È INUTILE LA RIFORMA DELLE PROVINCE
SE NON SI RILANCIANO GLI AMBITI VASTI

Nell’ardore dell’esuberante dinamismo che, talvolta, ha caratterizzato i Governi dalla Seconda Repubblica, nel 2014, il già Ministro Delrio, firmò una legge (DL 56/14) con la quale fu decretato il ripiegamento a Enti di secondo livello di tutte le Istituzioni provinciali italiane. Tale legge, nata con intento transitorio, avrebbe dovuto riformare e snellire l’apparato intermedio del sistema amministrativo nazionale. Di fatto, a quasi 11 anni dalla sua attuazione e con la complicità della bocciatura del referendum costituzionale nel 2016, ha ibernato le Province lasciandole nel limbo dell’impalpabilità amministrativa.

Circa due anni fa, però, un rinnovato attivismo parlamentare, nella Commissione affari costituzionali al Senato, ha riportato alla ribalta la tematica. La discussione relativa alla reintroduzione del suffragio universale alle Province ha generato la produzione di un testo unificato a firma di vari Gruppi parlamentari. Tutto questo fermento, però, si è sostanzialmente arenato nel mese di giugno del 2023.

Con ogni probabilità, il disegno delle autonome regionali ha avuto prelazione negli interessi delle Commissioni. Da oltre un anno, quindi, il dibattito relativo alla rinascita degli Enti intermedi è fermo all’angolo. Non è da escludere, tuttavia, che già i prossimi mesi potrebbero risultare decisivi al ripristino del sistema Provincia così come lo conoscevamo fino a un paio di lustri fa.

Non solo il ritorno al passato, ma un rinnovamento sistemico degli ambiti provinciali

Il testo normativo, prodotto in Parlamento, tuttavia, non si spinge verso una riforma sistemica dell’Ente in questione. Piuttosto, si limita a una restaurazione delle perimetrazioni provinciali ex ante 2014. Il disegno di legge, infatti, non si addentra su quelle inspiegabili dinamiche che, in Italia, hanno generato ambiti elefantiaci e ingestibili a fianco di piccoli contesti territoriali, spesso sguarniti di una reale autonomia politica e ombra di loro stessi. Nessun riferimento, altresì, alla condizione di disagio vissuta da quei contesti provinciali, spesso gemmati da una Provincia madre più ampia, poco rappresentativi anche dal punto di vista demografico. Chiaramente, quindi, una riforma che oltre a restituire l’Ente Provincia si spinga verso un profondo rinnovamento dell’organismo amministrativo, sarebbe auspicabile.

Divari territoriali: il male endemico italiano

Ciò che, comunque, bisognerebbe sanare è il divario tra territori, consentendo a quei contesti rimasti più indietro di porsi a livello degli ambiti che procedono più spediti. Quindi, non è tanto la reintroduzione di un Ente, quanto la necessità di annullare squilibri territoriali, il vero obiettivo che la politica dovrebbe porsi.

Se, davvero, il Parlamento sentisse la necessità di intervenire su oggettive disparità territoriali che, ovunque avvertite in Italia, generano aree di figli e aree di figliastri, il ricorso ad una serie di emendamenti al disegno normativo, sarebbe necessario. Modifiche e integrazioni, invero, contribuenti a scrivere una legge che fornisca una reale visione del territorio italiano, ancor prima che un semplicistico ritorno al passato. D’altronde, lavorare alla normalizzazione di una condizione legata a una dicotomia tra aree sature e centralizzate e contesti periferici sempre più collaterali, sarebbe necessario e non differibile. Anche, per tentare un approccio volto a riequilibrare una disparità in atto tra contesti territoriali sovradimensionati e periferie marginalizzate, rese sempre più lande desolate e depresse.

Geografia territoriale: superare le incoerenze con una visione che si sganci dai disegni del passato

Seppur tra tante incoerenze, comunque, il DL 56/14 aveva tentato di dare un’impronta d’area vasta ai territori extra comunali. I requisiti di almeno 350mila abitanti e 2500km di superficie, per evitare l’allora scure della decapitazione provinciale, non furono messi a caso. In ambito europeo, infatti, i contesti compresi tra 350 e 450mila abitanti risultano essere quelli più efficientemente dimensionati. Pertanto, una reintroduzione sic et simpliciter del concetto di Provincia, così come eravamo abituati a conoscerlo prima del 2014, non andrebbe a risolvere taluni scriteri. Si pensi ai casi di Alba e Bra nella gigantesca provincia di Cuneo o alle questioni di Busto Arsizio/Varese e Sanremo/Imperia.

Meriterebbe accurate riflessioni, anche, il nuovo contesto pedemontano veneto che gravita attorno a Bassano del Grappa. In Centro Italia, non possono lasciare indifferenti i casi di Civitanova Marche e San Benedetto del Tronto, rispettivi primi contesti urbani delle Province di Macerata e Ascoli Piceno. Così come la questione legata alla volontà di costruire una provincia con doppio capoluogo tra Spoleto e Terni, per frenare il centralismo perugino. A Sud, invece, l’elefantiaca Capitanata si caratterizza per la presenza di grossi nuclei urbani e relative aree di gravitazione che poco o nulla condividono con Foggia. Nondimeno, la volontà della provincia di Isernia di spostarsi dal Molise all’Abruzzo o la provocazione materana di aggregarsi alla terra di Bari. Anche la Sicilia non è esente da sentimenti legati al decentramento amministrativo e alle autonomie politiche: Gela vorrebbe migrare dalla Provincia di Caltanissetta per accasarsi nella Città Metropolitana di Catania, mentre il dualismo Marsala/Trapani necessiterebbe attenzione con alcuni correttivi.

Non per ultimo, poi, il caso di Corigliano-Rossano e l’area dell’Arco Jonico che non condivide criteri di omogeneità territoriale ed economica con il resto della provincia di Cosenza. Insomma, alcuni, ma non tutti, i desideri, legittimi, di immaginare nuovi e più coerenti percorsi amministrativi che restituiscano dignità ai territori, infondendo la speranza di declinare un avvenire migliore. Dunque, il nocciolo della questione non è reintrodurre le Province, ma inquadrare quest’Ente nel giusto parametro tra la dimensione regionale e macroregionale e i Comuni sottoposti a coordinamento e controllo. Le esperienze delle piccole Province, d’altronde, si sono rivelate un boomerang: poco funzionali e, addirittura, controproducenti. A tal riguardo, buona parte degli Enti nati successivamente al ’92, hanno ampiamente dimostrato la loro inutilità, non riuscendo a inverare una concreta autonomia politica ancor prima che amministrativa.

Magna Graecia: unica prospettiva di sviluppo nell’auspicato ridisegno degli Enti intermedi calabresi

Il discorso calabrese, forse più di qualunque altro, nasconde una serie di incoerenze tra i fautori di un nuovo Ente e chi, invece, auspica una ridefinizione logica degli attuali contesti di secondo livello. Con una popolazione di poco superiore al 1.800.000 abitanti, pensare a una sesta Provincia in Calabria suona già come ridicolo. Vieppiù, contribuisce a rendere macchiettistica la considerazione di alcuni contesti della Regione; simile, per certi versi, a quella dei vignettisti satirici, il cui unico obiettivo consiste nello scatenare ilarità nel lettore.

I limiti di una ipotizzata Provincia della Sibaritide-Pollino, ancor prima che amministrativi e di natura territoriale, data la disomogeneità tra i due ambiti concorrenti a formare il perimetro vasto, risiedono tutti in uno stadio di reale autonomia politica. Per quanto l’immaginato ambito possa avere una ragguardevole dimensione in superficie, anche nella migliore delle ipotesi, la sua conformazione demografica risulterebbe scarna rispetto l’Ente madre da cui dovrebbe gemmare. Una popolazione di 250mila abitanti, a fronte di un vasto e disarticolato territorio, rappresenterebbe poco più della metà della demografia che resterebbe in capo alla ridimensionata Cosenza.

Un’idea progettuale, al contrario, che assembli le aree rivierasche e pedemontane afferenti al medio-alto Jonio calabrese, oltre alla comune matrice storica, economica e di opportunità, non andrebbe a sovraccaricare di Enti e burocrazia uno Stato già eccessivamente provato da inutili e inefficaci frammentazioni.

Partendo da un Ente già esistente (Provincia di Crotone) si dovrebbe procedere alla ridefinizione dei perimetri delle attuali Province di CS e KR, per sezionare la ex Calabria Citra in due aree pressoché identiche, sia territorialmente che demograficamente. Un ambito del nord ovest che resterebbe sotto l’egida della Città di Cosenza e un’area del nord est coordinata e controllata da due Capoluoghi (Corigliano-Rossano e Crotone).

Due contesti simili e concorrenti che insieme all’ambito istmico (CZ-Lamezia) andrebbero a gestire, con pari diritti e pari dignità, buona parte del territorio regionale. Una rivoluzione nell’approccio e nella gestione degli Enti intermedi. Non più ambienti centralizzati e distanti dalle esigenze dei cittadini, ma policentrici e caratterizzati da distretti di prossimità che eleverebbero il reale significato del decentramento amministrativo. Ecco, in una rinnovata visione e in una ridefinizione funzionale e prospettica dei territori, l’idea di riportare ex ante 2014 gli Enti di secondo livello avrebbe senso compiuto.

In tutti gli altri casi sarebbe l’ennesimo carrozzone politico di cui certamente questo Paese non avrebbe alcun bisogno. (Comitato Magna Graecia)

EXPORT E INNOVAZIONE, IL FUTURO È QUI
LA CALABRIA NON PERDA QUEST’OCCASIONE

di FABRIZIA ARCURI – L’internazionalizzazione è una delle sfide più significative per il sistema produttivo italiano, in particolare per le piccole e medie imprese che intendono affacciarsi ai mercati esteri. Per rispondere a questa esigenza nasce il Mediterranean Export Innovation Hub (Meih), un’Associazione che si propone come punto di riferimento per le aziende desiderose di espandere la propria presenza a livello internazionale.

Attraverso strategie mirate, formazione specialistica e un network di contatti consolidato, il Meih offre strumenti concreti per accompagnare le imprese nel loro percorso di crescita oltre i confini nazionali.

L’iniziativa è guidata da Alessandro Crocco, imprenditore italo-americano con una solida esperienza nell’export e nei processi di internazionalizzazione. Attivo tra New York e l’Italia, ha sviluppato una profonda conoscenza dei mercati esteri e delle strategie per la crescita delle Pmi, con l’obiettivo di creare connessioni efficaci tra le eccellenze italiane e il contesto globale.

Il Meih nasce proprio da questa visione, configurandosi come un catalizzatore di crescita per le imprese, trasformando le ricchezze produttive del territorio in una leva di sviluppo concreto. Un progetto che assume un valore strategico soprattutto per il Sud Italia e per la Calabria, una terra dal grande patrimonio culturale e produttivo, che necessita di strumenti adeguati per affermarsi sui mercati internazionali. L’Associazione si pone come risposta a questa esigenza, promuovendo la competitività delle imprese locali e favorendone l’integrazione nel commercio globale.

A sancire l’avvio ufficiale delle attività, il Meih sigla il suo primo Protocollo d’Intesa con Confapi Calabria, una collaborazione strategica che consolida il legame tra il mondo imprenditoriale e le strategie di internazionalizzazione. L’accordo rappresenta il primo passo concreto di un percorso che punta a rafforzare la competitività delle imprese locali, favorendo sinergie tra innovazione, formazione e accesso ai mercati esteri.

L’evento di presentazione, in programma lunedì 24 febbraio alle 10.30 presso Villa Rendano a Cosenza, si aprirà con i saluti istituzionali di coloro che, sin dall’inizio, hanno sostenuto la filosofia e la mission del Meih. Importanti appuntamenti istituzionali, dal Senato della Repubblica al Consiglio Regionale della Calabria, fino agli incontri sui territori, hanno contribuito a dare impulso all’iniziativa, consolidandone la visione e il percorso di crescita. A portare i saluti istituzionali saranno la senatrice Tilde Minasi, la Presidente di Brutium, Gemma Gesualdi, Walter Pellegrini, Presidente della Fondazione Giuliani e Antonello Grosso La Valle, il Presidente di Unpli Cosenza e Consigliere Nazionale.

A presentare il progetto e il Protocollo d’Intesa saranno Alessandro Crocco, Presidente del Meih, Francesco Napoli, Presidente di Confapi Calabria, la sottoscritta, vicepresidente Meih, e Rossana Battaglia, presidente Accademia degli Imprenditori. A moderare l’incontro sarà Francesca Preite, Responsabile comunicazione e Vicepresidente Filiera UNIGEC – Confapi Calabria.

«Il progetto Mediterranean Export Innovation Hub incarna la visione di un’Italia che sa guardare oltre i propri confini, forte della sua cultura, della sua qualità e della sua capacità di innovare – afferma Alessandro Crocco –. Ma, soprattutto, vuole dare risposte concrete alla Calabria e al Sud Italia, territori che, troppo spesso, restano esclusi dalle grandi opportunità dell’export e dell’innovazione».

«Con questa iniziativa – continua – vogliamo creare un ecosistema in cui le imprese locali possano apprendere, collaborare e crescere, facendo della qualità e dell’identità territoriale il loro punto di forza per conquistare i mercati internazionali».

«La firma – sottolinea – di questo Protocollo d’Intesa con Confapi Calabria è solo l’inizio di un percorso che metterà a disposizione delle Pmi strumenti concreti per affermarsi e competere su scala globale, con un’attenzione particolare per le realtà produttive calabresi, che meritano di essere valorizzate a livello internazionale».

Entusiasta della collaborazione, Francesco Napoli, Presidente di Confapi Calabria, sottolinea il valore strategico dell’accordo: «Siamo orgogliosi di presentare l’Export Innovation Hub e il Mediterranean Export Innovation Hub, iniziative che rappresentano un’opportunità concreta per il futuro dell’export, non solo per la Calabria, ma per l’intero Sud Italia».

«Questi progetti – enfatizza – segnano un passaggio fondamentale verso la modernizzazione e il rafforzamento del nostro tessuto produttivo, grazie alla sinergia tra innovazione, competenze e mercato internazionale. È un’occasione imperdibile per le aziende calabresi, che hanno sempre dimostrato un potenziale straordinario ma che spesso incontrano ostacoli nell’accedere ai mercati globali».

«Con il Meih – conclude – vogliamo colmare questo divario e creare un ponte tra le imprese locali e le opportunità internazionali. Un ringraziamento particolare va ad Alessandro Crocco per il suo impegno e la sua visione, che hanno reso possibile questo importante progetto».

Mi preme sottolineare l’importanza della comunicazione e del marketing nell’internazionalizzazione, in quanto non basta un prodotto eccellente per conquistare i mercati esteri, è necessario saperlo raccontare, creare un’identità forte, trasmettere la storia e i valori che lo rendono unico.

Questo è ancora più vero per la Calabria, una terra che vanta eccellenze straordinarie, dall’agroalimentare all’artigianato, dal turismo alla tecnologia, ma che fatica ancora a imporsi sul panorama internazionale.

La nostra missione è accompagnare le imprese in questo percorso, fornendo strumenti di promozione, formazione mirata e strategie di branding efficaci. Dobbiamo fare in modo che il Made in Calabria non sia solo riconosciuto, ma desiderato, perché porta con sé autenticità, qualità e una storia che merita di essere raccontata al mondo intero.

«L’unione fa la forza. Solo lavorando – ribadisce nella chiusa il presidente Crocco – in sinergia possiamo raggiungere obiettivi ambiziosi e rendere l’Italia e quindi la nostra terra di Calabria, protagonista nello scenario globale. Il Mediterranean Export Innovation Hub è aperto a tutti coloro che condividono questa visione e vogliono contribuire a renderla realtà». (fa)

[Fabrizia Arcuri è vicepresidente Meih]

I GIOVANI, LA PRECARIETÀ E IL RIFIUTO DEL
POSTO FISSO: UNA SFIDA PER LA CALABRIA

di FRANCESCO RAONegli ultimi decenni, il concetto di “posto fisso” – da sempre simbolo di sicurezza economica e stabilità sociale – ha subito una radicale trasformazione. In una società in continuo mutamento, anche i Millennials del Meridione, hanno posto un approccio differente al paradigma tradizionale riconducibile all’impiego stabile, adottando una visione del lavoro più fluida e dinamica.

Il modello del posto fisso, radicato nell’Italia del dopoguerra, era strettamente legato a una concezione di società caratterizzata da una forte divisione del lavoro, da una gerarchia ben definita e da norme sociali che garantivano l’inclusione e la solidarietà. Le riforme come lo Statuto dei Lavoratori del 1970 e le norme contrattuali consolidavano il legame tra individuo e istituzione, promuovendo un modello di fedeltà aziendale e sicurezza previdenziale. Con l’avvento della globalizzazione, della digitalizzazione e delle trasformazioni tecnologiche, autori come Ulrich Beck hanno descritto la nascita della “società del rischio”, in cui le tradizionali garanzie diventano sempre più fragili. In tale contesto, la progressiva erosione del modello industriale ha fatto emergere una realtà caratterizzata da contratti precari e forme di lavoro atipiche, in cui il rischio diventa una componente intrinseca della vita professionale e al contempo tale instabilità, si è diffusa nel tessuto sociale generando precarietà e marginalità sociale. Anche per buona parte dei Millennials calabresi, l’approccio al lavoro assume una identità diversa rispetto al passato.

La nuova etica del lavoro non è più solo una questione economica, ma rappresenta anche un percorso di autodefinizione e realizzazione personale. Da un punto di vista sociologico, grazie al pensiero di Anthony Giddens sulla “riflessività della modernità”, comprendiamo perché i giovani contemporanei sono chiamati a rinegoziare il significato del lavoro in un contesto in cui la tradizionale identità professionale si dissolve a favore di una molteplicità di esperienze e ruoli. In Calabria, il tessuto economico è stato storicamente segnato da instabilità e disuguaglianze e l’adozione di modelli flessibili – come il lavoro freelance, lo smart working e l’autoimprenditorialità – risponde a un doppio imperativo: cercare autonomia e superare le limitazioni di un mercato del lavoro che, come evidenziato da dati Istat (2023), registra un aumento del 40% dei contratti a termine negli ultimi dieci anni.

La carenza di tutele sociali, la difficoltà di accesso al credito per l’autoimprenditorialità e le infrastrutture digitali insufficienti in Calabria rappresentano sfide significative e prioritarie. La lettura sociologica del fenomeno evidenzia come il processo di individualizzazione – caratteristico della modernità tardiva – possa generare un aumento del senso di precarietà e isolamento, se non accompagnato da politiche pubbliche in grado di garantire una rete di sicurezza adeguata. Come già anticipato, il contesto socioeconomico del Sud Italia presenta peculiarità che incidono profondamente sulle scelte dei giovani.

Secondo il recente rapporto Svimez, il tasso di occupazione nel Meridione è inferiore di circa 20 punti percentuali rispetto al Centro-Nord, mentre in Calabria la prevalenza di contratti precari e il lavoro informale sono ormai all’ordine del giorno. Queste condizioni hanno contribuito a creare una “cultura della fuga”.

Il Censis nel 2022 prevedeva che tra il 2000 e il 2020 oltre 500.000 giovani lasceranno il Sud in cerca di opportunità, ponendo lo sguardo all’indietro, quello studio era veritiero e oggi, in mancanza di riforme strutturali e concretezza, si rischia di compiere il secondo atto alimentando ulteriormente la “fuga di cervelli”.

Queste dinamiche orientano la profonda trasformazione culturale in atto nella quale il lavoro diventa uno strumento per esprimere la propria identità e non pià un mezzo per garantire la sussistenza e la progettualità del futuro. Tale dinamica, attraverso le scienze sociali, può essere letta come un processo di disaffezione dalle istituzioni e dalla tradizione, in cui la mancanza di investimenti in infrastrutture digitali e la debolezza del tessuto imprenditoriale locale spingono i giovani a cercare identità e opportunità altrove.

La teoria della “società liquida” di Zygmunt Bauman, oltre a descrivere un mondo in cui le strutture sociali sono in costante divenire e l’incertezza è una normalità, trova una perfetta applicazione in questo contesto ma trascura l’evidente segno di malessere delle generazioni anziane, sempre più sole e soprattutto esposte ad un sistema di istituzioni digitali con le quali, il digital divide, non consente il dialogo.

L’evoluzione del mondo del lavoro e il rifiuto del posto fisso da parte dei giovani del Meridione costituiscono una sfida complessa che richiede una riflessione multidimensionale. Se da un lato il modello tradizionale si dimostra ormai inadatto a una società in rapido cambiamento, dall’altro l’assenza di un adeguato supporto strutturale rischia di tradurre la flessibilità in ulteriore precarietà.

Le teorie sociologiche contemporanee ci invitano a considerare il lavoro non solo come una dimensione economica, ma anche come uno spazio di identità, appartenenza e trasformazione sociale. La sfida per il futuro sarà quella di coniugare innovazione e stabilità, promuovendo politiche che incentivino l’autoimprenditorialità e investimenti nelle infrastrutture digitali, senza dimenticare l’importanza di una tutela sociale che risponda alle nuove dinamiche del mercato.

In definitiva, il fenomeno osservato nel Meridione non rappresenta un semplice capovolgimento delle logiche occupazionali, ma una profonda trasformazione del modo in cui le nuove generazioni concepiscono il proprio futuro e il loro ruolo nella società. Solo attraverso una comprensione integrata di queste dinamiche sarà possibile costruire un modello di sviluppo che valorizzi la flessibilità senza sacrificare la sicurezza e l’inclusione sociale. (fr)

[Francesco Rao è docente a contratto cattedra di sociologia generale – Università “Tor Vergata” Roma]

SANITÀ CALABRIA, OCCHIUTO ANNUNCIA:
«A BREVE FINISCE IL COMMISSARIAMENTO»

di SANTO STRATI – Sanità in Calabria, fine del commissariamento? Lannuncio lo dà il presidente Roberto Occhiuto durante un incontro/forum alla sede de Il Quotidiano del Sud, promosso dal direttore Massimo Razzi.

È una notizia shock, bellissima, difficile persino da credere. Ma bisogna crederci, visto che sulla Sanità calabrese Occhiuto ci ha messo la faccia e rischia quotidianamente la sua credibilità.

È ottimista Occhiuto, visibilmente provato da un recupero post operatorio che appare troppo lento, e, nella redazione centrale di Castrolibero azzarda che entro qualche settimana la sanità calabrese sarò fuori dal commissariamento. Se lo afferma, non solo ne è convinto, ma evidentemente ha ricevuto le dovute rassicurazioni dal Governo che siamo davvero al traguardo.

Una buona notizia per la Calabria e per i calabresi che dal 2009 sono sotto commissariamento e ne hanno viste di cotte e di crude, tra annunci, incapacità gestionali, promesse e, soprattutto, chiusure di ospedali. Uscire dal commissariamento quantomeno significa poter ricominciare a investire per garantire la salute ai calabresi, che continuano a regalare” milioni (340 secondo lultima stima) ogni anno alle altre regioni, dove vanno a farsi curare in ospedali più “avanzati” e dove, loro malgrado, trovano ottimi medici calabresi.

Si parla dialetto calabrese a Roma, Milano, Pavia, Padova e in gran parte delle strutture sanitarie del Nord: è il risultato degli esodi (molti controvoglia) di ottimi specialisti che hanno dovuto lasciare la propria terra e che nessuno riesce a far tornare (mancano soprattutto le possibilità economiche).

La fine di questorrendo bavaglio alla sanità pubblica potrebbe significare un nuovo slancio tutto a respiro regionale nella gestione della sanità pubblica il cui patatrac – non dimentichiamolo – è stato anche provocato da commissari di Governo inviati dallo Stato, che, però, continua a non volersi assumere alcuna colpa pur avendo gestito, per indiretta persona, lo scandalo di fatture pagate più volte, di ospedali chiusi, di reparti mai aperti, di attrezzature lasciate a morire nella loro obsolescenza senza venire utilizzate alla bisogna.

La storia della sanità calabrese è drammaticamente insopportabile e insostenibile sotto tutti i punti di vista e i rimedi, ad oggi, sono stati troppo blandi se non forieri di ulteriori spese.

Certo, va considerato che la fine del commissariamento non significa che viene annullato il piano di rientro, a cui prima o poi bisognerà venirne fuori, ma è decisamente un grosso passo in avanti per riorganizzare, con responsabilità unicamente regionale, tutto lapparato, mettendo ordine nelle tantissime, troppe, criticità.

Al direttore Razzi – cui bisogna dare atto di avere promosso una intelligente e coraggiosa campagna giornalistica attraverso il Quotidiano del Sud per la sanità calabrese – il presidente Occhiuto risponde mostrando sicurezza: «Sono assolutamente convinto che il commissariamento non sia una buona cosa per il governo della sanità in Calabria, lo ha anche detto la Corte costituzionale due volte. Ho lavorato nei mesi passati per ottenere dai Ministeri affiancanti la possibilità di poter uscire dal commissariamento. Io ho maturato un’esperienza nei palazzi della politica romana e spesso faccio cose che vengono interpretate come strappi. Un esempio sono gli emendamenti».

«Volevo un’assunzione di responsabilità dei Ministeri – ha spiegato – che ci dessero i dati sul punteggio Lea e si esprimessero sulla chiusura dei bilanci e la loro certificazione. Gli emendamenti sono serviti a questo. Li farò ritirare perché ho avuto la rassicurazione da parte del governo che la sanità calabrese uscirà, da qui a qualche settimana, dal commissariamento. E io vorrei che uscisse non per una norma ma per una delibera del Consiglio dei ministri proposta dal Mef e dal Ministero della Salute».

Secondo il Presidente Occhiuto, «Avendo finalmente il governo dei conti e i Lea in crescita, il commissariamento non ha più senso di esistere. Chiaramente rimarremo in piano di rientro, ma il mio obiettivo di medio periodo e quello di uscire anche da questo. Utilizzeremo parte della fiscalità aggiuntiva per colmare il deficit».

«Se noi riuscissimo con i Lea del 2024 ad essere verdi su tutti e tre gli aggregati (ospedaliero, prevenzione e distrettuale) potremmo chiedere l’uscita dal piano di rientro – ha detto –. Altra cosa: ho chiesto al governo di darmi una mano per concludere i tre grandi ospedali. Sibari procede e sarà completato prima della fine della legislatura, a Vibo c’è stato un incontro con il concessionario e aggiorneremo il piano finanziario per accelerare i lavori. Sulla Piana il concessionario ha chiesto 190 milioni in più, noi siamo disponibili ad un aggiornamento del Pef».

«Mi sto assumendo tantissime responsabilità – ha ricordato – e rischio di essere rincorso dalla Corte dei Conti per i prossimi decenni. Però l’ho fatto perché altrimenti non l’avremmo finito. Ho chiesto al governo poteri di Protezione Civile per procedere più velocemente con gli adempimenti previsti. E questo per i tre ospedali più il Policlinico universitario di Cosenza e una parte dell’ospedale di Reggio. Ho fiducia».

Lo scetticismo dei calabresi è duro da scalfire, nonostante liniezione di fiducia e ottimismo del Presidente Occhiuto. Il percorso non è libero da ostacoli e, probabilmente, lAzienda Zero non ha ancora le capacità operative (tipo bacchetta magica…) per sistemare conti e aziende e, soprattutto, poter garantire ai calabresi che vivono in regione e hanno diritto di curarsi adeguatamente vicino ai loro affetti e alle loro case, il livello di prestazioni sanitarie degne di questo nome. È un impegno, non soltanto una promessa, quanto affermato da Occhiuto. (s)

ANALFABETISMO FUNZIONALE, IN CALABRIA
È SOLO COLPA DELLA FORMAZIONE?

di ROCCO ROMEO – Un dato allarmante emerge dall’ultima indagine OCSE: oltre il 30% degli italiani adulti è classificabile come analfabeta funzionale. Questo significa che più di un terzo della popolazione adulta del Paese ha difficoltà significative nel comprendere un testo, analizzare informazioni complesse o risolvere problemi di base.

Una realtà che pone l’Italia all’ultimo posto tra i Paesi industrializzati, rendendo evidente l’urgenza di un intervento strutturale su più fronti.

Il peso del Mezzogiorno e il caso della Calabria

La situazione è particolarmente critica nel Mezzogiorno, e la Calabria rappresenta uno degli esempi più preoccupanti. In questa regione, i livelli di alfabetizzazione funzionale e digitale sono tra i più bassi d’Italia, un dato che si riflette non solo sulle opportunità personali dei cittadini, ma sull’intero tessuto sociale ed economico. Nonostante gli sforzi messi in campo, le scuole calabresi continuano a fronteggiare carenze infrastrutturali, una cronica mancanza di risorse e una dispersione scolastica tra le più alte del Paese.

La Calabria soffre anche di una forte disuguaglianza nell’accesso all’istruzione di qualità: molte aree interne e rurali mancano di scuole adeguate e moderne, costringendo numerosi giovani a percorrere lunghe distanze o ad abbandonare gli studi. Questo squilibrio territoriale contribuisce a peggiorare il divario rispetto al resto del Paese, limitando le possibilità di crescita economica e sociale.

Le cause di un problema strutturale

Le radici dell’analfabetismo funzionale sono profonde. Da un lato, la scuola fatica a garantire una formazione solida e continua, specialmente nelle regioni più svantaggiate come la Calabria. Dall’altro, decenni di politiche inadeguate non sono riusciti a contrastare fenomeni come la dispersione scolastica, l’abbandono precoce e la mancanza di connessione tra scuola e mondo del lavoro.

La transizione digitale ha amplificato ulteriormente il problema: in Calabria, dove l’accesso a internet è meno diffuso e le competenze tecnologiche sono limitate, il rischio di esclusione sociale ed economica è ancora più alto. Senza una strategia mirata, questa regione rischia di rimanere intrappolata in un circolo vizioso di povertà educativa e disuguaglianza.

Le conseguenze: una democrazia fragile

L’analfabetismo funzionale non è solo un problema individuale, ma un freno per l’intera società. La difficoltà di comprendere e analizzare informazioni complesse riduce la partecipazione civica, rendendo le persone più vulnerabili alla manipolazione mediatica. Questo fenomeno mina le basi della democrazia e ostacola lo sviluppo economico in un contesto globale dove conoscenza e competenze sono risorse fondamentali.

Le possibili soluzioni

Per affrontare l’emergenza, è necessario un piano strategico che metta al centro la scuola e l’apprendimento permanente:

Potenziamento delle competenze linguistiche e logiche fin dalla scuola primaria, con interventi mirati nelle regioni più svantaggiate come la Calabria.

Lotta alla dispersione scolastica, soprattutto nelle aree rurali e interne, attraverso incentivi, borse di studio e supporti per le famiglie in difficoltà.

Investimenti in infrastrutture scolastiche e digitali, con particolare attenzione alle regioni del Mezzogiorno. In Calabria, questo significa garantire connessione internet nelle scuole e nelle comunità isolate.

Formazione continua per gli adulti, coinvolgendo aziende e istituzioni locali per creare percorsi di riqualificazione accessibili e gratuiti.

La scuola sta facendo la sua parte?

La scuola italiana è chiamata a evolversi per colmare il divario delle competenze, ma la Calabria ha bisogno di interventi mirati e immediati. Le politiche educative devono adattarsi ai cambiamenti della società e alle esigenze dei territori, soprattutto quelli più deboli. Solo con un sistema scolastico moderno, inclusivo e attento alle specificità regionali, l’Italia potrà combattere l’analfabetismo funzionale e garantire alle nuove generazioni un futuro migliore.

Conclusione

L’analfabetismo funzionale è un ostacolo che l’Italia, e in particolare regioni come la Calabria, non può più ignorare. Serve un’azione decisa e strutturata, capace di mettere al centro del dibattito pubblico l’importanza dell’istruzione e della cultura. Solo così potremo costruire una società più equa, competitiva e preparata ad affrontare le sfide del futuro. (rr)

 

Giusi Princi: Con Ministro Foti incontro produttivo, Calabria sia motore di sviluppo

L’eurodeputata Giusi Princi ha incontrato a Bruxelles, assieme a un ristretto gruppo di colleghi eurodeputati italiani di altre delegazioni, il Ministro italiano per gli Affari europei, le Politiche di coesione e il Pnrr, Tommaso Foti.

«È stato un incontro produttivo, durante il quale sono stati trattati temi di grande rilievo», ha detto Princi, che ha ringraziato il Ministro Foti «per la sua disponibilità. Abbiamo sostenuto la vicepresidenza esecutiva del suo predecessore, Raffaele Fitto. Una nomina che saprà rafforzare ancora di più il ruolo del nostro Paese, già centrale anche grazie all’impegno di Forza Italia nel PPE e del nostro vicepremier Antonio Tajani, che anche in quel caso ha svolto un prezioso ruolo di intermediazione».

«Al Ministro Foti –  ha spiegato Princi – ho evidenziato la centralità delle regioni del Sud, e in particolare della Calabria, come motore di sviluppo per tutto il Paese e, di conseguenza, per l’intera Europa».

«Occorre avviare un percorso strutturato, in sinergia tra istituzioni, per sviluppare le infrastrutture – ha sottolineato – far fronte alla denatalità e alla fuga dei cervelli, dare maggiori opportunità ai giovani. Esempi virtuosi e concreti ci sono: la Calabria lo scorso anno, quando ero Vicepresidente della Regione, grazie all’impegno del Presidente Occhiuto, ha firmato con il Governo un importante accordo per il Fondo sviluppo e coesione di circa 3 miliardi di euro».

«È stata la decima Regione che ha firmato l’accordo – ha ricordato – la prima a sottoscriverlo in tutto il Mezzogiorno d’Italia. Camminare insieme, quindi, è fondamentale ed è possibile. Abbiamo bisogno di un Sud forte per un’Italia più forte in un’Europa ancora più forte».

«La Calabria, dunque – ha concluso Giusi Princi –, oggi può essere un modello: grazie alla governance nella gestione dei fondi, portata avanti dal Presidente Occhiuto, e alla sinergia istituzionale del centrodestra a vari livelli, la regione sta riuscendo a ridurre il divario con gli altri territori e non essere più fanalino di coda in termini di sviluppo e crescita». (rrm)

LOCRIDE, LA CHIESA ACCANTO AI SINDACI
PERCORSO DI COMUNITÀ DA FARE INSIEME

di MONS. FRANCESCO OLIVA – Carissimi, sento di dovervi ringraziare ancora una volta per l’incontro di saluto e di augurio in occasione del Santo Natale, ma ancor più per il lavoro che quotidianamente svolgete a favore di questa meravigliosa terra. In un contesto sociale delicato e difficile, con non pochi condizionamenti.

Ponendovi in prima linea nel lottare e ricercare le risorse necessarie per la vita e la cura delle nostre comunità.
Condivido le vostre sofferenze e l’impegno a conservare nei territori gli ultimi presidi di formazione (scuole e asili), di vita sociale (sportelli postali, bancari) e di altri servizi essenziali. Provando spesso un senso di frustrazione, quando agli sforzi compiuti non seguono i risultati sperati e quando la stessa comunità non coglie il valore dei vostri tanti sforzi compiuti. Spesso avvertendo un senso di solitudine.

Spendersi per la propria comunità e lavorare con passione è di per sé stesso un percorso che ripaga il vostro impegno. Senza lasciarsi coinvolgere nelle logiche partitiche e dei gruppi di potere che intendono ridurre tutto alla logica del proprio interesse e profitto. La vostra gioia sia sempre nel fare tutto per il bene comune, difendendo le comunità dall’arroganza di chi mette sempre al primo posto gli interessi personali. Camminate con lo sguardo attento sempre e solo ai bisogni della gente.

Apprezzo l’attenzione che prestate nella valorizzazione e custodia dei centri storici. Un patrimonio di arte, storia e cultura che va gelosamente custodito. Nonostante lo spopolamento. Sono le radici della nostra storia ed ogni edificio, castello, torre, piazzetta, vicolo, fontana, Chiesa racconta un vissuto che ci appartiene. Su di essi è bene investire risorse con eventi culturali, di folklore e di tradizioni.

Troppo spesso vi trovate a difendere il territorio comunale da attività che ne compromettono l’integrità. Penso all’abbandono dei rifiuti, al degrado degli spazi pubblici, all’inquinamento ambientale, agli incendi estivi, all’abusivismo edilizio ecc. La gente apprezza la buona amministrazione. Lo dimostrano la buona risposta nella raccolta differenziata dei rifiuti, tante spontanee iniziative di volontariato, la partecipazione alla vita sociale e civile di tante associazioni. Mi conforta anche – nel rispetto delle reciproche competenze – la collaborazione nei progetti di solidarietà della Caritas diocesana e della Caritas parrocchiali.

La Locride è una bella comunità con una sua identità e le sue tipicità, le sue problematiche e ferite, le sue prospettive di sviluppo e di crescita: esse vanno sempre considerate ed affrontate nella loro specificità. Non può mancare una visione d’insieme e una prospettiva di più ampio respiro, che esige il lavorare in rete. Conosco il vostro cammino e la storia dell’associazione dei Comuni della Locride e del Comitato dei Sindaci. Senza entrare nel merito delle problematiche emerse nel tempo, ho sempre pensato trattarsi di un’organizzazione rispondente alla legittima istanza di fare rete attorno a progetti comuni. Al di là di ogni interesse particolare o di logica localistica.

Sono preoccupato per le tensioni che si sono creati negli ultimi giorni e per il rischio di un generale sfaldamento, con conseguente perdita dei valori che l’avevano ispirata. È vero: ci possono essere fasi di stanchezza, la difficoltà del lavorare insieme. È sempre latente la tentazione di pensare che da soli si possa arrivare prima alla soluzione dei problemi. Ma isolandosi non si va lontano. Lavorando in rete si fa più fatica, ma crescono e si arricchiscono le possibilità di relazioni tra le persone, tra le comunità e gli stessi amministratori.

I problemi sono tanti e gravi: non ci si può dividere. Tra questi mi permetto di segnalare il fenomeno criminale che si alimenta col narcotraffico, l’usura, l’incremento esponenziale delle sale gioco. Le inchieste della Magistratura e delle Forze dell’ordine dimostrano la recrudescenza del fenomeno criminale. Occorre tanto impegno e collaborazione. Ognuno deve fare la propria parte. Sui problemi non ci si può permettere il lusso di dividersi. La responsabilità amministrativa impone coesione e coraggio, il sapere osare oltre le proprie visioni. Lavorare insieme è un bisogno dettato dall’amore per il proprio popolo.

In dialogo con alcuni di Voi pare imprescindibile un Patto per la Locride, ove si colgano e si affrontino insieme i problemi comuni più gravi. I problemi del vicino sono anche i miei problemi. Insieme si lotta per superarli. Insieme ci si sostiene. Insieme si cammina. Al di là degli schieramenti partitici. I problemi comuni sono tanti e non si possono affrontare in una prospettiva municipale. Una scelta sbagliata fa male a tutti. Sarebbe imprudente pensare di risolvere i problemi della “propria” comunità senza considerarli nel contesto più ampio. A tal fine non deve mancare il coraggio della verifica ed eventualmente la disponibilità per gli opportuni correttivi.

Il rinnovamento ed il cambiamento per il bene comune, facendo anche un passo indietro, non è resa, ma saggezza costruttiva e positiva.

Una cosa è certa: i problemi che interessano il nostro territorio, quello della viabilità (SS 106 in primis, collegamenti con i territori più interni e collinari, strada statale 682 Jonio-Tirreno), della rete ferroviaria, dello spopolamento dei centri storici, dell’amministrazione della sanità territoriale, della disoccupazione o dell’emigrazione giovanile, possono essere affrontati solo in una visione d’insieme. In una prospettiva che pone questa terra in una comunità più grande, per la quale molti dei suoi figli hanno versato il loro sangue, pagando di persona un’unità nazionale nella quale hanno fermamente creduto.

La Locride non può essere marginalizzata, terra di periferia penalizzata da uno sviluppo a più velocità. Molto dipende da quanti l’abitiamo, dall’amore che abbiamo per essa. E soprattutto dalla lungimiranza dei suoi amministratori che per amore verso la propria comunità devono mostrare tanto coraggio nel mettere da parte le proprie visioni ed eventuali progetti di fronte alle esigenze del bene più grande dell’intero territorio.

La Locride o cammina insieme o non va da nessuna parte! Occorre superare divergenze e divisioni, guardare con uno sguardo nuovo la realtà sociale e politica, che non è più quella di qualche decennio fa. “L’età del piombo” sembra essere passata. Ma non possiamo godere di una Locride che va spopolandosi, desertificandosi sempre più. I cambiamenti climatici si riflettono anche sulla nostra area. Se i giovani vanno via, se tante eccellenze locali emigrano, una ragione dev’esserci. Sono questi i problemi che c’interpellano, che interpellano giorno dopo giorno chi è chiamato ad amministrare.

Chiudo questa mia lettera, che spero non sia considerata invadente, con il richiamo di papa Francesco nell’enciclica “Laudato sì”: “Siamo tutti connessi!”.

Essere consapevoli di questa verità elementare sta alla base di ogni sana politica. Con la stessa consapevolezza sono con voi, soffro con voi, ma soprattutto cammino con voi. (fo)

[Mons. Francesco Oliva è vescovo della Diocesi di Locri-Gerace]

PARTONO OGGI I SALDI IN CALABRIA:
SI SPENDERANNO 125 EURO A PERSONA

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Sono 115 milioni di euro la somma che la Calabria spenderà per i saldi invernali, che prenderanno il via oggi, 4 gennaio. È quanto stimato da Confcommercio Calabria, spiegando come «secondo i dati raccolti, saranno circa 510.000 le famiglie calabresi che parteciperanno ai saldi, con una spesa media per famiglia di 290 euro, leggermente inferiore alla media nazionale di 307 euro. La spesa media per persona si attesterà invece sui 125 euro, rispetto ai 138 euro nazionali».

L’abbigliamento rappresenta la categoria più acquistata con il 50% delle preferenze, seguita da calzature (25%) e accessori (10%). I tessili per la casa, gli articoli sportivi e altre categorie completano il quadro delle scelte dei consumatori.

Cosenza guida la classifica regionale con una quota del 35,8% delle vendite, seguita da Reggio Calabria (28,3%) e Catanzaro (18,5%). Crotone e Vibo Valentia completano il quadro con quote più contenute, ma comunque significative.

Percentuale di sconto applicato

Con uno sconto medio tra il 30% e il 50%, i saldi invernali si confermano un’importante occasione per i consumatori e un’opportunità per i commercianti di smaltire le rimanenze di magazzino e sostenere i bilanci. I 54.655 esercizi commerciali attivi in Calabria, che danno lavoro a oltre 102.000 addetti, trarranno beneficio da questa stagione di saldi, rafforzando il loro ruolo nel tessuto economico e sociale della regione.

«Con l’avvicinarsi dei saldi invernali 2025, i dati che emergono sono decisamente incoraggianti per il commercio calabrese», ha detto la direttrice di Confcommercio Calabria, Maria Santagada.

«Nonostante le sfide economiche degli ultimi anni – ha proseguito – il settore continua a dimostrare una resilienza notevole, con un valore complessivo stimato per gli acquisti in saldo che supera i 115 milioni di euro nella nostra regione. I saldi invernali quindi, nonostante tutto, continuano a rappresentare un momento fondamentale per il commercio locale e per le famiglie calabresi».

«Anche in occasione dei saldi, come Confcommercio Calabria – ha concluso –rinnoviamo l’invito a sostenere i negozi delle nostre città, che sono un presidio essenziale di vivibilità e identità. In un contesto economico complesso, i saldi offrono l’opportunità di acquistare prodotti di qualità a prezzi vantaggiosi, contribuendo allo stesso tempo alla vitalità delle nostre comunità».

«Quest’anno è previsto un importante giro d’affari – ha fatto sapere il prof. Pietro Vitelli, responsabile del Comitato Difesa Consumatori –. Infatti, si prevede  che ogni persona  potrà spenderà circa138 euro durante i saldi invernali di quest’anno. Un’occasione importante per rilanciare i consumi».

«I saldi rappresentano una tradizione commerciale capace di coinvolgere l’interesse di migliaia di famiglie alla ricerca dell’affare – ha spiegato – e di un crescente numero di stranieri amanti dello shopping made in Italy” inoltre è auspicabile  che i saldi invernali 2025 siano caratterizzati da una “tripla E”. Ovvero: Economia: per consentire acquisti responsabili e consapevoli, con un buon rapporto qualità-prezzo; Ecologia: per favorire gli acquisti nei negozi di prossimità e ridurre l’impatto ambientale del commercio online; Etica: per promuovere una moda rispettosa della salute dei consumatori e delle condizioni di lavoro.

«I consumatori – ha proseguito Vitelli – sanno bene che i saldi si praticano stagionalmente, in due diversi periodi dell’anno (di solito gennaio per i saldi invernali e luglio per i saldi estivi), hanno un periodo di tempo prestabilito anche perché devono essere limitati solo ed esclusivamente alla vendita della merce della stagione in corso».

«Attenzione però – ha aggiunto – per fare acquisti davvero convenienti senza farsi prendere dalla frenesia del momento basta seguire solo alcune semplici regole che possono farci evitare brutte sorprese. È compito dei sodalizi di tutela dei diritti quale appunto è il Comitato Difesa Consumatori che, per l’occorrenza, ha stilato una lista di alcune importanti regole da seguire affinché gli acquisti vengano effettuati in modo sicuro e trasparente atteso che molte volte i commercianti mettono in vendita capi delle collezione di abbigliamento degli anni precedenti rimasti invenduti nei loro magazzini invenduti».

Ecco le norme da seguire:

– Cambi: Controllare che i capi siano in buone condizioni: se il difetto viene fuori dopo l’acquisto, potrai chiedere la risoluzione del contratto e il negoziante deve restituirti l’importo pagato oppure ridurre il prezzo.

– Ricordarsi sempre  di  conservare lo scontrino: Un’altra cosa importante è la prova del capo, poiché il cambio è a discrezione del commerciante e bisogna chiedere prima di effettuare l’acquisto se è previsto e quanti giorni si hanno a disposizione per farlo a meno che il prodotto non sia danneggiato o non conforme (artt. 130 e ss. d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, Codice del Consumo). In questo caso scatta l’obbligo per il negoziante della riparazione o della sostituzione del capo e, nel caso ciò risulti impossibile, la riduzione o la restituzione del prezzo pagato.

«È bene – ha proseguito  Vitelli – anche controllare che i capi siano in buone condizioni: se il difetto viene fuori dopo l’acquisto, potrai chiedere la risoluzione del contratto e il negoziante deve restituirti l’importo pagato oppure ridurre il prezzo».

«Il compratore è, però – ha aggiunto – tenuto a denunciare il vizio del capo entro due mesi dalla data della scoperta del difetto. Ricordarsi sempre  di  conservare lo scontrino».

Prova dei capi: Un’altra cosa importante è la prova del capo poiché il cambio è a discrezione del commerciante, e bisogna chiedere prima di effettuare l’acquisto se è previsto e quanti giorni si hanno a disposizione per farlo. Prima di effettuare la prova vanno disinfettate le mani e, durante la prova dei prodotti, va sempre indossata la mascherina anche nei camerini.

– Pagamenti: Le carte di credito devono essere accettate da parte del negoziante e, in ogni caso, vanno favorite modalità di pagamento elettroniche

«Attenzione – ha raccomandato Pietro Vitelli – ai pagamenti effettuati con la carta revolving, perché i tassi applicati possono superare il 20%. Questo strumento di pagamento può essere conveniente nel solo caso di rimborso del capitale in tempi brevissimi, vale a dire pochi mesi».

«Infine – ha aggiunto – per evitare confusione e acquisti non desiderati, la merce venduta in saldo deve essere esposta separatamente da quella non scontata: fai una denuncia alla polizia municipale se questa regola non viene rispettata».

«Evitiamo – ha concluso Vitelli – di acquistare i capi d’abbigliamento che non abbiano le due etichette (quella di composizione e quella di manutenzione), per evitare di danneggiarli nella pulitura a secco o in quella ad acqua fatta a casa. Facciamo attenzione che la merce in saldo sia quella stagionale: la legge prevede, infatti, che i saldi non riguardino tutti i prodotti, ma solo quelli di carattere stagionale e articoli cosiddetti di “moda”, cioè quelli che hanno probabilità di deprezzarsi se non vengono venduti durante la stagione».

È importante ricordare che i prezzi esposti vincolano il venditore: se alla cassa viene praticato un prezzo o uno sconto diverso da quello indicato, bisogna farlo notare al negoziante e, in caso di problemi, può intervenire la polizia municipale.

La garanzia vale per 2 anni dall’acquisto, quindi attenzione agli scontrini di carta chimica, che sbiadiscono dopo qualche mese: fotocopiali per poterli esibire al momento opportuno. (ams)

CALABRIA, DISAGIO SOCIALE ED ECONOMIA
AL PALO: INTERVENIRE, NON BASTA LA FEDE

di EMILIO ERRIGO  – Nell’anno del Giubileo, il popolo della Calabria non sembra godere di tanta buona fede religiosa necessaria per superare le complesse e complicate avversità che la vita riserva a ognuno di loro.

Appare come se fosse intrappolato in errori umani di valutazione della vita reale di tutti i giorni, incapace di intraprendere iniziative di  pregio relazionale, che  dovrebbero condurre a soluzioni pacificanti e riconcilianti con quanti si oppongono alle indifferenze e prepotenze altrui,  da ritenersi ingiuste e prive di umanità.

La gente di animo buono che, numerosissima, vive nel disagio sociale nei luoghi più disparati delle periferie più distanti dai centri delle sedi dei 97 Comuni della Città Metropolitana di Reggio Calabria, necessità di ogni cosa che sia considerata bene comune e pubblico servizio, dall’acqua potabile, strade sicure, rete idrica sufficiente e sistemi adeguati di raccolta rifiuti, collettamento e trattamento dei reflui urbani, assistenza medica domiciliare, presidi sanitari di pronto soccorso ed altri servizi di pubblica necessità e igiene che rendano le Comunità autosufficienti e sicure  per la soddisfazione da ogni bisogno pubblico e privato.

I disagi sociali ed economici sono tanti e meritano più attenzione. Le belle e suggestive fiumare di un tempo e adiacenti aree golenali, sono oramai divenute delle vere e proprie discariche a cielo aperto di rifiuti di ogni genere e categoria di pericolosità e tossicità, sono scarsamente vigilate tecnicamente ispezionate costantemente, manutenzionate e periodicamente bonificate, con il conseguente rischio e pericolo incombente che al sopraggiungere di eventi meteorologici avversi e piogge temporalesche durature per più giorni, le esondazioni delle acque dagli argini dove ancora esistono, creino danni incommisurabile.

Le tante aree alluvionabili sono esposte all’incombente serio pericolo che si ripetano le cause delle alluvioni mortali e i disastri ambientali degli anni 1950-1954.

Le alluvioni fangose  di Africo e delle periferie di Reggio Calabria, San Gregorio, Ravagnese, Arangea, Saracinello, Mortara, San Leo, Occhio di Pellaro e Pellaro e non dovrebbero essere e rappresentare solo, un triste e indimenticabile ricordo delle conseguenze dell’incuria, indifferenza, disattenzione, imprudenza, negligenza e imperizia umana di chi avrebbe dovuto agire e operare, per prevedere e prevenire quei disastri e distruzioni dei territori incurati e  abitanti  dimenticati dagli uomini e dalla Fede Cristiana.

Benedetto XIV nella Enciclica firmata  a Roma,  a Santa Maria Maggiore, l’8 settembre del 1745, anno sesto del Pontificato, dal titolo significativo “Gravissimum Supremi“, rivolgendosi ai Venerabili Fratelli Arcivescovi, Vescovi e Ordinari del Regno Napoletano, scriveva: “Il poderoso ministero del Supremo Apostolato, che Ci fu conferito senza merito, richiede soprattutto due elementi:

– primo condurre ad abbracciare la Santa Religione quei popoli che non l’hanno mai ricevuta o dopo che dopo averla ricevuta, per una miseria, infelice sciagura, la perdettero;

secondo, che la Religione stessa acquisita venga diligentemente mantenuta in quei luoghi nei quali è conservata integra per Divina Provvidenza.

In verità i Romani Pontefici Nostri Predecessori, per rispondere a questo dovere, scelsero in ogni epoca uomini eminenti per pietà e dottrina per diffondere in ogni continente la Fede Cattolica.

Anche Noi abbiamo seguito lo stesso pensiero ogni volta che giunsero alle nostre orecchie le lamentele dei Fedeli affinché con lo zelo attenuassimo le note negligenze prima di presentarci al Giudice Supremo. Infatti abbiamo designato Visitatori muniti di autorità pontificia che riconducessero alla pristina disciplina, dove fosse necessario. Comprendiamo le difficoltà che frenano i Missionari dal recarsi presso i Sanniti e i Calabri. Tuttavia, essendovi in quei luoghi i Padri Domenicani e i Gesuiti, i loro Generali per ordine Nostro raduneranno i Provinciali, affinché scelgano alcuni di loro uomini, che colà facciamo Missioni, senza alcun compenso da parte del clero o dei pubblici amministratori, quando fanno le missioni. I loro nomi saranno comunicati al Cardinale Spinello, a cui si rivolgeranno i Vescovi del Sannio e della Calabria, affinché  le Missioni si svolgano regolarmente nelle loro Diocesi, come fuor dubbio confidiamo accadrà nelle Diocesi che non sono molto lontane della Città di Napoli. Così il popolo, toccato dalla vostra presenza e della vostra virtù, sarà più infervorato ad imboccare la strada del Signore”.

Sono trascorsi oltre 3 secoli dal 17 settembre 1745, ma le realtà di quei “luoghi del Sannio e della Calabria”, non sono affatto e per nulla o poco mutati, anzi  parrebbero addirittura peggiorati!

Forse occorre l’intervento con una Enciclica di Papa Francesco per lenire i disagi e le difficoltà umane che devono fronteggiare, ogni giorno e notte, gli abitanti di moltissimi luoghi periferici dei 97 Comuni Metropolitani, perché credo e mi sono convinto, che da solo per quanto ce la possa mettere tutta, il caro sindaco della Nostra Città Metropolitana di Reggio Calabria, e chiunque altro gli subentrerà quale futuro sindaco, da soli e in assenza del sostegno, aiuto e opere di missioni degli Arcivescovi, Vescovi e coinvolgimento diretto dei due Presidenti delle Autorità dei Sistemi Portuali, dello Stretto e del Mare Tirreno Meridionale e dello Ionio, dei  Magnifici Rettori e Professori Ordinari  delle Università della Calabria, nessuno potrà pensare di rianimare e diffondere la speranza  in un futuro più giusto, migliore, onesto, sicuro e così agendo, adoperarsi in ogni modo e con tutte le forze, per  diffondere la Fede e rianimare la speranza necessaria a Reggio Calabria – Città Metropolitana d’Italia. (ee)

(Emilio Errigo è nato a Reggio Calabria è docente universitario, studioso di diritto internazionale all’ambiente e dell’ambiente, attuale Commissario Straordinario delegato di Governo per il Sito di Interesse Nazionale di Crotone-Cassano All’Ionio e Cerchiara di Calabria)

DA OGGI IL GIUBILEO 2025: LA CALABRIA
AMBASCIATRICE DI FEDE E CRISTIANITÀ

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Quest’anno sarà una Vigilia di Natale speciale in tutto il mondo, e in particolare in Calabria, poiché Papa Francesco, questo pomeriggio, aprirà la Porta Santa nella Basilica di San Pietro, dando il via al Giubileo 2025.

Le origini del Giubileo risalgono all’Antico Testamento, in riferimento all’anno di riposo della terra e remissione dei debiti. Nel 1300, sotto papa Bonifacio VIII, il Giubileo acquista il significato attuale, legato all’indulgenza straordinaria che la Chiesa elargisce ai fedeli ogni 25 anni.

Ma il Giubileo – che si concluderà il 6 gennaio 2026 – non si aprirà solo a Roma, ma in tutte le Diocesi italiane, comprese quelle calabresi.

A Corigliano Rossano, l’Arcidiocesi di Corigliano Rossano, guidata dal vescovo mons. Maurizio Aloise, per domenica 29 ha organizzato una Solenne concelebrazione eucaristico

«Desidero – scrive nel decreto in cui vengono elencate le Chiese Mons Aloise – che queste chiese diventino luogo dove si sperimenta l’amore di Dio che consola, perdona e dona speranza. In tal modo questo tempo di Grazia può diventare per la nostra chiesa un momento di riconciliazione con Dio e tra di noi, un’occasione per continuare a ricevere e a donare la forza sanamente e liberatrice del Vangelo».

Mons. Claudio Maniago, Arcivescovo Metropolita di Catanzaro-Squillace, ha voluto sottolineare la profondità di questo momento con un messaggio di augurio che prepara i fedeli alle celebrazioni di apertura del Giubileo nella diocesi.

Nel suo messaggio, Mons. Maniago ha evidenziato come il Giubileo sia un tempo «straordinario di grazia e rigenerazione, un’occasione per riequilibrare i punti cardine della fede e ritrovare l’orientamento del cammino cristiano. Il simbolo della Porta Santa, che sarà aperta da Papa Francesco, rappresenta il passaggio verso una vita nuova, una chiamata a una rinnovata missione della Chiesa nel mondo come portatrice di speranza».

Il tema scelto dal Santo Padre, “Pellegrini di Speranza”, «invita ogni fedele a mettersi in cammino, a vivere l’Anno Santo in un andare verso l’altro. In questo pellegrinaggio spirituale, la meta sarà il volto dell’altro, il fratello, l’amico, la persona bisognosa. Il cammino giubilare ci deve portare a riconoscere il Signore negli altri e a dare loro la speranza che nasce dall’incontro con Cristo».

L’Arcivescovo darà avvio a questo grande cammino spirituale in diocesi con due solenni celebrazioni: domenica 29 dicembre 2024, alle 10.30, nella Basilica “Maria SS. Immacolata” di Catanzaro, con una celebrazione eucaristica che segnerà l’inizio ufficiale del Giubileo; lunedì 30 dicembre 2024, alle ore 17:00, nella Basilica Concattedrale “Santa Maria Assunta” di Squillace, dove si terrà un’altra celebrazione, per poter così abbracciare l’intera comunità diocesana.

Entrambi gli appuntamenti sono un invito caloroso rivolto a tutti i fedeli, affinché si uniscano come comunità pellegrina per accogliere questo anno di grazia in preghiera e in ascolto della Parola.

Mons. Maniago ha, inoltre, espresso il desiderio che questo Giubileo sia un’esperienza ricca di significato e capace di rimotivare il cammino di fede personale e comunitario: «Il Signore sarà pronto, nella sua ricchezza, nella sua generosità, una volta di più a spingere la sua Chiesa, a spingere noi ad essere testimoni nel mondo di qualcosa di veramente importante e nuovo».

L’Arcivescovo sarà al fianco dei fedeli, pellegrino tra i pellegrini, per vivere insieme con la comunità diocesana un’esperienza che rinnovi il cuore e apra la strada a una speranza condivisa e contagiosa.

Il Giubileo del 2025 non sarà solo un evento spirituale, «ma un’occasione per riscoprire la bellezza di essere Chiesa e la sua chiamata a testimoniare con gioia e fede il messaggio di speranza che Cristo vuole portare al mondo, una chiamata che ci invita a camminare verso l’altro con il cuore aperto e gli occhi rivolti al futuro».

Riprendendo le parole di mons. Maniago, effettivamente il Giubileo non sarà solo un’occasione “spiriturale”, ma anche un momento per scoprire e riscoprire il volto spirituale e mistico della Calabria, una terra storicamente legata al monachesimo, al culto mariano e ai santi. Una terra ideale in cui far convivere, devozione, tradizione, natura e bellezza artistica in ogni forma.

La regione, infatti, al secondo posto in Italia per numero di musei ecclesiastici e in prima linea nel percorso di valorizzazione del turismo religioso, come asset distintivo del sistema-Paese, è ambasciatrice del Giubileo, accogliendo  fedeli, turisti e visitatori con una serie di proposte ed esperienze appositamente pensate per valorizzare il ricco patrimonio artistico-religioso, gli itinerari, le principali feste e le manifestazioni immateriali della devozione locale.

Il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, promotore di questa attività che ha definito «un ponte tra la Regione e le generazioni di tutte le età di calabresi e pellegrini nel mondo», ha coinvolto anche i presidenti della Conferenza Episcopale dell’Argentina, dell’Australia, del Brasile, del Canada, degli Stati Uniti d’America, nazioni dove è presente il maggiore il numero dei calabresi.

«La Calabria ha 7 milioni di Calabresi nel mondo che, in occasione del Giubileo, potrebbero venire in Calabria per conoscere la nostra storia, i luoghi e gli eventi religiosi, e per questo abbiamo messo in atto un gruppo di lavoro per coordinare l’attività di promozione di un territorio fortemente impegnato a costruire relazioni solide con i calabresi nel mondo», ha detto l’assessore regionale al Turismo Giovanni Calabrese, invitando tutte le comunità calabresi nel mondo a partecipare al Giubileo e, in questa occasione, a visitare la regione.