di GIUSEPPE FOTI – Un altro giorno di festa è passato per i lavoratori dei centri socio educativi e la situazione per loro non è cambiata, anzi, qualcosa sì: sono sempre più nell’indigenza per le tante mensilità non pagate.
La beffa è che la prossima festività sarà quella dei lavoratori, durante la quale in molti, vestiti con l’abito buono e il sorriso sornione da benefattori, scenderanno in piazza a decantare, a voce altisonante, il loro supporto e il loro impegno nel contrastare il precariato e tutte le ingiustizie sui lavoratori. Lo faranno però dimenticandosi che, in tutti gli altri giorni dell’anno e soprattutto nella nostra amata città, hanno dormito e con vanesio compiacimento hanno ostentato le personali qualità a chi gli riserva atteggiamenti servili e compiacenti.
Sono veramente stanco di tutto questo e sinceramente, vivendo in prima persona questi problemi e conoscendo l’importanza del lavoro sociale, insieme a tanti altri colleghi del settore, vogliamo e pretendiamo…rispetto!
Non serve dare il contentino due volte l’anno per poi nei restanti mesi ritrovarsi senza di che vivere, coprendovi nel frattempo in giustificazioni a “ciclicità patologica”, che offendono la nostra intelligenza e dignità.
BISOGNA RISOLVERLI I PROBLEMI!
Le responsabilità, del persistente mancato pagamento dei centri socio educativi e di molti altri servizi, non me ne vogliano, sono da dividere tra tutti gli addetti ai lavori e non: terzo settore, cooperative, sindacati, assessorato alle politiche sociali e amministrazione comunale in primis (bipartisan). Ognuno di essi da troppo tempo permette tutto questo e non è riuscito a prevenire anticipatamente tale situazione, perdendosi nella vuota demagogia, o peggio nella più nostrana chiacchiera da bar o in trattative estenuanti che servono solo da parvenza o a mandare le famiglie in miseria… Intanto il servizio è mantenuto a spese dei lavoratori (mors tua vita mea).
Non ricordo più da quanto tempo tutte le sigle legate al sociale, nonché i sindacati del nostro territorio, non si uniscono per scendere in piazza, come si faceva un tempo, con il vero spirito democratico di comunità e di solidarietà. Siete sempre più persi nelle sale patinate dei convegni, dove muore il vero spirito del sociale e della lotta dei diritti.
Mi permetto, a tale proposito, di citare Karl Jaspers, filosofo e psichiatra, che con acume che oltrepassa il tempo, nel ‘900 scrisse: “Vi è grande differenza tra coloro che vanno ciechi per il mondo dei malati malgrado i loro occhi aperti, e la sicurezza di una chiara percezione che scaturisce dalla sensibilità di chi partecipa…”
Il sociale, come tutte le professioni d’aiuto, non ha tempo da perdere e nel momento in cui lo si sostiene economicamente non si fa altro che creare futuro e speranza anche per chi lavora… già scritto, ma passato in sordina (repetita iuvant).
Noi lavoratori, che dobbiamo trovare risposte e rimedi nella vita quotidiana nostra e dei tanti disabili, ci siamo sempre più rimboccati le maniche, senza essere mai interpellati, se non per comodo o nel momento in cui ci chiedono, non sempre direttamente, di fare sacrifici economici a beneficio di un presunto bene comune, ma il problema è e resta da sempre di chi lo vive, cioè dei lavoratori. Non abbiamo mai cercato o voluto meriti e non viviamo sicuramente di promesse mai mantenute, ma un minimo di dignità ce la dovete concedere.
Questa indolenza che pervade tutto il sociale reggino e calabrese nelle figure di riferimento, a questo punto solo burocratico, non è altro che la morte preannunciata e sempre più vicina dello stesso in un territorio che non ne può fare a meno per conformazione socio-economica.
Sono e siamo, posso dirlo liberamente, a disposizione di tutti per ripristinare una più sana continuità, stabilità di cura e legalità ma per farlo dobbiamo partire da un attento e reale esame della situazione, durante il quale il dialogo dev’essere la prima, essenziale e imprescindibile, priorità e non si può attuare escludendoci a piacimento perché conosciamo più di tutti la gravità del problema e cosa serve realmente nel sociale.
Concludo con la speranza che i lavoratori avranno, dopo quanto scritto, riscontri positivi da parte del Sign. Sindaco e di tutti gli interessati citati e non il solito e infantile risentimento dato dalla verità, che, nuda e cruda, viene a scuotevi nel vostro secolare torpore. Credo che sia più che mai chiaro che non siamo e non ci sentiamo semplice manovalanza da sfruttare a piacimento, ma che abbiamo una mente pensante che ha a cuore il bene dei disabili e del sociale di questa città. (gf)
(Giuseppe Foti è un operatore del sociale)