Infocamere e molti altri), su base provinciale e rapportati alla popolazione residente, divisi in sei categorie: ricchezza e consumi; affari e lavoro; ambiente e servizi; demografia, salute e società; giustizia e sicurezza; cultura e tempo libero.

L’obiettivo è rappresentare un concetto multisfaccettato come quello della Qualità della vita indagandone i vari aspetti. Dei 90 indicatori fanno parte anche dieci indici sintetici che nel corso dell’anno sono stati pubblicati sul Sole 24 Ore: l’Indice del Clima, i tre Indici Generazionali (Qualità della vita di Anziani, Giovani, Bambini); l’Indice di Sportività, l’Indice della Criminalità; Ecosistema Urbano; l’Indice di Fragilità del Territorio; Icity Rank e l’Indice della Qualità della vita delle donne.

Alcuni indicatori sono rimasti uguali a quelli delle precedenti edizioni: dai depositi bancari alla raccolta differenziata, passando per gli iscritti all’Aire e il numero di librerie. Altri, in totale 27, sono di nuova introduzione: i rischi di frane e alluvioni, le mensilità di stipendio necessarie per acquistare casa, gli omicidi. L’indagine, che ha debuttato nel 1990, ogni anno si rinnova dando spazio a indicatori che possono raccontare al meglio l’evoluzione della società e dei territori. (ac)

[Courtesy LaCNews24]

AUTONOMIA, ATTENTI AL REBUS QUORUM
SE LA CONSULTA DIRÀ SÌ AL REFERENDUM

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – Il primo passaggio per l’ammissibilità del referendum abrogativo della autonomia differenziata  si è consumato.

È stata infatti giudicata legittima la richiesta di abrogare l’Autonomia differenziata, anche se prima di indire il referendum sarà necessario un altro passaggio davanti ai giudici della Consulta.

Lo hanno stabilito i giudici dell’ufficio centrale del referendum che hanno in parte ribaltato quanto stabilito dalla Corte Costituzionale.

Con il suo solito stile  sprezzante il Doge di Venezia, Luca Zaia, dichiara: «C’è il referendum? Bene l’opposizione dovrà trovare i voti. Oggi abbiamo una novità, pare che ci sarà un referendum. Ora però avete un problema, cioè quello di trovare i voti». Così, rivolgendosi alle opposizioni di centrosinistra nell’aula del Consiglio regionale, ha commentato la decisione della Cassazione sul referendum abrogativo della legge Calderoli.

E poi ha aggiunto e non poteva smentirsi: «sull’Autonomia differenziata, noi andiamo avanti. Siamo capofila assieme alla Regione Lombardia, la Regione Liguria, la Regione Piemonte anche su questo fronte». Manifestando un rispetto per le decisioni della Consulta e della Corte a dir poco discutibile.

Ma anche se le dichiarazioni del Doge Veneto sono nella forma assolutamente sgradevoli, nella sostanza Egli ha ragione. Vi sono infatti due temi fondamentali perché il ricorso al referendum abbia successo: il primo riguarda il grande tema di portare a votare il 51% degli aventi diritto al voto. Si tratta di un numero enorme che in genere si mobilita per problematiche riguardanti i diritti civili come è stato per il divorzio e per l’aborto, ma che difficilmente va a votare per problematiche diverse.

In particolar modo quando si tratta di un argomento complesso e che semplificando viene ritenuto da molti settentrionali come un passaggio necessario per costringere un Sud che non vuole lavorare ad impegnarsi in maniera più decisa. Vi è in tale pensiero, in realtà, una forma di “invidia”, perché si ritiene che alla fine la qualità della vita che hanno i meridionali sia migliore di quella dei settentrionali e che se la possono permettere perché vi è qualcuno che si impegna e lavora e che alla fine contribuisce con i propri soldi a mantenerli.

Il pensiero che ognuno contribuisce in base alla quantità del proprio reddito, in maniera proporzionale e progressiva ai fabbisogni dello Stato nazionale non li sfiora nemmeno, dopo anni di propaganda leghista che lì ha indottrinati su un modello che li vede vittima di una sottrazione illegittima di risorse. E, quindi, che molti non si coinvolgano e che possano non andare a votare è un fatto assolutamente atteso.

Ma anche i meridionali sappiamo che non sono caratterizzati da una partecipazione attiva alla cosa pubblica tale da ritenere che possano in massa recarsi alle urne.  Anche se il numero di adesioni per indire il referendum ha superato abbondantemente il quorum richiesto di 1.500.000 firme, se non vi sarà un’opera di sensibilizzazione molto intensa e continua il rischio che il referendum diventi un flop annunciato è grande.

Ma, al di là del risultato certamente difficile da conseguire, se la Consulta seguirà la Corte di  Cassazione nella approvazione della possibilità di indire il referendum, si potrà verificare un momento di presa di coscienza importante e di consapevolezza da parte di un Sud, che finora ha sempre pensato che le problematiche che lo riguardano siano dovute ad una propria incapacità di autogestirsi, di utilizzare in modo appropriato le risorse che erano disponibili, conseguenti agli sprechi conseguenti alla presenza di criminalità organizzata, per cui il passaggio successivo era una autoflagellazione, e un’auto commiserazione, accettando un destino che vedeva lombrosianamente una incapacità dovute a mancanze genetiche.

Dimenticando che l’alta velocità ferroviaria come l’autostrada del sole si sono fermate a Napoli per una decisione del Governo Centrale, che la responsabilità di una dispersione scolastica che in alcune realtà meridionali arriva fino al 30% era di chi gestiva il Ministero della Pubblica Istruzione e il Ministero degli Interni, che la sostituzione della spesa ordinaria con i fondi strutturali rendeva questi inefficaci rispetto al cambiamento, che continuare con la spesa storica portava ad una spesa pro capite differente tra le varie parti del Paese, che sottraeva ogni anno 60 miliardi ai fondi destinati al Mezzogiorno.

Riuscire a far passare il messaggio che è necessario mobilitarsi per battere un nemico esterno che considera questa parte del Paese come colonia interna dalla quale estrarre giovani formati, energia, malati da curare per avere quel numero sufficiente per impinguare il conto economico o studenti da attrarre nelle proprie università non è facile.

Convincere a  consumare prodotti locali per supportare la propria industria alimentare è un messaggio complicato oltre che anti storico, soprattutto quando la maggior parte dell’informazione è monopolio dell’altra parte del Paese.

Per questo è necessaria che continui la mobilitazione di intellettuali e media meridionali che diffondano la consapevolezza di una condizione e facciano capire che un modello che preveda di spostare la gente dove c’è il lavoro prevede lo spopolamento e la desertificazione di alcune parti del Paese, così come la perdita di una cultura, di un’identità che potrebbe rappresentare un ulteriore forza per la crescita e la competitività di tutto il sistema Italia.

Vuol dire che il vero lavoro comincia adesso e che non siamo per nulla alla conclusione di un impegno, ma solo all’inizio di esso. Che quella che viene vista come la seconda locomotiva di strada da fare per recuperare il terreno perso ne ha tanta.

E che è ancora troppo presto per magnificare i risultati ottenuti che, pur se rappresentano un inizio di percorso, devono essere seguiti da un’attenzione sempre maggiore a che le risorse destinate dall’Europa col Pnrr non vengano sottratte, come peraltro sta avvenendo, per esempio con le risorse del Fondo Sviluppo e Coesione, destinate per un importo rilevante a finanziare un’opera importantissima per il Paese, come il ponte sullo stretto di Messina, ma che non deve pesare sulle risorse aggiuntive destinate alle regioni del Mezzogiorno. Insomma, il motto “nessun dorma” è sempre più attuale. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]