TORNA IL SOGNO DELLA GRANDE COSENZA
MA LA FUSIONE CON RENDE È COMPLICATA

Il sogno della grande Cosenza, torna, scompare, ritorna a tempi alterni: è un progetto “antico” ma sempre di grande attualità, soprattutto alla luce e della rigenerazione urbana del capoluogo e le grandi possibilità di vitaliziare ulteriormente un centro che assorba periferie e comuni limitrofi, con l’obiettivo di  creare una città sempre più a misura d’uomo. Ma ci sono ostacoli, chi rema contro, chi timidamente è favorevole, chi si schiera con decisione. È giunto, allora, il tempo che si realizzi la grande area metropolitana che potrebbe nascere grazie alla fusione tra la città di Cosenza, Rende e una serie di comuni dell’area urbana?

Una ipotesi, quella della città unica, che è incominciata nel 2017 con la firma della delibera, da parte dell’allora sindaco Mario Occhiuto, e che ha l’obiettivo di realizzare una Città, demograficamente, importante e che acquisisca un ruolo ancor più centrale nei processi regionali ed in generale negli assetti del Mezzogiorno d’Italia.

Si tratta di un progetto ambizioso, che potrebbe rendere la Calabria una regione coerentemente europea, oltre che «volano di svolta se accompagnato da una nuova governance del territorio regionale. I processi di tale natura, infatti, possono concorrere a realizzare un nuovo modello di sviluppo sostenibile e compatibile con le uniche risorse certe della programmazione europea e di quella emergenziale del Recovery».

Un progetto che, come dichiarò il già sindaco Occhiuto, «che segnerà il futuro di questo territorio», e che ha portato la consigliera regionale della LegaSimona Loizzo, a suggerire – e a evidenziare – che i tempi sono maturi per «procedere con il referendum per creare la città unica Cosenza Rende e farne una grande area metropolitana» e che ha trovato consensi da parte della maggioranza del Comune di Cosenza, che ha assicurato che «la nuova Amministrazione comunale sta lavorando affinché dopo anni di discussione questo progetto diventi realtà».

La Loizzo, infatti, ha sottolineato come «realizzare una grande città metropolitana – ha spiegato Loizzo – è un’occasione da non perdere, considerando le possibilità di finanziamenti e di fondi disponibili su un territorio più grande. La città unica consentirebbe di programmare i grandi investimenti, come la costruzione del nuovo Ospedale, in un sistema integrato con l’università e darebbe lustro ai due comprensori».

Sulla questione è intervenuto anche il sindaco di Rende, Marcello Manna che, nel progetto della Città Unica, vede inclusa anche Castrolibero e magari altri comuni contigui. Il primo cittadino, infatti, ha incontrato la consigliera regionale Loizzo, dove si è discusso e si sono delineati gli scenari della conurbazione per arrivare alla legge regionale e al referendum consultivo.

Loizzo e Manna hanno sottolineato che «l’idea di città unica debba abbattere i campanilismi e accogliere le adesioni degli altri comuni contermini».

Anche il coordinatore provinciale di Cosenza di Noi con l’ItaliaFranco Pichierri, che ha espresso il suo apprezzamento per l’iniziativa politica e istituzionale di Loizzo che prevede un passaggio di incontri con i Sindaci delle città coinvolte».

Loizzo e Pichierri, infatti, «hanno convenuto sulla necessità di allargare il discorso con i rappresentanti di tutte le forze politiche per un dibattito che porti a una condivisione dell’iniziativa e a una formulazione nei tempi necessari delle iniziative istituzionali per giungere al referendum. Un’interlocuzione proficua e positiva, che parte dal dibattito nell’area di maggioranza regionale per coinvolgere quanti, da ogni posizione politica, intendono perseguire l’idea della città unica».

Poco contento della mancata considerazione di Castrolibero, invece, è il capogruppo di maggioranza del Comune di Castrolibero, Angelo Gangi, che ha ricordato come «Cosenza e Castrolibero, oltre ad essere legati da un unicum territoriale che, in più tratti rende impercettibili ai cittadini addirittura i confini, godono, fatto raro, del servizio trasporti pubblici su entrambi i territori, effettuato dalla Municipalizzata di Cosenza Amaco».

«Quindi – ha spiegato – è vero, le pre-condizioni per un concreto ragionamento sulla Città unica, chiamiamola così della “Grande Cosenza” o di quel che sarà, ci sono tutte. A maggior ragione, ed anche questo è vero, che in specie i nuovi strumenti di finanziamento degli Enti locali, quasi impongono gli aggregati in tutte le loro forme, privilegiando quelle strutturate e dunque il Comune Unico in primis, per quel che ci riguarda, in grado di esprimere ampi bacini di residenti-cittadiniutenti».

«Occorre a mio avviso – ha evidenziato – prioritariamente, una legge regionale chiara e calibrata che regolamenti per tutto il territorio regionale, nella sua specificità, appunto, quali i Comuni che lo compongono, piccoli, piccolissimi e medi per lo più, l’iter della fusione. In tal senso mi pare che durante la Presidenza Oliverio, a firma dei Consiglieri Sergi e Greco, era stata già discussa in Commissione Regionale una proposta dei legge, poi non approdata in Aula».

«Ecco, allora – ha proseguito – che da Castrolibero arriva la disponibilità a Cosenza e a Rende, ad affrontare, insieme, tutti i percorsi preliminari, necessari e fondamentali a portare in un domani quanto più possibile prossimo, alla fusione. Consapevoli, però, che gli stessi non saranno brevi, se un po’ di politica la si conosce, proponiamo un tavolo permanente, intanto, che guardi alla individuazione dei servizi di conurbazione ed alla loro gestione condivisa. Sanità, trasporti, cultura, viabilità, sicurezza, terzo settore, sport, per fare qualche esempio concreto. Tutto questo, in egual misura a Rende e a Cosenza».

«Questo percorso – ha concluso – che con le migliori intenzioni viene da Castrolibero proposto, nell’ispirazione, magari illusoria, che muove da un desiderio autentico di modernità ed al contempo di certezza che un destino comune riguarda le rispettive Comunità».

Un intento che trova favorevole il Comitato Magna Graecia, che ha ribadito come «Cosenza potrebbe finalmente aprirsi, almeno alle Comunità contermini, ad una visione inclusiva e non più schiacciata su se stessa dove la singola Città ha accentrato negli anni l’inverosimile rendendo sterili i territori dirimpettai e facendo terra bruciata degli ambiti lontani dal baricentro bruzio».

Il Comitato, infatti, plaude alla visione del sindaco, Franz Caruso, «di voler allargare il processo dalla media valle del Crati alla valle del Savuto, passando per le Serre ad ovest e la Presila ad est. Così come ci complimentiamo con la Consigliere regionale, Simona Loizzo, per aver chiaramente suffragato tale progetto anche se su posizioni diverse rispetto a quelle del sindaco».

«La rinnovata funzione della Città bruzia – ha spiegato il Comitato – modifichebbe la geografia dei luoghi. I vantaggi di tale operazione avrebbero ricadute positive non già per l’ambito strettamente cosentino, quanto per tutta l’area del Pollino-vallivo e della striscia alto-tirrenica che da Amantea lambisce la Lucania».

«Cambierebbero e si bilancerebbero – viene spiegato – i rapporti politici tra l’area valliva del Crati e dell’Istmo, nonché con l’ambito jonico. Si darebbe peso specifico e spessore al neonato collegio camerale che ha voluto l’area di Cosenza assemblata a quella dell’Appennino paolano. Si realizzerebbe, quindi, una situazione similare a quella avvenuta su Corigliano-Rossano che, a seguito del processo di fusione, ha posto il nuovo Comune in una posizione di sussidiaria interdipendenza con Crotone e punto di smistamento tra i flussi jonici, tirrenici ed adriatici».

«Del resto – viene evidenziato – circoscrivere, semplicemente, questo processo al succinto perimetro delle sole Cosenza e Rende, ovvero pensare ad una realtà urbana che uscirebbe consolidata demograficamente, senza ricollocarla nello scacchiere più ampio della interterritorialità, altro non rappresenterebbe se non un binario morto. L’idea progetto cosentina, parallelamente a proposte di unioni e fusioni tra Comuni contermini di aree omogenee, rivierasche ed interne, nel rispetto della legislazione vigente, dovrebbe portare a ridurre l’eccessiva frammentazione municipale della Regione».

«Tale rivisitazione – prosegue il Comitato – seguita da apposti provvedimenti legislativi regionali, avvierebbe una riforma territoriale finalizzata ad individuare in possibili quattro Ambiti (Magna Graecia, Bruzio-Pollino-Tirreno, Istmo-Serre e Stretto), la rivisitazione delle Aree Vaste e Metropolitane, caratterizzandole in agglomerati demografici compresi tra 350/450mila abitanti. Questi risulterebbero, per dimensione territoriale e popolazione, fedeli ai dettami prescritti dalla legge Del Rio. Viepiù, si preparerebbero i presupposti per il superamento dei limiti imposti da quest’ultima avviando una profonda riforma sistemica che  permetterebbe alla Regione di essere competitiva sul piano nazionale ed europeo svolgendo un suo ruolo nell’ambito della Macroregione Sud. La Calabria, quindi, si rilancerebbe quale naturale baricentro Mediterraneo tra l’area del Medio Oriente, i Paesi Africani e la via Atlantica».

«Tale riforma – viene evidenziato ancora – dovrebbe essere varata per mettere in condizione la Regione di marciare spedita sul binario del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza nonche’ dei Fondi comunitari della programmazione 2021-2027. Entrambi, infatti, risultano in sintonia con la principale politica di investimento dell’Europa: la coesione territoriale. La stessa che mette al centro il territorio sostenendone la crescita economica, la creazione di posti di lavoro, la competitivita’ delle imprese, lo sviluppo sostenibile e la protezione dell’ambiente».

«I suoi vantaggi, dunque, sono direttamente proporzionali alle aggregazioni territoriali – è stato ribadito –. Il progetto della Nuova Cosenza (o come si deciderà di chiamarla) può essere compatibile alla strategia europea di coesione territoriale, ma, per risultare vincente, dovrà essere, giocoforza, accompagnato da una riforma sistemica del territorio regionale. A cominciare dalla razionalizzazione dei numero dei Comuni, secondo la legislazione vigente, alla rivisitazione degli Ambiti Territoriali Ottimali che costituiscono l’hub per la gestione dei servizi economici principali ai cittadini, ma anche centro di crescita, innovazione e sviluppo».

«In funzione di ciò – conclude il Comitato – riteniamo che, a partire dal nuovo Governo regionale, si debba favorire il processo di fusione cosentina che, oltre ad acquisire una popolazione che porrebbe la nuova Città sul podio della demografia regionale, la avvierebbe ad essere, in una prospettiva di rivisitazione degli Ambiti Territoriali Ottimali, un Centro Urbano di valenza europea».

Sulla Città Unica, poi, si espresse il già presidente della Regione, Mario Oliverio, che aveva auspicato «un “Patto di Cooperazione Istituzionale». In questo contesto, dove c’è grande consenso per dare una svolta al territorio e ai relativi Comuni, ci si chiede se il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, interverrà sul futuro della “sua” Cosenza, chiudendo il cerchio iniziato dal fratello, che ha dato il via a questo progetto rivoluzionario. (rcs)

SPOPOLAMENTO DEI BORGHI E LE FUSIONI
I VANTAGGI DELLA COMUNIONE DEI COMUNI

di GIORGIO CASTELLA – Bisogna prendere atto che i Comuni giorno dopo giorno perdono  vitalità a causa della decrescita demografica. Il loro spopolamento è la causa principale della chiusura di molti servizi essenziali: uffici postali, scuole, tribunali, sedi INPS, uffici delle Entrate tributarie, ospedali.

I bilanci comunali coprono con difficoltà le spese del personale dipendente, mentre per gestire i servizi di acqua e spazzatura gli amministratori devono elevare i costi delle tariffe, mettendo in difficoltà le famiglie, sopratutto quelle a più basso reddito.

Da considerare, inoltre, che molti comuni limitrofi sono divisi soltanto nominalmente, in quanto le abitazioni sono attaccati e i loro cittadini  vivono e lavorano in ambiti intercomunali, usufruendo degli stessi servizi, in ambo i comuni. Inoltre usufruiscono degli stessi servizi, come le attività commerciali e in modo particolare i supermercati.

Visto che dal punto di vista urbanistico rappresentano un continuum senza soluzione di continuità e che i cittadini che li abitano vivono in simbiosi gli uni con gli altri, perché non costruire un progetto di coesione sociale per unire i diversi comuni confinanti in comunità urbane più grandi?

I vantaggi potrebbero essere innumerevoli:  il  patrimonio culturale di ogni comunità  verrebbe valorizzato, facendolo conoscere ad un pubblico più vasto; si potrebbe realizzare un’area per le attività produttive più efficiente, un trasporto pubblico urbano per favorire gli spostamenti nell’intera area dei diversi comuni, unico servizio per la raccolta differenziata, per l’erogazione dell’acqua potabile, unico comando della polizia municipale, un integrato itinerario turistico per valorizzare l’insieme delle bellezze del territorio. Da ultimo, ma non meno importante, rompere i confini fra Comuni, significherebbe trasmettere valori di umanità e fratellanza, di reciprocità e cooperazione.

Sarebbe una grande opportunità per i giovani per incontrare altri giovani, per vivere in un mondo aperto e con meno pregiudizi, un’occasione per saldare inoltre nuove amicizie e nuovi legami. I giovani del nuovo Comune più vasto potrebbero dare vita a cooperative sociali valorizzando il complesso delle risorse del territorio, sia per nuove attività agricole che turistiche, creando nuove opportunità di lavoro.

Senza trascurare, che i Comuni che fondano in un’unica conurbazione, possono usufruire di maggiore risorse da parte dello Stato, anche di tipo premiale, che potrebbero essere utilizzati per abbellire e mantenere i centri storici, realizzare nuove opere pubbliche, in modo razionale, creando una nuova città più attrattiva e inclusiva.

L’unificazione comporterebbe, ovviamente l’elezione di un solo Sindaco. È questo spesso il problema. Infatti, molti Sindaci, mentre a parole si dichiarano favorevoli alla conurbazione, nella realtà, non producono nessun atto formale e sostanziale per avviare la nascita di nuove città.

Alcuni di essi, il più delle volte sottotraccia, fomentano vecchi campanilismi, pur di non  privarsi della fascia di sindaco del proprio comune. In compenso, sono bravissimi a pubblicizzare  su internet le gesta delle loro capacità amministrative, anche se di fatto sono costretti a realizzare micro-interventi a ragione delle ristrettezze strutturali dei bilanci comunali. Sicché, a causa dell’impoverimento dell’offerta dei servizi pubblici essenziali e del complesso urbanistico, le comunità locali, sopratutto quelle più piccole e isolate, assistono ad uno stillicidio continuo di chiusura dei negozi, al deprezzamento sistematico degli immobili, al dilagare della disoccupazione giovanile per mancanza di prospettive di lavoro, deprivando i paesi di linfa vitale.

Anche nei Comuni demograficamente più grandi lo svuotamento  è sistematico:chiudono il Tribunale, il centro di salute mentale, il consultorio familiare, gli uffici dell’Entrate, lo sportello Inps, gli ospedali e gli altri presidi sanitari.

Tutto ciò dovrebbe far riflettere i sindaci, anche perché dando vita a nuove aggregazioni urbane potrebbero accrescere il loro peso istituzionale e il potere contrattuale nei confronti della Regione e della stessa Città Metropolitana o Provincia.

Va tuttavia considerato, che i sindaci eletti, essendo espressioni per lo più di liste civiche, di associazioni, di movimenti sociali o di piccoli partiti personali, non devono dar conto né ai parti né ad altre organizzazioni sociali e neppure ai programmi elettorali, a differenza dei  sindaci dei primi decenni del dopoguerra che erano espressioni dei partiti politici e dunque dovevano rispondere al partito sia del programma concordato, sia delle loro azioni personali.

Nel passato, negli anni del dei partiti di massa, la formazione delle liste dei candidati al consiglio comunale, avveniva in modo scrupoloso, in modo da individuare figure serie, oneste, competenti e portatori di valori senza  spazio per gli opportunisti, arrivisti e per le famiglie mafiose.

Oggi, al contrario, spesso la formazione delle liste avviene ingaggiando candidati che appartengono alle  famiglie più numerose e influenti, sulla base cioè del bacino elettorale, indipendentemente dalla loro capacità amministrativa, dell’integrità morale, della dedizione al bene pubblico.

La conurbazione e la fusione fra i comuni, costringerebbe a scegliere il candidato a sindaco con una visione aperta della società che rappresenta, così anche nella scelta dei consiglieri comunali:le competenze potrebbero così diventare la base del confronto con i cittadini, ponendo fine alla compravendita dei voti e aprendo una pagina nuova per la vita democratica municipale.

I sindaci che ostacolano la nascita di nuove città come esito dell’aggregazione di più comuni confinanti, pur di conservare le loro ambizioni personali, non vogliono bene  ai nostri giovani, che hanno diritto a una nuova prospettiva di vita, ma sono i veri responsabili dello spopolamento dei propri paesi. (gca)