Per Legacoop Calabria, i Workers Buyout potrebbero essere una soluzione per recuperare le imprese in crisi. Ma questo non basta: serve un tavolo regionale per le crisi d’impresa, che «sia per intercettare che per monitorare le imprese dopo la nascita dei WBO».
È quanto è emerso dalla riunione della direzione regionale voluta dal presidente regionale, Lorenzo Sibio, dove è stata ribadita la necessità di intervenire sulla legge 13/1979 relativa all’Adozione di provvedimenti diretti alla promozione e allo sviluppo della cooperazione.
Mauro Lusetti, presidente nazionale Mauro Lusetti, come il vice presidente regionale e responsabile del settore Produzione & Servizi Legacoop Calabria, Maurizio De Luca e il docente dell’Unical Mario Maiolo (costretti a casa a causa del covid), hanno portato il proprio contributo al dibattito a distanza, arricchendo la riflessione e le proposte degli altri relatori presenti: Francesca Montalti (Responsabile Nazionale Settore Industria Legacoop), Massimo Covello (Fiom Cgil), la senatrice Michela Caligiuri e l’assessore regionale Gianluca Gallo.
Un incontro, dunque, nato dall’esperienza di Next elettronica – impresa cooperativa di 16 soci lavoratori, più due istituzionali – di Piano Lago, nel comune di Mangone (CS). Donne e uomini che non si sono rassegnati alle logiche del mercato e le hanno capovolte, diventando imprenditori di se stessi per recuperare know how e professionalità, restituendo ricadute socio-economiche positive al territorio che li ha accolti. A raccontare questa esperienza tanto esaltante quanto faticosa, alcuni dei protagonisti istituzionali di questo percorso che permesso alla Next elettronica di tagliare un traguardo importante: essere la prima impresa di workers buyout in Calabria.
A fare gli onori di casa, dopo il sindaco di Mangone Orazio Berardi, il presidente di Next Elettronica, Pietro Aiuola. Mentre a coordinare i lavori è stato il vice presidente del Legacoop Claudio Liotti. Tra i presenti anche la sindaca di Santo Stefano di Rogliano, Lucia Nicoletti, e il vice sindaco di Cellara, ex dipendente dell’azienda rilevata dai colleghi, Santo Perri.
«Abbiamo un potenziale nel nostro know how e nelle risorse umane che rappresentano il nostro valore aggiunto – ha detto il presidente di Next, Aiuola –. Siamo tenuti a far bene, non possiamo deludere le aspettative per tutto quello che si è fatto e si sta facendo».
Con il termine workers buyout o “impresa recuperata” si intendono le cooperative nate per iniziativa di dipendenti che rilevano l’azienda – o un ramo di essa – e riescono in questo modo a mantenere un’attività produttiva, altrimenti destinata alla chiusura, e il proprio posto di lavoro. Questo modello, di grande attualità in questa fase di crisi economica, può trovare attuazione non solo in casi di crisi aziendale o processi di ristrutturazione, ma anche a fronte di difficili ricambi generazionali nelle imprese familiari. I processi di WBO che vanno a buon fine consentono di evitare la disoccupazione e, talvolta, di creare nuova occupazione; preservano ricchezza, professionalità e competenze; mantengono unità produttive sul territorio, al fine di sostenerne lo sviluppo. Dal 1985 ad oggi lo strumento del WBO in forma cooperativa ha permesso il salvataggio di oltre 350 imprese recuperando più di 15.000 posti di lavoro.
Lo ha raccontato bene Francesca Montalti nel ricostruire il percorso che ha portato alla Next Elettronica, che si è detta orgogliosa di essere in Calabria dove Legacoop – e CFI (Cooperazione Finanza Impresa) – hanno deciso di scommettere.
«Abbiamo lavorato tanto assieme ai lavoratori e alle articolazioni territoriali dell’associazione: le difficoltà sono state tante, legate soprattutto alla macchina burocratica, che complicano la fase di start up – ha spiegato ancora Montalti –. Per questo è importante raccontare il nostro percorso alla presenza delle istituzioni, per creare le condizioni di superare gli ostacoli e sostenere quanti vogliono puntare e credere in questo modello”. Sulla stella lunghezza d’onda la testimonianza del sindacato. “Abbiamo relazioni importanti con l’Università e stiamo cercando di implementare il portafoglio – ha detto Massimo Covello – ma nel frattempo la Calabria è l’unica regione che non ha incentivi previsti per questo settore: c’è bisogno di politiche industriali non di pacche sulle spalle, bisogna puntare sull’innovazione».
L’assessore regionale Gallo ha evidenziato l’importanza del rapporto con l’Unical – che «non fabbrica diplomi di laurea ma intelligenze, quello che spesso manca nella nostra regione» – e ha evidenziato «lo scatto di coraggio di questi lavoratori che spesso manca nella società. Ci hanno dimostrato che nulla e impossibile. E non con piacere in molti settori una curiosità nei confronti della Calabria che prima non avevamo, una terra che ha tanto da offrire un territorio straordinario e unico nella sua bellezza. Dobbiamo accompagnare questi settori con produzioni che fanno innovazione – ha concluso Gallo – ma questo un sogno piccolo che state realizzando».
Ha assicurato l’attenzione delle istituzioni la senatrice Caligiuri.
«Avete scelto di essere imprenditori di voi stessi dimostrando che esistono potenzialità che sono ricchezze per tutta la regione, non solo per il territorio in cui lavorate – ha detto –. Siete un esempio da seguire e io mi candido ad essere al vostro fianco: la vostra azienda deve diventare un punto di riferimento per tutta la Calabria».
Secondo Maurizio De Luca «la scelta di questi lavoratori è una scelta di campo, quella di un modello d’impresa che associa profitto alla qualità della vita. E noi dobbiamo raccontare la buona cooperazione».
Ma questa volta, anche con la scelta di tenere la direzione regionale nella sede di Next Elettronica, Legacoop racconta «la voglia di resistere e di riscatto che sfida la burocrazia e gli ostacoli», ha esordito il presidente Lusetti in conclusione, dopo una disamina della situazione economica generale di incertezza, che tra aumento del costo delle materie prime e delle energie, i postumi della pandemia e la guerra nel cuore dell’Europa rischia di registrare il fallimento di circa 600 imprese.
«Il modello dei WBO può essere la risposta: recuperare le imprese in crisi e fallite può essere una delle possibilità che abbiamo per avere speranza nel futuro, dimostra che una strada alternativa alla chiusura imprese c’è, piuttosto che diventare persone sostenute dallo Stato. Si tratta di un progetto di vita – ha concluso – e la cooperazione fa la propria parte fornendo gli strumenti per crederci e diventare esempi di buone pratiche». (rcz)