SE CI SARÀ UNA GRANDE COSENZA, SERVIRÀ
ANCHE UNA PROVINCIA DELL’ARCO JONICO

Il dibattito sulla sintesi amministrativa e il prossimo referendum consultivo tra Cosenza, Rende e Castrolibero stanno catalizzando i pareri di Comitati spontanei ed esponenti delle Istituzioni sul tema. Tra favorevoli e contrari, la volontà di creare una Città demograficamente importante, che acquisisca un ruolo ancor più centrale nei processi regionali ed in generale negli assetti del Mezzogiorno d’Italia, è risultato palese sin da quando gli interessi del Consiglio regionale si sono concentrati sulla tematica.

Come Comitato, non abbiamo mai nascosto le nostre simpatie verso il progetto in questione e verso tutti quei processi volti alla necessità di avviare riforme sistemiche degli attuali assetti amministrativi regionali.

Tuttavia, dopo aver letto alcune sortite apparse sui social e poi corroborate da Rappresentanti delle Istituzioni, spiace prendere atto di alcune posizioni che esplicano uno scollamento dalla realtà in tema di nuove simbiosi amministrative.

Negli ultimi giorni è circolata in rete una locandina pubblicitaria a suffragio delle posizioni favorevoli al prossimo processo di fusione in val di Crati. Nelle tesi addotte, l’invito a votare “Si” al referendum poiché, in caso di vittoria del “No”, lo status di Capoluogo di Provincia potrebbe migrare dall’area valliva della Calabria verso lo Jonio. Alla base di tale bizzarra teoria, la maggiore dimensione demografica e territoriale di Corigliano-Rossano rispetto a Cosenza. Affermazioni singolari, infondate e del tutto fuori luogo e che, probabilmente, sarebbero anche passate inosservate se non fosse per il fatto che a rilanciarle sia stato il Senatore Occhiuto. Ma ancor più inspiegabili appaiono le dichiarazioni comunicate in un dispaccio dal Senatore Antoniozzi. Costui, infatti, si fa promotore dello stravagante concetto secondo cui il tentativo jonico di cercare una nuova dimensione territoriale rappresenti un’alzata di scudi campanilistici verso Cosenza.

Prescindendo dal fatto che i processi di natura amministrativa non andrebbero trattati come fossero pinzillacchere, riteniamo che agli uomini di Stato dovrebbe appartenere un certo aplomb istituzionale. Aizzare i cittadini bruzi allo spauracchio — su una fusione che oltretutto è già scritta — non dimostra particolare acume. Vieppiù, instilla nella mente degli indecisi una propensione al “No” data la carenza di argomentazioni coerenti — che pur non mancherebbero — a suffragio del “Si”.

Ciò che però meraviglia, ma che al contempo comprova quanto sosteniamo da anni, non sono le discutibili tesi dell’Establishment bruzio che proiettano Cosenza verso la Grande Cosenza, additando allo Jonio sentimenti separatisti. Piuttosto, l’immobilismo istituzionale della Politica jonica. Incapace, quest’ultima, di aprire una seria discussione finalizzata a costruire nuovi perimetri amministrativi, ottimali e omogenei, fatto salvo impantanarsi su sterili idee di piccolo cabotaggio e provincette dalla risibile dimensione demografica.

D’altro canto, sarebbe fuori discussione immaginare che il passaggio del Capoluogo da una Città a un’altra possa essere liquidato sulla base di mere questioni demografiche. Se così fosse, Busto Arsizio, Gela, Marsala, Sanremo, San Benedetto del Tronto, Civitanova Marche sarebbero già Capoluogo da un pezzo. Le richiamate Città, infatti, al pari di Corigliano-Rossano rispetto a Cosenza, risultano demograficamente più rappresentative dei rispettivi Capoluogo.

Parimenti, i tentativi di costruzione di una nuova dignità territoriale in riva allo Jonio, non possono essere marchiati di atteggiamenti separatisti verso Cosenza.

L’area jonica e quella valliva rappresentano contesti geografici distinti e distanti; territori che vivono di diversi tipi di economie e mai amalgamati per interessi comuni. Parlare di competizione, quindi, fra contesti diversi risulta assolutamente anacronistico e non aiuta la Calabria a crescere per diventare una Regione coerentemente europea. Alimenta, al contrario, stucchevoli dualismi finalizzati a non modificare il alcun modo lo stagnante status quo.

La Grande Cosenza come preambolo a una nuova riforma sistemica degli ambiti regionali 

La Città di Cosenza, caratterizzata da fenomeni politici che affondano radici nei principi cardine del centralismo storico, potrebbe finalmente aprirsi, almeno alle comunità contermini, a una visione inclusiva e non più schiacciata su se stessa. La Città, infatti, ha accentrato negli anni l’inverosimile, rendendo sterili i territori dirimpettai e facendo terra bruciata degli ambiti lontani dal baricentro bruzio.

Il progetto di fusione amministrativa a Cosenza, in funzione di una razionalizzazione del numero dei Comuni e nell’ambito di una prospettiva di riassetto della Calabria, può diventare volano di svolta, ma solo se accompagnata da una nuova governance del territorio regionale. I processi di tale natura, infatti, possono concorrere a realizzare un nuovo modello di sviluppo sostenibile e compatibile con le uniche risorse certe della programmazione europea e di quella emergenziale del Recovery.

La rinnovata funzione della Città bruzia modificherebbe la geografia dei luoghi. I vantaggi di tale operazione avrebbero ricadute positive non già per l’ambito strettamente cosentino, quanto per tutta l’area del Pollino-vallivo e della striscia alto-tirrenica che da Amantea lambisce la Lucania. Cambierebbero e si bilancerebbero i rapporti politici tra l’area valliva del Crati e dell’Istmo, nonché con l’ambito jonico. Si darebbe peso specifico e spessore al neonato collegio camerale che ha voluto l’area di Cosenza assemblata a quella dell’Appennino paolano. Si realizzerebbe, quindi, una situazione similare a quella avvenuta su Corigliano-Rossano che, conseguentemente il processo di fusione, ha posto il nuovo Comune in una posizione di sussidiaria interdipendenza con Crotone e punto di smistamento tra i flussi jonici, tirrenici ed adriatici.

L’idea progetto cosentina, parallelamente a proposte di unioni e fusioni tra Comuni contermini e rimodulazione dei contesti provinciali calabresi, dovrebbe favorire una riforma territoriale finalizzata a riscrivere la storia degli ambiti vasti della Calabria. Individuare contesti territoriali e demografici omogenei, inquadrati nella forbice demografica compresa tra 350/450mila ab., consentirebbe di rispettare le prescrizioni raccomandate del DL 56/14 (Delrio). Vieppiù, si preparerebbero i presupposti per il superamento dei limiti imposti da quest’ultima legge, avviando una profonda riforma sistemica che permetterebbe alla Regione di essere competitiva sul piano nazionale ed europeo svolgendo un suo ruolo nell’ambito della Macroregione mediterranea. La Calabria, quindi, si rilancerebbe quale naturale baricentro mediterraneo tra l’area del Medio Oriente, i Paesi Africani e la via Atlantica. L’auspicata riforma dovrebbe essere varata per mettere in condizione la Regione di marciare spedita sul binario del Pnrr, nonché dei Fondi comunitari della programmazione 2021-2027.

Entrambi, infatti, risultano in sintonia con la principale politica di investimento dell’Europa: la coesione territoriale. La stessa che mette al centro il territorio sostenendone la crescita economica, la creazione di posti di lavoro, la competitività delle imprese, lo sviluppo sostenibile e la protezione dell’ambiente. I suoi vantaggi, dunque, sono direttamente proporzionali alle aggregazioni territoriali.

Abbandonare i sentimenti campanilistici per aprirsi alla visione e alla prospettiva

È giunto il tempo di abbattere gli steccati e liberarsi dalle polemiche che non portano a nulla, ma che alimentano solo divisioni. Se davvero vogliamo il bene della nostra terra, dobbiamo pensare a un progetto che metta insieme tutte le forze, che superi scomposizioni e costruisca ambiti forti, capaci di rispondere alle esigenze di chi vive sia nelle valli che sulle coste.

I Senatori Occhiuto e Antoniozzi, con le loro dichiarazioni, ci pongono di fronte a una realtà che non possiamo più ignorare: i territori hanno bisogno di grandi visioni che vadano oltre le sterili polemiche. Si realizzi, pertanto, la Grande Cosenza, ma si dia vita anche a una grande Provincia dell’Arco Jonico che veda protagoniste Corigliano-Rossano e Crotone, per disegnare una Regione che guardi al futuro con orgoglio e forza. (Comitato Magna Graecia)

Occhiuto (Fi), Loizzo (Lega), Antoniozzi (Fdi): No a notizie false su Città Unica

Il senatore di FI Mario Occhiuto e i deputati Simona Loizzo (Lega) e Alfredo Antoniozzi (Fdi), hanno evidenziato come «a cinque giorni dal voto per il referendum sulla città unica assistiamo con sgomento alla continua diffusione di notizie palesemente false».

«Si sostiene – hanno spiegato – che i dipendenti della Rende Servizi perderebbero il posto di lavoro. Falso, perché dipendenti di una partecipata. Altrettanto falso parlare di rischio per i lavoratori delle cooperative di Cosenza che, invece, potrebbero vedere aumentati i loro salari per una stabilizzazione in un unico contenitore».

«Falso – hanno ribadito – che con la città unica verrebbe spostata la sede del municipio a Cosenza (!), e che chiuderebbero gli uffici comunali di Rende e Castrolibero: rimarranno ovviamente aperti e funzionali anche in virtù della nascita dei municipi. Siamo costretti quotidianamente a controbattere a notizie del tutto inventate che hanno il solo scopo di generare paure nella cittadinanza. Metodi che potevano essere giustificati alle elezioni politiche del 1948 non oggi».

«Non c’è una sola contestazione, dai debiti di Cosenza ai posti di lavoro – hanno concluso –, che abbia un minimo di fondamento. E purtroppo rimane l’amarezza di non potersi confrontare su livelli di verità e di contenuti». (rp)

Città unica di Occhiuto o Grande Cosenza di Andreatta?

di FRANCO BARTUCCIVisto così potrebbe essere un quesito che i cittadini di Rende, Cosenza e Castrolibero, saranno chiamati a scegliere partecipando al referendum indetto per il prossimo 1° dicembre dal Presidente della Giunta Regionale della Calabria, Roberto Occhiuto. Per dire la verità costoro saranno chiamati ad esprimersi per il “Sì”, che prevede la fusione in “città unica” dei tre comuni sopra citati, oppure per il “No”, preferendone la indipendenza e autonomia come tuttora vigente.

Per la “città unica” si intende questa scelta netta e nelle condizioni e descrizione che abbiamo ampiamente trattato nei nostri servizi precedenti e cioè riconoscere e legalizzare l’insieme di tre aree urbane ormai già esistenti nelle parti basse dei centri storici di Rende e Castrolibero con annessione ed integrazione all’area urbana di Cosenza con in cima il suo centro storico. Il termine “Città unica” è stato lanciato nel 2019 dalla consigliera regionale Simona Loizzo, oggi parlamentare.

Mentre della “Grande Cosenza” il termine nasce negli anni Sessanta nei vari circoli culturali e politici della città bruzia a seguito dell’impegno per far nascere in Calabria la prima università calabrese, che si concretizza con l’approvazione della legge istitutiva 12 marzo 1968, n° 442, che porta il nome di Aldo Moro (presidente del Consiglio) e dei ministri: Gui, Pieraccini, Colombo, Mancini, Pastore.

Nel mese di febbraio 1971 il Presidente del Consiglio Emilio Colombo, avendo come sottosegretario alla presidenza del Consiglio Dario Antoniozzi, nonché come Ministro della Pubblica Istruzione l’on. Riccardo Misasi, fa approvare dal consiglio dei Ministri, il cosiddetto “Pacchetto Colombo”, che prevede per il cosentino l’insediamento della prima università statale calabrese, ratificata successivamente nel mese di aprile da un Decreto del Presidente della Repubblica.

Il Comitato Tecnico Amministrativo, presieduto dal Rettore Beniamino Andreatta, riunitosi nel salone di rappresentanza di Palazzo dei Bruzi, delibera, dopo un periodo di studio del territorio, di insediare la nuova università, la prima istituita dalla Repubblica italiana, a Nord di Cosenza, sui territori di Rende e Montalto Uffugo, legando a Sud il complesso universitario alla superstrada 107 Crotone/Cosenza/Paola, mentre a Nord all’asse ferroviario Cosenza/Paola in località Settimo di Montalto Uffugo, costeggiata a valle dall’autostrada Salerno Reggio Calabria. Da questa scelta prende corpo, quindi, l’idea progettuale della “Grande Cosenza”, avendo come cuore palpitante e propulsivo la nascente Università della Calabria, sull’asse portante principale Montalo Uffugo/Rende e legato alla città capoluogo di Cosenza per ragioni soprattutto istituzionali e governative.

Che cos’è quindi la Grande Cosenza scaturita dalla nascita dell’Università della Calabria ed impostata nel territorio appena descritto? In parole semplici non è altro che una nuova città pensata nella media Valle del Crati, che per il Comitato Tecnico Amministrativo ed il suo presidente, prof. Beniamino Andreatta, doveva essere punto di riferimento al centro del Mediterraneo, ma soprattutto una città europea con la sua università aperta ed al servizio del territorio per un suo sviluppo economico, sociale e culturale.

Una nuova città che con l’Università si estendeva nella vasta area della media Valle del Crati, coinvolgendo attraverso un sistema viario, autostradale, ferroviario e metropolitano i vari centri urbani dislocati sulle fasce montane circostanti e lungo l’autostrada tanto da paragonare la nuova Grande Cosenza alla città metropolitana di Londra, fatta da un insieme di comuni. La Grande Cosenza legata a Castrovillari e Sibari attraverso un sistema di metropolitana veloce guardando alle due sponde dello Jonio e del Tirreno, come anche alla fascia interna della Sila per esserne laboratorio sperimentale di studio e valorizzazione in termini di investimenti turistici ed imprenditoriali.

Per fare tutto ciò si raccomandavano interventi importanti da realizzare: il completamento della galleria ferroviaria di base Paola/Cosenza; la costruzione della strada dell’Esaro; la costruzione dei raccordi stradali dall’autostrada del Sile ai nuovi insediamenti presso gli abitati a sinistra del Crati; il riammodernamento dell’itinerario stradale da Catanzaro Lido a Sant Eufemia; la costruzione della sede, con tracciato poi utilizzabile per la metropolitana veloce su rotaia, sull’itinerario della pedemontana della Serra inserito tra gli abitati storici a sinistra del Crati e la fascia boschiva a monte.

Insomma dichiarava il Rettore Beniamino Andreatta al quotidiano “La Stampa” di Torino in un servizio giornalistico pubblicato il 30 giugno 1971 con il titolo “La sfida dell’Università in Calabria” : «Pensiamo all’Ateneo calabrese come ad un quartiere specializzato di un’area metropolitana». Ed ancora: «dobbiamo fare scelte rapide per rompere la delusione del Mezzogiorno, e scelte precise per non annegare nel perfettismo dei meridionali, che alimenta discussioni interminabili. Una città come Cosenza con l’Università avrà influenza su tutta la Calabria, sarà una città di giovani in una regione che da decenni perde i suoi giovani. Naturalmente vogliamo che l’Università sia come la concepiamo, che funzioni come se ci fossimo noi stessi che l’organizziamo».

Ci sono i disegni, le planimetrie, le relazioni descrittive che mostrano il tipo di Università che la Calabria avrebbe dovuto avere sviluppata su un asse di 3 km e 400 metri tra la superstrada 107 e i binari del tracciato ferroviario Cosenza/Paola in località Settimo di Montalto Uffugo sui territori dei comuni di Rende e Montalto. Sono state appena realizzate opere strutturali lungo un asse di un chilometro e 420 metri lineari ed un complesso residenziale pari a 2.300 posti letto; mentre in base alla legge istitutiva ne avrebbe dovuto accogliere il 70% degli studenti iscritti, tradotti in termini numerici almeno 8000 posti.

L’incuria politica ed il disinteresse scaturito negli anni anche per una scarsa attenzione sia da parte della stessa comunità universitaria come della società calabrese, ne ha bloccato il progetto da ben 15 anni; mentre adesso con il disegno di legge regionale della “Città unica” ne cancellano la memoria decurtando l’area  di 310 ettari assegnatele nel 1971, con delibere dei Comuni di Rende e Montalto Uffugo, spazzando via circa 50 ettari che si trovano sul territorio di contrada Settimo, attigui al torrente che costituisce la linea di confine tra i due comuni, dove si trova la confluenza dei tratti ferroviari Cosenza/Paola e Sibari/Paola, utilizzati dal treno alta velocità Sibari/Bolzano, per non ricordare che proprio su Settimo sono in cantiere la stazione ferroviaria incrocio dell’asse portante dell’UniCal e lo svincolo autostradale Montalto sud/Rende.

C’è da chiedersi cosa ha spinto questa classe politica regionale ad insistere nel predisporre un disegno di legge che prevede la fusione solo dei tre comuni Rende/Cosenza e Castrolibero escludendo Montalto Uffugo? Sebbene informati fin dal 2019 della debolezza del progetto rispetto al disegno della Grande Cosenza, con costanti servizi giornalistici pubblicati da Calabria.Live e da contatti e colloqui frontali, come telefonici, perché questa perseveranza verso un referendum consultivo che anziché unire una comunità nell’impostare la nascita di una nuova città, posta su una unica area urbana, finisce per spaccarla?

Attraverso i vari servizi giornalistici abbiamo sempre chiarito che la nuova grande città andava realizzata in funzione del rispetto del progetto dell’Università della Calabria ed è un punto doloroso che questo non sia avvenuto, sia nella fase preparatoria del testo di disegno di legge, come nella fase di dibattimento in corso per la campagna referendaria. L’UniCal è un oggetto calato dal cielo non avendo diritto di rendersi visibile. Eppure i padri fondatori ebbero a fare raccomandazioni particolari riportati in precedenza in questo servizio per garantire crescita e sviluppo a se stessa, ma principalmente alla società calabrese.

Come altrettanto triste è il fatto che la stessa comunità universitaria e chi la dirige oggi nella sua governabilità non abbia alzato voce per tutelare e difendere l’integrità territoriale della nascente Università della Calabria da collocare in un’area urbana unica, per come chiesto dai padri fondatori, e non su due per come emerge dal disegno di legge regionale oggetto di discussione.

Se la dirigenza dell’UniCal tace con il referendum è bene che i cittadini esprimano il loro pensiero se le cose vanno bene così come sono, oppure credere che c’è ancora una speranza per cambiare pagina ed essere parte attiva nella costruzione di una nuova Grande Cosenza apponendo un “no” sulla scheda referendaria, aprendo, così, la strada nel dare inizio a quel percorso mirato a creare la città metropolitana sull’asse portante Università della Calabria esteso sul territorio Rende/Montalto Uffugo. Ci sono in questo servizio quattro immagini di Settimo e che mostrano la vacuità del disegno della città unica che ne esclude l’annessione, che ne giustifica la bocciatura. (fb)

L’OPINIONE / Franz Caruso: Referendum non sia usato a fini di parte

di FRANZ CARUSO – Immagino che l’invito del  presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, a non usare l’esito del referendum per la città unica Cosenza, Rende, Castrolibero  “come una clava per perseguire ragioni politiche”, sia indirizzato a chi ci sta deliziando con le sue uscite social dal chiaro sapore oscurantistico e antistorico, sfiorando il bizzarro o addirittura il grottescO.

Bene il Presidente Roberto Occhiuto, e non è un eufemismo, che riprendendo in mano una situazione tragicomica, riporta con i piedi per terra quanti, sostenendo la propria  proposta, mirano a sminuire  il ruolo prestigioso che Cosenza ha avuto nella storia e che nessuno mai potrà toglierle. Oltretutto, un modo maldestro per sollecitare  contrapposizioni campanilistiche con la città di Corigliano-Rossano che è uno dei punti di forza nel sistema territoriale regionale.Chi può disconoscere a Cosenza “Cosentia” di essere stata capitale dei Bruzi, capoluogo della Calabria Citeriore, identificata come Atene della Calabria, in riferimento alla sua tradizione culturale oltre che al ruolo svolto nella storia contemporanea?

Solo qualche sconsiderato… Certo, negli ultimi dieci anni, l’immagine di Cosenza è stata appannata, ha perso residenti, visto chiudere attività commerciali ed ha subito l’onta del dissesto. Situazioni che noi stiamo risanando, dando vita ad un vero e proprio rilancio della città che sta sfociando in un brillante dinamismo sociale, economico e culturale, anche grazie ad una straordinaria capacità realizzatrice volta a concretizzare con i fatti la città unica che è nel mio programma elettorale e per la quale sto lavorando portando avanti progetti e programmi chiari e definiti. Con il presidente Occhiuto, peraltro, condivido l’assunto secondo cui “non si possono assicurare servizi di qualità con risorse scarse”.

Per questo motivo il governatore della Calabria potrebbe e, io ritengo, dovrebbe corrispondere a Cosenza l’equivalente delle risorse che le sono state sottratte con il definanziamento della Metropolitana Leggera Cosenza-Rende-Unical così da consentirci di  dar vita ad un sistema di BRT ( Bus Rapid Transit), indispensabile per migliorare la qualità della mobilità nell’area urbana e rendere sempre più concreta la realizzazione della Città Unica. (fc)

[Franz Caruso è sindaco di Cosenza]

Dalla città unica parte la demolizione della Grande Cosenza città metropolitana di Beniamino Andreatta

di FRANCO BARTUCCIUna classe politica debole e senza memoria sta scippando all’Università della Calabria il diritto di crescere e diventare adulta come pensata e programmata dai padri fondatori, collocandola a Nord di Cosenza, tra la Statale 107 Crotone/Cosenza/Paola in territorio di Rende ed il tracciato ferroviario Cosenza/Paola- Paola/Sibari con incrocio a Settimo di Montalo Uffugo, lì dove l’asse strutturale della cittadella universitaria avrebbe dovuto avere la sua stazione ferroviaria di servizio per collegamenti viari in direzione dei quattro punti cardinali della Calabria in collegamento ed in rapporto con il resto del paese.

Tutto questo succede per effetto del disegno di legge di città unica, approvato dalla maggioranza di centro destra del consiglio regionale, che prevede la fusione dei Comuni di Rende, Cosenza e Castrolibero, con esclusione di Montalto Uffugo, dove l’Università della Calabria in località Settimo ha a sua disposizione, in quanto vincolati nel 1971, circa 50 ettari di terreno per realizzarvi importanti opere del progetto Gregotti, tra le quali la stazione ferroviaria in attesa di realizzazione.

Un disegno di legge che ha trovato dall’esterno l’appoggio dei consiglieri di minoranza del Partito Democratico, per effetto di aver proposto un emendamento, ottenendone l’approvazione, che prevede lo scioglimento dei consigli comunali dei tre comuni, a partire dal mese di febbraio 2027 per costituirli in città unica.

Un sostegno che tradisce il lavoro ed il sogno del Rettore Beniamino Andreatta (considerato uno dei padri fondatori del Partito Democratico) di porre le basi, con la nascita dell’Università della Calabria, della creazione di una “Grande Cosenza”, su un asse portante costituito tra i comuni di Montalto Uffugo, Rende, Cosenza per dare visibilità all’Europa e all’area del Mediterraneo la presenza di una nuova grande città metropolitana collocata nella media Valle del Crati. Una città metropolitana paragonabile alla città di Londra per effetto dell’aver messo insieme vari centri urbani collegati tra loro di un sistema viario misto stradale e metropolitano.

Con la città unica questo sogno di Andreatta scaturito dalle analisi e lavoro del Comitato Tecnico Amministrativo, che guarda caso nasce da una seduta tenutasi nel salone di rappresentanza del comune di città dei Bruzi il 31 luglio 1971, esattamente il 19 novembre 2024, a distanza di 53 anni nello stesso salone viene infranto dalla dichiarazione del sindaco, Franz Caruso, che a proposito del Referendum indetto per il 1° dicembre prossimo, dice e si dichiara  per il sì in modo di pensieri poco chiari e confusi con riferimenti alle cose fatte nell’arco dei suoi tre anni di gestione del comune ( vedi unificazione dei servizi primari avviati già con i comuni di Rende e Castrolibero, come l’unificazione del trasporto locale, ecc.).

«Se vince il sì, già dal giorno seguente – dichiara il sindaco Caruso in conferenza stampa – deve iniziare un lavoro comune tra Regione, Comuni e UniCal ed associazioni competenti in materia di fusioni, debbono lavorare insieme per avviare un percorso virtuoso di creazione della città unica».

Già di per sé il termine “unica” richiama il valore pregnante dell’unità che in questa circostanza non esiste (vedi riflessi referendum); mentre una nuova città per essere nel pieno della maturità e convivenza civile, sociale ed umana alta e qualificante richiede un dovere primario costituito dal “saper stare insieme” nel rispetto dei valori pregnanti della democrazia e della libertà, ma soprattutto nell’essere una “comunità umana” che vive sapendo rispettare gli altri prima che sé stessi in perfetta concordia, socializzazione e spirito di pace. Tutto questo non lo vediamo in questa fase dai vari comportamenti tra i fautori del “sì” e quelli del “no”.

Nel suo dire il sindaco Caruso credo che faccia confusione tra la città unica di Occhiuto e la città metropolitana pensata ed auspicata da Andreatta con il lancio della “Grande Cosenza” che prevedeva come punto di appoggio forte e primario l’inserimento di Montalto Uffugo avendo sul territorio di Settimo l’incrocio delle tratte ferroviarie Cosenza/Paola e Sibari/Paola e non è un caso che alla fine della conclusione della conferenza stampa gli ho posto una richiesta attraverso una domanda specifica e cioè di convocare in quella sala storica per la nascita dell’Università della Calabria, prima del referendum, la cittadinanza per riflettere insieme sul tema “La città unica di Occhiuto o la Grande Cosenza di Andreatta?”. Non dico la risposta.

Nella conferenza del primo cittadino ci sono dei passaggi su cui vale la pena riflettere a dimostrazione del pessimo lavoro ch’è stato fatto per arrivare a proporre un disegno di legge di città unica che fa acqua da tutte le parti e che le cittadinanze interessate ne debbono prendere coscienza se è loro intenzione recarsi alle urne per esprimere in modo responsabile un voto per il referendum consultivo indetto per il 1° dicembre prossimo.

 «Arrivare al 2027 – è stata la dichiarazione del sindaco – con uno studio di fattibilità serio che partendo dal presente ci proietti nel futuro, la stesura di una bozza di statuto del nuovo ente comunale, l’armonizzazione delle finanze e, soprattutto, un chiaro progetto di unificazione dei servizi primari. Un punto, quest’ultimo, su cui noi siamo già partiti avviando, primi in Calabria, insieme ai comuni di Rende e Castrolibero, con la costituzione dell’ambito territoriale per l’unificazione del servizio di trasporto pubblico locale».

Strano prendersi tutto questo tempo per fare le cose appena dette, riconoscendo la debolezza del piano di fattibilità fatto predisporre dalla commissione del consiglio regionale (due anni e mezzo), avendo la spada di Damocle, se qualora nel referendum dovesse vincere il “sì” e mi auguro che invece prevalga il “no”, della decisione ormai presa di accettazione di una “città unica” definita nei confini, a Nord con il torrente Settimo, e nella estensione territoriale dei comuni di Rende/Cosenza/Castrolibero.

Non sarebbe stato più utile e giusto ritirare il disegno di legge invitando il consiglio regionale a riscriverne uno nuovo in concordia tra tutte le parti con il coinvolgimento della stessa Università della Calabria, esclusa (pur essendone una vittima primaria) da ogni trattativa consultiva, come espressamente abbiamo chiesto al presidente Occhiuto nel mese di agosto scorso attraverso una lettera aperta pubblicata soltanto da Calabria live?

Pensiamo che nell’arco di sei mesi si sarebbe potuto sviluppare una nuova legge per dare il via da subito alla creazione della grande Cosenza come punto centrale di riferimento quell’incrocio ferroviario sorto in contrada Settimo di Montalto Uffugo (vedi immagine fotografiche).

«Lo slittamento al 2027 – ha detto Franz Caruso – mi interessa solo se è finalizzato alla definizione delle modalità organizzative ed amministrative da attivare con rigore e responsabilità, senza alcuna improvvisazione, per l’istituzione del nuovo Comune e non certo per altre ragioni, per come ho già avuto modo di dire due anni fa ai consiglieri Caputo e De Francesco quando mi proposero la data del 2027». 

Poi nel testo del comunicato stampa diffuso, e ritengo approvato dal sindaco, c’è un passaggio che dice molto sulla scarsa conoscenza e distinzione chiara esistente tra città unica e la grande Cosenza, che abbiamo già chiarito in precedenza in questo servizio.

«Rispetto alla sua posizione a favore della Città Unica, cristallizzata, peraltro, dal Consiglio Comunale di Cosenza – è riportato nel comunicato – già lo scorso anno, Franz Caruso ricorda anche la battaglia elettorale del 2016, al fianco di Carlo Guccione e nella coalizione che si chiamava proprio Grande Cosenza, che della città unica aveva fatto una bandiera, per arrivare al programma elettorale del 2021 in cui è tracciata chiaramente l’idea visionaria di Città Unica allargata, addirittura, ad un’area vasta metropolitana».

Ecco qui, pur non citandolo il pensiero visionario del grande Beniamino Andreatta.

Il comunicato riporta poi delle frecciate che il Sindaco in conferenza stampa ha rivolto ai due fratelli Occhiuto (sindaco e presidente della regione): «Al contrario di quanto ha fatto il mio predecessore, che oggi di Città Unica si riempie la bocca – incalza Franz Caruso – ma che per dieci anni sul tema ha prodotto solo un’anonima delibera di Giunta in cui è stata espressa solo la volontà di chiamarla, eventualmente, Cosenza».

«Da quando mi sono insediato – ha sostenuto Franz Caruso – ed in soli tre anni, il progetto di realizzare la città unica l’ho riempito, invece, di contenuti, portando avanti un processo serio e deciso bloccato solo dalla Regione Calabria. Io ho detto si alla metropolitana leggera, che l’ex sindaco ha di fatto bloccato, fino al definanziamento operato dall’ attuale presidente della Calabria. Io ho detto si al nuovo ospedale Hub di Cosenza a Vagliolise, sito baricentrico nell’area urbana e che collega la sibaritide, lo ionio ed il tirreno in maniera agevola (vedi funzionalità hub ferroviario di Settimo!), a cui prima l’ex sindaco Mario Occhiuto ha detto no perché lo voleva vicino al centro storico di Cosenza, mentre ora il fratello governatore vorrebbe realizzare ad Arcavacata a servizio dell’Unical. Non più un Hub, quindi, ma un policlinico che non è la stessa cosa. Per questo motivo si stanno allungando i tempi di realizzazione della nuova struttura ospedaliera, di cui abbiamo un bisogno impellente, e temo che anche in questo caso perderemo i finanziamenti destinati da Inail all’ospedale HUB di Cosenza».

«Per cui – ha detto ancora Franz Caruso – io sono per la Città Unica, il cui primo ispiratore è stato il compianto Pino Iacino che in una visione di sviluppo del territorio vedeva il centro storico di Cosenza e l’Unical come dei grimaldelli capaci di aprirne la cassaforte. Questa idea ci accompagna, dunque, da sempre e non la cedo a nessuno, men che meno a chi, invece, non l’ha mai neanche lontanamente contemplata, operando addirittura nel senso opposto».

«Sono ricorso al Tar contro il Referendum – ha concluso – perché non ho potuto intervenire sulla legge omnibus, che consideravo e considero una vera e propria azione di barbarie amministrativa che mina, di fatto, l’autorevolezza e l’autonomia dei Comuni per come sancita, peraltro, nella Costituzione Italiana. Per cui la battaglia legale, che non abbiamo perso, checché ne dica qualcuno perché il merito è altro, è una battaglia in difesa della democrazia e della libertà, oltreché dell’autonomia dei consigli comunali».

In questa parte finale di chiusura del comunicato che riporta fedelmente il pensiero espresso dal Sindaco Caruso in conferenza stampa è bene puntualizzare alcune cose e cioè: 1) nel suo dire non vedo una figura di sindaco teso a pensare e lavorare già nell’ottica della città unica, bensì nei limiti dell’attuale Cosenza; 2) in merito alla commemorazione del sindaco Iacino, subentrato al sindaco Fausto Lio, componente del Comitato Tecnico Amministrativo e successivamente del Consiglio di amministrazione dell’Università, si è impegnato a continuare l’opera che il suo predecessore aveva creato all’interno dei due organismi circa la valorizzazione del centro storico di Cosenza.

Riuscì, infatti, a far approvare una delibera nel 1974, con Andreatta favorevole, che prevedeva la costituzione di una commissione di studio per come meglio progettare e programmare l’insediamento di mille posti letto soprattutto per gli studenti nel centro storico di Cosenza, come anche un insediamento universitario in territorio di San Lucido. Il non avere creato un sistema di metropolitana veloce di collegamento con l’area universitaria di Arcavacata ne ha reso invano gli sforzi e la buona volontà realizzativa. 3) il fatto che il presidente della Giunta Regionale Roberto Occhiuto abbia chiuso con una transazione il rapporto con l’impresa vincitrice dell’appalto di  realizzazione della metropolitana di collegamento Università/Centro storico di Cosenza e dirottato 68 milioni di euro, sapientemente cercati dal governatore Mario Oliverio, a favore del completamento della metropolitana di collegamento tra l’Università di Germaneto e l’antico borgo della città di Catanzaro, non è altro che il segno visibile di un fine non certamente teso a fare di Cosenza quella grande città metropolitana lasciataci in eredità dal Rettore Beniamino Andreatta.

Mi addolora che il Partito Democratico cosentino, al quale ho dato la mia fiducia di adesione e continuerò a battermi per la sua esistenza e successo nel tempo, sia caduto nella trappola creata da soggetti di un’area politica che purtroppo si è collocata in una posizione non certamente apprezzata e stimata a suo tempo da uno dei padri fondatori di questo partito.

Non rimane a questo punto rivolgere un appello al Rettore dell’UniCal per presentare un immediato ricorso al Tar Calabria di sospensione del referendum e del disegno di legge a tutela della integrazione territoriale sul quale ha diritto di crescere e svilupparsi per i fini che la legge istitutiva le ha assegnato. Poi rimane il successo del “No” che ognuno può esprimere in liberta e responsabilità informata. (fb)

L’OPINIONE / Franz Caruso: Sì alla Città Unica. Regione, Comuni e Unical lavorino insieme

di FRANZ CARUSO – Domani in Consiglio Regionale i rappresentanti di centrosinistra a Palazzo Campanella proporranno il voto in Consiglio regionale  per l’entrata in vigore della legge sulla fusione alla data di febbraio 2027. Intanto, se vince il Si al Referendum del 1° dicembre, già dal giorno seguente deve  incominciare un lavoro comune tra Regione, Comuni, Unical ed associazioni competenti in materia di fusione per avviare un percorso virtuoso di creazione della Città Unica.

Arrivare al 2027, quindi, con uno studio di fattibilità serio che partendo dal presente ci proietti nel futuro, la stesura di una bozza di statuto del nuovo ente comunale, l’armonizzazione delle finanze e, soprattutto, un chiaro progetto di unificazione dei servizi primari. Un punto, quest’ultimo, su cui noi siamo già partiti avviando, primi in Calabria, insieme ai comuni di Rende e Castrolibero, con la costituzione dell’ambito territoriale per l’unificazione del servizio di trasporto pubblico locale.

Lo slittamento al 2027 mi interessa solo se è finalizzato alla definizione delle modalità organizzative ed amministrative da attivare con rigore e responsabilità, senza alcuna improvvisazione, per l’istituzione del nuovo Comune e non certo per altre ragioni, per come ho già avuto modo di dire due anni fa  ai consiglieri Caputo e De Francesco quando mi proposero la data del 2027.

Rispetto alla mia posizione a favore della Città Unica, cristallizzata, peraltro, dal Consiglio Comunale di Cosenza già lo scorso anno, voglio ricordare, anche, la battaglia elettorale del 2016, al fianco di Carlo Guccione e nella coalizione che si chiamava proprio Grande Cosenza, che della città unica aveva fatto una bandiera, per arrivare al  programma elettorale del 2021 in cui è tracciata chiaramente l’idea visionaria di Città Unica allargata, addirittura, ad un’area vasta metropolitana, al contrario di quanto ha fatto il mio predecessore, che oggi di Città Unica si riempie la bocca, ma che per dieci anni sul tema ha prodotto solo un’anonima delibera di Giunta in cui è stata espressa solo la volontà di chiamarla, eventualmente, Cosenza.

Da quando mi sono insediato ed in soli tre anni, il progetto di realizzare la città unica l’ho riempito, invece, di contenuti, portando avanti un processo serio e deciso bloccato solo  dalla Regione Calabria. Io ho  detto si alla metropolitana leggera, che l’ex sindaco ha di fatto bloccato, fino al definanziamento operato dall’ attuale presidente della Calabria. Io ho detto si al nuovo ospedale HUB di Cosenza a Vagliolise, sito baricentrico nell’area urbana e che collega la sibaritide, lo ionio ed il tirreno in maniera agevola, a cui prima l’ex sindaco Mario Occhiuto ha detto no perché lo voleva vicino al centro storico di Cosenza, mentre ora il fratello governatore vorrebbe realizzare ad Arcavacata a servizio dell’Unical.
Non più un Hub, quindi, ma un policlinico che non è la stessa cosa. Per questo motivo si stanno allungando i tempi di realizzazione della nuova struttura ospedaliera, di cui abbiamo un bisogno impellente,  e temo che anche in questo caso perderemo i finanziamenti destinati da Inail all’ospedale Hub di Cosenza.
Per cui io sono per la Città Unica, il cui primo ispiratore è stato il compianto Pino Iacino che in una visione di sviluppo del territorio vedeva il centro storico di Cosenza e l’Unical come dei grimaldelli capaci di aprirne la cassaforte.  Questa idea ci accompagna, dunque, da sempre e non la cedo a nessuno, men che meno a chi, invece, non l’ha mai neanche lontanamente contemplata, operando addirittura nel senso opposto.
Sono ricorso al Tar contro il Referendum perché non ho potuto intervenire sulla legge omnibus, che consideravo e considero una vera e propria azione di barbarie amministrativa che mina, di fatto, l’autorevolezza e l’autonomia dei Comuni  per come sancita, peraltro, nella Costituzione Italiana. Per cui la battaglia legale, che non abbiamo perso, checché ne dica qualcuno perché il merito è altro, è una battaglia in difesa della democrazia e della libertà, oltreché dell’autonomia dei consigli comunali. (fc)
[Franz Caruso è sindaco di Cosenza]

Salviamo l’integrità territoriale dell’Unical

di FRANCO BARTUCCI – Il dado è tratto. Sia il Tar Calabria che il Consiglio di Stato hanno respinto i ricorsi presentati dai Comuni di Cosenza, Castrolibero e Luzzi e dai vari comitati che si sono costituiti contro il disegno di legge regionale che prevede la fusione dei comuni di Rende, Cosenza e Castrolibero, nonché di bloccare il referendum indetto dal Presidente della Giunta regionale calabrese, Roberto Occhiuto per il prossimo 1° dicembre.

A questa notizia inneggiano i promotori del disegno di legge che hanno proposto la fusione dei tre comuni e quindi sostengono, con gioia ed allegria, il “Si” per il prossimo referendum consultivo, incoscienti tutti che da questa vicenda ne esce fuori una vittima illustre del territorio e cioè l’Università della Calabria.

Un Ateneo, costituito a norma della legge istitutiva del 1968 e relativi atti legislativi successivi approvati dal Ministero della Pubblica Istruzione, che viene a trovarsi deturpato nella sua estensione naturale con l’esclusione del territorio di Montalto Uffugo. Un Ateneo che per farlo nascere, in ordine di tempo vanno riconosciuti dei meriti ad uomini politici di prestigio del cosentino, che hanno partecipato attivamente alla sua realizzazione: Giacomo Mancini, firmatario, come Ministro Lavori Pubblici, della legge istitutiva, senza dimenticare il presidente Aldo Moro, con origini anch’esso cosentine in virtù della madre; Dario Antoniozzi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, con a capo del governo l’on. Emilio Colombo, che approvarono nel mese di febbraio 1971 una delibera Cipe che stabiliva, come area territoriale della nascente università calabrese, il territorio cosentino; Riccardo Misasi, in qualità di Ministro della Pubblica Istruzione del governo Colombo, al quale toccò il compito di costituire, dopo un Dpr del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, gli organismi direttivi del nuovo Ateneo (Comitato Tecnico Amministrativo e Comitati Ordinatori delle quattro Facoltà previste dalla legge istitutiva, il tutto coordinato e diretto dal Rettore Beniamino Andreatta), nonché di approvare e ratificare, attraverso un DPR del presidente della Repubblica, il primo statuto dell’Università della Calabria, datato 1° dicembre 1971.

Poi ci sono altri quattro nomi che parteciparono, come politici all’approvazione del progetto ed alla collocazione delle strutture della nuova cittadella universitaria a Nord di Cosenza e nei territori dei comuni già sopra indicati, che sono: Antonio Guarasci, presidente della Provincia di Cosenza, prima, e presidente della Giunta regionale successivamente; Francesco De Munno, presidente della Provincia di Cosenza; Fausto Lio, Sindaco di Cosenza, che in qualità entrambi di componenti del Comitato Tecnico Amministrativo dell’Università, sottoscrissero ed approvarono la delibera del 31 luglio 1971, in occasione della seduta che tale organo svolse nel salone di rappresentanza di Palazzo dei Bruzi;  Francesco Principe, che in qualità di sottosegretario, ma soprattutto quale sindaco di Rende, seppe comprendere la grande opportunità per creare a favore della popolazione del suo territorio di competenza condizioni di vita migliore, mettendo a disposizione da subito un territorio vasto necessario a realizzare la cittadella universitaria, a vantaggio di chi spingeva nel realizzarla più a Sud nell’area di Piano Lago.

Organismi, che oltre ad impostare l’ordinamento didattico dei vari corsi di laurea e l’organizzazione gestionale dello stesso Ateneo, deliberarono e scelsero come insediamento della nascente Università l’area a Nord di Cosenza sui territori di Rende e Montalto Uffugo, su un asse di 3.400 ml. legato tra la SS 107 ed il tracciato ferroviario Cosenza/Paola/Sibari in località Settimo di Montato, su una estensione complessiva di 310 ettari di terreno, dei quali 50 collocati nell’area di Settimo confinante con Rende. Uomini e figure politiche che appartengono ad un’altra generazione e che alcuni dei loro discendenti ne stanno distruggendo il loro operato e la loro fede politica.

Il fatto che la difesa di questa integrità territoriale assegnata nel 1971 dalle due amministrazioni comunali di Rende e Montalto Uffugo all’Università, non considerata dal disegno di legge in questione, doveva essere la motivazione principale da difendere di fronte agli organi giudiziari, sia del Tar Calabria che del Consiglio di Stato. Ciò non è avvenuto, sia nei ricorsi presentati dai comuni che dai comitati, cosicché sono scaturiti decisioni giudiziarie che non vanno nella direzione giusta di accertamento e premiazione della verità dei fatti. Questa verità è che la integrità territoriale della nostra Università è stata calpestata facendo svanire nel nulla i 50 ettari collocati nell’area di Settimo di Montalto, dove il progetto strutturale Gregotti prevedeva importanti edifici universitari e servizi.

La mancata presenza costitutiva in essere, contro il disegno di legge, sia da parte dell’Università, come del Comune di Montalto Uffugo ha contribuito a creare questa spiacevole situazione che ripeto, ha finito per coinvolgere gli stessi organi giudiziari nell’emanare una sentenza che crea una vittima e questa è proprio l’Università della Calabria, alla quale è stato tolto il diritto di crescere e svilupparsi nei confini stabiliti dagli accordi in precedenza enunciati. 

A nulla son serviti gli interventi di chiarimento fatti sia sull’on. Simona Loizzo, che sul presidente della Giunta regionale Roberto Occhiuto, come sull’attuale dirigenza provinciale del Partito Democratico, che ne ha sostenuto il disegno, invitandoli a recedere per riaprire un nuovo tavolo di lavoro finalizzato ad impostare una nuova legge in concordia tra le parti interessate, con il coordinamento professionale di valenti studiosi del settore dell’UniCal. Ho riferito loro che il disegno di legge cozzava con le sollecitazioni fatte a suo tempo dal Rettore Beniamino Andreatta di creare le condizioni per la nascita, attorno alla realizzazione del progetto dell’Università, di una “Grande Cosenza”, una città europea quale riferimento anche in ambito dell’area mediterranea.

La fretta di avere una legge approvata, attraverso anche un referendum consultivo, ha portato tutte le parti a dare una risposta univoca: “Penseremo a Montato dopo”. Intanto in base all’emendamento presentato dal PD ed approvato dal Consiglio regionale che prevede lo scioglimento dei comuni interessati per creare la città unica bisogna attendere il mese di febbraio 2027. I conti non tornano: che cosa spinge e crea questa fretta? Ambizioni politiche e mire particolari? In effetti è già iniziata riservatamente una campagna elettorale per cercare un sindaco da mettere a capo della nuova città in un momento di debolezza in cui Rende è amministrata da commissari; mentre a Montalto da pochi mesi si è insediato un nuovo sindaco lontano dall’affrontare questo importante tema anche per effetto che la mozione prevede lo scioglimento dei comuni entro il mese di febbraio 2027.

In questi giorni è arrivata poi la notizia della prossima uscita di un libro “Tra benessere e fragilità comunale: Cosenza e la sua “corona” urbana”, a cura di Maria Francesca D’Agostino e Francesco Raniolo per la collana “Futuri urbani: Crisi e rigenerazione delle città”, che sarà pubblicato da Franco Angeli, per come è stato anticipato domenica 10 novembre sul “Domenicale di Calabria.Live”, nel quale vi è un capitolo di analisi e studio fatto proprio sull’area interessata alla creazione della nuova città unica del cosentino, in base anche a dati forniti dall’Istat e dall’ufficio dell’Entrate. Da questo lavoro scaturisce una “verità” incontrovertibile ed è che Montalto Uffugo rispetto a tutti gli altri comuni dell’area risulta quello più solido ed in crescita economica e demografica; mentre gli altri sono in decrescita, tranne Rende.

Il tempo, dopo cinquant’anni, dà ragione al “sogno di Beniamino Andreatta”, che vedeva attorno all’Università della Calabria l’estensione di una unica e più vasta area urbana incentrata sull’asse Montalto, Rende, Cosenza, che amava definire la “Grande Cosenza” per essere città europea aperta al contesto dell’area mediterranea.

I discendenti di quegli uomini politici del passato, che ci hanno consegnato questo patrimonio di ricchezza culturale, economica, sociale e di conoscenza, stanno adoperandosi, disconoscendo il lavoro dei loro avi, per abolire quel loro grande sogno, mettendo da parte il territorio di Montalto Uffugo, dove ci sono in località Settimo, come già detto in precedenza, 50 ettari di terreno vincolati dal piano regolatore comunale per strutture edilizie universitarie.

 Su quel territorio, come auspicato dai padri fondatori dell’UniCal e come risulta visibile dal progetto strutturale edilizio, a firma Vittorio Gregotti, come dalle fotografie che fanno parte integrante del servizio, corrono dei  binari ferroviari di collegamento tra Cosenza/Paola e Sibari/Paola con incrocio proprio in località Settimo di Montalto, dove manca soltanto la stazione ferroviaria, anche questa facente parte del progetto complessivo dell’Università della Calabria.

Questa location, secondo il disegno di legge della città unica, verrebbe a cadere nell’area urbana di Montalto Uffugo, che guarda caso per effetto della linea confinante del fiume Settimo, il territorio riservato all’Università per la realizzazione delle sue opere strutturali cadrebbe in due aree urbane diverse, creando dei vantaggi di grande, sia demografico che economico, a favore di Montalto Uffugo per come ha ben descritto la prof.ssa Rosanna Nisticò nella sua relazione di cui sopra. Ed allora è il caso di chiedersi – come ha sottolineato la docente universitaria – perché tre comuni e non quattro? Finora non è arrivata alcuna risposta. (fb)

La Città unica che disunisce la cittadinanza e divide l’UniCal in due aree urbane diverse

di FRANCO BARTUCCIIl Tar Calabria sui ricorsi presentati dai Comuni di Cosenza, Castrolibero e Luzzi, come dalle Associazioni contrari alla fusione dei Comuni di Rende, Cosenza e  Castrolibero in “città unica”, non ha dato, come noto, la sospensiva aprendo la strada verso il referendum del 1° dicembre prossimo, indetto dal Presidente della giunta regionale, Roberto Occhiuto, a seguito del disegno di legge approvato dal Consiglio regionale nello scorso mese di luglio.

Il fronte del no ha annunciato la presentazione di un nuovo ricorso al Consiglio di Stato, mentre i favorevoli al sì hanno aperto la loro campagna promozionale perché il referendum abbia successo facendo primeggiare la loro posizione mirata a creare la fusione. Una fusione strumentale a quanto si chiedono i fautori del no?

Una cosa è certa che il disegno di legge per la fusione dei tre comuni penalizza fortemente i confini territoriali dell’Università della Calabria, che come diffusamente riportato attraverso i miei servizi giornalistici nell’arco degli ultimi tre anni  apparsi su Calabria.Live e il Quotidiano del Sud, togliendole il diritto di potersi sviluppare sui territori dei Comuni di Rende e Montalto Uffugo come fu deciso nell’estate del 1971 dal Comitato Tecnico Amministrativo, presieduto dal Rettore Beniamino Andreatta, nel rispetto della legge istitutiva 12 marzo 1968 n. 442 (firmatario il presidente Aldo Moro), della delibera Cipe del 3 luglio 1970, accolta e approvata dal Consiglio dei Ministri, con Presidente Emilio Colombo, nella seduta del 16 febbraio 1971, avendo come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, l’on. Dario Antoniozzi, nonché del Decreto del Presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat, datato 16 aprile 1971, che stabilisce quale sede della prima università statale calabrese la zona di Cosenza. 

Da questi provvedimenti legislativi scaturisce e porta il Comitato Tecnico Amministrativo dell’Università della Calabria con la delibera sopra riportata dell’estate 1971 a decidere la collocazione dell’Università a Nord di Cosenza sui territori di Rende e Montalto Uffugo e precisamente su un asse lungo 3 km e 400 metri partendo dall’incrocio della Statale 107 Crotone/Cosenza/Paola fino ad incrociare l’asse ferroviario Cosenza/Paola collocato a Settimo di Montalto Uffugo con l’incrocio ferroviario che porta  sullo Jonio e particolarmente a Sibari luogo storico meritevole di attenzione (almeno in quell’epoca) da parte della nascente Università della Calabria. Una sede universitaria, tra l’atro costeggiata dall’autostrada Salerno Reggio Calabria, con lo svincolo di Quattromiglia (Nord di Cosenza) ed il nuovo, in fase di eterna elaborazione da parte dell’Anas, che dovrà essere realizzato proprio nell’area di Settimo, per non parlare della stazione ferroviaria prevista sull’asse dal progetto Gregotti dell’Università della Calabria.

Con questo contesto ambientale e anche storico viene predisposto un disegno di legge “città unica”, che può essere eccelso per i proponenti, ma non per chi ha memoria di quel progetto UniCal, ben definito e chiaro, che guardava con il suo sviluppo alla creazione di una “Grande Cosenza”, quale opportunità di crescita economica, sociale e culturale di un intero territorio, non solo del posto, ma dell’intera Calabria.

In attesa degli sviluppi del possibile ricorso al consiglio di stato, come detto in precedenza, i favorevoli del si alla fusione hanno cominciato la loro propaganda referendaria politica, come oggi sul quotidiano messinese che riporta un servizio nel quale viene lanciato l’appello di alcuni parlamentari moderati quali: Mario Occhiuto, Simona Loizzo, Fausto Orsomarso e Alfredo Antoniozzi. Nel loro appello scrivono: «La grande città servirà ad affermare la grandezza del capoluogo e di una grande provincia. Servirà a realizzare nuove infrastrutture, a garantire un futuro a generazioni che non devono essere destinate a una sorta di emigrazione dovuta».

Un referendum, dunque, per rimettere insieme quell’idea di unità e poi «non ci interessa nemmeno ribattere al protezionismo residuale di piccoli gruppi ma affermare l’esigenza di una nuova, grande città che sia luogo di sapienza, ricerca, lavoro, di una identità che raccolga ogni esperienza valorizzandone il significato e la potenza culturale».

Parole e pensieri generici che contrastano su quanto accade nella realtà di oggi sul campo, mentre parlano dello spirito di grandezza e della promessa realizzativa di opere strutturali a garanzia di bloccare l’emigrazione dei giovani. Poi nella seconda parte si evidenzia lo spirito dello stare insieme per “quell’idea di unità” e poi il fuoco di artificio finale in cui si mostra la visione di un luogo di sapienza, ricerca, lavoro e l’esplosione di una potenza culturale.

 Ma guardando nella realtà del progetto di città unica che estromette Settimo di Montalto Uffugo scippando all’uniCal il diritto di svilupparsi su quel territorio scelto e indicato dal Comitato Tecnico Amministrativo,  con la firma di approvazione pure del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Dario Antoniozzi, ne scaturisce un quadro desolante di menomazione, con meno opere infrastrutturali previste nel progetto e con meno occupazione, sia per la fase impiantistica, che gestionale permanente e a tempo indeterminato,  portando quindi i giovani ad emigrare.

Che dire poi della “grande città”, quale luogo di sapienza, ricerca, lavoro e potenza culturale,  come si parla nell’appello dei quattro parlamentari di cui sopra, se  questa si costruisce tagliando le ali all’ Istituzione che più di ogni altra sul territorio, come l’Università della Calabria, in questi anni ha mostrato, pur se menomata dalla indifferenza politica e contrasti impostale (vedi di quanto sta accadendo in questa circostanza), di saper produrre ed offrire alla comunità calabrese quanto di meglio si potesse avere in termini  di valori culturali, scientifici  e di formazione, per essere fonte di sapienza per innumerevoli giovani, oggi uomini e professionisti qualificati sparsi nel mondo.

La città unica di cui si parla ed il suo spirito di unità non lo è certamente in questo momento sul campo a dimostrazione del fatto della mobilitazione che si è creata con la presentazione dei vari ricorsi avverso la fusione, che doveva essere di un trapasso naturale ed indolore frutto di conoscenza e saggezza che doveva essere manifestata da chi oggi governa questa Regione sfortunata, brava ad autodistruggere le cose belle che le sono state offerte e presentate sul piatto, come l’Università della Calabria.

A chiusura di questo servizio è il caso di sottolineare che in questa vicenda, in base alla ricerca ed analisi fatta dalla prof.ssa Rosanna Nisticò e Anna Rita Ferrara per il libro “Tra benessere e fragilità comunale: Cosenza e la sua “corona” urbana”, la cui relazione è stata pubblicata domenica scorsa dal Domenicale di Calabria.Live, dal punto di vista demografica ed economica dell’intera area, ne esce un quadro chiaro e netto,  che il soggetto forte rispetto a tutti i comuni che ne fanno parte non è altro che Montalto Uffugo, di fronte al calo demografico di Cosenza e Castrolibero. 

Con ciò torno a ripetere che non è la “Città Unica” la salvezza dell’area, ma la “Grande Cosenza” che ci ha disegnato a suo tempo 53 anni addietro il Rettore Beniamino Andreatta auspicando un’area unica più grande attorno al progetto dell’Università della Calabria, per creare la nuova grande città della Media Valle del Crati, punto di riferimento europeo e dell’area Mediterranea. Il non fare adesso in questa circostanza, in cui è stata tolta dalla naftalina il progetto, rinviando il tutto a tempi migliori, significa per i promotori  del disegno di legge di essere “soggetti fuori dal tempo”.  (fb)                                   

Castrolibero fa sentire forte la sua voce contro l’ipotesi di città unica

«Questo è uno sgarbo e un’offesa verso tutta la comunità di Castrolibero», ha detto il sindaco di Castrolibero, Orlandino Greco, nel corso della manifestazione “Castrolibero non si estinguerà. Un monito forte fatto alla vigilia dell’udienza al Tar Calabria, nella quale si è discusso dei ricorsi presentati per sospendere il processo di fusione tra i tre Comuni.

«Basti guardare anche allo scempio che si è fatto con Corigliano-Rossano – ha evidenziato –. Io, finché avrò fiato, lotterò con tutto me stesso contro questa fusione: altro che orticello Castrolibero». «Castrolibero è la Terra dell’antica Pandosia – ha ricordato – quella dove alberga una cultura così importante che non credo i consiglieri in regione possano capire, loro non sapevano neanche dove fosse Castrolibero prima di questo scempio costituzionale».

«La fusione doveva essere la condivisione di un percorso, la condivisione di servizi e di un progetto in piena sinergia – ha detto ancora – Castrolibero non si estinguerà. Castrolibero non pagherà i debiti di altri Comuni».

«Quello che stiamo vivendo in questi mesi, guidato da taluni consiglieri regionali – ha spiegato – ha dell’assurdo oserei dire dell’inconcepibile per ogni sana mente umana. Alzarsi la mattina e decidere che un territorio così sano come Castrolibero, con conti in regola e una comunità in forte crescita, debba per forza di cose e per un’imposizione calata dall’alto, accontentare le brama di potere di alcuni personaggi».

«Non abbiamo bisogno di una fusione fittizia – ha spiegato – perché Castrolibero è un Comune sano e con servizi che funzionano e che rappresentano in pieno i bisogni dei cittadini. Questa è una legge dittatoriale che non rispetta la volontà popolare, non tiene conto dei dogmi democratici che caratterizzano il nostro Paese», ha rimarcato  Angelo Gangi, presidente del Consiglio comunale aprendo la manifestazione.

COSENZA – Domani l’assemblea cittadina per dire no alla fusione

Domani pomeriggio, alle 17, al Royal Hotel di Cosenza, si terrà un’assemblea cittadina per dire No alla Città Unica, organizzata dal Comitato di Cosenza No alla Fusione.

Interverranno Battista Sangineto, Nadia Gambilongo, Sergio Nucci, Franco Salatino, Francesco Intrieri e Paolo Veltri. I lavori saranno moderati dal giornalista Filippo Veltri.

«In questi giorni, nell’area urbana – si legge – il tema della fusione dei comuni è diventato finalmente centrale. La scorsa settimana si è tenuta la prima riunione di coordinamento a Cosenza di tutti coloro che hanno deciso di fare fronte comune per dire no ad una fusione dei comuni condotta in maniera antidemocratica. Domani sarà importante mettere in evidenza che la fusione dei comuni di Cosenza, Rende e Castrolibero non nasce da un percorso condiviso e maturato tra i cittadini dell’area urbana, non è espressione dalla volontà e delle decisioni delle comunità interessate, ma è il frutto di una scelta scellerata calata dall’alto con una decisione assunta dalla Regione Calabria del tutto incostituzionale che ha esautorato dalla possibilità di scegliere le amministrazioni comunali».

«Da tutto questo i cittadini e i comuni si sono dovuti difendere con la carta bollata – viene ricordato dal Comitato – presentando ricorsi al Tar (a breve si saprà come si determinerà rispetto al referendum). La legge regionale 15/2006 ha esautorato i comuni dal potere, garantito dalla costituzione, di decidere sul proprio territorio e sulla comunità d’appartenenza; di fatto, cancellando la possibilità di partecipare attivamente ai processi decisionali di unione tra gli stessi, di avviare una programmazione partecipata e di individuare i tempi e i modi per arrivare alla realizzazione di una comunità variegata, ma condivisa tra i comuni interessati, che sono con molta evidenza non soltanto Cosenza, Castrolibero e Rende. Esistono e sono potenzialmente interessati al processo di unione anche le realtà della cintura a Sud di Cosenza e l’area collinare, ad esempio Mendicino, nonché il Comune di Montalto. È necessario, pertanto, allargare la consultazione e la partecipazione con tempi necessariamente più lunghi e democratici. Si è preferito, invece, avviare un tentativo di fusione a freddo ai limiti dell’alchimia amministrativa, su cui i comuni e i comitati dei cittadini hanno presentato ben quattro ricorsi». 

«Inoltre – prosegue la nota – non esiste un progetto condiviso che fotografi l’esistente e prefiguri un’area urbana allargata con un piano urbanistico, del verde, del traffico, dei trasporti degni di questo nome. Non è dato sapere – e rimane un mistero – cosa si farà dopo la fusione e come lo si realizzerà. Progetti di cementificazione e di impermeabilizzazione del suolo incombono, mentre i cambiamenti climatici ci dicono chiaramente che dobbiamo cambiare direzione. Si dice, per la verità senza cognizione di causa, che la fusione porterà vantaggi economici ai comuni, ma le cifre non sono attendibili, non ci sono studi socioeconomici che le avvalorino, gran parte dei docenti dell’Unical sono sbigottiti di fronte a un disegno di fusione senza studi e proiezioni, e le dichiarazioni del rettore lasciano il tempo che trovano».

«L’area Sud di Cosenza e il suo prezioso centro storico da tempo sono dimenticati e in degrado – conclude la nota – bisognerebbe riportare Cosenza al centro di un progetto; invece, viene ignorata la sua storia e la fusione renderebbe il suo ruolo ancor più marginale rispetto allo sviluppo dell’area Nord. Non esiste un progetto condiviso sui servizi sociosanitari. Mentre l’Ospedale dell’Annunziata attende di essere potenziato con risorse e personale, nel frattempo si avviano altri studi di fattibilità. È necessario fare comunità con una progettazione partecipata dal basso, di questo si discuterà nell’assemblea cittadina aperta a tutte». (rcs)