L’OPINIONE / Ernesto Alecci: In Calabria tantissime famiglie e fragili a rischio

di ERNESTO ALECCI – Anche per l’anno 2025, come per l’anno precedente, nessuna risorsa da parte del Governo per riattivare il fondo contributi affitto (legge n. 431/1998). Ancora una volta questo Governo di centrodestra si dimostra insensibile e lontano dai bisogni delle famiglie più fragili e deboli. In particolar modo in regioni come la Calabria l’azzeramento di tali fondi destinati al pagamento degli affitti per le persone con redditi più bassi sta mettendo a rischio il sostentamento di tanti nuclei familiari che fanno sempre più fatica ad arrivare a fine mese.

Tra la precarietà del lavoro e l’aumento dei prezzi dei beni di consumo e delle bollette, questa situazione rischia di diventare una vera e propria bomba sociale pronta ad esplodere in qualunque momento. Numerose, infatti, le segnalazioni di disagi e difficoltà che ho ricevuto in tutte le province calabresi. Anche perché, le comunicazioni da parte della Regione Calabria della mancanza di risorse per l’annualità 2024 pare siano arrivate solo recentemente, quando le graduatorie per i beneficiari della misura erano già stilate da diversi mesi, alimentando prima delle aspettative e lasciando poi nello sconforto tantissime famiglie ed i Comuni a gestire le legittime proteste.

Il contributo affitti è stato, da oltre 25 anni, uno strumento utile per alleviare il disagio abitativo, ritardando a volte gli sfratti fino a consentire ai nuclei familiari in difficoltà di trovare un’altra sistemazione. Alcune regioni, come ad esempio l’Emilia Romagna, la Toscana, la Lombardia e la Puglia, e alcuni comuni in Italia hanno provveduto a erogare proprie risorse per il sostegno di migliaia di famiglie.

Per tale motivo ho presentato una mozione in Consiglio Regionale che impegni la Giunta a reperire fondi utili da destinare a questo utilizzo e a sollecitare direttamente l’Anci e il Governo nazionale affinché si possa prevedere un provvedimento urgente per reintegrare ed aumentare adeguatamente la dotazione finanziaria del fondo sociale per l’affitto, per i nuclei familiari in condizioni di difficoltà.

Votare in maniera unanime questa mozione da parte del Consiglio regionale sarebbe una bel messaggio di unità e vicinanza verso le persone più fragili che vivono quotidianamente situazioni molto difficili. (rcz)

[Ernesto Alecci è consigliere regionale del PD]

DISABILITÀ, UN PUNTO SBIADITO IN AGENDA
DARE FONDI ALL’ASSISTENZA NEL SOCIALE

di GIUSEPPE FOTILa disabilità, scrivo con rammarico, è da sempre sulla bocca di tutti e nella testa di pochi. Questo pensiero lo constatiamo ogni volta che il sistema sociale dell’assistenza territoriale ai disabili è a esclusivo sacrificio, al costo dell’indigenza, degli operatori che lo sorreggono. 

La Pasqua, come tante altre festività, è passata e noi operatori psichiatrici e tutti gli operatori dei servizi legati alla disabilità non riceviamo stipendio da tempo per problemi, neanche a dirlo, di natura burocratica… ovviamente nel silenzio di tutti, tranne di chi come noi se li suda sul campo e ne ha bisogno per vivere. 

La disabilità è cosa seria e complessa, signori miei, e non può essere messa a rischio da problemi di natura semplicistica che nessuno ha avuto la capacità o la volontà di risolvere, intervenendo per tempo per evitarli.

I giorni che passano, come tiranni, ci spingono verso il baratro e ci consegnano una quotidianità poco felice per le nostre famiglie. Il tutto nel silenzio-assenso di tutti gli interessati e di chi dovrebbe essere dalla nostra parte a prescindere. 

A voi il compito di scavare nelle vostre coscienze… 

La pandemia e la disumanizzazione attuale vi dovrebbero far riflettere, agire e bastare per essere dissuasi e farvi comprendere che tutelando, promuovendo e finanziando il sociale in tutte le sue forme, non fareste altro che fare prevenzione dei disagi e tutela dei diritti dei più fragili, determinanti essenziali che rendono una nazione civile e solidale. 

Viceversa, non avendo chiara l’importanza di questi concetti e del ruolo del sociale nella vita delle comunità, non investendo in esso e non riconoscendogli il dovuto, si rischia di far cadere i cosiddetti pilastri che reggono l’umanizzazione della cura e la progettazione e lo sviluppo di pratiche inclusive.

La maggior parte degli operatori, che hanno ben chiara l’importanza nevralgica di tali temi legati al sociale e non sono ancora istituzionalizzati dalla rassegnazione, con notevole e incontestabile spirito di sacrificio si attivano quotidianamente per dare sostegno ai pazienti e ai loro bisogni.

Il sociale, alle nostre latitudini, ha una necessità immediata di rinascere dalle macerie di un sistema aziendalistico o biomedico che non ci appartiene e che va contro una più consona salute mentale di comunità.

Sono, e vorrei affermare anche siamo, se togliamo qualche spocchioso egocentrismo da parte di qualcuno che non vede il cambiamento mondiale in corso, dalla parte delle buone prassi, da contrapporre alla depersonalizzazione del paziente e con una vera attenzione ai diritti inviolabili dei disabili. Questo si può e si deve pretendere in ogni servizio alla persona, è lo stesso va sostenuto da tutti gli attori interessati, a ogni costo, con ogni mezzo e con una buona dose di autocritica.

Sarebbe bello e utile poter contare sul sostegno di tutti e non solo di chi lavora e si danna l’anima, come molti di noi operatori, che a discapito di tutto non abbiamo mai fatto mancare il nostro supporto e la nostra costante presenza ai nostri pazienti, che ci ricambiano e ci sostengono con le rispettive famiglie.

Non è sempre facile essere all’altezza del compito che si ricopre quando sai di non avere di che vivere e di essere senza un futuro certo, ma lo fai ugualmente perché sai che quelle persone contano su di te e il più delle volte hanno solo te.

I servizi alla disabilità richiedono molto tempo e risorse mentali ed economiche da dedicare, ma questo non avviene perché si pensa che basta la solita e paternalistica pacca sulla spalla, una vana promessa e nei casi più riprovevoli la totale indifferenza.

Prendere il malessere dell’anima in mano, voglio chiarire se non è ancora chiaro, richiede coraggio, dedizione e fondi dedicati e sicuri che rendono la rete sociale di assistenza solida e reattiva, creando così speranza e opportunità di vita.

Concludo, sostenendo con forza, che dovremmo partire dalla vitalità che in passato si ebbe con la rivoluzione ideale e etica di Franco Basaglia, tornando ad essere d’aiuto e a difesa dei diritti dei più fragili e riconoscendogli una propria identità sociale e un proprio senso nel mondo, dove la diversità dell’espressione umana diviene ricchezza e non limite. (gf)