CONTRO L’EMIGRAZIONE GIOVANILE SI DEVE
PUNTARE A COLMARE IL DIVARIO NORD-SUD

di PIETRO MASSIMO BUSETTAVale 134 miliardi il capitale umano uscito con i giovani italiani emigrati: dalla Lombardia 23 miliardi, dalla Sicilia 15 e dal Veneto 12, e la quota dei laureati che vanno via diventa sempre più consistente. Così in una nota, firmata Lorenzo Di Lenna, ricercatore junior e Luca Paolazzi, direttore scientifico della Fondazione Nord Est, viene calcolato il costo del deflusso di giovani dal nostro Paese.

Nei tredici anni 2011-23 il valore del capitale umano che se ne è andato dall’Italia, e riguardante i giovani 18-34 emigrati, è pari a 133,9 miliardi, con la Lombardia a primeggiare per perdita (22,8 miliardi), seguita dalla Sicilia (14,5), dal Veneto (12,5) e dalla Campania (11,7). 

In realtà il dato assoluto in questo caso non ha alcun senso. Se invece esso viene rapportato alla popolazione residente in ciascuna regione ci si accorge facilmente che la classifica è diversa e vede il valore dei giovani meridionali che abbandonano quello più elevato. E questo calcolo riguarda soltanto il movimento rispetto ai trasferimenti in altre nazioni d’Europa e del mondo. Non tiene conto invece dei trasferimenti all’interno del nostro stesso Paese. Possiamo aggiungere allora che ogni anno le regioni del Sud “regalano” a quelle del Nord una cifra vicina ai 20 miliardi di euro, considerato che ogni ragazzo che viene formato fino alla scuola media superiore ha un costo che viene calcolato in circa 200.000 € e che ogni anno si trasferiscono dal Mezzogiorno verso il Nord del Paese 100.000 giovani, la maggior parte dei quali sono laureati e che quindi hanno un costo maggiore dei 200.000 € che sono stati riportati prima. 

Lanciare un grido d’allarme per evidenziare che il nostro non è un Paese attrattivo è corretto. Spesso le remunerazioni sono molto basse, vedasi cosa accade con i medici, che trovano convenienti le condizioni complessive offerte altrove. I diritti a cui si può accedere sono più ampi all’estero, si pensi al welfare di cui godono le giovani mamme o spesso ad una sanità che da noi non è all’altezza delle aspettative, soprattutto nel Mezzogiorno.

Insomma non solo un lavoro meglio retribuito, ma anche un welfare più consistente sono le motivazioni alla base della scelta di chi preferisce abbandonare l’Italia e trova conveniente spostarsi. Ma una distinzione tra coloro che abbandonano il Mezzogiorno e quelli che abbandonano il Centro Nord va fatta.

Infatti non si tratta dello stesso tipo di trasferimento. Nel Nord si assiste ad un processo, che peraltro può essere anche virtuoso, perché consente ai giovani italiani di acquisire skill che magari in Italia avrebbero più difficoltà a conseguire. 

Si chiama mobilità ed è un processo in genere bidirezionale, da un paese all’altro, ed arricchisce entrambi i territori. Il giovane inglese viene a lavorare in Italia e il suo collega italiano va a Londra. Nel loro percorso di vita ci potrà essere un ritorno nelle loro aree di origine, perché non sarà difficile per l’ingegnere che si è specializzato in un’azienda londinese trovare la possibilità di essere accolto in una altrettanto bell’azienda brianzola, nella quale potrà continuare il lavoro che svolgeva nella prima. 

Caratteristiche diverse ha l’abbandono dei territori meridionali: in tal caso si parla di emigrazione, che è quel fenomeno che riguarda i paesi poveri, che li depaupera delle migliori energie, che non hanno alcuna possibilità di trovare collocazione nel sistema imprenditoriale esistente. 

In quel caso si tratta di una perdita netta perché senza ritorno: essendovi un sistema manifatturiero imprenditoriale molto carente, le professionalità che vanno via difficilmente potranno trovare collocazione in un eventuale loro, desiderato, ritorno, che avverrà probabilmente soltanto nella fase della pensione.

Per cui il danno sarà doppio: la prima volta lo si avrà quando si perde il costo della formazione sostenuto dalla Comunità di appartenenza, la seconda volta al loro ritorno nelle terre di origine, perché queste dovranno farsi carico di fornire le prestazioni sanitarie, che, come è noto, sono molto più frequenti quando si raggiunge una certa età. 

Peraltro il Nord del Paese, in ogni caso si rifà di eventuali perdite di capitale umano formato attraendo i giovani meridionali, spesso con operazioni di comunicazione scientifiche e programmate. Il Sud invece ha performance simili a quelle dei Paesi in via di sviluppo, come Tunisia, Marocco, Libia.

La differenza è che dal Nord Africa o dall’Africa Centrale arrivano con i barconi, dal Sud basta un volo low cost, ma il depauperamento è uguale.    

Certo consentire un tipo di abbandono come quello di cui si è parlato senza che lo Stato di appartenenza possa rifarsi perlomeno in parte dei costi sostenuti per “l’allevamento“ di tali giovani è un percorso che va rivisto. Anche se in una libera Europa, dove merci e persone possono muoversi liberamente, pensare a rimborsi dovuti allo Stato da chi lascia la propria nazione è assolutamente inimmaginabile, come lo è però la cannibalizzazione che viene fatta nei confronti di alcuni paesi, tipo per esempio la Croazia. 

I meccanismi seri che possono alla base evitare tali processi che impoveriscono alcune aree riguardano soltanto lo sviluppo di esse, le eliminazioni dei divari, che poi è quello su cui l’Europa sta cercando di lavorare più alacremente. Ma è anche il percorso più difficile. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’altravoce dell’Italia]

L’OPINIONE / Maria Elena Senese: La Calabria ha bisogno di un piano contro emigrazione giovanile

di MARIA ELENA SENESE – La Calabria è una regione ricca di risorse umane e potenziale economico, tuttavia, l’emigrazione giovanile verso il Nord Italia e l’estero rischia di compromettere il futuro della nostra terra. Giovani le cui speranze vengono tradite dal Governo che, all’interno delle leggi di bilancio, non si cura di definire con esattezza le voci di spesa rivolte specificatamente ai giovani.

Persiste, infatti, il problema della esatta quantificazione della spesa pubblica destinata ai giovani e questo nonostante la presenza di un Dicastero dedicato alle politiche giovanili e nonostante l’introduzione nel bilancio dello Stato, come riscontrabile nell’ultimo report editato dall’Osservatorio nazionale della gioventù, della nuova voce “Incentivazione e sostegno alla gioventù”.

Di fronte a questa realtà preoccupante, come Uil proponiamo alla Regione Calabria la realizzazione di un piano d’azione mirato per contrastare l’emigrazione giovanile e offrire nuove occasioni di lavoro alle giovani generazioni.

Tenendo nella debita considerazione il fatto che, in questi anni, i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza e la messa a terra della dotazione finanziaria messa a disposizione dall’Europa e dal Governo dovranno servire per riscrivere il presente e disegnare il futuro della Calabria.

Tra le principali proposte trova spazio lo sviluppo di un percorso di formazione duale: associando l’istruzione scolastica con l’apprendistato pratico presso le imprese.

Ma anche la promozione dell’imprenditorialità giovanile, attraverso incentivi fiscali, agevolazioni burocratiche e accesso facilitato al credito. Incentivare la creazione di start-up innovative e sostenibili, supportando i giovani imprenditori con programmi di tutoraggio e formazione manageriale.

La Uil Calabria, poi, ritiene indispensabile il potenziamento delle infrastrutture regioni. L’obiettivo da raggiungere dovrà essere quello di investire nel potenziamento delle infrastrutture di trasporto e connettività digitale, migliorando l’accessibilità della Calabria e facilitando gli scambi commerciali e il turismo. Questo favorirà la creazione di nuove attività economiche e l’attrazione di investimenti Sarà importante favorire la collaborazione tra il settore pubblico e privato per identificare opportunità di investimento e sviluppo economico, promuovendo partenariati tra imprese, istituzioni educative e enti di ricerca per favorire l’innovazione e la creazione di nuove imprese.

Infine, promuovere l’integrazione sociale e lavorativa dei migranti presenti sul territorio calabrese, offrendo percorsi di formazione linguistica, professionale e culturale che favoriscano la loro inclusione nella società e nel mercato del lavoro locale.

Implementare queste misure richiederà un impegno congiunto e coordinato da parte del governo regionale, delle istituzioni locali, delle associazioni di categoria e della società civile. È essenziale adottare politiche lungimiranti e sostenibili che possano garantire un futuro prospero e inclusivo per la Calabria e per le sue giovani generazioni

Per questo, la Uil Calabria invita il governo regionale, le istituzioni locali, le associazioni di categoria e la società civile a collaborare attivamente per implementare queste proposte e adottare politiche lungimiranti e sostenibili che possano garantire un futuro prospero e inclusivo per la Calabria e per le sue giovani generazioni. (mes)

[Maria Elena Senese è segretaria generale di Uil Calabria]

CORIGLIANO ROSSANO E IL POTENZIALE PER
ESSERE SIMBOLO DI RISCATTO E RESTANZA

di GIOVANNI B. LEONETTINon è mai semplice raccontare un sogno, soprattutto quando si parla di politica. Non è semplice, perché spesso i sogni e la politica da molti sono visti come concetti contrapposti.

Eppure credo che, dopotutto, la politica non sia altro che il percorso verso la realizzazione di sogni collettivi. Cos’è oggi Corigliano-Rossano?

La nascita della città ha indubbiamente sconvolto la geografia della nostra regione, ponendo finalmente anche l’area dello Jonio cosentino tra le realtà politiche, economiche e commerciali del Sud Italia.

Non dimentichiamo che Corigliano-Rossano è oggi la terza città della Calabria per popolazione e la prima per estensione (29° comune d’Italia per superficie). Vantiamo il tasso di occupazione maggiore e quello di disoccupazione minore della Provincia di Cosenza, con dati migliori anche rispetto all’area Cosenza/Rende/Castrolibero.

È questo, dunque, un momento cruciale per il nostro territorio; siamo sul punto di recuperare lo svantaggio che ha sempre caratterizzato questo pezzo di Calabria.

Abbiamo la possibilità di rappresentare un modello di sviluppo per le aree svantaggiate del Mezzogiorno, consapevoli di essere stati sempre penalizzati nella distribuzione delle risorse e degli investimenti statali, regionali e provinciali. Al contempo, però, dobbiamo continuare ad avere il coraggio di essere all’altezza delle nostre legittime aspirazioni, imparando a rivendicare i nostri diritti e a non permettere più che quanto ci spetta ci sia concesso per favore, per preghiera o per carità.

È necessario, ora, un nuovo patto sociale tra politica e cittadini. Potremo e dovremo, nei prossimi anni, giocare un ruolo da protagonisti a livello regionale. Sono maturi i tempi per costruire una realtà più aperta alla classe imprenditoriale, pur con la consapevolezza che la politica deve essere sempre libera di dire di no agli indebiti interessi dei pochi.

La nostra identità comune dev’essere ancora completata e sviluppata con progettazione a lungo termine e lungimiranza. Non possiamo solo essere sulla carta la terza città della Calabria, dobbiamo avere l’ambizione di continuare a guidare e non subire i percorsi politici.

Urge un nuovo patto sociale che veda cittadini, imprese e politica co-protagonisti nello sviluppo del territorio. Ogni cittadino deve sentirsi detentore di diritti, ma anche destinatario di doveri e obblighi verso la propria comunità.

È importante istituzionalizzare e diffondere maggiormente i patti di collaborazione tra enti, associazioni, comitati e Comune.

Mi permetto di far notare che esistono già meravigliosi esempi di collaborazione e cura degli spazi comuni, tra i quali il progetto del Bosco Urbano, curato da Auser con il contributo de “Gli amici del bosco urbano” o gli altri interventi a cura delle associazioni Ri-bellezza e SosteniAmo. È opportuno promuovere il modello della concertazione e codecisione nell’assunzione delle scelte strategiche, con un dialogo permanente tra Comune e cittadini.

Certamente, sul punto, sarà utile procedere con l’attuazione di forme di decentramento amministrativo, con la suddivisione del territorio comunale in quartieri o municipi.

Ma non basta.

Devono essere istituiti forum permanenti tra il Comune e le imprese turistico/ricettive, l’imprenditoria giovanile e gli operatori sociali (seguendo gli esempi virtuosi di Emilia Romagna e Puglia), anche con la partecipazione dei sindacati.

Ancora, è da favorire il dialogo tra istituti scolastici (in particolare quelli a vocazione professionale) e imprese, sfruttando le opportunità di alternanza scuola/lavoro o l’istituzione di indirizzi di studio più vicini al fabbisogno economico/industriale, anche mediante il decentramento di parte della didattica nelle sedi d’impresa.

Sarebbe anche auspicabile rafforzare la collaborazione con l’UniCal, mettendo a disposizione dell’Università immobili comunali da destinare a facoltà legate alla vocazione agricola, agroalimentare, turistica e marittima del territorio.

Questa è l’ultima occasione per permettere “la restanza” a noi giovani, per credere nel nostro futuro, investire risorse, tempo e ambizioni nella nostra comunità.

Questa è, davvero, l’ultima occasione per consentire “la ritornanza” dei nostri studenti, imprenditori, professionisti e operai costretti a spostarsi per cercare altrove migliori condizioni lavorative.

Per tutti questi motivi Corigliano-Rossano merita continuità, premiando il lavoro svolto dall’attuale amministrazione, capace di intercettare ingenti fondi per la realizzazione di opere strategiche e di essere uno dei principali comuni della Calabria fruitori dei fondi Pnrr. 

Non è mai semplice raccontare un sogno, soprattutto quando si parla di politica. Forse le riflessioni che precedono non sono altro che i desideri di un trentenne che ha deciso di restare e credere nella sua città e nei suoi cittadini.

Contribuiamo, perciò, tutti insieme a trasformare i sogni in obiettivi e gli obiettivi in risultati concreti. Con la consapevolezza che “chi non ha mai avuto un sogno forse ha solo sognato di vivere”. (gbl)

IN CALABRIA TANTA “PIGRIZIA” CULTURALE
SEMPRE MENO GIOVANI VANNO AL TEATRO

di GUIDO LEONE  – Si è celebrato, il 27 marzo, la 62esima Giornata internazionale del Teatro, creata dall’Unesco.

La finalità della “Giornata” è quella di sensibilizzare l’opinione pubblica, ma anche il mondo studentesco sulla scorta delle esperienze di attività teatrale promosse negli ultimi anni, sull’importanza dell’espressione teatrale e promuovere lo sviluppo delle arti performative in tutti i Paesi del mondo.

L’occasione ci consegna la possibilità di rivisitare il rapporto tra teatro e comunità calabrese e, in particolare, tra teatro e scuola nella nostra comunità e contemporaneamente di fare una riflessione sullo stato dell’arte anche del Teatro comunale “F. Cilea” di Reggio Calabria.

Lo spettacolo colto, prosa, danza, lirica, insomma lo spettacolo frutto di fatica, di ricerca, di studio è quello che deve essere sostenuto perché in Italia non ha vita facile, ancor più come vedremo in Calabria. È un problema che riguarda la formazione del pubblico fin da giovane, bisogna educare i bambini al teatro fin da piccoli perché questa forma di espressione artistica aumenta le capacità linguistiche e quindi la crescita culturale, che è il vero investimento da fare. Bisogna puntare alla formazione del pubblico facendo arrivare questo tipo di spettacoli “colti”, di valori e di linguaggi, a un maggior numero di persone.

La scuola non è fatta solo dai bambini, vi sono anche le famiglie. Anche loro devono familiarizzare con il teatro. Verso quest’ultimo esistono nel pubblico delle resistenze determinate anche da barriere di costo. Se riusciamo a rompere queste barriere la gente si accorgerà che lo spettacolo teatrale è molto più bello di quello televisivo, lo spettacolo dal vivo dà emozioni che quello della televisione non dà. Il teatro è un luogo magico. 

Ma va doverosamente sottolineato come il mondo della scuola calabrese ,sia pure con modalità spesso molto diverse, è sempre andato alla ricerca di occasioni per incontrare il teatro. È questo un fenomeno di straordinaria ricchezza e rilevanza, del quale occorre evidenziare alcuni aspetti importanti.

Sono numerose le scuole di ogni ordine e grado calabresi che hanno sviluppato negli ultimi anni un rapporto costante, seppure spesso non organico, con i linguaggi non verbali e con il teatro in particolare.

Gli spettacoli realizzati da ragazzi, spettacoli di professionisti ai quali gli allievi assistono, laboratori sperimentali di teatro, persino atipici insegnanti che si improvvisano attori e registi sono esperienze presenti spesso stabilmente in molti istituti.

Tutto ciò ci fa affermare con sicurezza che il pubblico infantile e giovanile rappresenta un’area di utenza strategica e che le attività espressive e artistiche hanno dato prova di offrire un contributo significativo per l’arricchimento dell’offerta formativa, senza considerare, altresì,  la valenza educativa dell’approccio al linguaggio teatrale.

Tuttavia, lo stato dell’arte ci restituisce una fotografia con molti chiaroscuri. Secondo l’Annuario statistico 2023 dell’Agis, nel 2022 il 12,1 per cento delle persone di 6 anni e più ha dichiarato di essere andato al teatro almeno una volta negli ultimi 12 mesi, in aumento di 9 punti percentuali rispetto al 2021 ma ancora lontani dai livelli pre-pandemici (nel 2019 erano il 20,3 per cento). L’incremento di partecipazione a spettacoli teatrali ha interessato maggiormente i giovanissimi che avevano risentito maggiormente del calo dovuto alla pandemia e per i quali una maggiore partecipazione a questo tipo di intrattenimenti si associa alla frequenza scolastica.

Tra i ragazzi di 11-17 si riscontrano percentuali più elevate di partecipazione (il 16,1 per cento). Tra i più adulti, invece, soltanto tra i 55-64enni si riscontra una partecipazione di poco superiore alla media (12,5 per cento). Le donne fruiscono più degli uomini degli spettacoli teatrali (il 13,5 per cento di spettatrici rispetto al 10,6 per cento dei maschi), soprattutto tra adolescenti e giovani. Per l’83 per cento circa degli spettatori si registra un’affluenza a teatro che non supera le tre volte l’anno, contro il 7,0 per cento di chi vi è stato sette volte o più. L’abitudine di andare a teatro almeno una volta all’anno si conferma essere una prerogativa del Centro-Nord (il 13,1 per cento rispetto al 10,1 per cento del Mezzogiorno). Al Sud e Isole, in tutte le regioni, tranne la Campania (14,0 per cento), si registrano valori al di sotto della media nazionale.

In Calabria, penultima tra le regioni italiane, nel 2022 solo il 2,0% delle persone di 6 anni e più ha dichiarato di essere andata almeno una volta a teatro negli ultimi 12 mesi, a fronte del 12,1%, come già detto, della media italiana.

Insomma l’87,6% (anno 2022) non ha fruito di spettacoli fuori casa negli ultimi dodici mesi. 

Inoltre, secondo il 19° Rapporto Annuale Federculture 2023Impresa Cultura” più contenuto è l’aumento  nel 2022 dell’incidenza della spesa in ricreazione, sport e cultura sul totale della spesa media mensile familiare. La quota di questa voce di spesa passa infatti dal 3,3 al 3,5%.

Pressoché stabile al Sud e nelle Isole, aumenta in misura più consistente al Centro, dove passa dal 3,3 al 3,7%, in termini assoluti da 83,3 a 102,4 euro +22,9%.

L’analisi della spesa media mensile delle famiglie nelle regioni denota come siano costanti i divari territoriali tra Nord e Sud del Paese. Rispetto al capitolo Ricreazione, sport e cultura è di 85 euro la differenza tra la spesa massima del Nord (Trentino Alto Adige, 127,8 euro) e quella minima del Sud (Calabria, 42,4 euro).

Osservando i dati relativi alla partecipazione (residenti che nell’arco dei 12 mesi hanno fruito di intrattenimenti culturali), come per la spesa, si rilevano dei forti incrementi nel 2022 rispetto al 2021. L’indicatore sulla partecipazione culturale fuori casa, passato dal 35,1% del 2019 all’8,3% del 2021, nel 2022, si attesta al 23,1%, comunque inferiore ai livelli pre-pandemia. Dopo il crollo della partecipazione culturale avvenuto nel 2021, gli italiani sono tornati a teatro, al cinema ai concerti, ma nel 2022 ancora risulta quasi dimezzata la quota di persone che si reca a teatro,

Comunque li si guardi, i dati del tema in oggetto raccontano di una Calabria, ma sostanzialmente anche di una Italia, particolarmente pigre da un punto di vista culturale.

Ora, come la scuola non può e non deve ignorare la presenza e l’attività sul territorio di quei gruppi o compagnie professionali o non, che si occupano di teatro, così è sperabile che i teatri della nostra regione  si propongano di funzionare a pieno regime.

Creare il pubblico di domani è una esigenza imprescindibile, per esempio, per una istituzione come il “Cilea” di Reggio Calabria  che, attraverso una auspicabile Fondazione, costituita da managerialità pubblica e del privato, possa intraprendere una politica di interventi di divulgazione , sviluppando una pedagogia teatrale e musicale e investendo sulla formazione dei ragazzi e dei giovani, complice una fitta rete di relazioni da realizzare con il mondo della scuola.

Insomma, il “Cilea” va certamente inteso come valore ma anche come risorsa, ma lo sia in funzione del servizio che può rendere al cittadino, recuperando sia la vicinanza al pubblico,sia la capacità di cogliere e di rielaborare il presente e la quotidianità.

Il teatro deve riuscire a creare un sistema, che grazie al lavoro sul territorio ed al coinvolgimento del maggior numero di persone, ritorni a rendere proprie le esigenze della committenza, ovverosia del pubblico.

E quando la sera mi capita talvolta di vedere le persone che si infilano in una sala teatrale, ancorché di quartiere, e per due ore seguire il lavoro di artisti, più o meno professionisti, a prescindere dai contenuti e dalla qualità dello spettacolo, non si può che essere speranzosi. Quella sera, quelle persone hanno lasciato il televisore dormire a casa, per partecipare ad un avvenimento d’arte in carne e ossa: riuscito o non riuscito, ma prezioso proprio perché in carne e ossa. Ecco quello che conta! (gl)

[Guido Leone è già dirigente tecnico Usr Calabria]

La vicepresidente Princi: Da mercoledì attiva misura “La Calabria per i giovani”

La vicepresidente della Regione, Giusi Princi, ha annunciato che mercoledì 13 marzo sarà attiva la misura La Calabria per i giovani, che permetterà l’erogazione di voucher sportivi a tutti i giovani calabresi di età compresa dai 14 ai 24 anni.

«È la prima volta – ha sottolineato Princi – che in Calabria viene riservata una misura così importante per lo sport. Lo scopo dell’avviso, su cui, in questa prima fase, sono stati stanziati 800 mila euro, è quello di incentivare la partecipazione attiva dei giovani, residenti in Calabria, alla pratica sportiva presso palestre, centri e scuole sportive. Il voucher sarà del valore di 500 euro e verrà erogato tramite le società e le associazioni sportive calabresi».

Attraverso apposita piattaforma predisposta da Sport e Salute, nel contesto del protocollo siglato con la Regione, tutte le realtà sportive calabresi potranno candidarsi, dal 13 e fino al 28 marzo, inserendo l’offerta sportiva garantita (discipline, tipologia di sport).

La seconda finestra della misura sarà, invece, aperta dopo il 28 marzo e sarà destinata ai giovani calabresi che potranno scegliere le discipline, le strutture presso cui svolgere la pratica sportiva (anche più di una disciplina), sulla base del ventaglio indicato, in prima battuta, dalle associazioni e società sportive. Le attività sportive attivabili nell’ambito della quota del voucher, dovranno concludersi entro il mese di febbraio 2025.

«Si tratta di un modello virtuoso – ha evidenziato Princi – con cui le istituzione garantiscono il diritto allo sport attraverso importanti sinergie come quella avviata con Sport e Salute. È una misura, che abbiamo fortemente voluto ed ideato insieme al presidente Roberto Occhiuto, per avvicinare i giovani alla pratica sportiva, anche come strumento di aggregazione relazionale e di superamento delle fragilità psicologiche».

«Con il prezioso lavoro del dipartimento istruzione, guidato da Maria Francesca Gatto – ha proseguito Princi – si sta lavorando per estendere, a breve, l’avviso anche a tutti i bambini/giovani che abbiano un’età compresa tra i 6 e i 13 anni. Considerando lo sport essenziale per garantire il diritto alla cittadinanza e il contrasto all’esclusione sociale, voglio rassicurare i tanti giovani e le associazioni sportive tutte che i voucher per l’accesso alla pratica sportiva saranno garantiti ogni anno in quanto, renderemo strutturale tale misura».

Le Associazioni e le società sportive calabresi interessate (Asd e Ssd), potranno presentare la propria candidatura, dalle ore 12 di g 13, e fino al prossimo 28 marzo, utilizzando l’apposita piattaforma raggiungibile al seguente link: https://bandi.sportesalute.eu, identificandosi attraverso la propria identità digitale (spid). (rcz)

Accordo operativo tra Enti territoriali per connettere i giovani al mercato del lavoro

Un network territoriale per connettere i giovani al mercato del lavoro. È questo l’obiettivo dell’accordo operativo di partenariato siglato, nei giorni scorsi, tra la Camera di Commercio di Catanzaro, Vibo Valentia, Centro per l’Impiego di Vibo e Anpal Servizi.

. A sottoscrivere l’accordo, sono stati, quindi: Centro per l’Impiego con il Responsabile Gianluca Contartese; Camera di Commercio di Catanzaro-Crotone-Vibo Valentia con il Vice presidente Antonino Cugliari su delega del Presidente Pietro Falbo; Confindustria con il Presidente Rocco Colacchio; CNA con il legale rappresentante Antonino Cugliari; Fondazione Consulenti per il Lavoro per mano del Responsabile territoriale Vincenzo Greco; per gli istituti scolastici i Dirigenti Antonello Scalamandrè Liceo Statale “Vito Capialbi”, Maria Francesca Durante I.I.S. “De Filippis e Prestia”, Maria Gramendola I.I.S. “ITG-ITI”, Nicolantonio Cutuli I.I.S. “P.Galluppi” di Tropea; inoltre Anpal Servizi S.P.A. con il Responsabile dell’Area Territoriale Campania e Calabria Michele Raccuglia. Presenti all’evento anche Cosimo Cuomo per la Regione Calabria e il presidente regionale Cna Giovanni Cugliari.

L’intento dei partners, cristallizzato nell’accordo, è quello di assicurare agli studenti, attraverso un percorso di orientamento consapevole e multiattoriale, l’acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro, migliorando i percorsi di transizione e di approccio al sistema delle imprese, anche attraverso l’utilizzo di dispositivi e misure incentivanti a carattere nazionale e regionale. In termini operativi sono previsti: -laboratori modulari, -presa in carico degli studenti, – raccolta fabbisogni professionali, – promozione vacancies e raccolta candidature, –“Job day for school”. 

Elemento comune a tutti i partners, per come emerso dai singoli interventi, la preoccupazione del costante depauperamento territoriale per la perdita di risorse strategiche quali il capitale umano in “fuga” o dalle potenzialità inespresse, ma, al contempo anche la consapevolezza, di poter cogliere con successo, se uniti,  sfide importanti e complesse: imprimere una nuova governance a processi sociali, economici e produttivi determinanti per lo sviluppo locale e regionale; essere coerenti con le vocazioni e le identità territoriali nonché con i nuovi assetti determinati dall’evoluzione tecnologica e digitale; formare e trattenere sul territorio competenze coerenti con l’offerta del mercato del lavoro, prospettando ai giovani studenti, nel rispetto delle loro inclinazioni e aspirazioni, non solo percorsi universitari ma anche qualificazioni professionali più rispondente alle esigenze delle imprese e del mondo produttivo sempre più alla ricerca di figure che possano sostenere i processi di innovazione e di competitività. 

Il vicepresidente della Camera di Commercio Antonino Cugliari, rivolgendosi ai partners presenti, anche a nome del presidente Pietro Falbo, ha espresso soddisfazione «per la sottoscrizione dell’accordo che,  suggella non solo una convergenza di intenti ma stabilisce soprattutto metodi e strumenti operativi che privilegiano il dialogo, la condivisione di esperienze, di dati e competenze per creare connessione attiva e produttiva tra studenti e imprese, sul presupposto di un orientamento e di una formazione non più dispersivi rispetto alle reali esigenze del territorio e dei giovani, quanto invece realistici e concreti nel prospettare situazioni e opportunità funzionali ad elevare standard qualitativi personali, produttivi, territoriali, nel segno dell’innovazione e della competitività».

«Oggi, grazie anche all’attenzione della Regione Calabria – ha concluso – con questo strumento possiamo dare risposte efficienti ed efficaci, ed è quello che intendiamo fare e faremo, determinati e uniti verso gli obiettivi».

Tra i parteners è stata poi condivisa la proposta di un Tavolo permanente per la migliore attuazione dell’accordo in riferimento alla definizione specifica delle azioni connesse e del loro sviluppo futuro.

«Anche in ragione di ciò – ha detto il vice presidente Cugliari – la Camera di Commercio, fermamente convinta della valenza del lavoro di squadra per il miglior raggiungimento di obiettivi comuni, offre al partenariato, non solo riferimento logistico in quella che è la Casa delle imprese e dell’Economia, ma anche raccordo operativo per la funzionalità del network territoriale quanto a circolarità di informazioni e sintesi esecutiva». (rvv)

 

I GIOVANI NON COME PRIORITÀ SECONDARIA
BENSÌ RISORSA PREZIOSA PER LA CALABRIA

di GIULIA MELISSARI – Se in Francia un trentaquattrenne come Gabriel Attal può essere nominato Primo ministro, in Italia sembra che i giovani facciano ancora molta fatica a emergere. Senza addentrarmi in un discorso troppo ampio, vorrei focalizzarmi sul nostro “piccolo” orticello: la Calabria.

Ripercorriamo brevemente gli ultimi tre anni. Durante un incontro al Palazzo della Regione con i candidati a Presidente, tutti incredibilmente presenti, è stato presentato un manifesto giovanile con proposte precise. Quel manifesto, lavoro frutto di incontri proficui tra giovani appartenenti a organizzazioni del terzo settore, millennial e generazione Z, è stato sottoscritto dai candidati presenti, tra cui il successivamente eletto Presidente Roberto Occhiuto.

Successivamente, c’è stato un incontro con la Vicepresidente Giusi Princi, con tanto di articolo sul giornale, la quale ha promesso di seguire questo percorso, per costruire insieme un osservatorio giovanile e strutturare al meglio le proposte. Purtroppo, tutto è svanito dopo quel momento.

La politica regionale potrebbe sostenere che ci sono questioni più urgenti da affrontare. Tuttavia, sorge spontanea la domanda se sia davvero necessario concentrare tutte le forze su un unico problema alla volta e, nel frattempo, ci interroghiamo sul presente e il futuro di una regione sempre più abbandonata.

Non sono sufficienti gli articoli occasionali che esaltano storie di «manager d’azienda che lasciano tutto per aprire un’impresa in Calabria». Queste storie vengono presentate come un sacrificio incredibile o un atto di coraggio straordinario, quasi come se ciò fosse una missione umanitaria, ma la realtà è ben diversa.

Ed allora, forse, la priorità di un politico dovrebbe essere quella di ascoltare i giovani, andando oltre gli incontri occasionali nelle scuole o nei convegni per dare fiducia e concretizzare idee provenienti da un impegno senza pregiudizi politici, per il bene comune e per intravedere o, quanto meno, desiderare di accendere una luce in fondo a questo lungo tunnel.

Mi chiedo se, alla fine dell’anno, i nostri politici abbiano ascoltato il discorso del Presidente della RepubblicaSergio Mattarella, che ha dedicato ampio spazio ai giovani e alla partecipazione. Il Presidente ha parlato di speranze, di cogliere il nuovo, di rassegnazione e indifferenza, sottolineando che partecipare alla vita della comunità è un diritto alla libertà.

Questa parte del discorso ha rafforzato in me uno spirito di resistenza, o meglio, citando il Prof. Vito Teti, di Restanza, un movimento, non una retorica. La rivoluzione è dentro di noi, ed è giunto il momento non solo di chiedere di essere ascoltati, ma di pretenderlo.

L’insegnamento di Don Italo Calabrò ai giovani, il non delegare, è motivo di azione che deve partire dal basso, una rivoluzione democratica di libertà. Se da un lato i giovani devono agire e non delegare, la politica, invece, dovrebbe farlo, delegando ai giovani idee, creatività e voglia di fare. Le nuove generazioni sono viste solo come «coloro che stanno sempre connessi sui social», ma è il momento di rivedere queste considerazioni, perché, paradossalmente, sono spesso i politici a essere più presenti sui social.

Noi siamo ancora qui, ma questa volta non aspettiamo, abbiamo la voglia di continuare a generare un cambiamento. Come in una partita di pallacanestro, l’azione d’attacco dura 24 secondi e sta per scadere l’opportunità di fare canestro. Vogliamo costruire insieme un tiro da tre punti allo scadere o fare suonare la sirena come sempre, perdendo la partita?

In conclusione, mi rivolgo alla politica – tutta – regionale con un appello sincero. I giovani calabresi sono in attesa, che vengano ascoltate le loro proposte con responsabilità e considerazione. Infatti le idee che emergono da un impegno senza pregiudizi politici rappresentano una risorsa preziosa per il bene comune e il futuro della nostra regione.

Sicché invitiamo le Istituzioni a non sottovalutare la voce della gioventù e a tradurre in condotte responsabili le proposte che sono state rappresentate. Creare un dialogo continuo e costruttivo con i giovani, delegando responsabilità e dando fiducia alle loro idee e alla loro creatività, è un passo fondamentale per costruire una Calabria più inclusiva e prospera.

L’appello è a non considerare le questioni giovanili come una priorità secondaria, ma piuttosto come una componente essenziale per il progresso e lo sviluppo della regione. In un periodo in cui la partecipazione attiva dei giovani è cruciale per il cambiamento positivo.

Poiché i giovani calabresi, quelli che sono rimasti in questo territorio, sono convinti che la politica regionale deve abbracciare questa prospettiva, perciò l’invito è di creare un ambiente in cui le proposte dei giovani siano non solo ascoltate, ma anche implementate concretamente per il bene di tutti.

La Calabria ha il potenziale per diventare un luogo in cui le generazioni future contribuiscano attivamente al proprio destino, e questo potrà accadere solo attraverso un dialogo aperto e una collaborazione identitaria tra giovani e Istituzioni. (gm)

[Giulia Melissari è del Gruppo Giovani del Centro Agape di Reggio Calabria]

IN CALABRIA SEMPRE MENO NATI E PIÙ
ANZIANI: ORA È INVERNO DEMOGRAFICO

di FILIPPO VELTRI – L’Italia ha 15 anni per salvarsi dalla tragedia demografica. Il nostro Paese ha registrato nel 2022 appena 399 mila nascite, la metà di quelle francesi. Una distanza abissale che non si spiega solo con la maggiore attenzione alle famiglie del sistema pubblico transalpino. Il fatto è che gli italiani hanno iniziato a fare pochi figli già da quarant’anni e dunque le coppie che si sono formate negli ultimi anni sono di molto inferiori a quelle francesi. Così l’Italia è finita in un circolo vizioso che sta bruciando la sua unica, vera, ricchezza: gli italiani.

A suonare l’allarme è stato per primo il volume “La trappola delle culle” scritto da due giornalisti, Luca Cifoni e Diodato Pirone, in libreria gia’ da alcuni mesi. Poi sono intervenuti 10  giorni fa i dati Istat su cui il prof. De Bartolo su questo giornale ha avviato da qualche settimana alcune riflessioni interessanti.

I due autori non analizzano nel loro libro solo le dimensioni del dramma demografico italiano ma ipotizzano nove azioni concrete per invertire una rotta che ci porta verso un lento suicidio collettivo.

Il 1964 è come un momento di cesura, uno spartiacque tra due periodi della nostra storia recente: qualcosa finisce e qualcosa sta per iniziare, anche se non se ne percepiscono i contorni.

Certo è che proprio in quell’anno – la coincidenza fa riflettere – si invertono due indicatori strategici: da una parte il debito pubblico italiano raggiunge il suo punto più basso in rapporto al Pil, appena il 27,7%, e da allora inizierà a lievitare fino a condizionare l’intera vita del Paese (oggi siamo oltre il 150); dall’altra il nostro boom demografico tocca il picco massimo con oltre un milione di bambini venuti al mondo in tutta la penisola, per poi imboccare il bivio di una lenta quanto inesorabile rarefazione di culle e passeggini.

Ecco, i bambini. Visto con gli occhi di oggi, il 1964 è una specie di paradiso perduto della natalità, un Eldorado che sarà impossibile riconquistare. «(…) Il confronto è sconsolante: il numero dei nati, che già nel 2015 era sceso sotto il mezzo milione, è precipitato ancora finendo sotto quota 400mila nel 2021. Nascono poco più di un terzo dei bambini del 1964, con la differenza che allora eravamo 51 milioni, mentre oggi la popolazione italiana sfiora i 59. E infatti, il tasso di natalità è crollato sotto quota 7 per mille, il livello più basso in Europa, e appena un terzo di quello del ’64. È salita, invece, oltre i 31 anni l’età media del primo parto. Quanto al numero medio di figli per donna, siamo scesi nel 2021 a 1,25: meno della metà del livello del 1964 e soprattutto un valore drasticamente al di sotto di quel 2,1 che è considerato dalla scienza demografica il minimo per man- tenere in equilibrio una popolazione, in assenza di fattori esterni come le migrazioni».

Il presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, che di mestiere fa proprio il professore di demografia, ha dato un’idea approssimata ma intuitiva della drammaticità di questi numeri proponendo una banale moltiplicazione: un flusso di 400mila nascite all’anno moltiplicato per una sopravvivenza media di 80 anni – in linea con quella attuale – vuol dire a parità di altre condizioni arrivare a fine secolo a una popolazione di 32 milioni di abitanti (400.000 x 80 = 32.000.000). Circa la metà – la metà! – di quanti siamo oggi.

È uno scenario, come si è detto, volutamente ipersemplificato. Ma nemmeno troppo lontano dalle previsioni dell’Onu, che ci assegnano per il 2100 poco meno di 40 milioni di residenti.

Cosa ha spazzato via anche il ricordo dell’Italia prolifica del 1964? È davvero tutta colpa della recessione? A costo di frantumare qualche cliché, dobbiamo rispondere “no”. La crisi della natalità degli ultimi anni non va messa (solo) sul conto della crisi economica, del precariato, dell’anemia delle politiche pro-nascite, di un Paese che continua a penalizzare le donne sul fronte del lavoro. A questi dati di fatto se ne affianca un altro, poco considerato ma devastante: i giovani italiani di oggi, quelli nati intorno agli anni ‘90, ormai sono troppo pochi per mettere al mondo un numero di figli sufficiente a rivitalizzare la natalità. Con la carestia di nascite degli scorsi decenni abbiamo costruito noi stessi un meccanismo autodistruttivo: ormai mancano bambini perché la quantità di nuove possibili coppie è esigua, scarseggiano i nuovi papà ma soprattutto sono numericamente insufficienti le donne che possono avere figli.

Alla storia che abbiamo raccontato finora manca un elemento: l’effetto degli oltre tre anni di pandemia. Istat ha osservato che questa circostanza straordinaria lascerà tracce nel tempo: siccome da noi c’è ancora un forte legame tra la scelta nuziale e quella di avere figli, è prevedibile che le unioni “perse” provocheranno nei prossimi anni circa 40mila nascite in meno. L’Italia si sta insomma suicidando.

  Per quanto riguarda la Calabria la “desertificazione” continua a registrare numeri allarmanti: gli ultimi sono quelli delineati dal Laboratorio economico territoriale Politiche del Lavoro del Dipartimento del Lavoro della Regione nell’ambito del programma Gol. Secondo quanto si legge nell’analisi, in Calabria «si è passati dai 1.998.792 residenti del 2004, ai 1.877.72 del 2020, con la perdita complessiva di 121mila unità. Nello stesso arco temporale si assiste ad un processo di invecchiamento della popolazione, con una crescita della fascia degli ultra-sessantaquattrenni che passa dal 17,6% del 2004 al 22,1% del 2020, e ad una contrazione della popolazione tra 0 ed i 14 anni del 12,4%».

Poi l’Istat ci ha comunicato l’ultimo dato ferale: la speranza di vita tra Nord e Sud e’ di tre punti a favore del Trentino Alto Adige rispetto alla Campania, prima ed ultima della graduatoria. E hanno ancora il coraggio di parlare di autonomia differenziata! (fv)

QUESTI NOSTRI RAGAZZI FOLLI E GIUDIZIOSI
MERITANO DI PENSARE QUI IL LORO FUTURO

di GIUSY STAROPOLI CALAFATICaro, presidente Occhiuto, le scrivo perché dopo aver passato anni a ribadire il concetto alvariano secondo cui lo scrittore di San Luca afferma che “i calabresi vanno parlati”, giunto è il momento per i calabresi di parlarsi tra loro.
Io sono calabrese, lei lo è. I nostri figli, le nostre famiglie lo sono. Parliamoci.

Scrivo al governatore della mia amata Calabria, dopo un pomeriggio frastornato e convulso presso il nosocomio di Lamezia Terme, perché ci sono cose per le quali se nessuno fa rapporto, nessun altro potrà mai sapere, tantomeno risolvere. Allora parliamone.

Se esistono strategie legali per aggirare la burocrazia nella sanità, in Calabria, le intercetti, presidente. Attuiamole. 

Per le madri come me, ma soprattutto per i ragazzi come mio figlio e per tutti i medici come quelli che lo hanno preso in carico dopo il triage in pronto soccorso, lo scorso 13 marzo. Antonino frequenta il terzo anno del Liceo scientifico G. Berto di Vibo Valentia, ha 16 anni e un forte senso di appartenenza alla Calabria che spesso misuro il doppio rispetto al mio (mea culpa).
Antonino è caduto bruscamente mentre sciava in Trentino.

È il 12 marzo, e nonostante un ginocchio problematico (presunta lesione del menisco) attende di rientrare in Calabria, il 13, per farsi visitare.

Leggerezza adolescenziale? No, esagerato senso di responsabilità. Verso chi? Verso la nostra Calabria, presidente.  Antonino piuttosto che far gravare sulla nostra regione un ulteriore debito per un altro calabrese che si fa curare fuori, preferisce sopportare il dolore. E solo dopo lo scalo a Lamezia Terme, andare in pronto soccorso.

Non sono folli i nostri ragazzi, presidente? Folli e geniali. 

Antonino mi ha fatto scoppiare il cuore. Come madre mi ha fatta arrabbiare, come calabrese piangere. Ha atteso di toccare la sua terra con tutti i rischi che la sanità qui porta con sé. Non gliene è importato nulla. 

«Piuttosto che un medico calabrese lì», ha detto, «un medico calabrese qui».

I nostri ragazzi danno, presidente. Ed è forza la loro, è coraggio, ostinazione, ma anche senso altissimo dell’onore. Non abbiamo il diritto né di illuderli né di tradirli, ma il dovere morale di consegnargli un presente forte su cui costruire un futuro fortissimo. È questione di giustizia sociale.

Gli ospedali in Calabria raccontano miseria e speranza. Sacrificio ed estenuazione. In essi rimbomba il frastuono del resto del mondo anche quando si parla solo il dialetto. Quando i medici all’estremo, senza forze, si affidano al suono della lingua per tradurre la loro solitudine.

Il personale medico e paramedico, in Calabria, è stremato, è al collasso. È troppo poco, sottodimensionato, non ce la fa a rispondere alle urgenze di una massa che chiede di essere curata tutta insieme, contemporaneamente. I medici cubani tamponano, ma non stagnano l’emorragia, non arginano il problema. Mancano le condizioni, materiali e immateriali, necessarie a che venga fuori l’eccellenza che i nostri medici li contraddistingue.

Non è garantita la dignità di chi cura, né quella di chi viene curato Eppure Alvaro diceva che la dignità è al sommo del pensiero dei calabresi. E lo è, alla radice del pensiero lo è, ma c’è un sistema controverso che la mette sotto scacco. E piuttosto che un paradiso dove si recupera o si allunga la vita, gli ospedali diventano inferni dove la vita scorre alla meno peggio con una buona dose di fortuna per chi riesce a scamparla, e un destino crudele per chi invece muore. 

Presidente, se c’è un metodo legale per aggirare la burocrazia, in sanità, in Calabria, lo metta in atto. Utilizziamolo.
I ragazzi come Antonino potrebbero finire, i medici andare altrove, e le madri come me finire di impazzire.
Jole Santelli morì con l’ostinazione di curarsi in Calabria, molti altri dai nomi sconosciuti hanno fatto e fanno e faranno la stessa cosa… 

In Calabria finiti i medici (volontari), Presidente, finiremo anche noi (involontariamente). E Antonino sarà costretto a riprendere l’aereo verso il Trentino, ma con un biglietto di sola andata.

Se esistono sistemi legali per aggirare la burocrazia, in sanità, in Calabria, li consideri, presidente. Potersi curare dignitosamente è al sommo dei pensieri dei calabresi. Anche di Antonino, che ai medici dell’Ospedale di Lamezia Terme dice grazie, e al presidente Occhiuto chiede di lottare perchè il numero chiuso in medicina venga immediatamente abolito. (gsc)

Paldino (Federazione Banche di Comunità): Arginare perdite di laureati in Calabria

«La Calabria, dal 2001, ha vissuto un’emorragia di laureati», ha denunciato Nicola Paldino, vicepresidente della Federazione di Comunità Campania Calabria, evidenziando la necessità di «arginare queste perdite».

Paldino, intervenuto nella due giorni Liberiamo Energie di Battipaglia, promossa dalla Federazione Campania Calabria della BCC con i Gruppi dei Giovani Soci e delle Giovani Socie delle BCC di Campania e Calabria, ha ricordato come «negli ultimi 20 anni è tornato visibile il fiume carsico dell’emigrazione e i dati Istat ci dicono che dal 2001 la Campania ha perso poco più di 75.000 abitanti mentre la Calabria ne ha persi il doppio, pur avendo meno della metà della popolazione».

«Tanti sono i giovani laureati che partono e non tornano più – ha continuato –. In un periodo come questo, noi banchieri cooperativi del Sud abbiamo, quindi, una duplice responsabilità: da un lato sentiamo l’obbligo morale di dare futuro alle banche di comunità, eredi di una storia ultracentenaria e, in molti casi, ultime espressioni del sistema bancario meridionale; dall’altro, siamo chiamati a sostenere lo sviluppo dell’economia dei nostri territori in modo da creare e irrobustire le condizioni che possano consentire ai nostri giovani di restare qui e non essere costretti a lasciare la propria terra d’origine».

«Non sarà facile, ma siamo consapevoli che i giovani calabresi e campani – di cui troppo spesso si parla a vanvera – sono capaci, volenterosi, pieni di passione e di spirito d’iniziativa. Non a caso, quando si spostano in mercati più competitivi vengono considerati per quello che sono realmente, cioè risorse di valore. Noi li conosciamo bene, i giovani soci delle nostre BCC, che a Battipaglia si sono incontrati per “liberare le proprie energie”. Il loro animo cooperativo è robusto e sorretto da forte entusiasmo. Noi siamo con loro, come Federazione e come BCC, pronti a sostenerne la crescita e a stimolarne la creatività».

Anche Amedeo Manzo, presidente della Federazione delle Banche di comunità credito cooperativo Campania e Calabria, in apertura dei lavori ha evidenziato la necessità di mettere «i giovani al centro del credito cooperativo».

«Non è un semplice slogan ma una dichiarazione di intenti del credito cooperativo che ritiene necessario il coinvolgimento dei giovani sotto vari aspetti: quello di appartenenza alla compagine sociale e quello di cliente della Banca. Ma ancor più perché dai giovani possono provenire idee, proposte, opportunità».

«Siamo orgogliosi di aver ospitato questa manifestazione – ha aggiunto – che coinvolge giovani socie e giovani soci provenienti da Campania e Calabria. Ringrazio la Federazione per aver scelto la nostra BCC come banca ospitante e il suo team per il prezioso lavoro svolto nell’organizzazione di questa iniziativa, in linea con la nostra mission di diffusione dei valori del Credito Cooperativo e promozione della cultura della finanza etica e dell’imprenditorialità. L’attenzione ad attività come queste o come il BCC Innovation Festival del Gruppo BCC Iccrea, l’attivazione di strumenti finanziari per favorire la nascita di startup, la valorizzazione dei talenti e il sostegno allo studio sono alla base del nostro impegno sul territorio».

«I giovani sono al centro del nostro progetto di banca attraverso azioni concrete: abbiamo sostenuto l’avvio di un master di I livello in collaborazione con l’Università degli studi di Napoli Federico II – ha proseguito –; abbiamo rilanciato azioni per consentire ai nostri ragazzi di poter rientrare al Sud dopo esperienze di studio al Nord, e ancora siamo al loro fianco per valorizzare le migliori start up. Ma non basta perché il nostro modello di rating umano e di democrazia delle opportunità ci porta a dare loro ancora maggior ruolo seguendo il concetto dell’algoretica, che ci consente di promuovere iniziative che i semplici algoritmi dettati dalle rigide normative europee non consentirebbero ma che spesso invece celano imprese di grande innovazione e interesse per la crescita dei nostri territori che consenta di ridurre quel gap Nord-Sud evidenziato ancora di recente da uno studio di Bankitalia», ha spiegato il presidente Manzo sottolineando che è «una precisa volontà del consiglio di amministrazione della Federazione dare spazio alle idee dei giovani».

In tal direzione occorre rapidamente attivare la costituzione delle Associazioni presso tutte le Bcc che non hanno ancora provveduto, definendone la metodologia e programmandone le attività; pianificare interventi strutturati tesi a creare momenti di aggregazione e di progettazione dell’attività associativa, che mirino alla innovazione ed alla costruzione di azioni di progettazione di valore aggiunto sia a supporto delle banche che degli stessi giovani; attivare la collaborazione con la Federazione Lombarda che prevede una specifica azione in materia di “Rete dei Giovani”.

e giornate si sono sviluppate dopo il dibattito con il work Café, con la presentazione della metodologia, dello svolgimento dei lavori sugli argomenti prescelti da approfondire. La giornata di sabato 25 febbraio si è invece aperta con il laboratorio di educazione finanziaria cooperativa a cura di Chiara Piva, Federcasse, dal titolo “Maestri e Maestre di buona finanza” e la testimonianza di Assunta Aprea, della Federazione Banche di Comunità Credito Cooperativo Campania Calabria, su “Finanza Etica e Credito Cooperativo”. (dc)