RILANCIARE I SITI INDUSTRIALI DISMESSI
LA CHIAVE DI SVOLTA PER L’ARCO JONICO

di DOMENICO MAZZA – Ciclicamente la Questione Meridionale torna alla ribalta. Oggi, poi, in piena stagione Pnrr, il tema acquisisce anche rinnovata valenza. Abbiamo un termine perentorio: fine ’26. Poco meno di due anni e mezzo per cercare di riequilibrare il Paese; rettificare le sperequazioni tra nord e sud e consentire a chi rimasto indietro di procedere alla stessa velocità di chi invece viaggia spedito.

Non basteranno piogge di finanziamenti, il più delle volte parcellizzati e dilapidati in mille rivoli, a consentire al Mezzogiorno di equipararsi al resto del Paese. Non sarà tanto la quantità di spesa investita al Sud Italia a fare la differenza, ma la capacità che questo spicchio di territorio avrà di attrarre finanziamenti invoglianti le imprese, italiane ed europee, ad investire in una terra, per certi versi, larva di sé stessa.

Commettere l’errore di pensare il Recovery Plan come una spesa risarcitoria ai torti subiti negli anni non renderà il Sud un posto migliore. Piuttosto, sarebbe opportuno approcciarsi attivamente all’idea di sovvenzioni finanziare atte a facilitare interventi pubblico-privati. Le richiamate sovvenzioni, invero, potrebbero riverberare benessere e stabilire un deterrente reale all’esodo incontrollabile che, altrimenti, nel giro di 30 anni, porterà il Mezzogiorno all’abbandono totale. Bisognerà studiare, quindi, condizioni che rendano conveniente, per i capitali privati, l’investimento nelle aree del sud, senza pensare ad incentivi distorsivi.

L’Arco Jonico ha un’opportunità unica: rilanciare i siti industriali dismessi. La loro rigenerazione e il rilancio funzionale rispetto la primaria fonte di sostentamento del territorio rappresentata dall’agricoltura, potrebbe essere la chiave di svolta per una rinnovata prospettiva del territorio. Sarà necessario svecchiare il processo di produzione agricola e modernizzarlo in ottica di produttività e filiera aziendale. Non basta raccogliere il prodotto al fine di inviarlo su altre piazze perché questo venga lavorato.

Andranno creati processi industriali puliti per riverberare lavoro, al fine di aumentarne significativamente l’offerta. Bisognerà avere il coraggio di fare qualcosa mai fatta prima per riscrivere la storia di un terriorio dalle innate potenzialità, ma spesso dimenticato. Solo così si potrà cambiare il paradigma che vuole uno dei territori più promettenti del Mezzogiorno avviato a processi di periferizzazione, causa decenni di politiche centraliste. I sistemi per invertire la tendenza ci sono, ma vanno saputi pianificare. Non saranno le piccole operazioni di restiling conservativo a declinare in maniera differente le sorti economiche di un territorio.

Sull’adriatica Pugliese, nella stesura del dedicato Cis (Contratto istituzionale di sviluppo), non hanno pensato a progetti di piccolo cabotaggio. Paesi, Città, Enti di secondo livello, Regione, hanno lavorato in sinergia mettendo a terra un progetto che riverserà circa 600 milioni tra gli ambienti rivieraschi delle Province di Lecce e Brindisi.

Si abbia il coraggio di mettere attorno ad un tavolo i Presidenti delle 5 Province che si affacciano sulla baia jonica. Si allarghi ai Sindaci dei Comuni demograficamente più rappresentativi, ai Presidenti delle regioni Puglia, Calabria e Basilicata e si lanci l’idea di un progetto unitario e coerente per tutto l’Arco Jonico calabro-appulo-lucano.

Porti, distretti agroalimentari, siti industriali (attivi e dismessi) possono realmente rappresentare il ragionevole tasso di interesse per creare un deterrente all’emorragia demografica in atto.

Solo ragionando per aree ad intessere comune, dando vita a reali processi di coesione territoriale, si potranno creare i presupposti per attrarre investimenti.

Contrariamente, il destino della Sibaritide, del Crotonese, così come di tutti gli altri ambienti che si affacciano sulla baia jonica, sarà quello di restare piccole aree dalle innate potenzialità, ma incapaci di offrire un futuro ai propri figli. (dm)

L’OPINIONE / Aldo Ferrara: Bene firma Fsc, ora investimenti in aree industriali e infrastrutture

di ALDO FERRARAI 2,5mld di euro destinati alla nostra regione attraverso il Fondo rappresentano una potente leva finanziaria capace di attivare importanti investimenti in settori strategici per la Calabria: interventi sul sistema di trasporto stradale, su trasporto marittimo, logistica e portualità, a favore della prevenzione in materia idrogeologica, gestione dei rifiuti e depurazione rappresentano un’opportunità da non perdere e anzi da cogliere nel più breve tempo possibile

Parimenti, auspichiamo che una parte di queste risorse siano destinate alla riqualificazione delle aree industriali calabresi: da tempo, infatti, sosteniamo pubblicamente come l’investimento in questo ambito si traduca in un moltiplicatore di opportunità, in una spinta alla capacità dell’intera regione di essere attrattiva rispetto alle intenzioni di investimento da parte di imprese italiane e straniere.

Questo, è forse superfluo sottolinearlo, si tradurrebbe in azioni concrete per la riduzione delle distanze sociali ed economiche della Calabria rispetto al resto del Paese e dell’Europa: esattamente le finalità per le quali è nato il Fondo di Sviluppo e Coesione. Questi temi sono stati al centro dei più recenti incontri con il presidente della Giunta regionale, Roberto Occhiuto, il quale ha manifestato sensibilità e attenzione: ora c’è la concreta opportunità di tradurre in azioni concrete gli intendimenti forti e particolareggiati di cui abbiamo fin qui discusso. Siamo fiduciosi che ciò possa avvenire rapidamente così da consegnare alla Calabria lo strumento che, assieme alle infrastrutture, più di altri sarà capace di determinare lo sviluppo sociale ed economico della regione. (af)

[Aldo Ferrara è presidente di Unindustria Calabria]