di CATERINA RESTUCCIA – Che la Calabria sia stata e sia ancora terra ospitale, di approdo e passaggio non è cosa nuova o possibile da negare, ma che ancora la Calabria abbia tanto da raccontare di sé è ancora più certo.
Terra che si presta per la sua posizione geografica e meta agognata da genti diverse sia in passato che ancora in tempi recenti questo si sa, e la cronaca purtroppo talvolta ci riporta esiti di approdo non felici, anzi piuttosto drammatici e catastrofici. Essa è ricordata per le antiche civiltà che l’hanno pienamente vissuta e resa veramente ricca di documenti e materiali importanti, ma ha ancora proprio tanto da far riemergere e far conoscere.
Ad uno degli eventi storici più leggendari dell’antichità sono legate delle nuove scoperte, ritrovamenti cioè di tracciati e sbarramenti che parlano di affascinanti avvistamenti tra eserciti nemici, di percorsi difficili per raggirare il nemico, di itinerari misteriosi che fanno riecheggiare le urla di ribelli e soldati. È la storia di Spartaco che qui in Calabria riaffiora.
Nota è la vicenda del gladiatore ribelle, che con un esercito di schiavi, contadini insorti, gladiatori ribelli aveva avuto il coraggio di affrontare, e soprattutto sconfiggere più volte, le numerose legioni romane. Ad un momento storico ben preciso, ossia alla sua volontà di attraversare lo Stretto di Messina, passando per l’area aspromontana, si riconducono le scoperte fatte negli ultimi anni di un appassionato studioso, esploratore e ricercatore: Lino Licari.
Le ricerche del Licari si uniformano a quelli di altri storici precedenti, come avrà modo egli stesso di spiegarci nell’intervista che ci ha gentilmente rilasciato.
Il cosiddetto Serro di Marco, cioè di Marco Licinio Crasso, inviato dalla potente Roma, è il secondo sbarramento che costui aveva fatto costruire per impedire il passaggio al valoroso ribelle, il quale aveva intuito come necessaria l’unione ad un’altra ribellione, e scoppiata in Sicilia, che pur non legata alle motivazioni della sua, avrebbe potuto cambiare le sorti della sua insurrezione che stava ormai degradandosi.
Ci risponde e racconta il Licari:
-Quando sono iniziate le tue ricerche esplorazioni per individuare questi percorsi?
«Tutto ebbe inizio negli anni 1995 – 1996, quando iniziai a lavorare come guida in particolare nell’ area ellenofona, per creare la rete dei sentieri che in realtà erano antiche vie le quali in epoca bizantina collegavano i vari paesi. Più tardi quando divenni guida ufficiale del Parco, negli anni 2001 – 2002, perlustrando per fare varie attività di monitoraggio, cominciai a notare la presenza di resti di strane strutture a quote alte, per la curiosità feci delle ricerche e constatai che si trattava di strutture antiche, tutto ciò in area Zomaro, territorio indagato precedentemente dal professor Raso, i sui studi mi aprirono la strada per comprendere viabilità e insediamenti. Una volta scoperti altri siti nel 2016 l’ente Parco mi chiese di lavorare ad un progetto per georeferenziare siti e viabilità».
-Prima delle sue ricerche vi erano state altre esplorazioni o scavi metodici e programmati lungo quegli itinerari?
«Prima di me si occupò il professor Raso, ma soltanto per la zona dello Zomaro. Nel 2016 ho incontrato l’archeologo Paolo Visonà, che insegna all’Università del Kentucky, stavano effettuando saggi sui siti segnalati da Raso».
-Cosa le assicura che Spartaco abbia effettivamente fatto quella strada? Documenti e materiali?
«A raccontare la vicenda di Spartaco fu Plutarco, poi vi furono gli articoli e gli studi del professor Raso e studi di un libro di Barry Strauss La guerra di Spartaco».
-Questo ritrovamento disegna o ridisegna la storia?
«Questo ritrovamento è il sigillo che conferma la presenza di Spartaco in Aspromonte, che si nascose per lungo tempo, che vi furono le battaglie tra le legioni Romane di Crasso e il gruppo di ribelli, composto da gladiatori e schiavi.L’altra cosa straordinaria è che dopo aver individuato lo sbarramento, ho individuato un antico tracciato greco interno che collegava l’area di Capo Spartivento a quella di Scilla. Una via interna che sarebbe servita a compensare la difficoltà di navigazione dello stretto che per motivi legati a mancanza di venti favorevoli, tempeste, correnti marine avrebbe bloccato per 4 – 5 giorni la navigazione tra la costa ionica e quella tirrenica. Nell’approfondire le ricerche sulla viabilità mi sono in seguito imbattuto in una antica mappa che segnava la via interna. Ho così trovato anche il lastricato nel tratto di Bova, e sono ancora alla ricerca della statio, una sorta di stathmos greca, cioè la classica stazione di servizio e cambio cavalli in cui si mangiava, si dormiva ed eventualmente cambiare anche i cavalli, indicata nella mappa di cui parlavo e che la indica nell’ area ellenofona».
Da questo emerge in maniera netta la coesistenza di percorsi viari greci e romani perfettamente distinguibili in ambiente Aspromontano e lo stretto rapporto tra gli stessi itinerari. Si aggiungono, inoltre, le novità della scoperta di parecchie stazioni che i nostri antichi padri, soldati o viandanti, romani o greci, utilizzavano per rifocillarsi, cambiare i cavalli come mezzo di trasporto, perché logori e spossati dai lunghi viaggi, e ancora torri di avvistamento e fortezze, che servivano per osservare il territorio e i passanti e delimitare i territori di varia appartenenza.
Ancora una volta la forte attenzione e la meticolosa ricerca di uno studioso come Lino Licari aprono nuovi scenari storici, li approfondiscono e rendono possibile l’arricchimento culturale da parte di appassionati e curiosi. (cr)