In Aspromonte riaffiora la storia di Spartaco

di CATERINA RESTUCCIAChe la Calabria sia stata e sia ancora terra ospitale, di approdo e passaggio non è cosa nuova o possibile da negare, ma che ancora la Calabria abbia tanto da raccontare di sé è ancora più certo.

Terra che si presta per la sua posizione geografica e meta agognata da genti diverse sia in passato che ancora in tempi recenti questo si sa, e la cronaca purtroppo talvolta ci riporta esiti di approdo non felici, anzi piuttosto drammatici e catastrofici. Essa è ricordata per le antiche civiltà che l’hanno pienamente vissuta e resa veramente ricca di documenti e materiali importanti, ma ha ancora proprio tanto da far riemergere e far conoscere.

Ad uno degli eventi storici più leggendari dell’antichità sono legate delle nuove scoperte, ritrovamenti cioè di tracciati e sbarramenti che parlano di affascinanti avvistamenti tra eserciti nemici, di percorsi difficili per raggirare il nemico, di itinerari misteriosi che fanno riecheggiare le urla di ribelli e soldati. È la storia di Spartaco che qui in Calabria riaffiora.

Nota è la vicenda del gladiatore ribelle, che con un esercito di schiavi, contadini insorti, gladiatori ribelli aveva avuto il coraggio di affrontare, e soprattutto sconfiggere più volte, le numerose legioni romane. Ad un momento storico ben preciso, ossia alla sua volontà di attraversare lo Stretto di Messina, passando per l’area aspromontana, si riconducono le scoperte fatte negli ultimi anni di un appassionato studioso, esploratore e ricercatore: Lino Licari.

Le ricerche del Licari si uniformano a quelli di altri storici precedenti, come avrà modo egli stesso di spiegarci nell’intervista che ci ha gentilmente rilasciato.

Il cosiddetto Serro di Marco, cioè di Marco Licinio Crasso, inviato dalla potente Roma, è il secondo sbarramento che costui aveva fatto costruire per impedire il passaggio al valoroso ribelle, il quale aveva intuito come necessaria l’unione ad un’altra ribellione, e scoppiata in Sicilia, che pur non legata alle motivazioni della sua, avrebbe potuto cambiare le sorti della sua insurrezione che stava ormai degradandosi.

Ci risponde e racconta il Licari:

-Quando sono iniziate le tue ricerche esplorazioni per individuare questi percorsi?

«Tutto ebbe inizio negli anni 1995 – 1996, quando iniziai a  lavorare come guida in particolare nell’ area ellenofona, per creare la rete dei sentieri che in realtà erano antiche vie le quali in epoca bizantina collegavano i vari paesi. Più tardi quando divenni guida ufficiale del Parco, negli anni 2001 – 2002, perlustrando per fare varie attività di monitoraggio, cominciai a notare la presenza di resti di strane strutture a quote alte, per la  curiosità feci delle ricerche e constatai che si trattava di strutture antiche, tutto ciò in area Zomaro, territorio indagato precedentemente dal professor Raso, i sui studi mi aprirono la strada per comprendere viabilità e insediamenti. Una volta scoperti altri siti nel 2016 l’ente Parco mi chiese di lavorare ad un progetto per georeferenziare siti e viabilità».

-Prima delle sue ricerche vi erano state altre esplorazioni o scavi metodici e programmati lungo quegli itinerari?

«Prima di me si occupò il professor Raso, ma soltanto per la zona dello Zomaro. Nel 2016 ho incontrato l’archeologo Paolo Visonà, che insegna all’Università del Kentucky, stavano effettuando saggi sui siti segnalati da Raso».

-Cosa le assicura che Spartaco abbia effettivamente fatto quella strada? Documenti e materiali?

«A raccontare la vicenda di Spartaco fu Plutarco, poi vi furono gli articoli e gli studi del professor Raso e studi di un libro di Barry Strauss La guerra di Spartaco».

-Questo ritrovamento disegna o ridisegna la storia?

«Questo ritrovamento è il sigillo che conferma la presenza di Spartaco in Aspromonte, che si nascose per lungo tempo, che vi furono le battaglie tra le legioni Romane di Crasso e il gruppo di ribelli, composto da gladiatori e schiavi.L’altra cosa straordinaria è che dopo aver individuato lo sbarramento, ho individuato un antico tracciato greco interno che collegava l’area di Capo Spartivento a quella di Scilla. Una via interna che sarebbe servita a compensare la difficoltà di navigazione dello stretto che per motivi legati a mancanza di venti favorevoli, tempeste, correnti marine avrebbe bloccato per 4 – 5 giorni la navigazione tra la costa ionica e quella tirrenica. Nell’approfondire le ricerche sulla viabilità mi sono in seguito imbattuto in una antica mappa che segnava la via interna. Ho così trovato anche il lastricato nel tratto di Bova, e sono ancora alla ricerca della statio, una sorta di stathmos greca, cioè la classica stazione di servizio e cambio cavalli in cui si mangiava, si dormiva ed eventualmente cambiare anche i cavalli, indicata nella mappa di cui parlavo e che la indica nell’ area ellenofona».

Da questo emerge in maniera netta la coesistenza di percorsi viari greci e romani perfettamente distinguibili in ambiente Aspromontano e lo stretto rapporto tra gli stessi itinerari. Si aggiungono, inoltre, le novità della scoperta di parecchie stazioni che i nostri antichi padri, soldati o viandanti, romani o greci, utilizzavano per rifocillarsi, cambiare i cavalli come mezzo di trasporto, perché logori e spossati dai lunghi viaggi, e ancora torri di avvistamento e fortezze, che servivano per osservare il territorio e i passanti e delimitare i territori di varia appartenenza.

Ancora una volta la forte attenzione e la meticolosa ricerca di uno studioso come Lino Licari aprono nuovi scenari storici, li approfondiscono e rendono possibile l’arricchimento culturale da parte di appassionati e curiosi. (cr)

 

Ciechi e ipovedenti nell’Aspromonte grecanico: il primo cammino inclusivo in Calabria

Ciechi e ipovedenti sono nell’Aspromonte grecanico: il primo cammino inclusivo in Calabria. Un’iniziativa partita il 16 marzo e che andrà avanti sino al 23. I partecipanti sono arrivati da tutta Italia per un cammino inclusivo organizzato da NoisyVision e la Compagnia dei cammini in cui ciechi, ipovedenti, insieme ad altri camminatori senza disabilità visive, percorreranno il sentiero dell’Inglese nell’Aspromonte grecanico.

Il territorio ricco di storia e tradizioni è quello dell’inglese Edward Lear che, nel 1847, percorse a piedi la Calabria accompagnato da una guida e da un asino. Il gruppo seguirà le sue orme partendo dal paese grecanico di Pentedattilo (Rc) per arrivare fino a Staiti (Rc), passando di paese in paese lungo sentieri nella natura, insieme alla guida del luogo, Andrea Laurenzano.

Attraverseranno ambienti unici come le fiumare e i “giardini” di bergamotti, visiteranno i piccoli borghi di quest’angolo d’Italia dove vive una comunità che parla ancora la lingua di Omero e che conserva usi e tradizioni secolari: i greci di Calabria.Un Aspromonte diverso da quello descritto dalle cronache, con la sua gente che oggi insiste per ricercare e credere nuovamente nelle proprie origini. Una continua scommessa, un compromesso fra ciò che è stato, ed è andato perso, e il forte senso di rivincita e di orgoglio nato nella consapevolezza di una ricchezza vasta fatta di lingua, saperi, profumi, musica e danze.

Un patrimonio inesauribile che coniuga natura, cultura e uomini di oggi. Ci sono tutti gli ingredienti per una vera immersione sensoriale che consentirà anche a chi non vede di vivere profondamente questa esperienza.

«È questo il nostro modo di stare insieme, di conoscere il territorio – racconta Dario Sorgato, presidente e fondatore di NoisyVision – abbiamo scelto la natura come contesto ideale per veicolare il nostro messaggio. Il cammino come strumento di inclusione sociale».

I Cammini inclusivi della Compagnia dei Cammini e Noisy vision sono viaggi a piedi di diversi giorni pensati per un gruppo di persone che comprende anche disabili sensoriali, ovvero persone cieche, ipovedenti e ipoudenti. Nessuna differenza, sono tutti in viaggio, insieme, per condividere un pezzo di strada.

Dopo diverse esperienze in tutta Italia e nel mondo questa tipologia di cammino è arrivata nel punto più a sud dello stivale, in Calabria con iniziative che cercano di avvicinare le persone e di offrire opportunità a chi vive in condizioni svantaggiate.

«Sarà in vero onore condurre questo gruppo nelle terre a me care e familiari – spiega Andrea Laurenzano, guida ambientale escursionistica della Compagnia dei Cammini – Sarà anche per me un’opportunità per scoprire in modo nuovo il mio territorio e una bella sfida». (rrc)

REGGIO CALABRIA – Escursione di “Gente in Aspromonte” alla Fortezza di Roccella Ionica e Torre Galea

L’associazione escursionistica “Gente in Aspromonte” propone, per domenica 17 marzo, un itinerario che riguarda la Fortezza di Roccella Ionica e Torre Galea.

Il Castello, posto su una rocca a picco che guarda il mare, era una fortezza inespugnabile tanto che neanche i Turchi di Dragut Pascià nel 1553, i quali pur saccheggiarono Reggio e dintorni, riuscirono a scalfirla. Essi, al contrario, subirono gravi perdite e la distruzione di buona parte delle centocinquanta galere con le quali si erano presentati nello specchio d’acqua sottostante il maniero.

Si ritorna indietro per una breve visita alla Torre di Pizzofalcone. La Torre di Pizzofalcone è un luogo storico e una popolare attrazione turistica. Durante la tua visita conoscerai molti fatti storici interessanti su questo luogo. La Torre di Pizzofalcone è un luogo storico e una popolare attrazione turistica.

La vista circostante è mozzafiato. Devi percorrere una certa distanza per raggiungere la torre, un fatto che dovresti tenere a mente quando scegli le tue calzature. L’architettura della torre è piuttosto bella e ti godrai l’ambiente circostante. Dalla cima della torre avrete una bellissima vista sui dintorni.

Ci si renderà conto del suo valore una volta che visiterai questo posto. Usciti dalla torre ci immettiamo in un piccolo sentiero che costeggia il Santuario della Madonna delle Grazie, la Madonna delle Grazie è la patrona dei pescatori roccellesi i quali, in segno di devozione, portano a spalla la statua per le vie del paese a piedi nudi e nella loro caratteristica divisa.

Complesso edilizio fortificato, qualificato comunemente come Torre e che più propriamente dovrebbe chiamarsi Castello, costituito da un trittico di altissime Torri con basi a scarpata di cui due a pianta circolare e quindi cilindriche, rastremata in alto, e la terza a pianta quadrata, munita di ponte levatoio: il tutto in conformità dello schema tradizionale, ossia del modello formale dei Castelli.

È uno dei più belli, arditi e singolari della Calabria, ed è sito nelle adiacenze dell’abitato civico di Marina di Gioiosa Ionica, a circa un miglio dalla Torre del Cavallaro, in seno al vecchio feudo della Galea.

Lasciate le macchine al Teatro al Castello si percorre circa 400 metri sul Viale della Libertà in prossimità della cabina elettrica si prende il sentiero che sale verso contrada Petrusu, dopo circa 500 metri alle prime case, si prende il sentiero a sinistra che dolcemente sale, dopo circa 700 metri ci immettiamo sulla strada che sale verso il Bosco Catalano, si prosegue a destra dopo circa 20 minuti si arriva in Contrada Calcinara.

Da qui il sentiero corre a mezza costa, passando accanto a campi ormai abbandonati e in mezzo alla macchia mediterranea, in altri tratti campi coltivati in vigneto e uliveto.

In particolari giochi di luce e la possibilità di veder sorgere il sole dal mare rendono Roccella un luogo magico di per sé: ma il suo bel lungomare, i costoni di roccia che sembrano suddividere una spiaggia dall’altra, arrivando in alcuni punti sino alla battigia, ed il maestoso Castello Normanno che domina la città contribuiscono a creare un’atmosfera unica, certamente da provare! Guardando Roccella Ionica dalla spiaggia potrete ammirare anche il fitto Bosco Catalano che incornicia le colline e la Torre Pizzofalcone, uno dei simboli della città. Riprendendo la strada principale si incomincia a scendere dopo circa 30 minuti siamo alle prime case, una piccola deviazione che ci porta all’interno del Castello. (rrc)

REGGIO CALABRIA – Escursione di “Gente in Aspromonte” alla Fortezza di Stilo

L’associazione escursionistica “Gente in Aspromonte” propone, per domenica 10 marzo, un itinerario che riguarda la Fortezza di Stilo.

Di origine normanna, il Castello di Stilo è una vera e propria fortezza. Il suo scopo era quello di proteggere la città e tutto il territorio circostante dalle varie incursioni, susseguitesi nel corso dei secoli. Utilizzando una piccola monorotaia che risale il monte fino ad arrivare al castello stesso, si può ammirare un paesaggio mozzafiato che dà la possibilità di spaziare da Capo Spartivento fino a Crotone. Il Castello presenta una pianta quadrata con torri triangolari, circolari e rettangolari. Rimane poco oggi delle infinite costruzioni difensive all’interno del maniero, come per esempio le torri circolari che attorniavano il forte, munite di feritoie utilizzate per far rotolare i sassi e versare l’olio bollente, qualora i nemici si fossero avvicinati troppo alla fortezza. Dai tetti, grazie ad un favoloso gioco di tegole e tubi di coccio, veniva raccolta l’acqua piovana che era immagazzinata direttamente in una cisterna secondaria.

Si parte nei pressi di quella che è stata definita la chiesa più famosa del paese e una delle più belle della Calabria. É stata definita “mirabile fiore, sbocciato tra le rocce del Consolino mille e più anni fa, sorta nella terra santa del basilianesimo e del bizantinismo”; inoltre ha conservato il nome originale che vuol dire “universale”. La Cattolica è stata riconosciuta, da tutti i critici d’arte, un’opera unica nella particolarità della sua costruzione e del suo meraviglioso equilibrio architettonico. Risale al X sec. d.C., è di piccole dimensioni, a pianta quadrata sormontata da cinque cupolette adornate da bifore e monofore.

Si sale dolcemente lungo la Via Crucis e dopo 100 metri si prende una breve deviazione a destra sino ad arrivare al passo di Pietra Piana, con ampia veduta sullo Stilaro, ed in fondo su San Giovanni Theresti ed il Monastero dei SS. Apostoli; si ritorna indietro per riprendere il sentiero che ci porta al Castello e dopo qualche tornante si arriva alla S. Croce, dove nel periodo pasquale si svolge la Via Crucis e vi è un’ampia veduta su Stilo. Si sale dolcemente e dopo dieci minuti si arriva ad una delle porte del Castello (breve visita al Castello). Il Monte Consolino (701 m. s.l.m.) è un rilievo della Calabria sud–occidentale, appartenente alla catena delle Serre, che si innalza nella Vallata dello Stilaro.

Ai suoi piedi si trova il comune di Stilo, a valle tra il Consolino e il Monte Stella c’è il comune di Pazzano e infine il comune di Bivongi, vicino alla fiumara dello Stilaro. Dalla sommità del Consolino si gode un panorama stupendo che si offre a chi, dall’alto della cima, volge lo sguardo verso la Ferdinandea o verso le sottostanti valli silenziose e verdeggianti; queste zone hanno regalato l’ambiente ideale ai monaci greci che, sulle orme di San Basilio, si muovevano alla ricerca di luoghi rupestri e solitari per appagare la loro sete di Dio, ma spesso anche per sfuggire alla furia degli arabi e dei saraceni che minacciavano i paesi del Mediterraneo orientale.

Sul Monte Consolino sono presenti 16 laure monastiche bizantine con alcuni affreschi. La più importante è la grotta di Sant’Angelo. In essa si trova l’affresco rappresentante secondo l’Orsi il Redentore con i Santi Cosma e Damiano e per altri studiosi San Pietro e San Paolo abbracciati sotto la benedizione del Cristo (fonte Wikipedia).

Riprendendo il cammino si scende per qualche metro sino ad arrivare sul sentiero di Niceto, che qualche anno fa è stato percorso da Bivongi a Monte Consolino: qui il panorama spazia su Bivongi e su tutta la vallata dello Stilaro; si riprende il sentiero lungo il crinale del Consolino sino ad arrivare al Passo della Tramontana con ampia veduta su Pazzano e Monte Stella, si ritorna indietro per immetterci sulla sterrata che taglia il Consolino in due parti. Scendendo possiamo ammirare i muri a secco con pietra della zona, una vera opera di ingegneria naturale; dopo venti minuti si arriva al cimitero di Stilo e percorsi un centinaio di metri giungiamo al punto di partenza. (rrc)

REGGIO CALABRIA – Escursione di “Gente in Aspromonte” alla Fortezza di Monte Consolino

L’associazione escursionistica “Gente in Aspromonte” propone, per domenica 25 febbraio, un itinerario che riguarda la Fortezza di Monte Consolino.

Si parte nei pressi di quella che è stata definita la chiesa più famosa del paese e una delle più belle della Calabria. É stata definita “mirabile fiore, sbocciato tra le rocce del Consolino mille e più anni fa, sorta nella terra santa del basilianesimo e del bizantinismo”; inoltre ha conservato il nome originale che vuol dire “universale”. La Cattolica è stata riconosciuta, da tutti i critici d’arte, un’opera unica nella particolarità della sua costruzione e del suo meraviglioso equilibrio architettonico. Risale al X sec. d.C., è di piccole dimensioni, a pianta quadrata sormontata da cinque cupolette adornate da bifore e monofore.

Si sale dolcemente lungo la Via Crucis e dopo 100 metri si prende una breve deviazione a destra sino ad arrivare al passo di Pietra Piana, con ampia veduta sullo Stilaro, ed in fondo su San Giovanni Theresti ed il Monastero dei SS. Apostoli; si ritorna indietro per riprendere il sentiero che ci porta al Castello e dopo qualche tornante si arriva alla S. Croce, dove nel periodo pasquale si svolge la Via Crucis e vi è un’ampia veduta su Stilo.

Si sale dolcemente e dopo dieci minuti si arriva ad una delle porte del Castello (breve visita al Castello). Il Monte Consolino (701 m. s.l.m.) è un rilievo della Calabria sud–occidentale, appartenente alla catena delle Serre, che si innalza nella Vallata dello Stilaro. Ai suoi piedi si trova il comune di Stilo, a valle tra il Consolino e il Monte Stella c’è il comune di Pazzano e infine il comune di Bivongi, vicino alla fiumara dello Stilaro. Dalla sommità del Consolino si gode un panorama stupendo che si offre a chi, dall’alto della cima, volge lo sguardo verso la Ferdinandea o verso le sottostanti valli silenziose e verdeggianti; queste zone hanno regalato l’ambiente ideale ai monaci greci che, sulle orme di San Basilio, si muovevano alla ricerca di luoghi rupestri e solitari per appagare la loro sete di Dio, ma spesso anche per sfuggire alla furia degli arabi e dei saraceni che minacciavano i paesi del Mediterraneo orientale.

Sul Monte Consolino sono presenti 16 laure monastiche bizantine con alcuni affreschi. La più importante è la grotta di Sant’Angelo. In essa si trova l’affresco rappresentante secondo l’Orsi il Redentore con i Santi Cosma e Damiano e per altri studiosi San Pietro e San Paolo abbracciati sotto la benedizione del Cristo (fonte Wikipedia). Riprendendo il cammino si scende per qualche metro sino ad arrivare sul sentiero di Niceto, che qualche anno fa è stato percorso da Bivongi a Monte Consolino: qui il panorama spazia su Bivongi e su tutta la vallata dello Stilaro; si riprende il sentiero lungo il crinale del Consolino sino ad arrivare al Passo della Tramontana con ampia veduta su Pazzano e Monte Stella, si ritorna indietro per immetterci sulla sterrata che taglia il Consolino in due parti. Scendendo possiamo ammirare i muri a secco con pietra della zona, una vera opera di ingegneria naturale; dopo venti minuti si arriva al cimitero di Stilo e percorsi un centinaio di metri giungiamo al punto di partenza.

Stilo immerso nel verde della valle dello Stilaro e dell’Allaro e protetto dal monte Consolino, il borgo di Stilo profuma ancora dei gelsomini che danno il nome alla costa sottostante e che, in tempi non troppo remoti, mani pazienti raccoglievano nelle sere d’estate perché i francesi ne facessero preziosi profumi. Inserito nel circuito dei borghi più belli d’Italia, Stilo può contare su un territorio ricco e variegato, che dalle verdi serre del Monte Consolino arriva fino alle spiagge dorate e alle acque cristalline del mar Ionio. Circondato in larga parte da un bosco lussureggiante in cui è possibile vivere atmosfere da fiaba e fare incontri straordinari con gli inavvicinabili gatti selvatici o con gli affascinanti lupi della Sila, Stilo è rimasto immutato nel tempo e ha mantenuto un’identità architettonica medievale: ne sono esempi di rara bellezza la Cattolica e l’impianto del borgo stesso, una vera e propria opera d’arte a cielo aperto. (rrc)

REGGIO CALABRIA – Le Muse raccontano il massiccio aspromontano con Manti e Castiglione

Le Muse raccontano il massiccio aspromontano come hotspot di biodiversità con gli esperti Manti e Castiglione. Domenica scorsa il presidente Muse Giuseppe Livoti ha aperto la serata ricordando che, dopo una serie di eventi che hanno visto analizzare i paesi aspromontani da un punto di vista storico – artistico, si è pensato di iniziare a parlare dell’Aspromonte raccontando delle sue connotazioni ambientali e naturali con particolare attenzione al mondo degli insetti.

La manifestazione, dunque è stata utile a presentare l’Aspromonte proponendo l’aspetto poco conosciuto e trattato dell’entomologia con due eccellenze: gli entomologi Francesco Manti ed Elvira Castiglione.

Il prof. Manti è partito dal concetto di “entomologia” ovvero, la disciplina che studia gli insetti in senso lato nei vari aspetti scientifici: morfologia, anatomia, fisiologia, comportamento, filogenesi e studia gli insetti nell’ambito di contesti operativi o applicativi specifici, allacciando strette relazioni anche con varie branche delle scienze delle tecnologie.

Manti ha ricordato come l’Aspromonte è da sempre noto come una delle zone d’Italia con maggior ricchezza di endemiti, oltre che per la presenza di specie dall’elevato valore naturalistico come le maestose querce di rovere meridionale (Quercus petraea (Matt.) Liebl. tra le quali ultime si annovera latifoglia temperata più vecchia al mondo (934 anni di età, datata col radiocarbonio), o ancora la felce preistorica Woodwardia radicans (L.) Sm. risalente al Terziario e tipicamente tropicale, della quale in Aspromonte esistono addirittura diverse stazioni.

Ma un focus particolare ha continuato Elvira Castiglione, merita anche la microfauna entomologica del massiccio aspromontano, in quanto esso è considerato un hotspot di biodiversità, rarità ed endemismo, caratteristica che lo rende, da questo punto di vista, una delle aree più importanti d’Italia e d’Europa. L’elevata diversità biologica è dovuta alla posizione geografica dell’Aspromonte, al centro del Mediterraneo, collegato con l’Europa tramite la catena appenninica, con il Sud-Ovest del Mediterraneo tramite la Sicilia e con il Mediterraneo orientale tramite la Puglia.

Da diversi anni, opera, in Aspromonte un gruppo di ricerca che sta portando avanti numerosi importanti studi in questo ambito. Il Leea (Laboratorio di entomologia ed ecologia applicata del Dipartimento Pau dell’Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria), grazie ai suoi progetti di ricerca scientifica, sta cercando di dare un significativo contributo alle conoscenze entomologiche dell’area aspromontana, insieme al prezioso coinvolgimento di studiosi e specialisti di varie parti d’Italia e d’Europa, anche con la scoperta di specie nuove per la scienza e con numerose prime segnalazioni di entomofauna per la Calabria e per il Sud Italia.

Uno dei progetti di ricerca ha riferito la prof.ssa Castiglione, ha visto impegnati gli entomologi del Leea sulla biodiversità degli ambienti umidi del massiccio aspromontano. Scopo dello studio è stato quello di effettuare una indagine faunistica qualitativa delle aree importanti per la biodiversità degli artropodi negli ambienti acquatici in diverse aree dell’Aspromonte per delineare strategie per la conservazione e la gestione delle stesse. I gruppi indagati sono stati diversi e hanno visto la collaborazione fattiva di numerosi specialisti di fauna entomologica.

Nonostante i numerosi e interessanti ritrovamenti, le conoscenze sulla biodiversità entomologica dell’Aspromonte sono da considerare ancora molto parziali. La presenza contemporanea di tante specie rare, o rarissime altrove, fa sì che complessivamente il territorio aspromontano, anche dal punto di vista entomologico, sia da considerare a pieno titolo un’area preziosa, da continuare a conoscere e salvaguardare.

Interessante la parte descrittiva dell’attività degli entomologi con il Corso di Design dell’Università Mediterranea che vede uno studio in loco dei vari insetti e di un successivo lavoro di riproposizione delle forme geometriche esistenti in natura per farne diventare oggetti di – design – ed oggetti ergonomici portando così un messaggio di identificazione del bello di natura e del bello della progettualità che le nuove generazioni sperimentano in nuovi corsi universitari.

Il territorio dell’Aspromonte è caratterizzato da una grande diversità di habitat e da caratteristiche geo-ambientali che lo rendono unico nel panorama del Mediterraneo centrale, con aree scoscese, gole e anfratti quasi irraggiungibili, che nascono dal mare e arrivano fino a circa 2000 metri di altitudine.

Tra le ultime scoperte di Manti e Castiglione la “Hoplia asprumuntiana”, denominazione ispirata alla parola Asprumunti, nome dialettale con cui viene chiamato il noto massiccio montuoso. Esemplari di questo coleottero sono stati individuati da un gruppo di entomologi a quote di circa 1000 metri sul livello del mare, mentre si nutrivano o si accoppiavano su piante di Biancospino in fiore (Crataegus monogyna Jacq.), in un habitat rappresentato da radure nelle faggete con associazioni botaniche denominate Anemono apenninae-Fagetum e Galio hirsuti-Fagetum. Non sono tuttavia mancati ritrovamenti anche in piccole radure di querceti secolari dominati da Quercus petraea (Matt.) Liebl. sost. austrotirrenica, con presenza di Fagus sylvatica L. e Pinus nigra Arnold subsp. calabrica, come quello avvenuto nel comune di Samo (Reggio Calabria) in località Croce di Dio Sia Lodato.

La scoperta ha avuto luogo nell’ambito del progetto di ricerca denominato “Studi su presenza, distribuzione e ruolo nella conservazione degli ecosistemi forestali dei Coleotteri in Direttiva Habitat e saproxilici del Parco Nazionale dell’Aspromonte” dagli entomologi Alessandro Bruno Biscaccianti, Francesco Manti e Elvira Castiglione con il Prof. Carmelo Peter Bonsignore, Responsabile del Laboratorio di Entomologia ed Ecologia Applicata (Leea) del Dipartimento Pau dell’Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria. (rrc)

REGGIO CALABRIA – Escursione di “Gente in Aspromonte” alla Fortezza di Gerace

L’associazione escursionistica “Gente in Aspromonte” propone, per domenica 18 febbraio, un itinerario che riguarda la Fortezza di Gerace.

L’ambiente da un punto di vista geologico, naturalistico e paesaggistico è gradevole ed incontaminato, si tratta di una sorta di parco protetto a due passi da Gerace. La vegetazione si alterna dalla sughera al leccio fino alla tipica flora mediterranea molto rigogliosa. Il sentiero è agevole per tutta l’andata e si snoda per la maggior parte sul ciglio della roccia e sulle sponde di un bacino di una cascata, della quale sono possibili vedere le erosioni sulla roccia.

Il percorso comincia all’interno dell’area forestale di Ropolà, qui è presente una fontanella d’acqua potabile utile per il rifornimento, e seguendo una traccia inizialmente asfaltata ci addentreremo nel centro di ripopolamento faunistico (oggi abbandonato). Raggiunta la sommità si svolta a destra per una sterrata che immette in un sentiero che affaccia sulla vallata del San Paolo con splendida vista verso Antonimina e Pietra della Morte (toponimo verosimilmente derivato dalla leggenda che narra che li vi sia morto un pastore nel tentativo di salvare una sua pecora). Il sentiero si snoda lambendo una sugheraia e ci conduce a percorrere un impasto roccioso denominato “Cottonera”. Si torna indietro e si va verso la grotta, che è una sperduta cavità naturale che si apre sull’omonimo monte. Qui risiedette Santo Jeunio, vissuto intorno all’anno 1000 dopo Cristo, fu definito “l’Angelo dei Basiliani”. Ragione di ciò, pare fosse la sua predisposizione di riuscire racimolare del cibo per i propri compagni. La grotta fu sede della laura eremitica dove il Santo condivise con altri monaci una vita di penitenza, preghiera e contemplazione. La grotta è ancora oggi utilizzata saltuariamente come luogo di culto. Si tratta di un romitorio rupestre del X secolo. Dopo l’escursione sul Monte San Jeunio ci si sposterà con le auto verso C/da San Filippo.

Nei pressi del Bunker Militare, seguendo un piccolo viottolo in leggera salita che attraversa tutto il costone di Gerace, di cui una prima parte tra piante di ulivo e vecchie case ormai allo stato di ruderi per poi passare al di sotto di una pineta. Il percorso è caratterizzato da muri a secco e da pareti di tufo (dove in qualche tratto, alcuni anni fa, sono stati incisi dei bassorilievi), dopo pochi minuti si arriva alla scaletta che sale verso il borgo, il sentiero sbuca in prossimità della Cattedrale, si sale verso la parte alta, e in pochi minuti siamo al Castello Normanno di Gerace.

Il Castello di Gerace sorge proprio in cima all’amba rocciosa sulla quale si sviluppò l’originario centro abitato. Edificato secondo alcuni nel corso del VII secolo d.C., il maniero esisteva di certo già a metà del X secolo, periodo in cui arrivarono i Bizantini, che lo devastarono insieme alla città.

Il castello sorge nel punto più alto dell’antico centro abitato di Gerace. Ridotto oggi allo stato di rudere, si stagliava sulla rocca più alta dominando la vallata sottostante. Consolidato dai Bizantini su un antico impianto greco-romano, fu ristrutturato e potenziato dai Normanni nel corso della loro dominazione. Interessanti per lo studio dell’architettura militare sono soprattutto i resti dell’imponente torrione centrale a pianta cilindrica, mentre rimangono solamente delle macerie dei lunghi basamenti monolitici e delle pareti realizzate con blocchi megalitici, a causa del terribile terremoto del 1783. Alla fortificazione, nettamente separata dal centro urbano, si accede tramite una salita panoramica che si apre sul “Baglio”, un ampio spiazzo dal quale si gode la vista di tutta la vallata fino al mare.

Durante la dominazione spagnola degli Aragonesi, in concomitanza con lo sviluppo dell’ars militare legata alle armi da fuoco, furono eseguite alcune ristrutturazioni. Sulla facciata principale furono create delle feritoie, delle guardiole e dei camminamenti interni in aggiunta al torrione, a base circolare sulla sua parete rettilinea. Del Castello originario sono oggi visibili i pilastri del ponte levatoio, il corpo dell’ingresso, la piazza d’armi, la torre circolare e i resti della torre angolare, distrutta durante la Seconda Guerra Mondiale dai bombardamenti angloamericani del 1943.

Gerace è posta su un conglomerato di roccia conchiglifera a forma di altopiano. La struttura urbana è disposta su tre nuclei fondamentali: Borgo Maggiore, Borgo Minore e Città Alta.

Nel Borgo Maggiore vi erano quattro ingressi: a sud-ovest la porta della “Barbara”, a sud la porta del Borgo Maggiore detta Portella o della Piana, ad ovest la porta di “Tracò” (in collegamento con la strada e la porta della “Sederìa” che consentiva l’accesso all’abitato della zona alta e al Castello), a nord la porta di S. Lucia. (rrc)

REGGIO CALABRIA – Presentato il calendario delle attività del Cai Aspromonte

Presentato il calendario attività 2024 della sezione Cai Aspromonte di Reggio Calabria. Dopo i saluti istituzionali, dei due direttori dei dipartimenti di ingegneria, per il Diceam prof. Giovanni Leonardi e il prof. Claudio De Capua per il Diies, la presidente Augusta Piredda ha invitato a parlare il sindaco di Santo Stefano d’Aspromonte Francesco Malara.

Nel suo intervento il sindaco Malara, ha ricordato la proficua collaborazione intrapresa nel 2023 con il Cai e Cnr che ha portato alla qualificazione della stazione di terapia forestale “La faggeta del benessere” presso Gambarie. Si è inoltre augurato, che con l’ufficializzazione dell’apertura del rifugio “Virdia” in concessione alla Sezione Cai Aspromonte, si possano intensificare i rapporti di collaborazione tra i due enti per futuri progetti che possano far diventare il comprensorio di Gambarie punto di riferimento non solo turistico-culturale ma anche laboratorio outdoor per scuola università e centri di ricerca.

Il programma ha visto relazionare la presidente della commissione regionale Tam (Tutela ambiente montano) Mara Papa, che ha illustrato il bidecalogo, documento che riassume, in venti punti, le regole che ogni socio Cai si impegna a rispettare in tema di tutela ambientale e di comportamenti etici durante le attività in montagna.

Il professore Domenico Gattuso ha invece presentato l’ambizioso e bellissimo lavoro sul quale sta lavorando da qualche anno, «Una rete di cammini e sentieri per un turismo equo-sostenibile in Calabria». Ha chiuso la prima parte dei lavori Valentino Santagati artista, musicista e ricercatore in campo musicale, ma con una spiccata sensibilità verso temi ambientali, con l’appello alle istituzioni di uno stop all’installazione di ulteriori pale eoliche in Calabria se non dopo un coinvolgimento tutti gli stakeholder.

A seguire, Daniela Scuncia e Gianni Posillipo responsabili del settore conferenze hanno presentato i protagonisti del programma 2024 che quest’anno prevedono una preponderante presenza di giovani ricercatori e professionisti calabresi, esperti in temi ambientali e culturali. L’obiettivo è duplice: occasione di formazione e divulgazione per i soci ma aperto a tutta la cittadinanza e nello stesso valorizzare le tante eccellenze presenti nella nostra regione. Dopo il brillante intermezzo del Coro diretto dal maestro Luigi Miriello e fiore all’occhiello della Sezione Cai Aspromonte, I responsabili delle discipline sezionali hanno presentato le attività future previste nel calendario 2024. (rrc)

REGGIO CALABRIA – Escursione di “Gente in Aspromonte” alla Fortezza di Sant’Aniceto

L’associazione escursionistica “Gente in Aspromonte” propone, per domenica 4 febbraio, un itinerario che riguarda la Fortezza di Sant’Aniceto.

L’escursione inizia da Paterriti, piccolo centro abitato posto in posizione collinare a 410 m s.l.m. al confine tra il comune di Motta San Giovanni e il comune di Reggio Calabria.

Si parte dalla piazza e si percorre la strada che attraversa il paese e incrocia la carrabile che conduce alla fortezza. Si svolta a sx e si cammina per un breve tratto sulla carrabile, poi si svolta ancora a sinistra per imboccare il sentiero. Il fondo del sentiero è di terra e pietre parzialmente interrate che lo rendono piuttosto accidentato; in alcuni punti le pietre libere ne accentuano le asperità, ma non ostacolano il cammino, pertanto è consigliabile una marcia relativamente accorta. Il percorso si snoda tra gli ulivi e le querce dei piccoli appezzamenti punteggiati dai grandi massi che si staccano dal massiccio roccioso soprastante. Man mano che si sale la vegetazione, ostacolata dai massi, dalle pietre sparse e dai cumuli, diviene sempre più rada, aprendo alla vista un paesaggio di inusitata bellezza.

Il ricamo dei muretti a secco ne esalta la peculiarità. La salita termina ai piedi della fortezza, in un ampio piazzale con panchine e muretti su cui sedersi per una breve sosta e ammirare l’imponente cinta muraria che corona la sommità del massiccio roccioso. Per raggiungere il portone d’ingresso della fortezza si sale zigzagando una serie di ampie rampe in acciottolato. Dall’interno della fortezza, posta strategicamente a 670 m di altitudine, la vista a 360 gradi consente di ammirare lo Stretto, l’Etna innevato e tutto il territorio circostante. Si riprende il cammino dal piazzale percorrendo un breve saliscendi di strada carrabile, che porta ad un bivio dove si svolta a sx verso Paterriti.

Qualche centinaio di metri e si riprende a dx il sentiero, che, inizialmente in piano, dopo un poco inizia a salire in mezzo agli ulivi, grosse querce e fichi d’India. Raggiunto il crinale, 701 m. di altitudine, presso la stazione meteorologica e la torre di avvistamento antincendio, si svolta a sx su una strada sterrata, che, dopo un breve tratto in piano, inizia a scendere con numerosi tornanti. Il lungo percorso in discesa, straordinariamente panoramico con vista sulla vallata della fiumara Valanidi, attraversa molti uliveti da cui si ricava un olio particolarmente pregiato e si snoda tra le contrade Lifracà, Consalvo e infine la frazione Ciosso, in prossimità del Valanidi. Attraversata la fiumara che divide il territorio del comune di Motta San Giovanni da quello di Reggio Calabria, si ritorna ad Oliveto.

Il toponimo S. Niceto individua i ruderi di una fortificazione collinare (670 m s.l.m.) sita nel comune di Motta San Giovanni.

Si tratta di una struttura difensiva, costruita in epoca tardo bizantina, idonea a una resistenza passiva prolungata, con pochi ambienti destinati al presidio, ma con ampi spazi all’interno della cinta fortificata, adatti ad accogliere e ricoverare in caso di necessità le popolazioni rurali della zona e i beni da loro prodotti.

Il sistema difensivo principale è costituito dalla cinta muraria che recinge la collina di forma oblunga (180 m per 55 m), i cui fianchi scoscesi e ripidi sono un ostacolo naturale al rapido accesso al piano dove sorge il castello.

Il pericolo da fronteggiare era rappresentato dalle incursioni ricorrenti degli Arabi, a partire dai primi del X secolo, e poi dai conquistatori che si sono succeduti nei secoli, fino a quando, con il mutamento degli equilibri politici e strategici nel XV secolo, è venuto meno il ruolo della fortezza che è stata abbandonata.
Non vi è alcuna traccia di edilizia privata. Rimangono solo i ruderi di strutture residenziali, probabilmente destinate ai funzionari e alle truppe stanziali.

L’unico accesso alla fortezza si ha tramite un’unica porta protetta da due torri quadrate, impiantate direttamente sulla roccia.

La torre di destra è dotata al piano terreno di una porta di ingresso a un piccolo ambiente interno, che ne rappresenta l’unica fonte di luce. Nel punto più alto vi è un muro trasversale di sbarramento, con al centro una torre-cisterna (Mastio), che costituisce una seconda linea di difesa. In questa zona maggiormente protetta troviamo alcuni edifici residenziali collegati da mura, che creano così una terza zona protetta. (rrc)

GAMBARIE (RC) – Tre nuovi bus di Atam per la linea extraurbana tra Reggio e l’Aspromonte

La flotta dei mezzi pubblici reggini si amplia. Sono stati presentati a Gambarie tre nuovi bus di Atam per la linea extraurbana tra Reggio Calabria e l’Aspromonte. All’evento, in piazza Mangeruca, era presente il sindaco della Città Metropolitana Giuseppe Falcomatà, il vicesindaco Carmelo Versace, il Consigliere metropolitano Giuseppe Marino, l’Assessore alle Partecipato Domenico Battaglia, l’amministratore delegato Giuseppe Basile, il presidente Ezio Privitera e la Consigliera e Presidente Tr.In.Cal. Melina Sangiovanni, oltre ai rappresentanti delle organizzazioni sindacali presenti in azienda, i rappresentanti delle Amministrazioni della Città Metropolitana, del Comune di Reggio Calabria, i sindaci dei Comuni di Santo Stefano, Francesco Malara, di Sant’Alessio, Stefano Calabrò, di Laganadi, Michele Spadaro, e di Calanna, Domenico Romeo, oltre al presidente del Comitato Italiano Paralimpico Antonello Scagliola.

Gli autobus, acquistati da Atam con il 40% con fondi propri, ed il restante 60% grazie a un finanziamento regionale con fondi Cipe 2016, sono dotati di tutti i confort e di avanzati sistemi di sicurezza. Nel loro percorso di linea faranno tappa, oltre che nella zona nord del Comune di Reggio Calabria, anche nei Comuni di Calanna, Laganadi, Sant’Alessio e Santo Stefano.

Nel corso della presentazione sono stati illustrati altri investimenti che Atam, di concerto con Città Metropolitana e Comune di Reggio Calabria, ha programmato per il rilancio della mobilità urbana nel comprensorio reggino ed in particolare nell’area pedemontana e montana. I nuovi mezzi che integrano il parco bus sono destinati al trasporto pubblico extraurbano della parte pedemontana della rete di esercizio servita dall’azienda di trasporto reggina. I bus, prodotti da Temsa, sono equipaggiati di motori a gasolio di ultima generazione, in accordo alla normativa euro 6, con bassissime emissioni di inquinanti.

«È un traguardo importante per la nostra azienda – ha specificato il sindaco Falcomatà – anche per l’intera città metropolitana, in particolare per l’area dello Stretto. Vengono potenziati i collegamenti dalla città verso Santo Stefano d’Aspromonte, verso Gambarie e tutti i paesi della Vallata del Gallico in maniera continuativa. È una scelta politica che va nella direzione di ampliare il trasporto pubblico locale e anche i comuni limitrofi per favorire un interscambio maggiore su tutti i profili, specie quello turistico visto che gli autobus avranno delle dotazioni per portare gli sci in inverno e le biciclette d’estate. Sono dei collegamenti che vanno in direzione di evitare lo spopolamento delle aree interne. Ci sono poi altri investimenti che vengono confermati e ampliati, basti pensare al bus della neve – ha aggiunto il sindaco – che, lo scorso anno, ci ha dato grandissime risposte in termini di utilizzo. Noi cerchiamo di interpretare le esigenze del territorio che ci chiede di vivere l’ambiente e la Città metropolitana in maniera più accessibile e più prossima. Questi sono servizi di prossimità che consentono anche a chi ha difficoltà di mobilità di potersi muovere al meglio. I bus di nuova generazione consentono alle persone che hanno difficoltà motorie o psicofisiche di utilizzarli in piena autonomia».

«Grazie all’aiuto e al supporto che hanno dato i sindaci in questi anni ecco un altro tassello che si aggiunge al progetto che abbiamo realizzato insieme, nell’ottica dell’obiettivo riassunto nel claim “Aspromonte in città” – ha spiegato Versace – è un segnale di risposta allo spopolamento continuo che vivono i comuni delle aree interne. Se vogliamo far rivivere i nostri borghi dobbiamo essere bravi a fornire i servizi per supportare queste aree che dovrebbero vivere di turismo, non solo montano, ma per la tanta cultura e l’offerta che riescono a dare nella vallata. Possiamo fare sicuramente di più: lo abbiamo fatto acquistando delle quote in Atam, e ringrazio per questo i sindacati, il cda, e tutti gli operatori che negli anni hanno fatto tanti sacrifici, ma hanno continuato a supportare la nostra partecipata. Siamo contenti di essere riusciti a sanare questo buco di bilancio che storicamente esisteva e a rilanciare l’azienda verso nuovi obiettivi di crescita».

Tra le altre caratteristiche i nuovi mezzi, di media lunghezza, sono dotati di sistema Avm (Automatic Vehicle Monitoring) che consente di monitorare la posizione, il percorso, la velocità, e la diagnostica dei componenti meccanici, di display informativi per i passeggeri, di conta passeggeri, di sistema di videosorveglianza e hanno un’accessibilità facilitata per le persone a ridotta capacità sensoriale e motoria, con spazi interni dedicati.

«Una scelta di Atam, e dei soci che hanno dato questo indirizzo, ossia il Comune e la Città metropolitana, per migliorare l’offerta all’utenza di questa zona – ha poi chiarito l’Ad di Atam Basile – Si tratta di tre bus acquistati per il 60% con un finanziamento esterno della Regione Calabria e col 40% di risorse Atam. Non è poco perché non tutte le aziende di trasporto pubblico locale riescono a investire risorse proprie per implementare il parco mezzi. Questo significa che Atam riesce a stare in equilibrio destinando parte di ciò che riesce a creare, non solo per gli investimenti sul personale e l’organizzazione interna, ma anche al parco mezzi. Gli autobus – ha affermato l’amministratore delegato di Atam – hanno una strumentazione particolare grazie alla quale, dalla sala operativa, riusciamo a fare la diagnostica sulle parti meccaniche del mezzo e a controllare se il mezzo ha un’andatura normale o, in caso contrario, si possono verificare eventuali problemi. Tutto questo è finalizzato all’utenza che utilizza questi mezzi. Gli autobus implementano l’offerta, per non vincolare l’utenza a determinati orari. L’obiettivo è aumentare le corse e rendere più semplice spostarsi da Reggio a Gambarie e viceversa».

«La giornata di oggi va nel solco dell’azione intrapresa dall’Amministrazione Falcomatà – ha poi dichiarato l’Assessore alle Società partecipate Domenico Battaglia – lo sforzo fatto in questi anni, consente oggi di arrivare a questo risultato ed è il termometro di un’amministrazione in salute. Città metropolitana e Comune, nell’ultimo anno, credo abbiano fatto uno sforzo enorme per avere i cento mezzi che costituiranno la dotazione per costruire un parco rinnovato, più moderno che possa rispondere alle esigenze di tutti i cittadini».

«Una misura nel solco di un’attenzione alle aree interne – Giuseppe Marino, già assessore comunale ai Trasporti ed oggi consigliere metropolitano – che come Amministrazione abbiamo portato avanti dal 2014. La mente va indietro al giorno in cui portammo una nuova linea urbana a Paterriti, un paese della nostra città non servito da una linea di bus. Ricordo la gioia dei ragazzi, degli studenti che finalmente potevano usufruire di un collegamento stabile con la città. Oggi siamo a Gambarie, seconda casa dei reggini, luogo del cuore e dell’anima, dove ritrovarsi e stare insieme. Tante realtà associative, soprattutto nei mesi estivi trovano un momento di incontro e aggregazione. Avere un servizio moderno di trasporto significa garantire a tutti i cittadini, anche alle fasce più deboli, la possibilità di accedere a questi luoghi». (rrc)