Domenica 30 marzo, al Teatro Primo di Villa San Giovanni, alle 18.15, andrà in scena “Aramen & Stannum” O del dì-saggio degli Dei (Produzione Teatro Primo), di Domenico Loddo per la regia di Christian Maria Parisi e con protagonisti Silvana Luppino e Domenico Canale.
In questo spettacolo i Bronzi di Riace come metafora di un viaggio epico, simbolo di emigrazione, identità e trasformazione culturale. Il titolo stesso, che richiama il rame (Aramen) e lo stagno (Stannum) – i due metalli che compongono il bronzo – ci parla di un legame tra materia e memoria, tra mito e storia. Le domande che si pone la drammaturgia di Domenico Loddo riflettono un’interrogazione profonda sulla natura dell’essere umano: chi erano quei due uomini prima di essere statue? Guerrieri? Divinità? Esuli di un’epoca dimenticata?
La loro scoperta accidentale, immersa nel mistero, diventa il punto di partenza per un racconto che esplora il confine tra leggenda e realtà, tra il passato e il presente.
Nelle note di regia, Christian Maria Parisi scrive: «Gli attori danno forma e vita alla scrittura composta in quadri scenici versatili. I cambi scena veloci e i cambi d’abito fronte pubblico sono parte della costruzione drammaturgica e fanno da camera di decompressione per gli attori stessi ed il pubblico. Si passa dal buio tagliente di una nottata di pioggia in cui avviene un ritrovamento di corpi in mare (sono le meravigliose statue bronzee o altri poveri cadaveri?) alla comicità di un coloratissimo e assurdo quiz sui Bronzi di Riace».
«Nel terzo quadro un grottesco confronto tra due politici in giacche luccicanti – ha proseguito – personaggi che rappresentano un condensato ibrido del lessico, dei tic linguistici e dell’assenza di etica utilizzato negli ultimi anni dalla politica, fa da vera e propria chiave di volta drammaturgica. La penultima scena vede due divinità, un Apollo cantautore ed una scatenata Melpomene, discutono dei miseri mortali e si interrogano sull’identità dei Bronzi mentre la parte finale si concentra proprio sul concetto di identità e si tirano le fila di tutto questo intenso percorso. I migranti annegati, a differenza dei Bronzi restituiti dal fondo del mare e festeggiati, muoiono senza avere un nome, un’identità, e spesso senza nemmeno poter avere nemmeno dignità e sepoltura». (rrc)