di ELISA CHIRIANO – Cinque racconti che si leggono come un romanzo corale, perché il collante è il Sud, la sua storia e il legame ancestrale con gli uomini e le donne che lo hanno abitato o che lo abitano ancora, in un abbraccio a volte struggente, a volte risorgivo. Cinque racconti, così diversi, eppure incastrati come le tessere policrome di un mosaico e modellati uno per uno come le ceramiche di Seminara (RC), che esprimono un passato che, grazie a loro, continua a esistere. Cinque racconti che veicolano una tradizione fitta di misteri, che si tramanda nei secoli e che ancora oggi fa vibrare l‘anima, ma anche pagine di vite ricucite e di Storia ritrovata.
Santo Gioffrè attraversa il labirinto dei propri ricordi e scatta istantanee a cui dà voce. Esistenze segnate dalla fatica, dal desiderio del riscatto e dalla forza tenace dell’amore si intrecciano a memorie, paure ancestrali nella terra del Sud Italia, mentre infuria la guerra che svuota le case e frantuma le speranze. L’autore ci regala un paesaggio eterogeneo ed enigmatico: l’animo umano con i suoi abissi e le increspature, tra i sussulti di una quotidianità errante. Riesce a portarci in atmosfere antiche e spesso aspre con precisione e cura del dettaglio, delineando l’affresco di un’umanità che merita di essere narrata. La Storia si intreccia alla vita intima, tra aneddoti, scelte e fragilità, passato e presente, tradizione e modernità. Alla fine, resta la parola, l’oggetto estremo su cui fare convergere le tensioni dell’impotenza. Essa si pone come il tramite diretto tra l’uomo e la realtà. Raccontare è ricucire le diverse dimensioni di sé, ma anche intrecciare l’autobiografia con la Storia, perché l’unicità è partecipazione a un tutto che è variegato, plurale, collettivo. Raccontare è dare senso a ciò che accade, legando singolare e universale, per comprendere, valutare, agire. Le storie cambiano il mondo e lo fanno nella maniera più forte e nella forma più intima, in modo silenzioso, depositandosi nel luogo più profondo e protetto della nostra anima e da lì, lentamente, cambiandoci per sempre. Il racconto permette di sentire la compiutezza di un momento. Procede per sottrazione, eppure sortisce l’effetto della moltiplicazione, genera un effetto di significazione su più livelli, che coesistono e si incontrano per poi percorrere anche strade completamente differenti. Scrivere è scegliere tra quanto di più raro c’è nell’universo e di più caro c’è nel nostro animo.
Un libro di memoria, dunque, per far memoria ricordando, perché, come sosteneva Platone, ogni sapere è reminiscenza. Ma “Evasioni d’amore” è anche un romanzo storico, genere letterario difficile e molto amato da Santo Gioffrè, che si dimostra attento alla ricerca delle fonti e allo studio fedele dei documenti. La fantasia è complementare, arricchisce e rende affascinanti le vicende, ma deve essere bene incasellata nelle fasi storiche e non può oltrepassarle, altrimenti non sarebbe credibile. Proprio questo passaggio rappresenta la difficoltà maggiore dello scrivere romanzi storici. I punti vuoti vengono riempiti dalla finzione letteraria, che vuol dire restare fedele ai fatti, attenersi ad essi. Ciò che è invenzione, quindi, sembra talmente vero da rendere autentica la narrazione.
Evasioni d’amore è un’opera corale con persone-personaggi che si alternano, dando vita a un’esperienza tragica, a volte nostalgica, a volte sottilmente ironica, come un quadro d’autore. Si avvicendano figure scomposte come frattali fatti a mille piani e altrettante sfaccettature, fra un indefinito sé e un indefinito altro, che stanno in bilico tra due infiniti: il nulla e il tutto. Del resto, annota l’autore, «siamo scomposti nelle parti, mangiati dalla terra da cui veniamo, anneriti da antri e camini sotterranei nei quali i dolori che ci aggrediscono e dai quali vogliamo riemergere ci fanno smarrire».
Un modo concreto, plastico, in cui ciò che ha valore universale diventa vero per ciascuno, attraverso immagini legate alla vita, che aiutano a leggerla in una prospettiva più ampia. Vite come canne al vento, in balìa degli eventi e degli accadimenti, fragili in natura, ma anche alla ricerca del senso dell’esistenza e condannate a non trovarlo. Il lettore incontrerà il dramma della guerra ingiusta e feroce; donne con la fame d’aria per i mariti al fronte; figli che non tornano a casa e, se tornano, non trovano i fratelli e i genitori; paesi che si svuotano e agrari che ingaggiano i primi mafiosi; le malattie endemiche, la tubercolosi, la spagnola, la povertà; il furto delle sacre vacche e la ricostruzione della storia della Calabria dalla fine dell’ottocento al 1950 con curiosità e aneddoti su cui accendere dibattiti e confronti; il tragico amore che legò il musicista Giovanbattista Pergolesi alla nobile Anna Maria Spinelli, figlia del Principe di Cariati e Duca di Seminara, Scipione III Spinelli; la storia dell’amicizia tra Santo Gioffrè e Lucio Dalla e pagine autobiografiche che commuovono. L’autore racconta la sua infanzia; descrive luoghi, persone e situazioni, come la depressione post partum di sua madre, che «Passava da uno stato di relazioni normali ad un repentino e drammatico abbassamento del tono dell’umore. Io la vedevo raggomitolarsi e stringersi in un angolo. Notavo – scrive Gioffrè – i suoi bellissimi occhi spegnersi e il suo sguardo perso. Guardava il silenzio e ascoltava il buio […] Ma le sue periodiche crisi mi accompagnano ancora e per sempre». Negli anni tra il 1955-57, fu ricoverata presso la casa di cura neurologica Villa Nuccia. In quel periodo, nello stesso luogo, si trovava il poeta Lorenzo Calogero.
Evasioni d’amore è un libro da leggere – rileggendolo – per riflettere anche sul senso della scrittura e sul rapporto con la memoria; per riscoprire un’umanità che agisce in sordina, per sentire la compiutezza di un momento che dà importanza a delle vite altrimenti invisibili.
Cinque racconti delicati e fragili, ma anche forti e potenti, che fanno virare l’anima verso un passato che ritorna prepotentemente con la sua richiesta di riscatto e di giustizia. Sono canti necessari, anche se sovente dolorosi. Sono scatti in bianco e nero, con effetti chiaroscurali, immortalati da una penna che graffia l’anima e scalfisce equilibri precari. (ec)