REGGIO – L’omaggio del Comune per l’anniversario della rivolta del 1970

Il Comune di Reggio Calabria, rappresentato dal sindaco f.f. Paolo Brunetti, insieme a una rappresentanza del Consiglio comunale, ha deposto un fascio di fiori ai piedi del monumento sul Lungomare Falcomatà in occasione dell’anniversario della Rivolta di Reggio del 1970.

«Un omaggio istituzionale doveroso – ha commentato Brunetti – una ricorrenza che, come ogni anno, l’Amministrazione ha inteso rispettare, e che rappresenta una pagina importante della storia della nostra città, un tema sul quale è necessario mettere da parte le ricostruzioni di parte, con l’obiettivo di comprenderne le ragioni intime e le ripercussioni che i fatti del 1970 hanno avuto sul percorso che ha caratterizzato la nostra città negli ultimi decenni». (rrc)

L’INUTILE RIVALITÀ REGGIO-CATANZARO
È ANTISTORICA E VA CONTRO LA CRESCITA

di SANTO STRATI – La miserevole e sciocca trovata acchiappavoti del candidato sindaco di Catanzaro Valerio Donato ha riacceso – per fortuna, soltanto per un soffio – l’antica rivalità Reggio-Catanzaro. Donato ha chiesto di portare a Germaneto la sede del Consiglio regionale, che è a Reggio (come da statuto della Regione), dove ha sede la Giunta. Una mossa infelice del docente universitario in cerca di consensi che sta perdendo ogni giorno che passa e che riporta all’idea delle “Calabrie”, ognuna con le sue identità, ognuna per proprio conto.

Sono trascorsi quasi 52 anni da quel tragico 14 luglio 1970, quando la “guerra per il capoluogo” fece esplodere in pieno tutte le contraddizioni, l’arroganza politica, l’incapacità di mediazione, tra due città che languivano, ciascuna per proprio conto, in una terra senza futuro, e il prof dell’Università Magna Graecia che fa? Prova a ributtare benzina su fuoco dell’antica rivalità, andando contro la storia in nome di un bieco campanilismo (quello che imputavano a Reggio quando chiedeva di mantenere un diritto che il tempo aveva consolidato). Sui libri di scuola si era sempre studiato che il capoluogo della Calabria era Reggio, poi a tavolino la politica decise diversamente…

La nascita delle regioni che doveva segnare per l’Italia il compimento del dettato costituzionale, secondo una visione nobile dei padri costituenti, si trasformò, invece, in un carrozzone spesso più con missione di poltronificio che di vera attenzione al territorio e alle sue possibilità di sviluppo. Non si può e non si deve tornare indietro, ma soprattutto non si deve ricadere (da parte dei catanzaresi) nella provocazione di una falsa rivalsa per costruire (solo idealmente) la “capitale” della Calabria. Né tanto meno Reggio, che versato tante lacrime per e nella rivolta, deve proseguire in un interminabile contenzioso con l’«odiata» Catanzaro che ha «scippato tutto», a partire dal capoluogo.

C’è un obiettivo in comune che dovrebbe suggerire ai calabresi, di qualunque città, borgo o paese, di tentare (almeno questo) di pensare in positivo per il bene comune della regione, del territorio. Guardando alla crescita non impossibile che le nuove generazioni attendono e sognano, per poter continuare a studiare, lavorare, farsi una famiglia là dove sono nati. La Calabria vanta un tristissimo record, quello dell’emigrazione intellettuale. Un convegno a Reggio di sei anni (La cultura esportata) aveva messo in luce la scarsa visione di futuro della classe politica calabrese, soprattutto nei confronti dei giovani. È finita da tantissimi anni l’emigrazione con le valigie di cartone, è subentrata quella dei trolley e dei telefonini: giovani brillanti, laureati nelle nostre università che sfiorano l’eccellenza, non hanno opportunità di occupazione stabile, di lavoro serio, che permettano loro di mostrare le proprie capacità e metterle al servizio della propria terra. Invece, le regioni del Nord (ma anche altri Paesi in tutto il mondo), furbe a intuire il valore del capitale umano, accolgono a braccia aperte i giovani formati in Calabria e puntano sulle loro capacità per costruire percorsi di successo in tutti i campi. A cominciare dalla medicina: vi siete mai chiesti perché in ogni i angolo d’Italia, ma anche del mondo, nei posti chiave degli ospedali ci sono primari calabresi? E nel mondo dell’imprenditoria, in Italia e nel mondo ci sono manager la cui origine è marcatamente (e orgogliosamente, grazie a Dio) calabrese? Risposta semplice: è utile per i nostri ragazzi fare esperienza all’estero o fuori della Calabria, ma poi come fanno a tornare se mancano assolutamente le opportunità?

È a questo che bisognerebbe puntare, non al “capoluogo” o agli uffici da trasferire o ritrasferire (da una parte e dall’altra), non servono dispute di chi ce l’ha più lungo, occorre, invece, puntare a realizzare una felice idea di comunità, che, puntando sull’orgoglio della calabresità, parli un’unica lingua, quella di una Calabria che crede nelle sue possibilità e nella capacità di un percorso di crescita senza eguali.

Certo, a parole è facile, nei fatti è tutto più complicato, soprattutto se si continua ad alimentare un becero campanilismo di quartiere, dove prevalgono racconti, rivalse, gelosie e invidie. Per fortuna, c’è gente che ragiona: il presidente del Consiglio regionale, leghista e catanzarese, ha troncato subito qualsiasi ipotesi di polemica: sta scritto sullo Statuto della Regione, il Consiglio sta a Reggio. E punto. E il deputato reggino Francesco Cannizzaro, 39enne che ai tempi della rivolta non era nemmeno nato, ha subito rimandato al mittente la provocazione catanzarese di Donato definendo «grottesche» le sue dichiarazioni: «le avrà rilasciate – ha detto – dopo un’allegra serata con gli amici. Stento a credere come, nel 2022, una persona con un background di un certo tipo possa abbandonarsi in argomenti di becero populismo, per tentare di strappare qualche voto».

Il risultato di questo «becero populismo» del candidato sindaco catanzarese è stato che altri hanno avanzato, in nome di un revanscismo da operetta, tante altre rivendicazioni (la sede Rai, la guerra a Cosenza che vuole “rubare” la facoltà di Medicina, età). E a Reggio un’ondata, inevitabile, di rigoroso dissenso che ha rispolverato i torti “subiti” proprio dall’attuale capoluogo.

Oggi, a Reggio, con il pretesto della riedizione del libro Buio a Reggio, da me realizzato nel 1971 unitamente a Luigi Malafarina e a Franco Bruno) si parlerà non tanto della rivolta («la cui storia è stata troppo spesso controversa e diventata un mal di pancia per diversi politici e diversi partiti» ho scritto nella nuova introduzione dell’edizione del cinquantenario) ma di cosa è successo in questi 50 anni. Poco, tanto, pochissimo: sta sotto gli occhi di tutti e proprio per questo, per l’incapacità non solo di Reggio, ma dell’intera Calabria, di esprimere una classe politica e dirigente di livello, è auspicabile che si possa immaginare di poter parlare una sola voce, in un’ottica di comune benessere e futuro migliore per i nostri figli..

Qualcosa sta, obiettivamente, cambiando: il nuovo presidente Roberto Occhiuto mostra di avere una visione di futuro che parla calabrese, non il cosentino, il catanzarese, il crotonese, il reggino, il vibonese, ma appunto il calabrese. Un’unità di intenti che auspica il coinvolgimento di tutto il territorio, al di là degli schieramenti politici, al di là degli steccati ideologici e dei provincialismi, con un obiettivo preciso: mostrare una Calabria che nessuno si aspetta. E c’è anche una diversa attenzione da parte della Giunta di Germaneto nei confronti della città più a sud del sud: Occhiuto tra le deleghe assegnata alla valente e straordinariamente efficace vicepresidente Giusi Princi ne ha inventata una nuova, quelle delle azioni straordinarie per la Città Metropolitana di Reggio. I reggini, con sospetto e riluttanza, non hanno ben compreso il significato di questa delega. Rappresenta un interesse preciso della Regione nei confronti della città che più ha sofferto nel difficile percorso della rinascita (ancora in fieri). Reggio ha versato sangue e lacrime, non è più capoluogo di regione, ma è una Città Metropolitana da cui, tra l’altro, dipende il grande motore di sviluppo che è rappresentato dal Porto di Gioia Tauro dalla Zona Economica Speciale. Reggio costituisce il propulsore di un rinnovamento che spazia ben al di là dei suoi confini provinciali, coinvolgendo gli importanti atenei di Catanzaro e Cosenza, creando un acceleratore, un incubatole di sviluppo che non è della Città Metropolitana: è di tutta la Calabria.

I calabresi facciano tesoro del passato, dimentichino rancori e malanimo degli uni contro gli altri, e facciano in nome delle generazioni future un vero passo di progresso che solo una auspicata “pacificazione” può generare. La visione di futuro non appartiene solo a chi ci amministra (quando dimostra di averla, come il presidente Occhiuto) ma è del territorio. La Calabria deve crederci, ci devono credere i calabresi, ci dobbiamo credere tutti. Ce lo chiedono i nostri ragazzi indipendentemente se vivono a Crotone o a Lamezia Terme, o nei borghi meravigliosi della Jonica reggina, nel capoluogo o nella bella Vibo Valentia, sempre ultima nelle classifiche sulla qualità della vita. C’è ingegno, creatività, una innata forza di volontà nei calabresi e nei nostri giovani: restituiamo loro il futuro che qualcuno ha provato a rubare. E per farlo ricominciamo dall’anno zero: la nostra terra è meravigliosa, ma  molti calabresi ancora non l’hanno capito. Lo attestano gli altri: sia i calabresi (oltre sei milioni) che vivono in ogni angolo del mondo, sia quelli che scoprono la Calabria e, inevitabilmente, se ne innamorano. Se anche i calabresi d’innamorassero della propria terra, avremmo la nuova California d’Europa. (s)

(La foto di copertina è di Oreste Arconte)

REGGIO – Il docufilm sulla Rivolta di Reggio del Circolo Culturale L’Agorà

In occasione del 51esimo anniversario della Rivolta di Reggio del 1970, il Circolo Culturale L’Agorà di Reggio ha realizzato, con il supporto dello storico Fortunato Aloi, un docufilm dal titolo 14 luglio 1970. L’on. Fortunato Aloi ricorda la Storia, che ha lo scopo di ricordare, e far ricordare, quelle vicende.

Il docufilm, che ripercorre la rivolta urbana che, purtroppo, ha registrato migliaia di feriti, arresti, e vittime tra civili e forze dell’ordine, si potrà vedere su Youtube. (rrc)

 

REGGIO – La conversazione sul “Comitato per Reggio Capoluogo”

Dal 9 luglio, sui canali sociali del Circolo Culturale L’Agorà di Reggio Calabria, è disponibile l’incontro dal titolo “Comitato per Reggio Capoluogo: iniziativa discutibile che ignora precedenti e legittimi Comitati sui fatti del ’70. Cosa ci ha detto l’Onorevole Aloi.

L’evento rientra nell’ambito di una serie di incontri dedicati alla Rivolta di Reggio Calabria, organizzati dal Circolo Culturale L’Agorà di Reggio.

Ospite della conversazione, l’on. Fortunato Aloi, che nel corso della conversazione analizzerà il susseguirsi e l’evolversi dei vari Comitati per Reggio Capoluogo. (rrc)

REGGIO – Nuova conversazione sulla Rivolta di Reggio del ’70

Dal 2 luglio, su tutte le piattaforme social del Circolo Culturale L’Agorà, si potrà seguire l’incontro dedicato alla Rivolta di Reggio del ’70, dal titolo Testimonianze.1.

Nel corso della giornata di studi sarà dato spazio alla memoria, dando la parola a persone che ricordano episodi, e storie di uomini fatti questi che a distanza di mezzo secolo ancora risultano avvolti da una fitta coltre di interrogativi che ancora non hanno permesso di chiarire la tipologia e la natura di quelle circostanze. Una carrellata di immagini che vanno ad alimentare la memoria, avvicinando le generazioni, per tramandare ciò che avvenne in riva allo Stretto nel 1970, in modo da poter accumulare un’eredità ideale di ricordi e sensazioni, paure, drammi, giusto passaggio tra generazioni, in modo da avere una serena visione di ciò che accadde in quel travagliato contesto storico. (rrc)

REGGIO – Col Circolo L’Agorà si parla della “Rivolta di Reggio”

Il 5 febbraio, sui canali social del Circolo Culturale L’Agorà di Reggio Calabria, è disponibile l’incontro dal titolo Testimonianze, organizzato dal sodalizio reggino in collaborazione con la Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico.

L’evento apre la serie di incontri dedicati alla Rivolta di Reggio Calabria.

Il sodalizio culturale reggino non è nuovo a queste iniziative, che, insieme ad altri temi della macro storia sul novecento, rappresentano alcune delle linee guide che l’Associazione ha inteso storicamente inserire nei propri intenti statutari. A far data dal 2000, in occasione del trentennale della Rivolta di Reggio, il Circolo Culturale “L’Agorà” si è reso promotore di diversi momenti di riflessione su tale periodo storico, proponendo un ciclo di incontri aventi come tema “Reggio 1970-2000: trent’anni dopo” che si articolò durante l’arco di cinque giornate dedicate alla ‘Protesta’ di Reggio.

Quelle giornate di studio hanno rappresentato un momento di riflessione, vista anche la presenza di diverse anime e distinti orientamenti politici, ed in quella occasione scaturì l’idea del museo della Rivolta, successivamente altri incontri sono stati organizzati dal Circolo Culturale “L’Agorà. (rrc)

LE TANTE LACRIME DI REGGIO, 50 ANNI FA.
QUANDO LA CITTÀ PRECIPITÓ NEL BUIO

di SANTO STRATI – Non c’è niente da celebrare, in questo 50.mo anniversario della Rivolta di Reggio. Non sono d’accordo sul nome dato al Comitato (del quale peraltro con molta cortesia il sindaco Falcomatà mi ha chiamato a far parte) e ritengo opportuno dedicare solo un commosso e sincero ricordo ai caduti, dell’una e dall’altra parte. Questi 50 anni sono trascorsi senza lenire le lacrime e le ferite di una città abbandonata, sola e ferita, “ricompensata” con la sede del Consiglio regionale e con tante promesse mai più mantenute.

Come e perché successe saranno gli storici a dircelo, ma le ricostruzioni di parte che hanno ripreso a circolare non fanno che spargere sale su ferite mai rimarginate. Il punto principale, a ben vedere, è che è stata una lotta tra “poveri” e, peggio, tra calabresi, dove antiche rivalità tra la Città dello Stretto e Catanzaro sono emerse per responsabilità di politici distratti e assenti, forse troppo occupati a coltivare il proprio serbatoio elettorale, piuttosto che ragionare in termini positivi per il bene comune, per il benessere dei calabresi e della loro terra.

Non è stata, come qualcuno superficialmente, insiste a dire una guerra per un pennacchio, ma sono esplose le umiliazioni di anni, il senso dell’abbandono, la sensazione del tradimento e della cattiveria, come se ci fosse una punizione divina da eseguire, in termini politici. Certo, la classe politica reggina era di poco spessore rispetto ai “giganti” che potevano vantare Cosenza (Mancini e Misasi) e Catanzaro (Pucci) e questo ha contribuito rendere inutili e superflue le lamentazioni e le difese delle ragioni del popolo reggino. Ma, quello che è ancora più infelice da rilevare è che la nascita delle Regioni che doveva consolidare i territori e dare nuova spinta all’autonomia prevista dalla Carta costituzionale, in realtà si trasformò in una epocale rissa tra città e campanili, impedendo quella comunità d’intenti che avrebbe portato a uno sviluppo armonico e più consono a tutta la regione. La conflittualità latente tra Reggio e Catanzaro scoprì il suo nervo debole: addirittura nell’attuale capoluogo ci fu chi tentò di aizzare e organizzare le masse contro le “pretese” dei reggini.

Facile, con l’occhio del poi, argomentare che non ci sarebbe voluto molto per ipotizzare un piano di sviluppo che coinvolgesse tutte le tre città calabresi (poi sarebbero nate le altre due province Crotone e Vibo Valentia) per un obiettivo comune: la lotta al sottosviluppo e un corale impegno per la crescita.

Lavoro, occupazione, benessere non erano, né sono, appannaggio di cosentini, reggini o catanzaresi: erano (e sono) un obiettivo da raggiungere per dare un futuro alle nuove generazioni di calabresi, di qualunque luogo.

Purtroppo, del pacchetto Colombo rimangono le ciminiere abbandonate della Liquichimica a Saline, gli agrumeti della Piana distrutti per un centro siderurgico che non ha mai visto la luce (con quale criterio di pianificazione industriale si poté mai pensare al ferro?), e il palazzo del Consiglio regionale. Un po’ poco per una Città che, per colmo di stravaganza, è diventata poi “metropolitana” cancellando la “provincia” senza riuscire a creare quel collante necessario per dare unità ai suoi 96 comuni.

Il capoluogo a Catanzaro ha offerto migliaia di posti di lavoro per burocrati e affini e la parvenza di un potere che non conta nulla: alla fine, probabilmente, non valeva le rivendicazioni – a volte ridicole, a volte banali – della Città dei due Mari. A testimonianza di un’inutile quanto esagerata manifestazione di potere c’è oggi il Palazzo di Germaneto, una Cittadella che vale molto, ma molto di meno dell’adiacente Policlinico universitario, che – quello sì – è vero orgoglio catanzarese. La facoltà di Medicina del Capoluogo ha espresso eccellenze di altissimo livello, la ricerca scientifica ha raggiunto risultati importantissimi e di grande rilevanza.Come l’Università di Cosenza, l’Unical, partita come unico ateneo della regione, e diventata poi un centro di eccellenza, soprattutto nel campo dell’innovazione e delle nuove tecnologie. Come è salita agli onori accademici, l’Università Mediterranea di Reggio. I tre atenei lavorano insieme e sono gli unici ad avere raggiunto l’unità d’intenti che la Calabria ha sempre sognato, con un obiettivo nobile: creare formazione, specializzazione e occupazione per i nostri giovani ai quali, qualcuno fino a pochi anni fa, ha sistematicamente rubato il futuro. La fuga dei cervelli calabresi non è una finzione, ma un’amara realtà, che va bloccata. Qualcuno sta tornando, moltissimi non vorrebbero andare via: lavoro a casa propria significa crescita e sviluppo per la propria terra e per i figli che verranno.

Ecco questo triste anniversario può essere l’occasione per una reale e definitiva “pacificazione” (consentiteci il termine) tra le Calabrie e i calabresi. Gli errori, gli orrori, i morti, le stragi, i feriti, i mutilati, gli arrestati, meritano ampia riflessione e soprattutto cordoglio, con l’augurio e la debole speranza che possa servire come esempio negativo di come non si governa con la violenza o con l’indifferenza. Il ricordo di quei giorni è praticamente vivo in chi ha superato i 60 anni: i giovani non sanno nulla, ma hanno diritto di conoscere, sapere e capire il perché. I ragazzi che tiravano sassi e molotov oggi hanno quasi settant’anni e non li ha mai abbandonati l’idea che non avevano ragione, ma la loro rabbia, ricordiamocelo, era figlia di un torto mai riparato. (s)

I NUMERI DI SEDICI MESI DI STATO D’ASSEDIO

Ancora oggi è difficile mettere nero su bianco i numeri definitivi della Rivolta di Reggio: iniziò il 14 luglio con uno sciopero generale e le prime barricate improvvisate, si quietò il 9 novembre 1971, con il ripristino delle libertà costituzionali per la città, che con il decreto il ministro dell’Interno Restivo aveva sospeso il 6 febbraio dello stesso anno. I morti all’interno dei fatti di Reggio sono cinque: Bruno Labate, Angelo Campanella, Carmine Jaconis e i due poliziotti Vincenzo Curigliano e Antonio Bellotti. Il primo stroncato da un infarto durante un attacco dei dimostranti alla Questura di Reggio, il secondo colpito da una assurda sassaiola contro il treno che portava a casa il suo reparto, il II celere di Padova. Dobbiamo aggiungere a queste morti “della rivolta” le sei vittime del Treno del Sole del 22 luglio, il cui attentato non aveva niente a che vedere con i disordini reggini? E non si devono calcolare le cinque giovani vite di soldati stroncate accidentalmente durante i 16 mesi della rivolta? E non si dovrebbe aggiungere la misteriosa fine di cinque ragazzi anarchici che forse avevano scoperto carte “pericolose” sui disordini di Reggio e il probabile coinvolgimento di servizi deviati? Il bilancio è quasi 500 feriti tra le forze dell’ordine, oltre mille tra la popolazione civile, almeno dieci mutilati o invalidi permanenti. 1231 persone denunciate, di cui 446 in stato di arresto. I danni economici per la città di Reggio sono stati di svariate decine di miliardi di lire, impossibile calcolare quanto costò allo Stato questa rivolta frutto della “follia” di cittadini disperati e di politici indifferenti e volutamente distratti.

REGGIO – Le iniziative per ricordare i 50 anni dalla Rivolta di Reggio

Sono in programma, fino al 31 luglio, a Reggio Calabria, le iniziative organizzate per i 50 anni dalla Rivolta di Reggio Calabria.

Organizzate dal Coordinamento per il 50° anniversario della Rivolta di Reggio Calabria, a cui hanno aderito Alleanza calabrese, Associazione Sbarre per sempre, Casapound, Centro Studi Tradizione Partecipazione, Fiamma Tricolore, Forza Italia, Forza Nuova, Fratelli d’Italia, Fronte Nazionale, Lega, Nfp, Reggio Futura, Stanza 101, Udc, le iniziative hanno preso il via lo scorso 11 luglio con il libro Rivolte di Alessandro Amorese.

Questo pomeriggio, alle 18.00, all’Hotel Torrione, l’incontro-dibattito Un popolo in rivolta – Reggio 1970; i moti raccontati attraverso una tesi di laurea, organizzato da Fratelli d’Italia.

Partecipano Francesca Sidari, autrice della tesi di laurea, Peppe Caridi, direttore della testata online Strettoweb, l’on. Fortunato Aloi, protagonista di quella Rivolta e più volte deputato e sottosegretario alla P.I. nella XIIa legislatura, lo scrittore Mimmo Gangemi, e il prof. Giuseppe Giarmoleo, docente di Storia e Filosofia al Liceo Scientifico “Zaleuco” di Locri.

Si prosegue, poi, domani, 14 luglio, alle 18.30, con la commemorazione ufficiale al Monumento ai moti. A seguire, la deposizione di un omaggio floreale alla stele del senatore Ciccio Franco.

Il 15 luglio, alle 18.00, nella sala conferenze del Museo del Bergamotto, la conferenza stampa di presentazione del fumetto dedicato alla Rivolta dal titolo 1970. I moti di Reggio Calabria di Antonella Postorino e Marco Barone. Fabrizio Pace, direttore de Il Metropolitano, intervista gli autori.

Il 18 luglio, invece, alle 18.00, in Via Graziella di Sbarre, è in programma la mostra fotografica Immagini dedicate ai giorni della Rivolta, mentre il 31 luglio, alle 18.00, nella sede Fiamma Tricolore, la tavola rotonda Il Sacrificio dei reggini per Reggio Capoluogo(rrc)

 

REGGIO – L’Anpi ricorda la Rivolta di Reggio e la Strage di Gioia Tauro

Oggi pomeriggio, dalle 17.30 alle 19.30, sulla pagina Facebook del Comitato Provinciale Anpi di Reggio Calabria, il video dibattito per raccontare-interpretare quello che accadde, 50 anni fa, a Reggio Calabria (e in Italia).

L’evento, che si potrà seguire anche sulla pagina FB di Anpi Reggio Calabria e sul canale Youtube Anpi Reggio Calabria, vedrà la partecipazione di Vincenzo Macrì, magistrato, già Procuratore generale della Corte d’Appello di Ancona, Raffaele Malito, giornalista, Francesco Palaia, ricercatore della Fondazione Vittorio, Giuseppe Smorto, giornalista, Santo Strati, giornalista, editore e direttore di Calabria.Live e Gianfranco Turano, giornalista, scrittore e autore del libro Salutiamo, amico.

Introduce e coordina Sandro Vitale, presidente Anpi di Reggio Calabria. La regia tecnica è a cura di Antonino Malara(rrc)

REGGIO – Un comitato civico per le celebrazioni del 50° della Rivolta

Costituito a Reggio, per iniziativa del Comune, un comitato civico che si occuperà delle celebrazioni legate al 50.mo anniversario della Rivolta che cadrà il prossimo 14 luglio. L’obiettivo è promuovere adeguate iniziative per ricordare e far conoscere ai giovani questo tristissimo capitolo della storia della Città. Fu una rivolta di popolo, mal gestita dal governo centrale e soprattutto strumentalizzata in maniera controversa dai partiti. La storia ha raccontato, poi, le intromissioni, le interferenze e soprattutto l’indifferenza del potere centrale nei confronti dei reggini che hanno caratterizzato quella che da protesta spontanea è diventata una “rivolta”, rischiando di condizionare seriamente l’unità del Paese.

A far parte del Comitato civico, che sarà presieduto dal sindaco Giuseppe Falcomatà, è stato chiamato un gruppo di politici, storici, studiosi e giornalisti: il giornalista ed editore Franco Arcidiaco (che avrà la funzione di vicepresidente), l’assessore comunale all’Istruzione Anna Nucera, il presidente del Consiglio Comunale Demetrio Delfino, gli storici Pasquale Amato e Franco Arillotta, il medico Vincenzo De Salvo, studioso della Rivolta, il presidente dell’associazione Anassilaos Stefano Iorfida, e i giornalisti Mimmo Raffa e Santo Strati. Quest’ultimo, direttore editoriale di calabria.live, è coautore con i compianti giornalisti Luigi Malafarina e Franco Bruno dello storico reportage della Rivolta Buio a Reggio, di cui è in corso di pubblicazione l’edizione del cinquantenario curata dallo stesso Santo Strati per Media&Books. (rrc)