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La renderizzazione del progetto del Ponte sullo Stretto

Il Ponte sullo Stretto, i cinesi e WikiLeaks: quello che Assange racconta

di GIOVANNI MOLLICA – La gestione del potere è mestiere che non ammette prigionieri. Richiede cinismo e pelo sullo stomaco. Spesso implica che è necessario nascondere la verità. Chiunque abbia superato l’età delle illusioni lo capisce. Ma ci sono dei limiti.

Un esempio terrificante, per dimensioni e quantità di argomenti trattati, è dato dalla sottrazione e pubblicazione di documenti che il governo americano considerava “classificati” (coperti da segreto). Il colpevole, per sua stessa ammissione, era il giornalista australiano Julian Paul Assange, cofondatore dell’organizzazione divulgativa WikiLeaks, attualmente, in carcere in Gran Bretagna. Gli Stati Uniti ne chiedono l’estradizione con l’accusa di cospirazione e spionaggio. Se verrà concessa, il suo destino è il carcere a vita. Una parte – breve ma saporita – dei documenti diffusi da Assange riguarda la Sicilia ed è rintracciabile all’indirizzo Facebook.

Leggendola, divengono più chiari episodi che hanno caratterizzato la vita del nostro Paese nel drammatico periodo della crisi dello spread, nell’estate 2011. La conclusione del racconto è preoccupante: «È un’ironia della Storia che Mario Draghi possa essere costretto, dalle circostanze, a porre rimedio al disastro che lui stesso ha contribuito a provocare».

Un’affermazione gravissima alla quale, però, i grandi media italiani non sembrano interessati, impegnati come sono a raccontarci i retroscena delle liti tra Fedez e Ferragni. Certo, il Web è pieno di balle – oggi ridenominate, più elegantemente, fake news –, ma quanto Assange racconta ha una sua logica inattaccabile, è ampiamente confermato dai fatti e dovrebbe essere oggetto di un serio approfondimento.

Non solo dai media indipendenti, ma anche dalla Politica. Tutto nasce dall’offerta cinese di finanziare il Ponte sullo Stretto: «… the Chinese also offered to co-finance the Messina Bridge» e un aeroporto internazionale posto al centro della Sicilia. Allo scopo di farne il grande snodo dei traffici tra Asia, Europa e Africa. Ma, come i fatti hanno dimostrato, non tutti erano d’accordo: «All this was sabotaged by U.S. Secretary of State Hillary Clinton, who warned the Italian government against involvement with China».

In altre parole, Hillary Clinton – allora Segretario di Stato del democraticissimo Obama – sabotò il progetto e ammonì il governo italiano (IV governo Berlusconi 2008-2011) di non azzardarsi a stringere rapporti così importanti con la Cina. A ciò si aggiunse l’esplicita minaccia, contenuta nella lettera della Banca Centrale Europea, a firma congiunta dell’uscente Trichet e dell’entrante Draghi, che «… threatened the Berlusconi-Tremonti government to impose brutal austerity, or the ECB would stop backing Italian sovereign debt».

A fronte di quest’azione a tenaglia di Usa e Bce, «… the government was overthtown, and economic hitman Mario Monti was installed. His second act was to stop construction of the Messina Bridge (his first act was to repay in advance a derivative contract with Morgan Stanley)».

Il governo Berlusconi cadde e Monti – definito economic hitman, assassino economico! –, dopo essersi affrettato a rimborsare anticipatamente un debito con Morgan-Stanley, interruppe l’iter di costruzione del Ponte di Messina. È vero che non c’è nulla, o quasi, di veramente nuovo, ma era ed è l’unica spiegazione logica di quanto accaduto in quegli anni. Resta un dubbio: perché tv e grandi giornali non parlarono e continuano a non parlarne? Forse perché le cose andarono esattamente così? (gm)