di ELISA CHIRIANO – La voce di Don Luigi Ciotti, tra i protagonisti della quinta giornata di Trame Festival dei libri sulle mafie, risuona forte e chiara nella piazzetta San Domenico. Il suo libro L’amore non basta (Giunti Editore, 2023) è una sorta di autobiografia collettiva, ma anche la storia di un sacerdote che vive il Vangelo senza dimenticare la Costituzione. Un’ esistenza che è incarnazione del noi, di un sì personale che ha assunto la forma e la forza di un impegno comune e concreto.
Il Gruppo Abele, fondato quasi sessant’anni fa, è cresciuto nel tempo facendo memoria di un passato, che continua nel presente e che si sforza di costruire il futuro. Nel 1995 è arrivata Libera, una rete di associazioni, cooperative sociali, movimenti e gruppi, scuole, sindacati, diocesi e parrocchie, gruppi scout, coinvolti in un impegno non solo “contro” le mafie, la corruzione, i fenomeni di criminalità e chi li alimenta, ma profondamente “per”: per la giustizia sociale, per la ricerca di verità, per la tutela dei diritti, per una politica trasparente, per una legalità democratica fondata sull’uguaglianza, per una memoria viva e condivisa, per una cittadinanza all’altezza dello spirito e delle speranze della Costituzione.
Alla giornalista Patty Torchia, che gli chiede se non sia finalmente giunto il momento di una nuova narrazione della Calabria e dell’Italia, al di là di stereotipi e cliché, Don Ciotti risponde: «Siate orgogliosi di essere calabresi». È sicuramente necessario lasciarsi un po’ graffiare la coscienza dalla concretezza, perché la “delega” è una terribile malattia: ciascuno è chiamato ad assumersi le proprie responsabilità per non appartenere alla schiera dei “neutrali”, dei “mormoranti” o di chi è ormai rassegnato nella propria certezza che nulla mai cambierà.
«Inoltre – prosegue – ci sono dei momenti nella vita in cui tacere è una colpa e parlare diventa un obbligo morale, una responsabilità civile e soprattutto un imperativo etico. L’omertà uccide la verità e la speranza».
Don Ciotti costruisce un’atmosfera che profuma di forza e tenacia. Ogni tanto il tono della voce aumenta, vuole scuotere, esortare, invitare tutti coloro che lo ascoltano a stare insieme, a unirsi per la difesa dei diritti di tutti e di ciascuno. Non mancano i riferimenti alla cronaca degli ultimi giorni, così come a quella di qualche anno fa: la tragica notizia del naufragio a 120 miglia dalla costa jonica e la vicenda del piccolo Cocò, Nicola Campolongo, barbaramente ucciso nel 2014. E poi Satman Singh, morto a 31 anni in ospedale dopo due giorni di agonia.
«Al posto dei pomodori troveremo i resti di un braccio umano- ammonisce don Ciotti-lo immagineremo quando andremo al mercato, fra i banchi di merce a basso prezzo. Non potremo fare a meno di pensarci, al braccio di Satnam Singh abbandonato dentro una cassetta agricola, come un semplice scarto di produzione, e saremo costretti a riflettere sui meccanismi disumanizzanti – il “lavoro schiavo”, nelle parole di Papa Francesco – che quella produzione spesso governano. O forse no. Forse come tante, troppe volte è capitato, ci dimenticheremo in fretta anche di quest’ultima tragedia. C’è anche la certezza di non venire soccorsi o addirittura subire violenze ulteriori, se osiamo rivendicare i propri diritti. Come è accaduto a Daouda Diane, ivoriano, scomparso e probabilmente ucciso due anni fa in Sicilia, per il quale ancora chiediamo verità e giustizia».
Un sorriso illumina il volto di don Ciotti quando racconta il primo incontro di Papa Francesco, il dono del caffè tostato, i discorsi gli impegni comuni, l’appuntamento con i familiari delle vittime innocenti di mafia il 20 marzo 2014.
Alla domanda sull’autonomia differenziata risponde che non si può affrontare in questo modo lo scandalo delle disuguaglianze della società nel nostro Paese, una nazione che conta circa dieci milioni di persone che versano in povertà relativa.
«L’autonomia non può essere differenziata perché è un bene comune. Dio non è cattolico, Dio è di tutti e ci vuole tutti con la stessa dignità. Abbiamo un testo, ovvero la nostra Costituzione, che è nata per unire e non per dividere. Ma, evidentemente, nella testa di qualcuno c’è il sogno della secessione. Il Presidente Sandro Pertini ci ha detto che il primo vero modo per lottare contro le mafie è l’applicazione della Costituzione su cui si fonda la nostra Repubblica».
istituzioni sono sacre e bisogna difenderle. Sono necessarie politiche sociali che creino le condizioni per garantire il diritto di avere una casa, all’istruzione, alla salute e offrire una visione di futuro per i giovani che vanno via e che rendono onore a questa terra in giro per il mondo.
«Evitiamo di diventare – ha concluso don Ciotti – professionisti della lamentela e di perderci nella cappa dell’indifferenza». (ec)