Il Consiglio dei ministri approva il report Iropi

Il Consiglio dei ministri, riunitosi oggi, ha approvato l’attestazione dei motivi imperativi di rilevante interesse pubblico (Iropi) relativi alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, «opera strategica per il Paese».

Lo ha reso noto il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, sottolineando di come «si tratta di un passaggio rilevante  e che avvicina l’approvazione al Cipess e il conseguente via libera ai lavori. Grande soddisfazione da parte di Matteo Salvini».

«L’approvazione del report Iropi è un altro passaggio fondamentale e consentirà di perfezionare le previste comunicazioni alla Commissione Europea per il completamento della Valutazione di Incidenza Ambientale», ha detto con soddisfazione Pietro Ciucci, ad di Stretto di Messina.

«A questo – ha spiegato – seguirà l’esame del progetto definitivo e del piano economico finanziario da parte del Cipess, il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile. Dopo l’approvazione del Cipess, nella seconda metà del 2025, saranno avviati i primi lavori e la progettazione esecutiva dell’intera opera».

«Il Ponte sullo Stretto è opera prioritaria per il Paese – ha ricordato – e si avvicina l’apertura dei cantieri». Lo ha affermato il ministro delle Infrastrutture e Trasporti Matteo Salvini in un video nel quale, commentando la decisione del Cdm sul riconoscimento di opera prioritaria, ne ha indicato alcuni aspetti: «Significa 120mila posti di lavoro, diretti e indiretti, creati in tutta Italia; significa meno inquinamento con 200mila tonnellate di Co2 non immesse nell’aria; significa risparmiare un’ora e mezzo in macchina e 2 ore in treno; significa dare lavoro a tantissime imprese su tutto il territorio nazionale».

«È un’ottima notizia l’approvazione, da parte del Consiglio dei Ministri, dell’attestazione dei motivi imperativi di rilevante interesse pubblico (IROPI) relativi alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina», ha commentato Filippo Mancuso, commissario regionale della Lega.

«È un atto rilevante – ha sottolineato – che merita di essere segnalato, perché è propedeutico per l’approvazione al Cipess con il conseguente via libera ai lavori. Il dinamismo del ministro Salvini ha finalmente tolto dalle nebbie il sogno di un’opera avanguardistica che contribuirà a cambiare profondamente l’attuale condizione di marginalità fisica e sociale di questa parte del Sud, collegandola stabilmente all’Italia e all’Europa».

Per il deputato calabrese della Lega Domenico Furgiuele, «dal Cdm arriva un passo avanti fondamentale per la realizzazione del Ponte sullo Stretto. Un’ottima notizia, frutto del grande lavoro che Matteo Salvini sta profondendo al Mit: il Ponte sullo Stretto è un’opera strategica non solo per Calabria e Sicilia ma per tutto il Paese. Avanti così, per lo sviluppo delle infrastrutture italiane e per il rilancio del nostro Mezzogiorno».

Per la senatrice della Lega, Tilde Minasi, è «un importante risultato per l’intero Paese l’ok che arriva dal Consiglio dei ministri che ha approvato l’attestazione dei motivi imperativi di rilevante interesse pubblico relativi alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. Prossimo step sarà, quindi, l’approvazione al Cipess e il conseguente via libera ai lavori».

«Si tratta di una grande opera – ha aggiunto – che valorizzerà il Mezzogiorno, l’Italia e non solo. Con il ministro Matteo Salvini al Mit garantiamo finalmente sviluppo al Sud, umiliato per troppi anni da certa sinistra irresponsabile».

«Il ponte opera di rilevante interesse strategico? Per chi? Per Salvini e per chi intascherà 14 miliardi di euro di soldi pubblici per un’opera la cui fattibilità non è mai stata analizzata da alcun organismo tecnico dello Stato?», chiede Angelo Bonelli, deputato di Avs e co-portavoce di Europa Verde.

«Il Governo punta a dichiarare per legge gli Iropi – ha spiegato – ma gli Iropi non vanno semplicemente dichiarati (neppure per legge): devono essere dimostrati, e devono essere coerenti con l’articolo 6.4 della Direttiva Habitat. In caso contrario, anche la legge che li dichiara è nulla, perché in contrasto con la normativa europea».

«Mentre l’Italia subisce le conseguenze economiche dei dazi– ha concluso – e la premier vuole spostare risorse dai fondi per lo sviluppo e la coesione – che servono per costruire scuole, ospedali e strade nel Sud – il Governo continua con l’insensato progetto di spendere 14 miliardi di euro per il ponte. Risorse che andrebbero invece destinate ad affrontare l’attuale crisi economica».

«Aspettiamo di leggere il fantasmagorico passaggio approvato in Cdm che porterà all’apertura del cantiere del ponte sullo Stretto», hanno detto i parlamentari M5s in commissione Trasporti e Infrastrutture di Camera e Senato, Antonino Iaria, Roberto Traversi Giorgio Fede, Ilaria Fontana, Patty L’Abbate, Daniela Morfino, Agostino Santillo, Gabriella Di Girolamo, Elena Sironi e Luigi Nave.

«Sta di fatto – hanno concluso – che anche questa volta, a tre giorni dai capricci bambineschi di Salvini sul Viminale, Meloni usa quest’opera come contentino, facendo credere al leader della Lega che si partirà a brevissimo coi lavori quando non è così. Non è un governo quello italiano, ma un asilo Mariuccia». (rrm)

Maltempo, il presidente Occhiuto: Da Cdm altri 15,6 mln per la Calabria

Il Consiglio dei ministri, su iniziativa del ministro per la Protezione Civile e per le politiche del mare, Nello Musumeci, ha destinato altri 15,6 mln di euro destinati alla Calabria per finanziare interventi relativi ad uno stato di emergenza, riconosciuto a maggio scorso, e causato dagli eventi calamitosi che tra la fine di novembre e i primi di dicembre del 2022 hanno interessato alcune aree della provincia di Crotone, Catanzaro e Cosenza.

Lo ha reso noto il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, spiegando come «queste risorse si aggiungono ai 3 milioni e 250 mila euro già riconosciuti per il ristoro delle somme urgenze e determinano, dunque, un ammontare complessivo di circa 19 milioni di euro da destinare a diverse tipologie di interventi».

«Ringrazio il governo – ha detto Occhiuto – per la sensibilità che, attraverso questo importante intervento finanziario, ha mostrato nei confronti della nostra Regione e verso i territori fortemente colpiti degli eccezionali eventi meteorologici che si sono verificati in Calabria tra novembre e dicembre 2022».

«L’obiettivo è quello di impiegare queste risorse – ha spiegato – per dare un concreto sostegno alle comunità interessate e anche per consentire la realizzazione di interventi di riduzione del rischio residuo, essenziali in funzione della prevenzione strutturale.
In attesa di ricevere ulteriori indicazioni in merito, continueremo il lavoro di confronto tecnico con il Dipartimento nazionale di Protezione Civile, con il quale vi è sempre stato un rapporto di stretta e proficua collaborazione».

«Ringrazio infine, il nostro Dipartimento regionale e il suo dg Domenico Costarella per il prezioso lavoro svolto – ha concluso – nell’ambito di un’intensa attività preparatoria, che ha consentito di raggiungere per questo importante risultato». (rrm)

 

RISORGE LA SOCIETÀ STRETTO DI MESSINA
È IL PRIMO PASSO CONCRETO PER IL PONTE

di SANTO STRATI – Non è come l’araba fenice che risorge dalle sue ceneri, ma poco ci manca: la Società Stretto di Messina mandata “al macero” nel 2008 da Prodi e riportata a galla da Salvini è il primo significativo passo verso la realizzazione del Ponte sullo Stretto. È un segnale evidente che, forse, stavolta si fa sul serio ma, al di là delle inevitabili polemiche sui soldi sprecati da una Società ideata nel 1971, nata nel 1981 e rimasta a “galleggiare” per anni dopo la la decisione di cancellarla, non si può fare a meno di pensare a quanto tempo sprecato. Se dieci anni fa ci fosse stata la volontà politica, oggi il Ponte sarebbe una realtà e siciliani e calabresi avrebbero potuto raccontare un’altra storia per quanto riguarda i costi dell’insularità e i collegamenti (reali) dell’Alta Velocità. Ecco perché, pur con le dovute cautele del caso, non si può che essere felici di un provvedimento che esprime coesione tra le forze politiche di governo e rappresenta, come detto prima un punto di partenza.

Intanto perché si potrà cominciare a far piazza pulita del cosiddetto benaltrismo («ci sono altre priorità…») di personaggi che parlano senza cognizione e competenza: è un modo – diciamolo – di riconquistare la scena (irrimediabilmente perduta) e di farsi notare. L’argomento Ponte è sempre stato non solo un punto di attrito, ma soprattutto un elemento di distinzione (tra i pro e i contro) per acchiappare consenso, a seconda di come soffiava il vento. Nei giorni scorsi una seria organizzazione ambientale, FareAmbiente, per bocca del suo presidente ha fatto chiarezza sui dubbi di inquinamento e sui rischi di insostenibilità ambientale: il Mezzogiorno, il Paese, l’Europa, tutti hanno bisogno del Ponte e non si può continuare a pensare (sic) che l’ombra possa disturbare i pesci o i piloni fare strage di uccelli migratori. Il territorio calabrese e siciliano scontano un’arretratezza non solo imbarazzante (per la classe politica degli ultimi 50 anni) ma anche non più sopportabile. E il Ponte rappresenta il volano di una crescita, di uno sviluppo che permetterà, finalmente, di parlare di futuro.

Fino a oggi è mancata, vergognosamente, una visione di futuro e le opere immaginate, progettate e, spesso, mai completate costituivano un contentino per la popolazione e un’opportunità di “visibilità” per il politico di turno. Tutot questo deve finire, i calabresi e i siciliani non sono solo studi, ma sono decisamente incazzati. E il Ponte rappresenta – con buona pace dei quattro gatti che si strappano le vesti in nome dell’«ambiente violato», il “grimaldello” per aprire una cassaforte di proprietà, che in tanti sono riusciti a tenere sigillata, quando si è trattato di investimenti destinati al Sud.

Bisogna dare atto a Matteo Salvini che, una volta tanto, non ha fatto promesse da marinaio. ha detto, anticipato e presentato il suo provvedimento che rilancia l’opera più straordinaria del mondo. Pensate all’attrattiva turistica che potrà costituire, se realizzato:verrebbero da ogni parte del mondo per vederlo, per riempirsi gli. occhi dei colori dello Stretto, ammirare di persona i meravigliosi Bronzi di Riace al Museo di Reggio, scoprire gli incanti di Calabria e Sicilia sotto ogni punto di vista. artistico, culturale, paesaggistico e, non da ultimo, eno-gastronomico. Il Ponte, oltretutto, è anche opportunità di lavoro e occupazione per tutta la durata dei lavori (dai muratori ai progettisti, dai tecnici agli ingegneri, dai ristoratori e albergatori a professionisti specializzati. SI prevede, a spanne che serviranno 25mila addetti nel suo complesso: immaginate cosa significa in termini di indotto per il territorio. E C’è un prima, un durante e un dopo.

Secondo il Presidente Occhiuto, che aveva incontrato col Presidente della Regione Siciliana Renato Schifani, il ministro delle Infrastrutture Salvini prima della presentazione del decreto sulla Società Stretto di Messina, «Il Ponte sarà una grande occasione per il Sud del Paese e un grande attrattore di investimenti infrastrutturali, ma occorrerà parallelamente lavorare per sviluppare al meglio le opere complementari indispensabili per raggiungerlo agevolmente». E l’occasione del decreto ha offerto l’opportunità di evidenziare al ministro «l’urgenza di realizzare una variante di circa 26 km dell’autostrada A2, nel tratto tra Cosenza e Altilia. L’Anas – ha detto Occhiuto – ha già avviato uno studio preliminare, che prevede lotti funzionali per l’avanzamento dell’opera.
Servono dunque stanziamenti da parte del governo nazionale per iniziare i lavori. In tutto occorrono 2,6 miliardi di euro: 400 sono già nelle disponibilità di Anas, sarebbero dunque necessari altri 2,2 miliardi – da reperire nell’Accordo di programma con Anas – per poter procedere alla realizzazione dell’opera.
«Con il ministro Salvini – ha detto ancora Occhiuto – ho parlato anche della Strada Statale 106. Nella scorsa legge di bilancio l’esecutivo ha stanziato 3 miliardi di euro, per la tratta da Sibari a Catanzaro Lido. Occorre adesso avere dei nuovi finanziamenti per il completamento della parte Nord della Ss Jonica e per proseguire a Sud, fino a Reggio Calabria. Ho chiesto, inoltre, al ministro di velocizzare l’impiego delle risorse per alcuni tratti della SS106, per i quali c’è già la progettazione definitiva. Il ministro mi ha assicurato che entro il 31 marzo Anas bandirà il segmento della Strada Statale 106 tra Cutro e Catanzaro».

Ecco cosa significa il decreto varato ieri: si rimette in moto non solo il “sogno” del Ponte ma ripartono le opere infrastrutturali che serviranno a dare massima funzionalità all’opera. E Salvini, giustamente, ha rivendicato il suo impegno. Secondo il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il decreto «consente l’immediato riavvio del percorso di progettazione e realizzazione dell’opera». La “riesumazione” della Società Stretto di Messina lascia immaginare che si ripartirà dal progetto del 2011 che però deve essere adeguato adeguato alle nuove norme tecniche, di sicurezza e ambientali. E il nuovo iter autorizzativo – spiegano al Ministero – dovrà bollinare il ponte strallato più lungo del mondo (3,2 km) «che rappresenterà il fiore all’occhietto dell’arte ingegneristica italiana».

Salvini non ha nascosto l’entusiasmo unito all’orgoglio di avere portato al Consiglio dei Ministri (che l’ha approvato) il decreto di realizzazione del Ponte: «Una giornata storica – ha detto il vicepremier leghista – non solo per la Sicilia e la Calabria ma per tutta l’Italia: dopo 50 anni di chiacchiere questo consiglio dei ministri approva il ponte che unisce la Sicilia al resto d’Italia e all’Europa». Grazie all’opera – ha sottolineato verrà dato «lavoro vero per decine di migliaia di persone per tanti anni». Un’opera «fortemente green» e “sicura”, che verrà certificata dai più qualificati ingegneri delle  migliori università italiane e straniere: L’Italia vanta una competenza ingegneristica che il mondo ci invidia: il Ponte sarà la conferma di una capacità di costruzione che fa scuola a livello internazionale.

Certo, non entusiasmiamoci per un “semplice” decreto: l’approvazione del progetto esecutivo richiede tempo (8si parla di luglio 2024 per far partire i lavori), ma ribadiamo è un importante segnale che sta cambiando l’aria. Il decreto revoca. lo stato di liquidazione della Società Stretto di Messina e la rimette in pista consentendo, soprattutto, di chiudere il pesante contenzione con l’ex Impregilo (oggi Webuild) e la Parson per  le penali scaturite dall’annullamento della realizzazione dell’opera. Il nuovo Consiglio di Amministrazione sarà composto da cinque membri, di cui due designati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) d’intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), a cui spetterà rispettivamente la carica di presidente e di amministratore delegato, un membro designato dalla Regione Calabria, un membro designato dalla Regione Sicilia e un membro designato da Rfi Spa e Anas Spa. Il Collegio sindacale è composto da cinque membri, di cui tre membri effettivi e due supplenti. Un CDA così composto, con la solida partecipazione di Mef e Mit, è la conferma che il Governo attribuisce una importanza strategica all’opera: il nuovo Consiglio della Stretto di Messina avrà un bel daffare per riprendere da dove si era tutto fermato. Sia chiaro: non è una tiepida speranza, potrebbe davvero essere una magnifica (e monumentale) realtà. (s)

Domani a Cutro il Consiglio dei ministri

Domani nella Sala Consiliare del Comune di Cutro si terrà il Consiglio dei ministri convocato dal presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni.

Un Consiglio dei ministri che vedrà l’intero esecutivo al completo – riporta l’Ansa dopo aver ascoltato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, – in cui è stato assicurato che «il cdm varerà misure concrete, e che sarà solo l’inizio di un percorso».

Tajani, sempre all’Ansa, ha ribadito che si deve «favorire l’immigrazione regolare. Possiamo portare decine di migliaia di immigrati regolari in Italia, formati nei loro Paesi, perché le nostre aziende ne hanno bisogno».

È stata la stessa Meloni a ripetere che «l0Italia non può rimanere più sola ad affrontare il fenomeno dell’immigrazione clandestina. Non vogliamo più ritrovarci a piangere tragedie come quella avvenuta a Cutro: è nostro dovere, morale prima ancora che politico, fare di tutto per evitare che disgrazie simili si ripetano». Per questo motivo, nel Consiglio dei ministri di giovedì e nel prossimo Consiglio europeo, il Governo italiano continuerà la sua battaglia per fermare i trafficanti di esseri umani e le morti in mare».

Parole, detto il giorno prima della risposta della presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, alla missiva inviata da Palazzo Chigi a seguito della tragedia di Cutro.

«Nella lettera – riporta ancora l’Ansa – si riconosce il bisogno di trovare soluzioni a lungo termine sul problema della migrazione, in linea con il messaggio della presidente della Commissione prima del Consiglio di febbraio, rinnovare gli sforzi per arrivare ad un accordo sul Patto per la migrazione e dare risposte operazionali”, dice. “La migrazione va affrontata con un approccio olistico, combattendo i trafficanti, mettendo in campo i rimpatri per chi non ha diritto di restare, ma anche offrendo percorsi chiari per migrazioni sicure e legali”».

La presidente nella lettera ha ribadito «il dovere morale di evitare tragedie come quella di Cutro e il lavoro necessario su tre priorità: cooperare con i Paesi del Nord Africa per evitare le partenze irregolari, sviluppare corridoi umanitari sicuri e aumentare il coordinamento per le attività di Search & Rescue», condividendo l’opinione del Premier Meloni «che, come Europei, politici e cittadini, abbiamo il dovere morale di agire per evitare simili tragedie. Quest’ultima deve quindi servire da richiamo a raddoppiare la nostra determinazione a portare soluzioni efficaci e durature».

«È vero che la migrazione è una realtà complessa e in continua evoluzione – si legge nella missiva –, è vero anche che abbiamo dimostrato dimostrato che quando agiamo insieme, l’Ue può gestire la migrazione. Ad esempio, con i milioni di ucraini in fuga dalla guerra in Russia», che «hanno provocato il più grande sfollamento nel nostro continente dalla Seconda guerra mondiale. E’ chiaro che la migrazione è una sfida europea che richiede una soluzione europea».

Von der Leyen ha evidenziato, anche, come «avanzare nel nuovo Patto di Migrazione e Asilo per spezzare il ciclo di soluzioni frammentarie che non portano progressi sufficienti». Da qui, tre priorità: «aiutare chi ha bisogno di protezione internazionale, prevenire le partenze irregolari, combattere i trafficanti criminali, offrire percorsi per una migrazione sicura e legale, rimpatriando quelli che non hanno il diritto a restare».

«Dobbiamo concentrare – ha ribadito – i nostri sforzi su coloro che necessitano di protezione internazionale fornendo loro reali alternative al mettersi nelle mani dei criminali. Il lavoro dell’Italia e di altri nell’offrire percorsi legali e sicuri attraverso corridoi umanitari offre un cruciale contributo. Provvederemo con almeno mezzo miliardo nel finanziare nuovi insediamenti e corridoi umanitari da qui al 2025, offrendo supporto ad almeno 50mila persone».

Soddisfazione, per la lettera della presidente della Commissione Europea, è stata espressa da Palazzo Chigi: «dalle parole del Presidente della Commissione emerge infatti la piena consapevolezza di come vi sia la necessità di una concreta e immediata risposta europea in tema migratorio».

«Il Presidente von der Leyen, infatti – si legge nella nota di Palazzo Chigi – fa riferimento a ulteriori azioni da coordinare e intraprendere a livello Ue per prevenire le partenze irregolari, salvare vite umane in mare, combattere le reti criminali di trafficanti ed evitare che tragedie come quella di Cutro si ripetano in futuro».

«In particolare, la volontà della Commissione – continua la nota – di intensificare la cooperazione con i principali partner in Nord Africa, di istituire un quadro di cooperazione rafforzata, di lavorare a un “coordinamento della ricerca e del soccorso”, di fornire ulteriore sostegno economico nella gestione delle frontiere marittime, oltre alla volontà di tenere il dossier migratorio al centro del prossimo Consiglio europeo di marzo in vista di un futuro accordo sul Nuovo Patto sulla Migrazione e l’Asilo corrispondono perfettamente alle richieste portate in questi mesi dal governo italiano presso le istituzioni europee».

«Il governo italiano, inoltre – conclude la lettera –, esprime soddisfazione per la consapevolezza da parte della Commissione europea dello sforzo che l’Italia ha profuso in questi anni nella gestione dei flussi migratori e nel salvataggio in mare lungo le principali rotte migratorie del Mediterraneo Centrale». (rrm)

 

Giovedì il Consiglio dei ministri a Cutro

Giovedì 9 marzo si terrà a Cutro il Consiglio dei ministri. Al centro della seduta, presieduta dal presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, le nuove norme sull’immigrazione e le pene per gli scafisti.

«L’aspettiamo», ha detto il sindaco di Cutro, Antonio Ceraso, all’Agenzia Dire.

«Plaudo all’iniziativa della presidente Meloni – ha aggiunto – perchè dimostra una grande attenzione rispetto al territorio e a questa grande tragedia. Cominciamo già ad avere fatti concreti».

«Che venga qui l’intero Consiglio dei ministri – ha spiegato – vuol dire che da questo momento in poi si vorrà prendere provvedimenti che vanno anche della direzione di salvare vite umane. Questo è l’aspetto principale. Credo che si stia muovendo qualcosa di contreto».

«Ho sentito entito la segreteria della presidenza del Consiglio – ha spiegato Ceraso – Ora ci sarà tutta l’organizzazione che compete alla prefettura».

«Avrei preferito – ha proseguito il primo cittadino – che non ci fosse un Consiglio dei ministri qui perchè avrebbe voluto dire che questa tragedia non era avvenuta».

«Ieri  (domenica ndr) più di seimila persone, in modo silenzioso – ha raccontato – sono andate sulla spiaggia di Steccato per la Via Crucis».

« La commozione per quello che è successo – ha evidenziato – è ancora grande. Io non sono andato in veste ufficiale ma coma semplice cittadino, senza gonfaloni e senza niente, perchè per tutti noi cittadini quello che è accaduto è un dolore vero, non c’entrano i riflettori che ora abbiamo addosso». (rrm)

PASSA IL DISEGNO DI LEGGE DI CALDEROLI
MA QUESTA ‘AUTONOMIA’ DIVIDERÀ L’ITALIA

Il disegno di legge sull’autonomia differenziata (vecchio pallino di Zaia, Fontana e Bonaccini, quest’ultimo oggi dissidente) firmato dal ministro leghista Roberto Calderoli ha avuto l’approvazione del Consiglio dei Ministri. È un primo step su un provvedimento che già divide l’Italia a partire dai principi che lo ispirano. Il rischio maggiore riguarda la continuità del criterio della spesa storica, in attesa dei provvedimenti legislativi che dovrebbero equilibrare (e uniformare per tutti gli italiani, quelli del Nord, del centro e del Sud e delle Isole) i livelli essenziali di prestazione. Si registra già un coro di proteste e mugugni da ogni parte d’Italia, a partire dai 425 sindaci della rete Recovery Sud: ma il Governo evidentemente non s’accorge del sentiment del Paese e nessuno, evidentemente, si chiede il perché di questa protesta che non è di ieri, ma sta accompagnando l’orrendo (pur se modificato) progetto di Calderoli. Sarà anche questa un’altra porcata? Il dubbio,  che però non sfiora l’establishment governativo, ci sta tutto. (s)

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di PIETRO MASSIMO BUSETTA – Una lunga introduzione che fa il panegirico del valore di un Paese unito, di diritti di cittadinanza uguali per tutti, dell’esigenza che tutte le parti contribuiscano al progresso nella premessa del disegno di legge sull’autonomia.

Quegli stessi  argomenti che poi, con con notevole capacità di affabulazione, vengono riproposti da Calderoli nella conferenza stampa fatta con Raffaele Fitto e Maria Elisabetta Alberti Casellati, nella quale parla della locomotiva che tira e di un’altra dietro che deve spingere nella stessa direzione.

E proprio in tale dichiarazione di principio vi è la subdola strategia che propone da un lato l’individuazione dei LEP, livelli essenziali delle prestazioni, di livelli uniformi come sarebbe corretto non se ne parla, che dopo essere stati individuati ovviamente non potranno trovare attuazione, poiché le risorse questo Paese non le ha per realizzarli; dall’altro invece si evidenzia la statuizione del diritto a trattenere il residuo fiscale ed andare a diverse velocità senza tener conto di quello che è accaduto perlomeno dalla fine della seconda guerra mondiale in poi. Perché deve essere chiaro a tutti lo sviluppo del Nord non è merito dei soli veneti e lombardi ma è stato fatto con lo sforzo di tutti. Il miracolo economico si è compiuto con il sudore dell’exodus dei meridionali. Ed il mercato del Sud ha consentito una riserva indiana per le aziende del Nord, mentre il piano Marshall è stato usato prevalentemente per rimettere in moto la cosiddetta locomotiva.

Il testo dimostra tutta la volontà di superare il Parlamento nazionale con scadenze catenaccio che consentano alla Presidenza del Consiglio,  con accordi con le singole regioni, di andare avanti indipendentemente da qualunque discussione e decisione.

Traspare in modo evidente l’esigenza di portare lo  scalpo alle prossime elezioni lombarde per cercare di avere quel consenso in pericolo, in conseguenza della pessima gestione del Covid che ha portato anche alle dimissioni dell’assessore Giulio Gallera e alla nomina di Letizia Moratti.

E poi quella di congelare la spesa storica. Infatti in molte parti della normativa del disegno di legge proposto si fa riferimento al fatto che le competenze dello Stato vengono trasferite senza aumento di costi. Ad un occhio superficiale sembrerebbe questo un modo corretto di procedere e dà alla Lega la possibilità di dichiarare che nessuno perderà nulla.

Evidentemente dimenticando che ogni anno si consuma uno scippo di 60 miliardi dal Nord al Sud, se si accetta il principio che la distribuzione della spesa sia fatta con equità, dando al bambino che nasce a Reggio Calabria la stessa quantità di risorse del bambino che nasce a Reggio Emilia.

Ma oggi non è cosi e la autonomia differenziata fa sì che questo meccanismo, che finora è stato adottato e che ha portato ad un furto all’italiana, con l’applicazione sbandierata subdolamente della modifica del titolo V, l’errore che con la complicità del PD ha aperto una breccia per consentire tutto quello che sta accadendo, diventi legittimo. D’altra parte come si possono avere uguali diritti di cittadinanza se le risorse a disposizione non lo consentono? Altrimenti, se fosse stato possibile, probabilmente già sarebbero stati realizzati! Penso all’infrastrutturazione, alla diversa sanità, al diritto all’istruzione, settori che registrano differenze importanti.

Nascondersi dietro l’attuazione della Costituzione, quando è rimasta totalmente inattuata fin dal primo articolo che recita  “l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” e quando oltre tre milioni di meridionali non ne hanno alcun diritto, e ha consentito che per cercare una occupazione 100.000 persone all’anno da decenni sono costrette ad emigrare, è da favola bella per spiriti candidi.

La dizione del costituzionalista Michele Ainis di una autonomia zoppa e barocca rende bene la mala fede che sta dietro al disegno. Perché non è incompetenza, tutto si può dire a Calderoli tranne che sia incompetente, ma perfetta mala fede. Così come con una malafede evidente sono stati condotti i colloqui con i Presidenti delle  Regioni meridionali, alcuni dei quali, come il siciliano Schifani,  hanno fatto finta di non capire per non andare in rotta di collisione con il partito di appartenenza, altri come Occhiuto hanno precisato i propri distinguo.

I due Presidenti di Campania e Puglia hanno dichiarato la loro contrarietà, anche se le dichiarazioni di Calderoli parlavano di adesione, immediatamente smentita. Non condivisione del  metodo scelto, dell’accelerazione sospetta, nonché del merito per cui viene definito il disegno  “irricevibile”.

D’altra parte la Lega secessionista ed eversiva  pensava, visto che il Mezzogirono spesso è stato un corpo morto che non ha dato nessun segnale di reazione, che poteva consentirsi qualunque cosa. In altri Paesi dell’Unione ci sarebbero cortei e barricate per un disegno di legge simile. In Francia probabilmente brucerebbero i palazzi del potere.

Calderoli è il nostro Putin, come il secondo ha occupato la Crimea, senza reazione alcuna, ed ha pensato di arrivare a Kiev, così il primo dopo aver visto come si era potuto gestire la conferenza delle Regioni ha pensato che potesse rendere legittimo lo scippo annuale e che si potesse passare dall’individuo soggetto di diritto al territorio.

Forse come Putin non si aspettava la reazione che sta montando, ma sappia che avrà altre e numerose sorprese e che il cammino dell’autonomia non sarà né veloce né semplice. Stupisce che  un uomo così accorto non abbia valutato le conseguenze nefaste sul Paese di un disegno di legge che Adriano Giannola, Presidente della Svimez, ha definito eversivo, e che molti costituzionalisti, in testa Massimo Villone, ritengono devastante per il Paese.

Invece di pensare a mettere a regime il Sud, una forza politica naif, che è riuscita a mettere le mani nei gangli vitali dello Stato, grazie al gioco di maggioranze, con la complicità colpevole del PD, oggi ufficialmente pentito, sta portando il Paese a spaccarsi. Cosa fare è difficile a dirsi se anche i Fitto e le Casellati tengono il sacco ad un Calderoli, “genio” del pastrocchio, meglio di un disegno “zoppo e barocco”!

L’aspetto positivo che sta avendo tale accelerazione è la spinta ad organizzarsi delle forze meridionaliste, che finalmente si sono rese conto che devono abbandonare presenzialismi e protagonismi per trovare un progetto condiviso per contrapporsi alla Lega ladrona. Se avverrà dovremo ringraziare l’insipienza di Calderoli. (pmb)

(Courtesy Il Quotidiano del Sud/L’Altravoce dell’Italia diretto da Roberto Napoletano)

Obbligo di vaccino over 50 deciso dal Consiglio dei Ministri

Un Consiglio dei ministri lungo e “agitato”, ma alla fine è prevalsa, con voto all’unanimità, la scelta di imporre l’obbligo del vaccino a chi a più di 50 anni. Una decisione per contrastare l’inarrestabile contagio dalla variante Omicron. Un decreto che stabilisce a partire dal 15 febbraio e fino al 15 giugno, l’obbligo di vaccinazione per  tutti coloro che hanno compiuto 50 anni, estendendo il Super Green Pass a diverse categorie. Ovvero, per accedere a molti servizi sarà necessario avere il certificato che attesta la vaccinazione per specifiche categorie di servizi, mentre per andare in banca o dal parrucchiere basterà il green pass di base (quello che si ottiene con il tampone o a seguito di guarigione certificata. L’obbligo vaccinale si applica a tutti i residenti in Italia, anche cittadini europei e stranieri, e prevede eccezioni per casi di «accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale o dal medico vaccinatore».

Questo mentre l’Aifa, l’Agenzia italiana per il farmaco, ha autorizzato una dose di vaccino booster agli adolescenti tra i 12 e i 15 anni.

Le scuole restano aperte. Il nuovo decreto, che entra immediatamente in vigore, ha recepito le indicazioni delle Regioni per la gestione dei contagi nelle scuole. Ecco le nuove regole che si applicheranno in tutto il Paese:

Bambini da 0 a 6 anni (scuole dell’infanzia e asili nido):  non cambia nulla e la quarantena scatta al primo caso di contagio nel gruppo/sezione. La misura dura 10 giorni. Si tratta della classe di età più esposta perché non vaccinata e senza mascherina.

Scuola elementare: in caso di contagio test di verifica antigenico o molecolare da ripetere dopo 5 giorni. La quarantena di dieci giorni – con didattica a distanza – scatta soltanto se c’è un secondo contagio entro dieci giorni dal primo. Non è possibile una misura più flessibile perché i bambini sono ancora sostanzialmente non vaccinati.

Scuola Media e Superiori: per la fascia dei 12-19enni, invece, le misure sono più elastiche proprio perché 4 su cinque sono ormai immunizzati: i vaccinati vanno in Dad soltanto al quarto caso e dal secondo devono soltanto fare autosorveglianza attiva, evitare altre attività pomeridiane e indossare sempre le mascherine Ffp2, mentre i non vaccinati vanno in Dad al terzo contagio. Si tratta di una misura che tra l’altro tende a spingere gli studenti più grandi a vaccinarsi — il 19 per cento ancora non è vaccinato. Tanto più che dal 10 gennaio sarà possibile anche per i 12-15enni accedere alla terza dose, come per i più grandi.

Quarantena: dura 10 giorni , per i quali è prevista la Dad, e si torna a scuola dopo un test anche antigenico. Fino al 28 febbraio, per evitare gli ingorghi negli hub e nelle Asl, per gli studenti in autosorveglianza di medie e superiori i test possono essere fatti nelle farmacie, gratuitamente con la ricetta del medico di base. (rrm)

La sottosegretaria Nesci: Misure del Consiglio dei ministri nella giusta direzione verso equità territoriale

La sottosegretaria per il Sud, Dalila Nesci, ha reso noto che «il Consiglio dei ministri ha varato il fondo di progettazione territoriale nel dl Infrastrutture che mira a ridurre gradualmente il divario Nord-Sud».

«Non solo – ha aggiunto –: sono state adottate anche misure a contrasto degli incendi boschivi che hanno tragicamente devastato vaste aree del Mezzogiorno quest’estate. Si tratta di misure di equità territoriale che vanno nella giusta direzione e per cui da anni ci battiamo».

«Questo concreto interesse verso il Meridione – ha proseguito l’esponente del M5s al Governo – da parte dell’intero Governo, e in particolare della ministra per il Sud, Mara Carfagna, ha portato allo stanziamento di oltre 123 milioni del fondo di progettazione territoriale che consentirà a tutti i Comuni del Sud con meno di 30.000 abitanti di acquisire proposte progettuali per il rilancio dei rispettivi territori».

«Sono state introdotte, inoltre – ha spiegato – alcune misure di perequazione infrastrutturale. Entro il 30 novembre di quest’anno sarà effettuata una ricognizione delle strutture sanitarie, assistenziali e scolastiche e delle infrastrutture stradali, autostradali, ferroviarie, portuali e aeroportuali. Un decreto successivo stabilirà quali saranno le priorità e le azioni da perseguire per colmare il gap infrastrutturale risultante dalla ricognizione e per il quale sono stati stanziati 4,6 miliardi per il periodo 2022-2033».

La Sottosegretaria Nesci si è soffermata, poi, sui provvedimenti di contrasto agli incendi boschivi. «È stato previsto l’aumento di 40 milioni del budget per l’acquisto di mezzi operativi sia di terra che aerei e l’immediata costituzione di un comitato tecnico presso il Dipartimento della Protezione Civile per l’aggiornamento tecnologico e l’accrescimento della capacità operativa nelle azioni di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi». (rrm)

Basta Vittime sulla 106: Nel Consiglio dei ministri non c’è traccia di interventi per la ss 106 in Calabria

Il Direttivo dell’Organizzazione di Volontariato “Basta Vittime Sulla Strada Statale 106”, ha reso noto che, nel Consiglio dei ministri, non «vi è alcuna traccia relativa ad interventi, finanziamenti o proposte che possano riguardare, in qualsiasi modo, la strada Statale 106 in Calabria».

«Il Consiglio dei Ministri – continua la nota – in merito al tema delle infrastrutture, nella seduta di ieri, attraverso una Delibera Cipess ha dato parere favorevole, relativamente all’autostrada Pedemontana lombarda, alla proroga del termine convenzionale previsto per la stipula di un contratto di finanziamento da parte del concedente CAL S.p.A., relativo alla realizzazione delle tratte B2 (Lentate sul Seveso-Cesano Maderno) e C (Cesano Maderno-Interconnessione con la Tangenziale Est/A51). Altra scelta del Governo che riguardano le infrastrutture e che non comporta l’adozione di una Delibera ha riguardato l’accoglimento della proposta del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili di autorizzare l’utilizzo di risorse rinvenienti da residui per interventi di completamento del “Sistema Mose”».

«Il Direttivo dell’O.D.V. “Basta Vittime Sulla Strada Statale 106” – conclude la nota – continuerà ad informare correttamente e con serietà tutti i cittadini calabresi – come accade ormai da anni – i quali hanno il diritto, oltre la demagogia politica e la propaganda della “politica politicamente”, di conoscere gli atti ufficiali, formali e sostanziali e le scelte del Governo italiano che riguardano la famigerata e tristemente nota “strada della morte” in Calabria ed è per questo motivo che continueremo senza sosta a rendicontare tutte le future sedute dei Consigli dei Ministri affinché tutti, nessuno escluso, possano finalmente avere contezza della verità». (rrc)

RECOVERY, L’INDIGNAZIONE NON BASTA PIÚ
LA CALABRIA NON PUÒ RESTARE IN SILENZIO

di SANTO STRATI – La scandalosa “elemosina” riservata dal Recovery Plan alla Calabria (poco più di 500 milioni a fronte di 223 miliardi che l’Europa ha offerto all’Italia), dopo la nostra denuncia di mercoledì sera su Telemia (con l’anticipazione della prima pagina di giovedì) e la pubblicazione sul quotidiano di giovedì qualcosa si sta muovendo. Come si può leggere negli interventi di cui riferiamo in altra parte del quotidiano, la mobilitazione è d’obbligo e l’indignazione, a questo punto, non può bastare. La Calabria non deve e non può restare in silenzio, soprattutto nei confronti dei suoi rappresentanti in Parlamento che hanno piena responsabilità per la mancata vigilanza sul nuovo “scippo” perpetrato ai danni della nostra terra. Si tratta di capire che cavolo combinano i nostri deputati e i nostri senatori che evidentemente sono distratti da altri interessi. Anche se le elezioni sono lontane, i collegi andrebbero comunque coltivati data l’aria che tira e considerato che della pattuglia dei 30 parlamentari attuali ne resteranno 19 (13 deputati, 6 senatori – erano rispettivamente 20 e 10), dopo l’approvazione della legge che ha ridimensionato il Parlamento, con un referendum che – ancora una volta – ha penalizzato le regioni più deboli, come la Calabria.

Il documento approvato in Consiglio dei Ministri (160 pagine che alleghiamo per chi voglia documentarsi direttamente) è stato scritto probabilmente pensando a un’Italia sempre vista a due trazioni: il Nord opulento e ricco, il Mezzogiorno straccione e destinato alla povertà perpetua. Ebbene, sarà il caso di segnalare a chi ha ancora una visione così manichea del divario Nord-Sud che le cose non stanno proprio così. Il Sud soffre di troppa indulgenza (colpevolmente prestata) nei confronti della classe politica degli ultimi 50 anni e da qui tutte le disgrazie dei un Mezzogiorno reietto e dimenticato, un fastidio per qualcuno che dimentica che le fortune del Settentrione si devono alle braccia, alla manodopera, ma anche all’ingegno, di milioni di meridionali che hanno lavorato per le grandi fabbriche. Producendo ricchezza in cambio, spesso, di condizioni umili, di un disagio diffuso, di sacrifici immani. Epperò, questa massa di “cafoni” venuti dal Sud ha dato un contributo straordinario alla crescita e allo sviluppo del Paese, quello sì a due velocità.

Per il Mezzogiorno la crescita continua a rimanere un miraggio se si continua ad alimentare la fuga dei cervelli, a sostenere l’emigrazione intellettuale delle risorse migliori tra i nostri ragazzi, costretti ad andar via per assenza di opportunità e di prospettive. Il Recovery Fund è forse l’ultima occasione, unica, per offrire le condizioni di occupazione, formazione, lavoro ai ragazzi del Sud, ai giovani calabresi che mostrano, in ogni occasione, di avere talento, estro e operosità, da far invidia a chiunque. L’occasione di una valanga di denaro, ossigeno per un Paese piegato e piagato dal coronavirus, è straordinaria per immaginare uno scenario fatto di progetti, programmi, proposte operative. E invece, cosa succede? Succede – come abbiamo scritto giovedì – che ci sono appena briciole per una terra che ha bisogno di infrastrutture, la cui realizzazione si traduce, abitualmente, in un gigantesco indotto con sbocchi occupazionali per tutti: dai laureati ai manovali, dai progettisti ai carpentieri, dai ristoratori ai tecnici d’informatica. No, invece si spolvera un vecchio progetto (è del 2012) sull’adeguamento della ferrovia Salerno-Reggio Calabria, senza neanche prevedere la realizzazione di una nuova linea ferrata apposta per l’Alta Velocità/Alta Capacità, ed è tutto. Del Ponte sullo Stretto (altra grande opportunità per alimentare occupazione) neanche a parlarne, della statale 106 nessuna traccia, di tutto il piano mobilità di cui la Calabria necessita in modo organico e urgente, niente di niente.

E pensare che hanno cominciato a lavorare a questo documento dal 7 dicembre, quando la parola Recovery Plan apparve per la prima volta all’ordine del giorno del Consiglio dei Ministri. Un documento che prima di arrivare al testo finale (?) di martedì, prima che scoppiasse il bubbone Renzi-crisi di governo, a quanto pare, ha subito continue riscritture, con alti e bassi, metti e togli, della maggioranza. Il Recovery Fund più pomposamente si chiama, in realtà, Next Generation Ue, un progetto che ha il compito di rimettere in moto i Paesi europei dopo la pandemia. Erano inizialmente 196 miliardi (la cifra più alta tra i Paesi europei perché si teneva conto del disagio socio-economico dei territori del Mezzogiorno), ma il già sostanzioso pacchetto di aiuti ha ricevuto altri contributi dal fondo di coesione, arrivando a 223 miliardi. Per trovare, lungo il cammino preparatorio, altri 7 miliardi dai fondi strutturali europei e circa un’ottantina di miliardi di risorse programmate nel quinquennio 2021-2026 dal bilancio italiano.

Alcune voci di spesa (tipo Sanità che da 9 miliardi è stata portata a oltre 20) hanno dato il pretesto a Renzi per attaccare a testa bassa l’intero documento e provocare la crisi di governo. Il testo attende ora i contributi di Parlamento, Regioni, Comuni e, soprattutto, parti sociali e imprenditori. Che il Sud, nella sua generalità, risulti penalizzato non è corretto affermarlo, ma che la Calabria sia stata mortificata e offesa (e defraudata di quanto gli spetterebbe di diritto) è una cosa che salta subito all’occhio. Ora la parola passa a chi la può avere. Superata la crisi, dopo martedì, Conte 3 o quello che sarà, occorre che i nostri parlamentari si rimbocchino le maniche e comincino a battere i pugni, alzando anche la voce se serve. Non è detto che qualcuno li ascolti, ma val la pena provarci. No? (s)

IL TESTO COMPLETO DEL RECOVERY PLAN