STATALE 106, C’È IL RISCHIO REVOCA FONDI
I PROGETTI SONO CARENTI E INADEGUATI?

Sono numerose le preoccupazioni sul processo di ammodernamento della nuova Strada statale 106. In particolare l’Odv Basta Vittime sulla Strada Statale 106 che ha reso noto di aver inoltrato, all’ufficio competente della Regione Calabria, una osservazione. Proprio al Settore che si occupa della Valutazione di Impatto Ambientale (Via), della Regione Calabria è stato chiesto di vincolare la realizzazione dell’intero progetto al finanziamento complessivo dei progetti definitivi esecutivi dei Lotti 1 e 2.

Pertanto si è chiesto, per ragioni di carattere ambientale e non solo, di vincolare la realizzazione del progetto proposto solo e soltanto quando saranno interamente finanziati i costi determinati dei progetti definitivi esecutivi di tutti i 32 chilometri del tracciato.

All’osservazione, peraltro articolata, indichiamo di seguito il testo – senza aggiungere alcun commento – della controdeduzione ricevuta: “Le risorse per la realizzazione del progetto sono autorizzate ai sensi dell’art. 1, comma 51, della legge 29 dicembre 2022, n. 197”. Specifichiamo, inoltre, che tale controdeduzione non è stata ricevuta dal Settore preposto della Regione Calabria ma dall’Anas Spa.

Nuova SS 106 tra Sibari e Corigliano Rossano: Un progetto “carente”

Leggendo il parere ed i verbali dell’adunanza del 1° marzo 2023 si può intuire che seppure il progetto proposto da Anas Spa sulla Catanzaro – Crotone presenta diversi problemi rilevati dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici non vi sono dubbi sulla realizzabilità dell’Opera.

Leggendo il parere ed i verbali dell’adunanza del 22 marzo 2023, si comprende banalmente, quanto le prescrizioni (diverse e svariate), sollevate dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici sulla Corigliano-Rossano – Sibari siano tali da mettere in dubbio persino la fattibilità dell’Opera.

Basta ricordare che nel verbale dell’adunanza sono riportate chiaramente le parole del Presidente Fabio Croccolo il quale osserva che “il progetto esaminato non risulta corredato da valutazioni approfondite ed è caratterizzato da una serie di carenze rilevanti dal punto di vista impiantistico, geotecnico, di sicurezza delle gallerie ecc., che non giustificano né la scelta tecnica operata, che potrebbe essere ulteriormente ottimizzata per conseguire dei risparmi, né il dimensionamento corretto dei costi”.

Non solo ma Croccolo va giù duro nei confronti di Anas Spa precisando che “la Sezione non intende impedire lo sviluppo infrastrutturale dell’Italia e comprende la necessità di accelerare i procedimenti, ma non può non sottolineare che i Pfte non possono basarsi su dichiarazioni generiche o puramente apodittiche, ma devono contenere descrizioni dettagliate, in coerenza con il livello progettale considerato, degli interventi selezionati, che consenta di pervenire ad una corretta valutazione dei costi e, di conseguenza, ad una valida Analisi Benefici Costi a tutela dell’interesse generale dei cittadini”.

E quando il Direttore Generale del Dipartimento Infrastrutture, Claudio Moroni, ha chiesto se il progetto è stato approvato con prescrizioni oppure se non è stato approvato, il presidente Fabio Croccolo ha specificato che il progetto non necessita di un nuovo esame del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, poiché esso non esprime pareri vincolanti. Si può, quindi, procedere in fretta seguendo l’iter di approvazione del progetto. Tuttavia, ammonisce il Presidente Croccolo, tenendo conto delle prescrizioni riportate nel parere perché, senza di quelle, il progetto non potrà superare la verifica di ottemperanza.

Qual è il progetto all’attenzione della Via regionale

A seguito della pubblicazione (dovuta per legge), del progetto sul portale della Regione Calabria a seguito della procedura Via, siamo riusciti, finalmente, a visionare l’incartamento progettuale.

Ciò che stupisce è che il progetto pubblicato è grosso modo lo stesso progetto presentato presso il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. In pratica, quasi nessuna delle prescrizioni ricevute in adunanza il 22 marzo scorso sono state rispettate dall’Anas Spa.

La scelta di Anas Spa

Appare, quindi, evidente che l’Anas Spa probabilmente ha colto una opportunità: portare alla Via. regionale il progetto con la consapevolezza che non avrà alcun problema a superare questo passaggio in modo che ad aprile/maggio potrà finalmente essere mandato in gara e, chi si aggiudicherà la progettazione definitiva esecutiva, avrà il compito di realizzare un progetto (in un anno per come stabilito dal cronoprogramma), che però dovrà tenere conto di tutte le gravi e pesanti prescrizioni indicate dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e, senza le quali, il progetto non potrà superare la verifica di ottemperanza necessaria alla sua realizzazione. Oppure, molto più probabilmente, non è stata capace di redigere un progetto capace di rispettare tutte le prescrizioni imposte dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici…

Il decreto interministeriale: Ecco le modalità di revoca del finanziamento

A tutto questo si aggiunge, il Decreto Ministeriale del 12 ottobre 2023 avente per oggetto “Individuazione del soggetto attuatore e dei lotti funzionali del nuovo asse viario Sibari-Catanzaro della strada statale 106 Jonica da finanziare con le risorse di cui all’articolo 1, comma 511, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, nonché’ dei criteri e delle modalità di erogazione e di revoca delle medesime risorse” e pubblicato in Gazzetta Ufficiale (Serie Generale n.60), il 12 marzo 2024.

Qui, all’articolo 4, “Modalità di erogazione e di revoca delle risorse” viene specificato chiaramente che nell’ipotesi in cui dovessero registrarsi dei ritardi sui tempi stabiliti dal cronoprogramma oppure se non vi è la copertura finanziaria l’intervento previsto viene revocato e, ovviamente, con esso il finanziamento che sarà inserito nel Contratto di Programma sottoscritto con Anas Spa e – citiamo testualmente – dell’avvenuta revoca si dà adeguata informativa al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato”.

Finanziamento a rischio

I problemi che mettono a rischio il finanziamento riguardano il progetto di ammodernamento del tratto Corigliano-Rossano – Sibari. Qui c’è il rischio concreto che, delle tre, possa certamente accaderne una:

1) chi si aggiudica la progettazione esecutiva-definitiva realizzerà un intervento che rispetterà le prescrizioni del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, supererà la verifica di ottemperanza ma costerà almeno 2 miliardi (quindi il doppio), rispetto a quanto previsto da Anas Spa che stiva l’intervento in un miliardo;

2)  chi si aggiudica la progettazione esecutiva-definitiva realizzerà un intervento che non rispetterà le prescrizioni del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e, quindi, non supererà la verifica di ottemperanza: in questo caso non saranno rispettati i tempi stabiliti dal cronoprogramma;

3) chi si aggiudica la progettazione esecutiva-definitiva, dopo aver svolto per la prima volta le valutazioni approfondite in fase progettuale evidenziate dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, non riuscirà a realizzare il progetto.

La revoca del finanziamento interesserà la Crotone-Catanzaro?

Leggendo e rileggendo il Decreto Ministeriale del 12 ottobre 2023 il finanziamento di 3 miliardi previsto nella legge di Bilancio del 2022 destinato alla Statale 106 non vi è alcuna precisazione circa i due interventi prescelti dal “Commissario Straordinario per la Statale 106” Ing. Massimo Simonini. Per questa ragione è difficile ipotizzare quale sarà il possibile scenario.

Se verranno – come è auspicabile – revocati solo i 1.000 milioni di euro previsti per la Sibari – Corigliano-Rossano oppure se, invece, sarà revocato l’intero finanziamento di 3.000 milioni di euro. Anche perché sarà molto difficile che il progetto definitivo-esecutivo del solo tratto ammodernato della Statale 106 compreso tra Catanzaro e Crotone potrà costare meno di 3,5 miliardi di euro.

Una cosa è certa: restando a ciò che è stato scritto nel Decreto Ministeriale del 12 ottobre 2023 la revoca riguarderebbe tutto ma c’è da sperare che prevalga il buonsenso e, magari, le risorse revocate sulla Sibari – Corigliano-Rossano possano essere utilizzare per il completamento della Catanzaro – Crotone.

L’ultimo Cipess parla chiaro

L’altro elemento che lascia senza alcun dubbio è fornito dall’esito dell’ultimo Cipess dello scorso 21 marzo. In pratica mentre si approvano direttamente con una Delibera Cipess 4,6 miliardi di euro per la realizzazione di una tratta di 8,9Km di pedemontana lombarda si sceglie di finanziare indirettamente la Statale 106 utilizzando il Contratto di Programma 2021 – 2025 tra il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e l’Anas Spa.

In questo modo, semmai dovessero nascere dei problemi tali da portare ad una revoca del finanziamento della Statale 106, le risorse revocate sarebbero comunque riutilizzate nell’ambito del Contratto di Programma 2021 – 2025 tra Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e l’Anas Spa. (Basta Vittime sulla Strada Statale 106)

DENATALITÀ, LA CALABRIA SEMPRE PRIMA
MENO NASCITE E CRESCE L’EMIGRAZIONE

di FRANCESCO AIELLO – I dati pubblicati dall’ISTAT sugli Indicatori Demografici del 2023 forniscono nuovi ed interessanti elementi di valutazione sulla dinamica della popolazione italiana che nel corso del 2023 ha abbattuto la soglia psicologica dei 59 milioni di residenti. Infatti, l’ISTAT stima che all’1 gennaio 2024 la popolazione si attesta a 58.990.000 residenti, registrando una diminuzione di 7.000 persone rispetto all’anno precedente. Questo dato conferma il persistente trend negativo iniziato nel 2014, con un tasso di decrescita annuale pari a -2.8 per mille.  Il report dell’ISTAT offre numerosi spunti di riflessione, il primo dei quali è rappresentato dalla dinamica delle iscrizioni nette dall’estero, che in Italia nel 2023 sono state pari a +274.000 individui, rappresentando un elemento di contenimento della riduzione complessiva della popolazione. Il saldo migratorio dall’estero è in crescita (+166.000 stranieri nel 2022) e continua a svolgere un ruolo cruciale nel mitigare la perdita di popolazione residente: nel 2023, con un tasso di mortalità dell’11.2 per mille superiore al tasso di natalità del 6.4 per mille, si è avuto un tasso di crescita naturale pari a -4.8 per mille che, per l’appunto, è stato quasi interamente compensato dal saldo migratorio dall’estero (+6.4 per mille).

I dati per regione. Nel 2023, l’Italia ha assistito a variazioni demografiche differenziate tra le sue regioni, riflettendo una complessa rete di fattori economici e sociali che alimenta tale differenziazione. Mentre alcune regioni, come la Lombardia (4.4 per mille) e l’Emilia-Romagna (4 per mille), hanno registrato una crescita della popolazione, tutte le regioni del Mezzogiorno d’Italia hanno sperimento una riduzione dei residenti, con tassi anche rilevanti: -2.1 per mille in Abruzzo, -3.5 per mille in Campania, -4-1 per mille in Sicilia, -4-2 per mille in Molise, -4.5 pe mille in Puglia, -4.6 per mille in Calabria, -5.3 per mille in Sardegna e -7.4 per mille in Basilicata.

Queste disparità sulla dinamica della popolazione dipendono da differenze riguardo alle migrazioni e alle dinamiche naturali.

La figura in basso riporta i valori della crescita naturale della popolazione, il tasso di crescita della migrazione interna e delle iscrizioni nette di stranieri. Ciò che emerge con chiarezza è che la crescita naturale è ovunque negativa, a segnalare il fatto che il tasso di natalità è stato sempre inferiore al tasso di mortalità. Nel Centro-Nord, questa riduzione “naturale” della popolazione regionale è compensata dai tassi migratori interni ed esteri positivi, mentre, nelle regioni meridionali, si è avuto un incremento delle iscrizioni nette di straniere, ma contestualmente i tassi di migrazione interna sono stati significativamente negativi.

I dati della Calabria. Nel 2023 le nascite in Calabria hanno registrato una diminuzione dell’1.5%, contribuendo al declino della popolazione regionale che si è attestata a 1.838.000 individui (-4.6 per mille abitanti rispetto al 2022). Questo risultato negativo è stato influenzato dai valori del tasso migratorio totale e del tasso di crescita naturale della popolazione.

l’aumento delle iscrizioni nette dall’estero, con un tasso migratorio estero pari a +5.31 per mille, non è stato possibile ottenere un saldo migratorio totale positivo (risultando negativo a -0.1 per mille), a causa del persistente tasso migratorio interno. Quest’ultimo, relativo ai cambi di residenza dalla Calabria verso altre regioni e viceversa, si è attestato nel 2023 a -5.39 per mille. Per quanto riguarda la dinamica naturale della popolazione calabrese, nel 2023 si è registrato un  tasso di crescita naturale negativo di -5,31 per mille, risultante da un tasso di natalità del 7,2 per mille e un tasso di mortalità del -11,7 per mille (Figura 2) .

Emerge con forza la conferma della tendenza di lungo periodo che, purtroppo, vede la Calabria perdere residenti, con il rischio concreto di diventare sempre più piccola, impoverita e dipendente dall’assistenza pubblica. D’altra parte i recenti dati pubblicati dalla SVIMEZ avvalorano questa previsione, evidenziando il deterioramento della nostra regione nella Classifica europea del PIL pro capite, il quale è principalmente legato alla nostra incapacità di implementare politiche di sviluppo capaci di valorizzare settori in cui abbiamo margini di competitività, anche sui mercati internazionali. Le responsabilità sono diffuse, ma un ruolo significativo è svolto dall’atteggiamento culturale dei Calabresi, i quali sembrano vivere in un’eterna attesa di azioni risolutive da parte di attori esterni. (fai)

(Courtesy OpenCalabria)

Francesco Aiello è Professore Ordinario di Politica Economica presso il Dipartimento di Economia, Statistica e Finanza “Giovanni Anania” dell’Università della Calabria. Attualmente insegna “Politica Economica” al corso di Laurea in Economia ed “Economia Internazionale” al corso di Laurea Magistrale in Economia e Commercio. La sua attività di ricerca è centrata sui temi della Ricerca e dell’Innovazione, twin transition, dei divari di sviluppo in Italia e in Europa, sull’analisi micro-econometrica dell’efficienza e della produttività e sulla valutazione dell’impatto delle politiche pubbliche. È autore di numerosi saggi scientifici pubblicati su riviste nazionali e internazionali. Accanto all’attività prettamente accademica, si interessa di economia locale e di attività di divulgazione economica. Nell’estate del 2015 ha fondato OpenCalabria.com, uno spazio dedicato ai temi di “Economia e Politica dello Sviluppo” della Calabria.

PONTE, 8 ANNI DI DISAGI NELLO STRETTO MA I VANTAGGI SONO PER TUTTO IL PAESE

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – “Ponte e libertà”  é il motto adottato da alcuni gruppi che sono favorevoli alla costruzione del Ponte sullo  Stretto.

Libertà perché l’infrastruttura dovrebbe consentire finalmente quella mobilità che finora le regioni meridionali da Napoli in giù non hanno avuto, possibilità di riuscire a rimanere nella propria terra e non essere obbligati ad emigrare, opportunità per coloro che vivono nella area metropolitana di Reggio Calabria, Villa San Giovanni, Messina.

Non vi è dubbio però che nella fase della costruzione della infrastruttura coloro che soffriranno di più sono proprio queste aree, pagheranno il prezzo che pagano i cittadini di Roma quando si costruisce la metropolitana, o quelli di Venezia quando si è costruito il Mose, o i residenti nella Val di Susa per la Tav.

Ma mentre gli svantaggi dei romani o dei veneziani vengono sopportati per una infrastruttura che interessa loro, quelli a carico degli abitanti dei villaggi valdostani o degli abitanti dell’area metropolitana dello stretto sono a vantaggio di tutto il Paese.

Perché deve essere chiaro che la costruzione del ponte non è che porti un vantaggio prevalentemente alle regioni che collega, anche se non bisogna dimenticare che il costo dell’insularità è stato calcolato per la Sicilia, da parte di Prometeia e dell’Assessorato all’Economia della Regione Siciliana, in 6 miliardi  e mezzo l’anno.

Cifra enorme e improbabile, malgrado l’autorevolezza degli studiosi, perché se fosse vera porterebbe ad un ammortamento dell’opera in soli due anni e renderebbe l’operazione di cancellazione operata da Mario Monti un disastro epocale.

Ma tornando al tema in realtà il vero vantaggio è per il Paese e per l’Europa che finalmente si proietterebbero verso l’Africa, verso Suez e praticamente verso Singapore e Hong Kong. Collegando la Mittel Europa al Medio e all’Estremo Oriente. Non a caso la costruzione dell’infrastruttura è stata inserita nelle  reti trans-europee di trasporto (Ten-T).E-

A vantaggio dell’umanità perché eviterà che le grandi navi porta containers debbano attraversare tutto il Mediterraneo e l’Atlantico fino a Rotterdam, Aversa o Amburgo, con emissioni di CO2 che, in un momento di riscaldamento globale e di passaggio obbligato verso il green, diventa devastante.  Contribuirà peraltro allo sviluppo del Mezzogiorno, indispensabile perché i rapporti con il Nord Africa si trasformino da estrattivi in collaborativi.

Ma non vi è dubbio che il prezzo più alto,  al di là di quello economico, lo pagheranno i cittadini di Messina e di Villa San Giovanni che dovranno sostenere i disagi di otto anni di costruzione, di un numero enorme di passaggi di camion per il movimento terra, di espropri per cui una serie di persone dovranno abbandonare le loro case, le loro abitudini, il loro territorio.

In tale logica diventa fondamentale che la Società ponte sullo stretto di Messina si adoperi per fare prima comprendere e poi toccare con mano tutti i vantaggi che quest’opera, anche nella fase della costruzione, può portare a quell’area.

Pertanto è necessario intensificare la collaborazione con le comunità locali.

Che possano capire i grandi vantaggi di ospitare un cantiere così grande. Che dovrebbe contribuire  fin da subito ad evitare che i propri figli debbano continuare ad espatriare come é avvenuto fino ad adesso.

Per questo  il villaggio delle migliaia di persone che dovranno lavorare alla struttura non dovrà essere totalmente estraneo alla realtà circostante, indipendente dall’economia del luogo. Anche se questo dovesse essere il sistema più oneroso per la  WeBuild Group la logica vuole che invece le interazioni siano il numero massimo possibile. Perché tutti si rendano conto del grande vantaggio di avere tale opera nel proprio territorio sia nella fase successiva all’apertura al traffico del ponte ma anche nella fase di costruzione.

Finora i rumors che arrivano dal territorio non sono tali da tranquillizzare, mentre l’operazione in questa prima fase sembrerebbe totalmente romana.

Mentre si avvicina sempre più il momento in cui i cantieri del ponte dovrebbero essere aperti la necessità che il territorio, ma anche tutto il Paese, prenda consapevolezza del grande interesse che ha per tutti una simile opera, diventa sempre più forte.

E così come per il Paese una comunicazione positiva per controbattere quella estremamente martellante contro, anche se portata avanti da piccole minoranze, si palesa la necessità che il consenso del territorio sia sempre più ampio e possa confrontarsi con i pochi che, avendone uno svantaggio personale dovuto agli espropri per il bene pubblico delle proprie case, come accade in questi casi, continuano a fare molto rumore dando la sensazione che ci sia un mondo contro.

Spiegare ai messinesi e ai calabresi come si eviterà di impattare sul loro quotidiano evitando che il peso e il fastidio dei lavori possa ricadere su di loro è un compito altrettanto importante di quello di spiegare che il ponte si regge, che il problema della sua chiusura per il vento non esiste, che le preoccupazioni relative alle falde che si allontanano sono assolutamente irrealistiche e che il pericolo di un eventuale terremoto che possa farlo cadere è inesistente.cosa non facile da attuare ma che diventa una priorità perché in 8 anni una città può anche entrare in un cono d’ombra pericoloso, acuendo le problematiche di spopolamento che i territori interessati vivono da anni. Un elemento da non trascurare é quello di valorizzare il grande interesse turistico che il ponte in fase di costruzione può costituire, organizzando visite guidate che illustrino la grande opera dal progetto alle varie fasi costruttive.

Insomma invece di continuare a dibattere su un dilemma ormai superato, cioè Ponte si o Ponte no, sarebbe opportuno che si operasse in modo costruttivo per contribuire a far comprendere con fatti e non più con parole che ciò che è stato affermato e viene propagandato come un grande vantaggio per i territori non debba aspettare il completamento dell’opera ma si cominci a  vedere da subito.

Ordini professionali, università, scuole fin dalle elementari, la carta stampata e l’informazione web,  devono essere coinvolte perché la costruzione diventi patrimonio di tutti. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

PASQUA E LA PACE: UN FORTE MESSAGGIO
NELLE PAROLE DI DON MIMMO BATTAGLIA

di PINO NANO Che Pasqua sarà questa di oggi per un sacerdote? Che cosa dirà il sacerdote di ogni nostro piccolo paese a chi si prepara oggi a vivere la Domenica di Resurrezione?

Per don Mimmo Battaglia, attuale Arcivescovo di Napoli, lui originario di Satriano e figlio più autentico del catanzarese, la giornata di oggi va interamente dedicata al tema della pace. 

La preghiera che ha scritto per la Pasqua di quest’anno, e che è diventata il suo biglietto ufficiale di auguri, rivendica con forza la pace nel mondo, la pace nei cuori, la pace nelle famiglie, la pace del lavoro, la pace del carcere, la pace dei malati, la pace dei disperati, la pace degli illusi, la pace dei senza Dio, la pace del silenzio, la pace di ha perso la fede e il coraggio di vivere, la pace della politica, la pace del disordine e della confusione. 

Solo lui e nessun altro meglio di lui avrebbe potuto scrivere un appello così corale e così diretto al cuore degli uomini. 

Signore della Pace, perdona la nostra pace sazia! 

Perdonaci la pace del ricco, che banchetta sul sopruso del povero. 

Perdonaci la pace del potente, 

che si accampa tra le afflizioni del debole. 

Signore della Pace, perdona la nostra pace armata! 

Perdonaci la pace, che prepara la guerra. 

Perdonaci la pace del dittatore, che imprigiona il dissidente.

Perdonaci la pace dei vecchi, 

che inneggiano alla morte in guerra dei giovani. 

Signore della Pace, perdona la nostra pace sicura! 

Perdonaci la pace del padrone, che sfrutta il lavoratore. 

Perdonaci la pace delle città, che disdegnano il lavoro dei campi. 

Perdonaci la pace della casa, 

che non guarda chi non ha una casa. 

Perdonaci la pace della famiglia, 

che non si fa famiglia per le solitudini altrui. 

Don Mimmo Battaglia è uno di quei sacerdoti che per tutta la sua vita ha inseguito i più poveri per aiutarli e per dare loro conforto, uno di quei sacerdoti che pareva essere destinato a rimanere per sempre soltanto e per tutta un profeta del dolore e della miseria, figlio del Sud, in una regione lontana come la Calabria che è la sua terra di origine e in una città piena di problemi come Catanzaro. E invece, un giorno per uno strano gioco del destino il profeta dei poveri diventa vescovo. Anzi, diventa Arcivescovo di Napoli. 

Signore della Pace, perdonaci la nostra pace prudente! 

Perdonaci la pace per timore della verità. 

Perdonaci la pace del compromesso. 

Perdonaci la pace corrotta. 

Perdonaci la pace che non è pace. 

Signore della Pace, perdonaci questa pace minuscola, 

che è incapace di cogliere la potenza pacificatrice del tuo Vangelo, 

una pace che si nasconde dietro le convenzioni del mondo, 

una pace che tarda a divenire giustizia, 

una pace pigra, 

una pace che non è pace. 

Quella di don Mimmo Battaglia sembra la trasposizione della favola del brutto anatroccolo che diventa cigno bellissimo del grande lago della vita. Se posso paragonare questo sacerdote a qualcosa o a qualcuno vi dico subito che mi riporta con i ricordi indietro nel tempo, quando per la prima volta incontrai Hélder Pessoa Câmara, famosissimo vescovo delle favelas brasiliane.

«Quando io do da mangiare a un povero – raccontava – tutti mi chiamano santo. Ma quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, allora tutti mi chiamano comunista». Don Mimmo Battaglia è ancora molto di più di mons. Hélder a Câmara. 

E allora ti preghiamo, Signore della Pace: 

donaci il coraggio della Pace! 

Donaci una Pace scomoda, che tende la mano all’affamato, 

apre la porta cello straniero e libera il prigioniero, 

disarma il potente e sostiene il debole, 

non accetta compromessi e non si lascia corrompere. 

Donaci una Pace maiuscola come la tua Risurrezione, 

la Pace, la tua Pace, che ci liberi dai cenacoli delle nostre paure, 

che irrompa nelle nostre quiete sicurezze. 

La tua Pace, fratello Gesù, la sola che duri per sempre.

Non quella del mondo, ma la tua. 

Fratello Gesù, perdonaci la pace, donaci la Pace!

Don Mimmo è un uomo buono, un pastore alla vecchia maniera, educato all’ascolto e alla pazienza, ma quando scrive è l’infinito. Ho letto decine di suoi scritti, e vi assicuro che è un uomo che scrive col cuore immerso nelle nuvole. Don Mimmo è il simbolo della Chiesa contemporanea, che non conosce il senso della mediazione quando c’è da ricordare al mondo esterno della politica la gente che soffre. E finalmente, per una volta almeno, non si poteva scegliere un pastore migliore di lui per la grande Napoli, e a cui la Domenica delle Palme don Mimmo ha regalato e dedicato una delle sue omelie più intense e più belle. Qui per voi, solo un passaggio.

La Passione di Cristo non è ancora conclusa. Investe il presente. Coinvolge ciascuno di noi. La Passione di Cristo si prolunga nella passione dell’uomo, di milioni di creature. La sua interminabile via crucis ha stazioni obbligate negli ospedali, in tante case, soprattutto dove la vita viene annullata, uccisa, per via di guerre, e in un’infinità di luoghi segreti. E ancora: Nelle sue piaghe, le piaghe di chi non ha lavoro; di chi è tormentato dall’angoscia per il futuro; di chi ha conosciuto il dolore della morte a causa dell’incuria dei nostri territori, per il veleno disseminato nei nostri terreni e nella nostra aria; delle donne vittime di violenza; degli esclusi; di chi soffre a causa della giustizia; dei giovani che non riescono a mettere insieme i pezzi della loro vita. La cosa più importante che possiamo fare è sostare accanto alla santità delle lacrime, presso le infinite croci del mondo dove Cristo è ancora crocifisso nei suoi fratelli. E deporre sull’altare di questa liturgia qualcosa di nostro: condivisione, conforto, consolazione, una lacrima. E l’infinita passione per l’esistente. Ma anche schiodare i crocifissi di oggi dalle loro croci.

Ecco che il sacerdote si fa pastore, e il pastore non fa altro che pregare per il suo gregge, che è sempre più sperduto e confuso. Ma questa oggi è la Pasqua di molti di noi. (pn)

È EMERGENZA POVERTÀ IN CALABRIA: TRA DISUGUAGLIANZE E “DISAGIO” ECONOMICO

di DANIELA DE BLASIOIl rapporto dell’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) ha rivelato dati allarmanti sulla povertà in Italia, evidenziando una situazione preoccupante che vede un numero sempre maggiore di famiglie e minori vivere in condizioni di disagio economico, infatti nel 2023 ben 5,7 milioni di persone,  di cui 1,3 milioni minori, si trovavano in condizioni di povertà, assumendo proporzioni allarmanti.

In questo contesto, Save the Children, da sempre impegnata nella tutela dei diritti dei bambini in tutto il mondo, ha lanciato un appello alle Istituzioni italiane affinché si adoperino per garantire una maggiore protezione e sostegno ai minori in condizioni di povertà e  a garantire ai bambini e ai ragazzi italiani un futuro dignitoso e pieno di opportunità, perché i minori risultano essere i più colpiti da questa situazione, con un aumento delle privazioni materiali e un accesso limitato ai servizi essenziali come la salute e l’istruzione.

La creazione di una strategia nazionale che preveda interventi mirati e concreti in favore dei bambini e delle famiglie più vulnerabili è essenziale per contrastare il fenomeno della povertà minorile e garantire a tutti i ragazzi la possibilità di crescere in un ambiente sano e stimolante. 

L’appello di Save the Children è un richiamo urgente alla responsabilità di tutti noi di proteggere e tutelare i diritti dei minori ed affrontare con determinazione questa emergenza sociale.

Questi dati ci pongono di fronte a una realtà dolorosa e urgente che richiede interventi immediati da parte delle istituzioni e della società nel suo complesso. 

Uno dei principali fattori che ha contribuito a questo aumento della povertà è l’inflazione, che ha determinato un aumento significativo dei costi di vita per le famiglie italiane. Questa situazione rappresenta una sfida critica per il tessuto sociale e economico del nostro Paese.

È particolarmente preoccupante il fatto che la povertà sia diffusa soprattutto al Sud del Paese, dove le condizioni economiche sono spesso più precarie e la disoccupazione più elevata. Questo significa che molte famiglie meridionali, e soprattutto bambini, si trovano a vivere in condizioni di estrema difficoltà, con gravi conseguenze sulla loro salute e sul loro futuro.

La povertà non è solo una questione economica, ma riguarda anche l’accesso ai servizi essenziali, come la sanità e l’istruzione, e la possibilità di vivere in condizioni dignitose. 

È quindi fondamentale che vengano adottate politiche e misure concrete per contrastare la povertà e garantire a tutte le persone il diritto a una vita dignitosa, concentrandosi urgentemente su soluzioni per contrastare questa crescente marginalizzazione, affrontando con determinazione l’emergenza sociale, adottando misure efficaci e durature per sostenere le famiglie in difficoltà e garantire ai minori l’accesso ai servizi essenziali per il loro benessere. 

La protezione dei più vulnerabili e il sostegno alle famiglie in difficoltà devono essere al centro delle politiche sociali e economiche per garantire un futuro migliore per tutti i cittadini italiani.

In questo senso, è importante che sia assicurato un reddito minimo garantito a tutte le famiglie in condizioni di povertà, che vengano potenziati i servizi sociali e che venga favorita l’inclusione sociale e lavorativa delle persone svantaggiate. 

È necessario, inoltre, promuovere politiche per la creazione di nuovi posti di lavoro e per la riduzione delle disuguaglianze economiche,  la disparità sociale e promuovere l’inclusione di tutti i cittadini, in particolare dei più giovani.

In Calabria, la situazione appare particolarmente preoccupante, con un tasso di povertà che supera la media nazionale. Oltre un quarto della popolazione calabrese vive in condizioni di disagio economico, con difficoltà nell’accesso a beni di prima necessità e nel soddisfare i bisogni di base. Le cause di questa diffusa povertà possono essere molteplici e complesse.

La Calabria è una regione caratterizzata da elevate disuguaglianze sociali ed economiche, con un tasso di disoccupazione tra i più alti d’Italia e una presenza significativa di famiglie in condizioni di estrema vulnerabilità. La situazione è ulteriormente aggravata dalla presenza diffusa di criminalità organizzata e dalla mancanza di opportunità di lavoro stabile e ben retribuito.

In questo contesto, molte famiglie si trovano ad affrontare gravi difficoltà economiche che rendono difficile garantire un tenore di vita dignitoso per sé e per i propri figli. È fondamentale che le istituzioni locali e nazionali si impegnino concretamente per affrontare il problema della povertà in Calabria, adottando misure efficaci per contrastare le disuguaglianze sociali ed economiche e garantire a tutti i cittadini l’accesso a servizi essenziali come istruzione, sanità e lavoro dignitoso. 

La lotta alla povertà non può essere rimandata, è una sfida che riguarda tutti noi e che richiede un impegno concreto da parte di tutti. Solo così potremo assicurare a tutte le persone il diritto a una vita dignitosa e un futuro migliore per le generazioni a venire. (ddb)

[Daniela De Blasio è presidente della Lega dei Diritti Umani di Reggio Calabria]

IN CALABRIA TANTA “PIGRIZIA” CULTURALE
SEMPRE MENO GIOVANI VANNO AL TEATRO

di GUIDO LEONE  – Si è celebrato, il 27 marzo, la 62esima Giornata internazionale del Teatro, creata dall’Unesco.

La finalità della “Giornata” è quella di sensibilizzare l’opinione pubblica, ma anche il mondo studentesco sulla scorta delle esperienze di attività teatrale promosse negli ultimi anni, sull’importanza dell’espressione teatrale e promuovere lo sviluppo delle arti performative in tutti i Paesi del mondo.

L’occasione ci consegna la possibilità di rivisitare il rapporto tra teatro e comunità calabrese e, in particolare, tra teatro e scuola nella nostra comunità e contemporaneamente di fare una riflessione sullo stato dell’arte anche del Teatro comunale “F. Cilea” di Reggio Calabria.

Lo spettacolo colto, prosa, danza, lirica, insomma lo spettacolo frutto di fatica, di ricerca, di studio è quello che deve essere sostenuto perché in Italia non ha vita facile, ancor più come vedremo in Calabria. È un problema che riguarda la formazione del pubblico fin da giovane, bisogna educare i bambini al teatro fin da piccoli perché questa forma di espressione artistica aumenta le capacità linguistiche e quindi la crescita culturale, che è il vero investimento da fare. Bisogna puntare alla formazione del pubblico facendo arrivare questo tipo di spettacoli “colti”, di valori e di linguaggi, a un maggior numero di persone.

La scuola non è fatta solo dai bambini, vi sono anche le famiglie. Anche loro devono familiarizzare con il teatro. Verso quest’ultimo esistono nel pubblico delle resistenze determinate anche da barriere di costo. Se riusciamo a rompere queste barriere la gente si accorgerà che lo spettacolo teatrale è molto più bello di quello televisivo, lo spettacolo dal vivo dà emozioni che quello della televisione non dà. Il teatro è un luogo magico. 

Ma va doverosamente sottolineato come il mondo della scuola calabrese ,sia pure con modalità spesso molto diverse, è sempre andato alla ricerca di occasioni per incontrare il teatro. È questo un fenomeno di straordinaria ricchezza e rilevanza, del quale occorre evidenziare alcuni aspetti importanti.

Sono numerose le scuole di ogni ordine e grado calabresi che hanno sviluppato negli ultimi anni un rapporto costante, seppure spesso non organico, con i linguaggi non verbali e con il teatro in particolare.

Gli spettacoli realizzati da ragazzi, spettacoli di professionisti ai quali gli allievi assistono, laboratori sperimentali di teatro, persino atipici insegnanti che si improvvisano attori e registi sono esperienze presenti spesso stabilmente in molti istituti.

Tutto ciò ci fa affermare con sicurezza che il pubblico infantile e giovanile rappresenta un’area di utenza strategica e che le attività espressive e artistiche hanno dato prova di offrire un contributo significativo per l’arricchimento dell’offerta formativa, senza considerare, altresì,  la valenza educativa dell’approccio al linguaggio teatrale.

Tuttavia, lo stato dell’arte ci restituisce una fotografia con molti chiaroscuri. Secondo l’Annuario statistico 2023 dell’Agis, nel 2022 il 12,1 per cento delle persone di 6 anni e più ha dichiarato di essere andato al teatro almeno una volta negli ultimi 12 mesi, in aumento di 9 punti percentuali rispetto al 2021 ma ancora lontani dai livelli pre-pandemici (nel 2019 erano il 20,3 per cento). L’incremento di partecipazione a spettacoli teatrali ha interessato maggiormente i giovanissimi che avevano risentito maggiormente del calo dovuto alla pandemia e per i quali una maggiore partecipazione a questo tipo di intrattenimenti si associa alla frequenza scolastica.

Tra i ragazzi di 11-17 si riscontrano percentuali più elevate di partecipazione (il 16,1 per cento). Tra i più adulti, invece, soltanto tra i 55-64enni si riscontra una partecipazione di poco superiore alla media (12,5 per cento). Le donne fruiscono più degli uomini degli spettacoli teatrali (il 13,5 per cento di spettatrici rispetto al 10,6 per cento dei maschi), soprattutto tra adolescenti e giovani. Per l’83 per cento circa degli spettatori si registra un’affluenza a teatro che non supera le tre volte l’anno, contro il 7,0 per cento di chi vi è stato sette volte o più. L’abitudine di andare a teatro almeno una volta all’anno si conferma essere una prerogativa del Centro-Nord (il 13,1 per cento rispetto al 10,1 per cento del Mezzogiorno). Al Sud e Isole, in tutte le regioni, tranne la Campania (14,0 per cento), si registrano valori al di sotto della media nazionale.

In Calabria, penultima tra le regioni italiane, nel 2022 solo il 2,0% delle persone di 6 anni e più ha dichiarato di essere andata almeno una volta a teatro negli ultimi 12 mesi, a fronte del 12,1%, come già detto, della media italiana.

Insomma l’87,6% (anno 2022) non ha fruito di spettacoli fuori casa negli ultimi dodici mesi. 

Inoltre, secondo il 19° Rapporto Annuale Federculture 2023Impresa Cultura” più contenuto è l’aumento  nel 2022 dell’incidenza della spesa in ricreazione, sport e cultura sul totale della spesa media mensile familiare. La quota di questa voce di spesa passa infatti dal 3,3 al 3,5%.

Pressoché stabile al Sud e nelle Isole, aumenta in misura più consistente al Centro, dove passa dal 3,3 al 3,7%, in termini assoluti da 83,3 a 102,4 euro +22,9%.

L’analisi della spesa media mensile delle famiglie nelle regioni denota come siano costanti i divari territoriali tra Nord e Sud del Paese. Rispetto al capitolo Ricreazione, sport e cultura è di 85 euro la differenza tra la spesa massima del Nord (Trentino Alto Adige, 127,8 euro) e quella minima del Sud (Calabria, 42,4 euro).

Osservando i dati relativi alla partecipazione (residenti che nell’arco dei 12 mesi hanno fruito di intrattenimenti culturali), come per la spesa, si rilevano dei forti incrementi nel 2022 rispetto al 2021. L’indicatore sulla partecipazione culturale fuori casa, passato dal 35,1% del 2019 all’8,3% del 2021, nel 2022, si attesta al 23,1%, comunque inferiore ai livelli pre-pandemia. Dopo il crollo della partecipazione culturale avvenuto nel 2021, gli italiani sono tornati a teatro, al cinema ai concerti, ma nel 2022 ancora risulta quasi dimezzata la quota di persone che si reca a teatro,

Comunque li si guardi, i dati del tema in oggetto raccontano di una Calabria, ma sostanzialmente anche di una Italia, particolarmente pigre da un punto di vista culturale.

Ora, come la scuola non può e non deve ignorare la presenza e l’attività sul territorio di quei gruppi o compagnie professionali o non, che si occupano di teatro, così è sperabile che i teatri della nostra regione  si propongano di funzionare a pieno regime.

Creare il pubblico di domani è una esigenza imprescindibile, per esempio, per una istituzione come il “Cilea” di Reggio Calabria  che, attraverso una auspicabile Fondazione, costituita da managerialità pubblica e del privato, possa intraprendere una politica di interventi di divulgazione , sviluppando una pedagogia teatrale e musicale e investendo sulla formazione dei ragazzi e dei giovani, complice una fitta rete di relazioni da realizzare con il mondo della scuola.

Insomma, il “Cilea” va certamente inteso come valore ma anche come risorsa, ma lo sia in funzione del servizio che può rendere al cittadino, recuperando sia la vicinanza al pubblico,sia la capacità di cogliere e di rielaborare il presente e la quotidianità.

Il teatro deve riuscire a creare un sistema, che grazie al lavoro sul territorio ed al coinvolgimento del maggior numero di persone, ritorni a rendere proprie le esigenze della committenza, ovverosia del pubblico.

E quando la sera mi capita talvolta di vedere le persone che si infilano in una sala teatrale, ancorché di quartiere, e per due ore seguire il lavoro di artisti, più o meno professionisti, a prescindere dai contenuti e dalla qualità dello spettacolo, non si può che essere speranzosi. Quella sera, quelle persone hanno lasciato il televisore dormire a casa, per partecipare ad un avvenimento d’arte in carne e ossa: riuscito o non riuscito, ma prezioso proprio perché in carne e ossa. Ecco quello che conta! (gl)

[Guido Leone è già dirigente tecnico Usr Calabria]

SANITÀ CALABRIA: URGE CONFRONTO VERO
PER INDIVIDUARE SOLUZIONI IMMEDIATE

di ANGELO SPOSATO – In pochi giorni, la Corte dei conti ed Agenas, hanno confermato le nostre preoccupazioni sulla rete di emergenza urgenza e sulla mobilità sanitaria passiva dei cittadini calabresi che si curano verso altre regioni. Anche sulla rete ospedaliera non c’è molta chiarezza, per questo riteniamo necessario un confronto di merito prima della sua definizione.

L’’11 marzo scorso abbiamo avuto modo di anticipare al Commissario alla Sanità i dati dell’ultimo Rapporto Svimez sulla sanità nel Mezzogiorno e di approfondire la situazione calabrese, così come già anticipato durante l’iniziativa del 4 marzo con il nostro Segretario Generale Nazionale, Maurizio Landini.

In quella occasione abbiamo avuto modo di anticipare i dati negativi sulla rete di emergenza urgenza, le problematiche sulla rete ospedaliera, quelle sulla medicina territoriale, sui Pronto Soccorso, sulla mobilità sanitaria passiva che è precipitata ai livelli precovid, (il più grande ospedale della Calabria si trova fuori dalla Calabria e costa 300 mln all’anno) paventando il pericolo dei definanziamenti e i tagli del governo sul Pnrr per il sistema sanitario pubblico che avrebbe messo a rischio anche la costruzione dei nuovi ospedali in Calabria.

I tavoli di confronto che si sono aperti a livello regionale rappresentano un fatto positivo, ma è indubbio che le difficoltà rappresentate al governo dal commissario-presidente alla sanità calabrese ci preoccupano molto. Il presidente della giunta calabrese, nel momento in cui chiede al governo deroghe normative per le regioni commissariate parificate alle regioni a statuto speciale di fatto lancia un ultimo appello per salvare la sanità in Calabria, ma ammette, altresì, la sua impotenza a mettere mani a un sistema impraticabile e dai tratti irriformabile con le norme attuali.

Bisogna prenderne atto e trovare soluzioni. Il sindacato ha già, dai tempi della pandemia, denunciato al governo e all’allora ministro alla Salute Speranza le dinamiche in corso in un momento di vuoto amministrativo e quando ai cittadini non parlava nessuno, se non il sindacato confederale calabrese.

Abbiamo sempre pensato che le norme sui commissariamenti alla sanità sono molto farraginose e limitative, non solo sui piani di rientro ma per l’intera gestione sanitaria, per questo andrebbero riviste. La sanità non può essere un mero esercizio contabile, parliamo di diritto alla salute, di continuità assistenziale e diritto alla vita. Il depauperamento del sistema sanitario pubblico da parte di questo governo sta negli atti e nei fatti. Le interminabili liste di attesa nel sistema sanitario pubblico, in parte vengono coperte dalla sanità privata, e lì dove il privato supera il limite degli accreditamenti obbliga molti malati a rinunciare al diritto alle cure.

L’indice di mortalità per la rinuncia al diritto alle cure si è moltiplicato per l’elevata situazione di povertà ed indigenza che vivono milioni di famiglie nel nostro Paese. Il nostro sta diventando un Paese povero e malato e gravi sono le responsabilità di questo governo.

La mobilitazione nazionale indetta da Cgil e Uil per il 20 aprile a Roma sulla salute e la sicurezza è la giusta risposta ai bisogni di salute delle persone che verrà accompagnata anche in Calabria da momenti di dibattito, assemblee ed iniziative territoriali. (as)

[Angelo Sposato è segretario generale di Cgil Calabria]

LE ELEZIONI E I CONTINUI CAMBI DI IDEE
DELLA SINISTRA PER IL RILANCIO DEL SUD

di PIETRO MASSIMO BUSETTAChe sotto elezioni tutto si esasperi é assolutamente normale. In particolare quando, come nelle prossime  europee,  si voterà  con il proporzionale e quindi ogni partito cercherà di caratterizzarsi in modo tale  da compattare i propri elettori  é nelle cose. Quindi che i toni si innalzino e che si sia «l’uno contro l’altro armati» è  prevedibile. 

Ma come dice il Presidente Sergio Mattarella: «l’Italia è di chi pensa al futuro». Ciò vuol dire che vi sono alcuni temi sui quali i partiti farebbero bene a non giocare né a spaccarsi. Perché lo sviluppo futuro del nostro Paese non dovrebbe essere mai messo in discussione e qualche punto di percentuale in più non vale certamente posizioni che se poi diventano azioni operative possono cambiare  le prospettive per i nostri figli e i nostri nipoti. 

Per questo sembra strana la posizione che la sinistra, quasi in modo compatto, sta prendendo su quelle che sono le prospettive infrastrutturali e il ruolo che nel Mediterraneo deve svolgere la nostra Nazione.  

  Per questo andare a Messina da parte della Elly Schlein, segretario del maggiore partito della sinistra, che ha avuto un protagonista come Prodi, lei che viene da una Regione, come l’Emilia Romagna, al centro di tutte le infrastrutture del Paese, per cui con l’alta velocità ferroviaria può raggiungere da Bologna, in 2 ore e 25 minuti, Roma, in un’ora e 4 minuti e con un bus Milano in 2 ore e 20 e Roma, quasi 400 km, in tre ore e mezza, per dibattere un tema che già nel suo titolo: “no al progetto di ponte di Salvini, dannoso, anacronistico e dispendioso”, sa di contrapposizione elettorale. 

Infatti mettere in discussione la possibilità che l’alta velocità ferroviaria arrivi a servire 7 milioni di abitanti che risiedono in Calabria e in Sicilia, non diventa più lotta politica nei confronti di Salvini, assolutamente legittima, ma un vero e proprio affronto al diritto di mobilità dei tanti italiani che in quelle aree abitano. 

Perché certo sarà noto anche al segretario del PD che i treni ad alta velocità non possono attraversare lo stretto spezzettati, per essere caricati sui Ferry Boat e ricomposti poi sull’altra sponda dello Stretto, per riprendere il loro viaggio. Cosi come dovrebbe essere noto all’altro grande partito della sinistra, che è il Movimento Cinque Stelle, che non hanno soltanto  la responsabilità di fare una proposta alternativa di progetto di paese da contrapporre al Centrodestra in termini di diritti civili, ma anche quello di proporre un modello di sviluppo che dia un diritto alla sopravvivenza economica di aree fino ad adesso con un destino già segnato dallo spopolamento. 

Che movimenti meno consistenti, come quello dei Verdi di Bonelli e del Sì di Fratoianni, possano assumere posizioni estreme e non occuparsi di un possibile governo futuro, considerato che la  loro contenuta rappresentanza non assegna loro particolari responsabilità, ci può anche stare. 

Cosa diversa è la prudenza richiesta ai grandi partiti di massa che dovrebbero rappresentare l’alternativa di governo necessaria nell’alternanza democratica. In considerazione peraltro che, per quanto attiene in particolare il Pd, molti dei più autorevoli rappresentanti dello stesso partito, tra i quali Franceschini e lo stesso Prodi, si sono pronunciati in passato con dichiarazioni assolutamente favorevoli ad un progetto che potesse  consentire di collegare, finalmente, le aree più marginali. 

Modello peraltro che in altri paesi a noi vicini, come la Spagna, è stato adottato come priorità assoluta, considerato che la prima alta velocità ferroviaria che è stata costruita in quel Paese non è stata la Madrid-Barcellona quanto invece la Siviglia-Madrid.  

 In realtà il Movimento Cinque Stelle ha sempre avuto un atteggiamento anti Istituzioni. Doveva aprire il Parlamento come una scatoletta evidentemente per buttare il contenuto  ed è stato contrario fin dalle sue origini. Tanto che il loro guru, Beppe Grillo, attraversò  lo stretto a nuoto forse per indicarci un’alternativa salutista ai sistemi diversi, come navi, utilizzati  dai più.

Ritornando al Segretario del Pd non può limitarsi a dire che il progetto del collegamento stabile è dannoso. Qualunque costruzione umana lo è perché modifica l’assetto naturale delle cose, lo sono le autostrade, lo è l’alta velocità ferroviaria, lo sono le dighe, lo sono i porti, lo sono per assurdo anche i grattacieli e le abitazioni del più sperduto paese, perché in qualche modo violentano il territorio. Come lo sono gli impianti eolici e quelli solari.

Né può affermare che é anacronistico, quando il modello “Messina bridge” e gli studi relativi sono stati adottati da tutti i Paesi che costruiscono ponti come base di partenza per i loro progetti. E quando la comunità scientifica internazionale lo ha riconosciuto come uno dei più studiati e come una storia di successo. 

Né può affermare  che è dispendioso, dopo che risorse abbondanti sono state destinate a tante grandi infrastrutture nel resto del Paese per le quali non si è condotta la stessa battaglia. Né si possono disconoscere  gli studi approfonditi, consacrati dal timbro Nomisma, che hanno calcolato in 6 miliardi e mezzo il costo della insularità per la Sicilia. Non considerando ancora che i cittadini delle due sponde stanno partecipando al costo della costruzione con risorse proprie regionali,  cosa che non è mai stata chiesta per innalzare le barriere contro l’acqua alta di Venezia,  o per costruire la Tav che collegherà Torino a Lione.

Devono forse pensare i meridionali di essere figli di un Dio minore, di essere considerati come colonizzati, per i quali spendere le risorse necessarie diventa uno spreco, come impunemente e inopinatamente ha affermato l’animatore di Libera don Luigi Ciotti, quando si è lasciato sfuggire la battuta infelice che il ponte non unisce due coste ma due cosche? 

La responsabilità di un partito come il PD, sempre più partito guida che si candida come federatore di tutta la sinistra, non  può sposare tesi così estreme e far correre il pericolo o far temere che una loro vittoria possa far ripartire una serie di infrastrutture dall’anno zero, come in un perenne un gioco dell’oca, come è stato già fatto una volta da quel Monti che definanziò  il ponte per investire quei soldi sottratti all’opera a Genova? Forse sarebbe necessaria una riflessione maggiore per evitare che si possa pensare che alcuni partiti siano contro lo sviluppo e in particolare contro il Sud. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

AL SUD SEMPRE PIÙ IMPRESE SONO “BIO”
SI DEVE COGLIERE OCCASIONE DI SVILUPPO

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Il 23,6% delle imprese al Sud è bio, ossia utilizza risorse biologiche, inclusi gli scarti, nelle proprie produzioni, contro il 19,7% delle imprese del resto del Paese. È quanto emerso dall’indagine realizzata dal Centro Studi Tagliacarne e Svimez su un campione di 2 mila imprese industriali, con un numero di addetti compreso tra 5 e 499 unità.

Un dato, quello rilevato, che non dovrebbe stupire: in Calabria, infatti, come rilevato dall’ultimo rapporto Crea 2022, è prima in Italia per la superficie agricola utilizzata per coltivazioni biologiche, ossia il 36,3%, oltre che per il numero di produttori esclusivamente bio, che sono 8.122 (+2,2% rispetto al 2020), 1.188 produttori/trasformatori (+5,2%), 382 trasformatori esclusivi (+6,4%). Gli 8.110 produttori esclusivi calabresi sono pari al 13,03% del totale nazionale (62.333). Come già sottolineato dal Crea, infatti, «l’agricoltura  un fiore all’occhiello della Calabria da valorizzare al massimo, anche perché ha tanti risvolti positivi sul fronte della sostenibilità ambientale, della tutela della biodiversità, della sicurezza alimentare, della nutrizione salutistica, dell’offerta turistica, della qualità della vita di residenti e turisti».

Per il direttore del Centro Studi Tagliacarne, Gausto Esposito, «in una fase in cui si ripropone in maniera rinnovata il tema della crescita della base produttivo-manifatturiera del Mezzogiorno, la filiera della bioeconomia si pone come un prezioso asset a livello locale», questo perché «esprime una forte capacità di creare collegamenti tra segmenti diversi a valle e a monte della catena produttiva, come quello dell’agricoltura, che costituisce tradizionalmente un’eccellenza del territorio, e del recupero delle relative produzioni».

«Il profilo dinamico di queste imprese – ha detto il direttore Esposito – in investimenti nella duplice transizione e la maggiore sensibilità ai temi della sostenibilità, anche in termini sociali e di attenzione all’occupazione, deve porre questo segmento di imprese al centro di policy di rilancio della crescita per il Sud, anche attraverso politiche di incentivazione mirate».

Tornando all’indagine, è stato rilevato come il 59,8%  ha investito o investirà in tecnologie 4.0 tra il 2017 e il 2024, (contro il 56,3% del Centro Nord). Mentre il 50,0% ha adottato un modello di “open innovation” ovvero aperto alle collaborazioni con Università, clienti e fornitori per una crescita strutturata del territorio e per il rafforzamento delle filiere produttive (contro il 46,1%).

Dati che, per il direttore della Svimez, Luca Bianchi, «conferma quanto rilevato dalla Svimez in questi anni circa le potenzialità di sviluppo offerte dai nuovi settori dell’economia circolare e della bioeconomia in particolare per il Mezzogiorno, a condizione che le importanti esperienze oggi presenti siano accompagnate da politiche industriali e di filiera funzionali a renderle più solide e a favorirne la crescita anche dimensionale».

«Anche per questo la scelta bio può essere una potente chiave di sviluppo per il Sud», si legge nell’indagine, in cui viene sottolineato come «essere “bio” rende le imprese più smart, non solo al Mezzogiorno».

La scelta “bio”, nel complesso, si rileva nel Mezzogiorno come nel resto d’Italia un potente stimolo per investire in green e in innovazione su cui ha puntato il 63,2% delle imprese nazionali della bio-economia (contro il 35,5% delle non bio). Nel Meridione, infatti, il 63,4% delle imprese bio ha investito tra il 2017 e il 2024 in processi e prodotti a maggior risparmio energetico, idrico e/o a minore impatto ambientale (contro il 37,0% delle non bio), in linea con quanto si è verificato nel Centro-Nord dove (63,2% contro il 35,2% nelle non bio). Anche per questo il 57,3% di queste imprese meridionali ha investito o investirà in R&S nello stesso periodo (contro 45,3% delle non bio). Essere “bio” si traduce, inoltre, pure in una maggiore attenzione ai lavoratori non solo dal punto di vista sociale, ma anche professionale. Il 61,0% delle imprese bio del Mezzogiorno ha avviato percorsi formativi per i propri dipendenti nel biennio 2017-2019 e ha intenzione di continuare le attività di formazione anche nel biennio 2022-2024 (vs il 57,0% delle non bio meridionali). Una quota che si presenta anche più elevata nel Centro-Nord (62,5% contro il 54,7%).

Ma, oltre a investire sul bio è importante destinare delle risorse anche al digitale che, come rivelato dal Centro Tagliacarne e dalla Svimez, spinge la produttività di oltre una impresa “bio” meridionale su quattro.

Nel Meridione, in particolare, queste realtà imprenditoriali che hanno già puntato tra il 2017 e il 2021 sul digitale dichiarano di avere ottenuto una maggiore produttività nel 28,0% dei casi, una migliore qualità dei prodotti e minori scarti (24,4%), una maggiore velocità nel passaggio dal prototipo alla produzione (23,2%), nuove funzionalità del prodotto derivanti dall’Internet of things (22,0%).

Molta attenzione, poi, alla transizione ecologica: le aziende “bio” del Mezzogiorno, infatti, intraprendono questa strada per aumentare la competitività e rispondere alle regole nazionali e internazionali. iù della metà di queste imprese dichiara, infatti, di aver investito tra il 2017 e il 2021 sia per rispondere alle regole e alle normative imposte a livello nazionale ed europeo (nel 56,1% dei casi), sia per aumentare la propria competitività (nel 52,4% dei casi). Mentre il 30,5% di queste imprese della bioeconomia del Sud d ha sostenuto investimenti ambientali per reagire all’aumento dei prezzi delle materie prime ed energetiche e il 29,3% lo ha fatto perché convinto che l’inquinamento e il cambiamento climatico rappresentino un rischio per l’azienda e la società. (ams)

TURISMO PASQUALE, È BOOM DAPPERTUTTO
NECESSARIO RILANCIARE QUELLO DEL SUD

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – L’arrivo della Pasqua vede le nostre città piene di visitatori. Non solo le classiche mete turistiche come Firenze, Venezia, Roma, ma anche le città meridionali, finalmente,  registrano flussi interessanti.

Napoli in testa, ma anche Palermo, Catania, Bari ormai mostrano un aumento di turisti  e il sold out per alberghi pensioni e b&b é diffuso.

E ritorna la litania del “potremmo vivere di solo turismo”. Con il mare, il sole, l’ambiente, i beni culturali che il Sud si ritrova ad avere, in molti, anche rappresentanti politici, pensano che invece di fabbriche e fumi possiamo vivere di prati verdi e campi da golf.

Ma gli stessi dimenticano che il nostro Mezzogiorno ha oltre 20 milioni di abitanti e solo un po’ più di sei milioni di occupati, compresi i sommersi. E che il rapporto tra popolazione ed occupati, in una realtà a sviluppo compiuto, deve avvicinarsi al 50%, come avviene in Emilia Romagna per esempio. O andare oltre come in Olanda.

E quindi le esigenze di posti di lavoro si collocano su numeri che vanno dai 9  ai 10 milioni complessivi di posti di lavoro, compresi i sommersi.

Quindi fare a meno dell’occupazione nel manifatturiero diventa impensabile, perché da esso dovrebbero arrivare perlomeno 2 milioni di posti di lavoro, così come non si può fare a meno della logistica. Ovviamente anche del turismo, che sarebbero i tre drivers sui quali dovrebbe puntare lo sviluppo del Sud.  Pensare ad uno solo delle tre colonne individuate significa non capire che vi sono coerenze numeriche che vanno rispettate.

Ma vi è un’altra considerazione importante da fare: il turismo offre opzioni interessanti nella sua filiera ma a certe professionalità. Dal management amministrativo a tutto il lavoro  relativo alla comunicazione e alla vendita dei posti letto  oltre all’indotto relativo alle guide turistiche, trasporto, servizi di ristorazione, di divertimento e collegati.

Ma nulla rispetto alle esigenze di inserimenti per i nostri giovani ingegneri o per le professionalità scientifiche che dovrebbero in ogni caso emigrare.  Le esigenze di tali professionalità sono soddisfatte dal manifatturiero di alta tecnologia che non può essere tralasciato e che porta innovazione  importante per i territori. E che esiste già nel Mezzogiorno: si pensi al nucleo tecnologico di Catania o a quello della Apple, primo centro europeo di sviluppo e applicazioni.  che sarà nella Facoltà di Ingegneria di San Giovanni a Teduccio a Napoli.

O incrementando quell’industria aeronautica e aerospaziale italiana che pesa in modo significativo sul Pil, generando un fatturato annuo di 13 miliardi di euro. Nella quale un produttore su tre degli oltre 300 del settore si trova nell’Italia nord-occidentale (32,6%), solo il 24,7% nel Sud, il 20,9% al Centro, il 19,9% nel Nord-Est e il restante 1,9% nelle isole.

E dove in vetta sta la Lombardia, con il 20,5% delle imprese produttrici di aerei e veicoli spaziali, Campania (14,3%), Lazio (13,4%), Piemonte (9,4%), Emilia-Romagna (7,2%) e Puglia (6,2%).

Quello che si destinino le aree meridionali all’agricoltura e al turismo non è una opportunità ma un rischio. Perché l’agricoltura, purtroppo é diventata una attività prevalente per i paesi non sviluppati, tranne che per la parte relativa alla verticalizzazione delle produzioni di nicchia e di grande qualità, mentre il turismo essendo una branca che ha bisogno di minore ricerca ha competitori che possono fornire i servizi a prezzo molto contenuti.

Si pensi all’Egitto, alla Siria, a Israele, al Marocco ma anche ai competitori internazionali dell’Estremo Oriente o del Sud e del Centro  America, che con il calare del prezzo dei voli diventano concorrenti importanti.

In tale quadro bisogna approfittare della opportunità della Zes unica;  bisogna “lottare”, visto che il Nord bulimico è sempre pronto ad accaparrarsi gli investimenti più sofisticati ed a maggiore occupazione di manodopera altamente professionalizzata, per portare al Sud tali investimenti.

Sapendo che è estremamente complesso portarli già in Italia, ma molto più difficile farli arrivare al Sud per molte

considerazioni riguardanti la carenza di infrastrutture,  la presenza di criminalità organizzata, e perché al momento opportuno i vantaggi, con un comportamento schizofrenico interessato, che vengono dati agli insediamenti al Nord sono uguali se non maggiori di quelli concessi alle localizzazioni nel Meridione, sia in termini di cuneo fiscale che di vantaggi sulla tassazione degli utili eventuali.

Per questo accontentarsi di agricoltura e turismo e destinare i nostri giovani di eccellenza a percorrere le strade del mondo, soluzione che non deve essere esclusa se dipende dalla volontà dei singoli alla ricerca di una mobilità arricchente, ma che diventa deportazione forzata se le opportunità che siamo in dovere di dare anche nella realtà meridionale non vengono create.

Per questo lo stesso ponte sullo stretto del Mediterraneo diventa l’elemento  fondamentale di di una nuova vulgata  di un Governo che crede anche in questa parte del Paese.

Per questo la posizione della sinistra sulla grande infrastruttura e sul collegamento con l’alta velocità anche del Sud denuncia una carenza di visione e una mancanza di prospettiva estremamente colpevole.

Opposizione che in questo modo sarà pericoloso che arrivi alla gestione e al governo del Paese perché lo condannerebbe  all’inazione e all’arretramento.

In un mondo globalizzato, nel quale la corsa all’innovazione e al futuro è fatta senza sosta, con città come Dubai o Schengen che crescono di milioni di abitanti in pochissimi anni.

Che affronta problemi infrastrutturali importanti lavorando continuativamente per 24 ore, che approfitta anche della possibilità di non avere i vincoli/ garanzie  dei paesi sviluppati sul lavoro minorile, sui diritti dei lavoratori, non scattare come gli altri e perdersi in discussioni pretestuose diventa un molo per essere marginalizzati e perdere la possibilità, colpevolmente, di dare ai propri cittadini un futuro di prosperità. È tutto ciò non può essere consentito a minoranze tanto minoritarie quanto agguerrite e  pericolose. ν

(Courtesy Il Quotidiano del Sud / L’Altravoce dell’Italia)

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LA SCOMMESSA DELL’ACCOGLIENZA

La nota del prof. Busetta, rudemente, fa capire che il Sud (La Calabria) non può vivere solo di Turismo e Agricoltura, come sarebbe giusto pensare, ma deve alimentare la filiera industriale perché l’industria genera occupazione stabile e richiede manodopera. Ciò non toglie che, a fronte, del boom del turismo pasquale di cui beneficerà anche la nostra terra, è necessario rivedere le politiche del turismo in Calabria, a partire dalla promozione e finire alla ricettività. Dove mettiamo i turisti che volessero arrivare in massa? Quali servizi (a terra) siamo in grado di offrire (per spostamenti, guide, etc)? Da un lato è lodevole aver convinto RyanAir a puntare sulla Calabria, dall’altro mettiamo in condizione chi arriva di trovare facilities e opportunità che rendano la vacanza eccellente (e possibilmente memorabile). (s)