Giovedì in Cittadella si presenta il progetto “Mirai – Insieme creiamo il futuro”

Si chiama “Mirai – Insieme creiamo il futuro” il progetto che vede come protagonisti principali gli studenti delle ultime due classi degli istituti superiori del territorio calabrese e che sarà presentato giovedì in Cittadella regionale alle 11.

Pensato dal Dipartimento Lavoro della Regione Calabria, si tratta di un progetto ambizioso in termini di sinergie messe in campo, e lungimirante negli obiettivi.

I dettagli dell’iniziativa, che ha già mobilitato una complessa task force per l’orientamento e l’accompagnamento al mondo del lavoro degli studenti, saranno presentati dall’assessore al Lavoro e alla Formazione professionale della Regione Calabria, Giovanni Calabrese, e da Fortunato Varone, direttore generale del Dipartimento Lavoro.

All’incontro saranno presenti i principali partner dell’iniziativa: i responsabili e i referenti dei Centri per l’Impiego dell’intero territorio calabrese, e i dirigenti scolastici che hanno aderito con grande interesse al progetto, aprendo le porte dei loro istituti al progetto. (rcz)

LA CALABRIA ADOTTI IL PORTO DI GIOIA: È
UN’ESSENZIALE OPPORTUNITÀ PER FUTURO

di SANTO STRATI – La Calabria adotti il Porto di Gioia Tauro: non è una preghiera o un’invocazione, quella lanciata da Pino Soriero a San Ferdinando di Rosarno nel bel convegno promosso dal PD e dal sindaco Luca Gaetano.

È un auspicio e, insieme, la constatazione di come ancora oggi manchi la giusta sensibilità nei confronti di un “gioiello” in grado di trasformare radicalmente, anche in termini occupazionali, l’economia e lo sviluppo non solo del territorio della Piana o dell’intera Calabria, ma anche del Paese.

Il Porto di Gioia Tauro è diventato il numero uno nel transhipment, che sarebbe la movimentazione dei container che arrivano da tutto il mondo e la loro veicolazione con consegna tramite gomma o ferrovia. E Gioia Tauro ambisce a fare molto di più, punta a “lavorare” i contenuti dei container attraverso processi di lavorazione e trasformazione industriale che possono trovare ampio spazio nell’immensa area del retroporto, pressoché inutilizzata. Perché ciò si realizzi occorre una visione industriale di tutta l’area portuale con lo sviluppo delle relative competenze di lavoro.

A cominciare  da quella che si chiama “piastra del freddo”. L’esempio più concreto lo porta il “re del tonno” Pippo Callipo che ha superato i 100 milioni di fatturato annuo, il quale, a San Ferdinando di Rosarno ha spiegato come lo stoccaggio della materia prima proveniente da tutto il mondo nel Porto, negli appositi capannoni industriali che l’azienda ha realizzato, ha permesso di incrementare la produzione e ottimizzare i tempi di lavorazione, con il conseguente incremento della manodopera e dell’occupazione.

Il Porto va considerato, dunque, come un’essenziale opportunità per la sua centralità nel Mediterraneo che andrebbe ulteriormente valorizzata mediante interventi strutturali che, ad oggi, sono stati realizzati solo con investimenti dell’Autorità di Sistema Portuale. Il suo presidente, ammiraglio Andrea Agostinelli, ha raccontato con sanguigna e autentica passione cosa ha trovato quando arrivò da Commissario a Gioia Tauro e cosa lascia, al termine del suo mandato (che sarebbe auspicabile venisse rinnovato senza alcuna perplessità, visto l’ottimo lavoro e i risultati ottenuti).

Da una situazione fallimentare con centinaia di operai mandati a casa dalla sera alla mattina e prospettive più che cupe, a uno straordinario rilancio di tutta l’attività portuale, con investimenti milionari da parte dei concessionari subentrati (MSC e Automar-Grimaldi) e una rivitalizzazione straordinaria di tutte le potenzialità Porto. I numeri parlano da soli. siamo arrivati a quasi 4 milioni di teus nel 2024 (l’unità di misura dei container) e nuovi record di preannunciano anche per quest’anno. Consideriamo che il Porto, nato sulle ceneri di quello che avrebbe dovuto servire il mancato V Centro Siderurgico (del famigerato pacchetto Colombo che avrebbe dovuto pacificare i rivoltosi reggini del 1970) ha un pescaggio così ampio da avere superato come operatività persino Genova: possono attraccare le gigantesche supernavi portacontainer la cui altezza richiede grandi profondità che solo Gioia, nel versante italiano del Mediterraneo, è in grado di offrire. Solo che, mentre per Genova vengono stanziati e messi a disposizione centinaia di milioni, al Porto di Gioia, fino a oggi sono state destinate soltanto briciole.

Per questa ragione, Soriero, che è stato sottosegretario nel Governo Prodi proprio ai trasporti e che conosce perfettamente le problematiche del Porto di Gioia ha lanciato l’appello perché la Regione si faccia portavoce delle esigenze di sviluppo del suo Porto, il più grande del Mediterraneo. Un Porto che potrebbe attivare migliaia di nuovi posti di lavoro, al pari di quello che è successo a Tangeri, a Port Said (sulle coste dell’Africa) o addirittura nella spagnola Algesiras. Soriero, che alla realtà di Gioia ha dedicato un corposo e documentato libro (Andata in Porto, Rubbettino), ha vissuto da esponente del Governo tutte le problematiche del Porto di Gioia, attivandosi, in maniera intelligente e con larga visione, affinché le soluzioni arrivassero nei tempi giusti (per esempio l’istituzione della Capitaneria) e tante altre soluzioni ottimali per rendere lo scalo attrattivo e funzionale.

Adesso è una realtà che identifica un’idea di sviluppo che ancora non ha raggiunto il suo traguardo immaginato, ma esistono tutte le condizioni perché questo “gioiello” possa costituire il volano di rilancio del Mezzogiorno, sfruttando la sua posizione nel Mediterraneo. Sono, in realtà, poche ma impegnative le cose da realizzare: ci scapperebbe da ridere se non fosse una vicenda grottesca, la mancanza della necessaria illuminazione per ampliare le movimentazioni anche di notte. Sono lavori di poco conto, ma il Governo centrale (quello che destina grandi risorse a Genova) fa orecchie da mercante.

E poi c’è la ferrovia: un tratto di pochi chilometri che ha dovuto aspettare vent’anni per vedere realizzato il collegamento diretto con il Porto. Il Presidente Agostinelli è uno che non le manda a dire: «I maggiori porti italiani – ha evidenziato – hanno un grave problema per mancanza di aree di stoccaggio, mentre Gioia Tauro ha dietro di sé ben 477 ettari: a fronte delle opportunità di sviluppo del Porto per il quale basterebbero forse solo 150 milioni, lo Stato destina appena 50 milioni riservando un miliardo e mezzo a Genova».

Non servono commenti, è necessaria la non più rinviabile e netta presa di posizione della Regione sul Porto di Gioia. Un investimento sul futuro dei giovani, sul futuro dell’area ma anche di tutta la Calabria.

Il Mediterraneo è il nuovo protagonista dell’economia e il Porto di Gioia, come la Calabria, ne sono al centro. Occhiuto non se lo dimentichi. (s)

I GIOVANI, LA PRECARIETÀ E IL RIFIUTO DEL
POSTO FISSO: UNA SFIDA PER LA CALABRIA

di FRANCESCO RAONegli ultimi decenni, il concetto di “posto fisso” – da sempre simbolo di sicurezza economica e stabilità sociale – ha subito una radicale trasformazione. In una società in continuo mutamento, anche i Millennials del Meridione, hanno posto un approccio differente al paradigma tradizionale riconducibile all’impiego stabile, adottando una visione del lavoro più fluida e dinamica.

Il modello del posto fisso, radicato nell’Italia del dopoguerra, era strettamente legato a una concezione di società caratterizzata da una forte divisione del lavoro, da una gerarchia ben definita e da norme sociali che garantivano l’inclusione e la solidarietà. Le riforme come lo Statuto dei Lavoratori del 1970 e le norme contrattuali consolidavano il legame tra individuo e istituzione, promuovendo un modello di fedeltà aziendale e sicurezza previdenziale. Con l’avvento della globalizzazione, della digitalizzazione e delle trasformazioni tecnologiche, autori come Ulrich Beck hanno descritto la nascita della “società del rischio”, in cui le tradizionali garanzie diventano sempre più fragili. In tale contesto, la progressiva erosione del modello industriale ha fatto emergere una realtà caratterizzata da contratti precari e forme di lavoro atipiche, in cui il rischio diventa una componente intrinseca della vita professionale e al contempo tale instabilità, si è diffusa nel tessuto sociale generando precarietà e marginalità sociale. Anche per buona parte dei Millennials calabresi, l’approccio al lavoro assume una identità diversa rispetto al passato.

La nuova etica del lavoro non è più solo una questione economica, ma rappresenta anche un percorso di autodefinizione e realizzazione personale. Da un punto di vista sociologico, grazie al pensiero di Anthony Giddens sulla “riflessività della modernità”, comprendiamo perché i giovani contemporanei sono chiamati a rinegoziare il significato del lavoro in un contesto in cui la tradizionale identità professionale si dissolve a favore di una molteplicità di esperienze e ruoli. In Calabria, il tessuto economico è stato storicamente segnato da instabilità e disuguaglianze e l’adozione di modelli flessibili – come il lavoro freelance, lo smart working e l’autoimprenditorialità – risponde a un doppio imperativo: cercare autonomia e superare le limitazioni di un mercato del lavoro che, come evidenziato da dati Istat (2023), registra un aumento del 40% dei contratti a termine negli ultimi dieci anni.

La carenza di tutele sociali, la difficoltà di accesso al credito per l’autoimprenditorialità e le infrastrutture digitali insufficienti in Calabria rappresentano sfide significative e prioritarie. La lettura sociologica del fenomeno evidenzia come il processo di individualizzazione – caratteristico della modernità tardiva – possa generare un aumento del senso di precarietà e isolamento, se non accompagnato da politiche pubbliche in grado di garantire una rete di sicurezza adeguata. Come già anticipato, il contesto socioeconomico del Sud Italia presenta peculiarità che incidono profondamente sulle scelte dei giovani.

Secondo il recente rapporto Svimez, il tasso di occupazione nel Meridione è inferiore di circa 20 punti percentuali rispetto al Centro-Nord, mentre in Calabria la prevalenza di contratti precari e il lavoro informale sono ormai all’ordine del giorno. Queste condizioni hanno contribuito a creare una “cultura della fuga”.

Il Censis nel 2022 prevedeva che tra il 2000 e il 2020 oltre 500.000 giovani lasceranno il Sud in cerca di opportunità, ponendo lo sguardo all’indietro, quello studio era veritiero e oggi, in mancanza di riforme strutturali e concretezza, si rischia di compiere il secondo atto alimentando ulteriormente la “fuga di cervelli”.

Queste dinamiche orientano la profonda trasformazione culturale in atto nella quale il lavoro diventa uno strumento per esprimere la propria identità e non pià un mezzo per garantire la sussistenza e la progettualità del futuro. Tale dinamica, attraverso le scienze sociali, può essere letta come un processo di disaffezione dalle istituzioni e dalla tradizione, in cui la mancanza di investimenti in infrastrutture digitali e la debolezza del tessuto imprenditoriale locale spingono i giovani a cercare identità e opportunità altrove.

La teoria della “società liquida” di Zygmunt Bauman, oltre a descrivere un mondo in cui le strutture sociali sono in costante divenire e l’incertezza è una normalità, trova una perfetta applicazione in questo contesto ma trascura l’evidente segno di malessere delle generazioni anziane, sempre più sole e soprattutto esposte ad un sistema di istituzioni digitali con le quali, il digital divide, non consente il dialogo.

L’evoluzione del mondo del lavoro e il rifiuto del posto fisso da parte dei giovani del Meridione costituiscono una sfida complessa che richiede una riflessione multidimensionale. Se da un lato il modello tradizionale si dimostra ormai inadatto a una società in rapido cambiamento, dall’altro l’assenza di un adeguato supporto strutturale rischia di tradurre la flessibilità in ulteriore precarietà.

Le teorie sociologiche contemporanee ci invitano a considerare il lavoro non solo come una dimensione economica, ma anche come uno spazio di identità, appartenenza e trasformazione sociale. La sfida per il futuro sarà quella di coniugare innovazione e stabilità, promuovendo politiche che incentivino l’autoimprenditorialità e investimenti nelle infrastrutture digitali, senza dimenticare l’importanza di una tutela sociale che risponda alle nuove dinamiche del mercato.

In definitiva, il fenomeno osservato nel Meridione non rappresenta un semplice capovolgimento delle logiche occupazionali, ma una profonda trasformazione del modo in cui le nuove generazioni concepiscono il proprio futuro e il loro ruolo nella società. Solo attraverso una comprensione integrata di queste dinamiche sarà possibile costruire un modello di sviluppo che valorizzi la flessibilità senza sacrificare la sicurezza e l’inclusione sociale. (fr)

[Francesco Rao è docente a contratto cattedra di sociologia generale – Università “Tor Vergata” Roma]

BEI: 100 milioni alla Regione Calabria per agricoltura e infrastrutture sostenibili

Sono 100 milioni la somma che la Banca europea per gli investimenti ha destinato alla Calabria per l’agricoltura e infrastrutture sostenibili.

Ciò è stato possibile grazie agli accordi di finanziamento sottoscritti con la Regione, con l’obiettivo di favorire l’occupazione giovanile, lo sviluppo di infrastrutture moderne e la transizione ecologica attraverso pratiche agricole sostenibili, mobilità pulita ed efficienza idrica. Ad annunciarlo, la Vicepresidente Bei, Gelsomina Vigliotti, e il Presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, in occasione della presentazione dell’attività del Gruppo BEI in Italia nel 2024 a Roma.

I finanziamenti da 100 milioni di euro siglati oggi rappresentano le prime tranche da 50 milioni, parte di due pacchetti finanziari più ampi da 300 milioni di euro complessivi approvati dalla BEI a favore della Regione Calabria. Questi finanziamenti, a condizioni vantaggiose e dalla durata di 25 anni, contribuiranno a sostenere investimenti per complessivi 1,6 miliardi di euro.

Il primo pacchetto finanziario punta a rendere l’agricoltura più sostenibile e resiliente ai cambiamenti climatici, promuovendo una transizione verso pratiche di pesca responsabile e la tutela della biodiversità marina. Grazie al finanziamento della Bei, sarà possibile avviare oltre 1.200 nuove imprese agricole gestite da giovani, modernizzare più di 2.500 aziende e fornire formazione a oltre 10.000 persone su temi quali agricoltura biologica, allevamento sostenibile e innovazione. Inoltre, il progetto prevede la conversione di oltre 115.000 ettari a coltivazioni biologiche e la messa in sicurezza di ulteriori 100.000 ettari per prevenire il dissesto idrogeologico. Un’importante componente digitale garantirà infine l’accesso alla banda larga a più della metà della popolazione rurale.

Il secondo pacchetto è orientato a migliorare la sostenibilità ambientale della Regione con interventi mirati alla mobilità ecologica e all’economia circolare. I fondi della BEI saranno utilizzati per l’acquisto di otto treni bimodali (elettrico-diesel), oltre che per ridurre le perdite idriche nella rete regionale, potenziandone la sua resilienza contro futuri eventi meteorologici estremi. Il progetto comprende anche interventi volti a migliorare il riciclo e il recupero dei rifiuti, con l’obiettivo di ridurre l’impronta ambientale. Infine, sono previsti alloggi a energia quasi zero (nZEB), tra riqualificazione di alloggi esistenti e la costruzione di nuovi, per circa 900 studenti delle Università di Cosenza e Catanzaro, oltre a nuovi centri di accoglienza destinati a migranti e rifugiati.

«Ripartiamo nel 2025 con la firma di due importanti accordi di finanziamento che renderanno la Regione Calabria più sostenibile, efficiente e resiliente – ha dichiarato Gelsomina Vigliotti, Vicepresidente della Bei –. Investire in pratiche agricole ecologiche, sostenere l’imprenditorialità e la formazione dei giovani, acquistare treni bimodali e realizzare infrastrutture a basse emissioni di carbonio, come alloggi per studenti e centri di accoglienza per migranti e rifugiati, è cruciale per accelerare la transizione ecologica e promuovere lo sviluppo economico e inclusivo del territorio».

«Questi accordi – ha concluso – confermano l’impegno della Bei nel supportare la sostenibilità ambientale e la coesione sociale ed economica in Europa».

«Ringrazio la Bei per aver siglato due importanti accordi di finanziamento con la mia Regione, per favorire lo sviluppo e la modernizzazione dell’agricoltura e la realizzazione di infrastrutture sostenibili – ha detto il presidente Occhiuto –. Si tratta di misure progettuali in grado di rappresentare una grande opportunità per la Calabria e per i nostri giovani imprenditori agricoli al fine di sostenere politiche green, come la conversione dei terreni a coltivazioni biologiche, favorendo la prevenzione del dissesto idrogeologico».

«Si avrà, inoltre – ha continuato – l’occasione per modernizzare la nostra rete infrastrutturale, affinché sia sempre più sostenibile e in linea con la transizione ecologica. La Calabria è una Regione desiderosa di rinnovarsi e di stare al passo con i tempi».

«I nostri giovani, che rappresentano il più grande investimento su cui puntiamo oggi – ha concluso – hanno voglia di mettersi in gioco, sviluppare competenze e aspirazioni, rimanendo nella propria terra che deve essere però sempre più moderna, innovativa e sostenibile». (rrm)

CROTONE SITO DI(S)INTERESSE NAZIONALE
SERVE COOPERAZIONE E COESIONE SOCIALE

di EMILIO ERRIGODa quasi due anni vivo in Calabria, immerso nelle sfide quotidiane di una terra che purtroppo, storicamente, non ha mai conosciuto la serenità. La realtà delle famiglie meridionali in questa regione resta una delle più dure d’Italia.

La Calabria è un angolo di Sud,  per molti, ironicamente o con amarezza, è anche il Sud del Sud, un luogo che racchiude in sé  la sofferenza storica e sociale del Mezzogiorno. 

L’integrazione forzata del Meridione nel nuovo Regno d’Italia nel 1861, con la sua scia di  violenze, conflitti e disuguaglianze, non ha certo lasciato un ricordo positivo. La memoria di  quel periodo drammatico, segnato da leggi ingiuste (come la legge Pica del 15 agosto 1863  n. 1409) e da una repressione brutale ha plasmato l’anima di molti meridionalisti. Quella  memoria rivive oggi nei volti di molti calabresi che, senza prospettive, guardano al futuro con  rassegnazione.  

Non pochi intellettuali, infatti, temono che l’attuale disagio sociale possa sfociare in  pericolose tensioni popolari, come accadde durante i moti di Reggio Calabria negli anni ’70, un tristissimo ricordo passato che però al primo soffio di vento potrebbe riaccendere la brace  ancora ardente e viva, alimentando il dissenso la rivolta sociale.  

In questi due anni, ho avuto modo di confrontarmi con la realtà dei giovani calabresi, in  particolare a Crotone e provincia, dove l’insoddisfazione è palpabile. La città, che detiene uno  dei redditi pro capite più bassi d’Italia, è vista dai suoi abitanti – soprattutto dai giovani – come un luogo senza futuro. La solitudine, l’apatia e le promesse politiche mai mantenute  sono il pane quotidiano. La speranza sembra essersi spezzata, ma un gruppo di studenti ha  avuto il coraggio di denunciare questa realtà con un libro frutto di un’esperienza partecipata  di scrittura collettiva dal titolo provocatorio: Crotone: un sito di (dis)interesse nazionale.

Che fare allora? 

In un contesto così difficile, l’ottimismo tra i giovani dovrebbe essere la forza trainante, ma la  speranza dovrà essere sostenuta da fatti concreti; proprio da Crotone deve partire una nuova  rinascita. La bonifica ambientale, la riparazione del danno ambientale. la rigenerazione dei  territori, la decontaminazione dei suoli e delle acque – tutti interventi fondamentali per  restituire un futuro ai calabresi – sono oggi più che mai necessari.  

Il Sito di Interesse Nazionale (Sin), la vasta area inquinata da decenni di storica  industrializzazione chimica e metallurgica ora necessita di una bonifica urgente per  recuperare il terreno perso e restituire dignità a chi ci vive.

Il popolo di Crotone, martoriato da un tasso di patologie tumorali molto alto, deve essere  messo in grado di potersi curare subito, in loco e con dignità. 

Le prepotenza, la fame, la violenza, la criminalità, la malavita e l’indifferenza che storicamente hanno caratterizzato questi luoghi nei decenni passati, stanno progressivamente perdendo  peso anche grazie ad un cambio di passo delle istituzioni, che applicando con fermezza il diritto vigente, stanno finalmente riaffermando il valore della legalità e il primato della civiltà. 

La Calabria, con Crotone in primis, ha tutte carte in regola, le condizioni generali e  presupposti politico-istituzionali per risorgere e vincere la più importante scommessa della  storia, insieme si può superare ogni criticità e disagio nel segno della coesione sociale. 

Se i piani di bonifica e di risanamento ambientale riusciranno a superare l’impasse  burocratico, la Calabria avrà la possibilità di attrarre investimenti e dare vita a una nuova  economia. Con l’istituzione della Zona Economica Speciale (Zes) Unica del Mezzogiorno (avvenuta con Decreto-Legge 19 settembre 2023, n. 124, convertito in Legge n. 162 del 13  novembre 2023), la regione potrebbe finalmente vedere il suo potenziale risvegliarsi. 

I fondi per il risanamento e lo sviluppo infrastrutturale potrebbero trasformare Crotone e il  resto della Calabria in un polo di attrazione per imprese nazionali e internazionali a beneficio  del Pil pro-capite e del benessere sociale. 

Non mancano certo le risorse per una rinascita. Il mare, il sole, le risorse minerarie e  idroelettriche, e l’agricoltura di qualità sono risorse che la Calabria ha sempre avuto.  Purtroppo, queste ricchezze non sono mai state sfruttate pienamente. 

Ora, però, con il giusto impegno e una visione lungimirante, la Calabria potrebbe diventare  un hub energetico strategico per l’Italia, grazie alle sue centrali idroelettriche, agli impianti di  energia rinnovabile e alle sue risorse minerarie. 

Penso, ad esempio, a ciò che potrebbe avvenire all’indotto economico – sociale con  l’avvenuta bonifica della vasta Area Archeologica di Crotone; circa 80 ettari di storia, l’Antica  Kroton restituita a turisti ed appassionati di archeologia. 

E al conseguente sviluppo logistico – intermodale e turistico con l’ampliamento delle infrastrutture portuali e retroportuali a partire da quelle che oggi appaiono abbandonate al  loro destino e degrado ambientale e vistosamente inutilizzate (area Ex Sasol) e con il  potenziamento ed elettrificazione della rete ferroviaria Jonica tra Taranto e Reggio Calabria,  con il potenziamento del traffico aeroportuale, l’aumento della sicurezza della viabilità  primaria e secondaria sulla nuova SS 106, migliori connessioni stradali e una moderna  Logistica Intermodale Sostenibile di supporto.

Crotone è già un hub energetico di primaria importanza, fondamentale e a costi di  approvvigionamento competitivi sul mercato delle energie rinnovabili. 

Senza bisogno di ricordare che le risorse idriche del fiume Esaro, che bagnano Crotone e  parte della Provincia di Pitagora, assicurano la produzione agricola, vitivinicola e  agroalimentare di pregio nazionale e internazionale.  

Io credo fermamente negli uomini e donne calabresi, negli amministratori pubblici e nei  rappresentanti eletti dal popolo di Calabria, senza distinzione alcuna di ideologia politica e  partitica. 

In Calabria e a Crotone soprattutto, come ho avuto già modo di rappresentare, c’è un  rinnovato interesse dello Stato e queste tante attenzioni del Governo, insieme ai segnali  positivi di crescita delle infrastrutture portuali e territoriali, porteranno benefici economici e  sociali. 

Oggi ci giochiamo il futuro di Crotone, a patto che tutte le iniziative a favore della collettività  prevalgano sugli interessi individuali e personali grazie alla creatività, l’ingegno e il rispetto  della legalità proprie di quella che io amo definire “Calabresità”.

Crotone vincerà solo con la cooperazione e coesione sociale, consentendo ai giovani di  studiare e vivere con pari diritti e doveri, nel territorio dove sono nati e cresciuti da  Meridionalisti d’Italia in Calabria! (ee)

(Emilio Errigo è nato a Reggio Calabria, studioso di Diritto Internazionale dell’Ambiente;  docente universitario di “Diritto Internazionale e del Mare” e di “Management delle Attività  Portuali” presso l’Università della Tuscia ricopre attualmente il ruolo di Commissario  Straordinario delegato di Governo del SIN di Crotone-Cassano allo Ionio e Cerchiara di  Calabria)

CONTRO L’EMIGRAZIONE GIOVANILE SI DEVE
PUNTARE A COLMARE IL DIVARIO NORD-SUD

di PIETRO MASSIMO BUSETTAVale 134 miliardi il capitale umano uscito con i giovani italiani emigrati: dalla Lombardia 23 miliardi, dalla Sicilia 15 e dal Veneto 12, e la quota dei laureati che vanno via diventa sempre più consistente. Così in una nota, firmata Lorenzo Di Lenna, ricercatore junior e Luca Paolazzi, direttore scientifico della Fondazione Nord Est, viene calcolato il costo del deflusso di giovani dal nostro Paese.

Nei tredici anni 2011-23 il valore del capitale umano che se ne è andato dall’Italia, e riguardante i giovani 18-34 emigrati, è pari a 133,9 miliardi, con la Lombardia a primeggiare per perdita (22,8 miliardi), seguita dalla Sicilia (14,5), dal Veneto (12,5) e dalla Campania (11,7). 

In realtà il dato assoluto in questo caso non ha alcun senso. Se invece esso viene rapportato alla popolazione residente in ciascuna regione ci si accorge facilmente che la classifica è diversa e vede il valore dei giovani meridionali che abbandonano quello più elevato. E questo calcolo riguarda soltanto il movimento rispetto ai trasferimenti in altre nazioni d’Europa e del mondo. Non tiene conto invece dei trasferimenti all’interno del nostro stesso Paese. Possiamo aggiungere allora che ogni anno le regioni del Sud “regalano” a quelle del Nord una cifra vicina ai 20 miliardi di euro, considerato che ogni ragazzo che viene formato fino alla scuola media superiore ha un costo che viene calcolato in circa 200.000 € e che ogni anno si trasferiscono dal Mezzogiorno verso il Nord del Paese 100.000 giovani, la maggior parte dei quali sono laureati e che quindi hanno un costo maggiore dei 200.000 € che sono stati riportati prima. 

Lanciare un grido d’allarme per evidenziare che il nostro non è un Paese attrattivo è corretto. Spesso le remunerazioni sono molto basse, vedasi cosa accade con i medici, che trovano convenienti le condizioni complessive offerte altrove. I diritti a cui si può accedere sono più ampi all’estero, si pensi al welfare di cui godono le giovani mamme o spesso ad una sanità che da noi non è all’altezza delle aspettative, soprattutto nel Mezzogiorno.

Insomma non solo un lavoro meglio retribuito, ma anche un welfare più consistente sono le motivazioni alla base della scelta di chi preferisce abbandonare l’Italia e trova conveniente spostarsi. Ma una distinzione tra coloro che abbandonano il Mezzogiorno e quelli che abbandonano il Centro Nord va fatta.

Infatti non si tratta dello stesso tipo di trasferimento. Nel Nord si assiste ad un processo, che peraltro può essere anche virtuoso, perché consente ai giovani italiani di acquisire skill che magari in Italia avrebbero più difficoltà a conseguire. 

Si chiama mobilità ed è un processo in genere bidirezionale, da un paese all’altro, ed arricchisce entrambi i territori. Il giovane inglese viene a lavorare in Italia e il suo collega italiano va a Londra. Nel loro percorso di vita ci potrà essere un ritorno nelle loro aree di origine, perché non sarà difficile per l’ingegnere che si è specializzato in un’azienda londinese trovare la possibilità di essere accolto in una altrettanto bell’azienda brianzola, nella quale potrà continuare il lavoro che svolgeva nella prima. 

Caratteristiche diverse ha l’abbandono dei territori meridionali: in tal caso si parla di emigrazione, che è quel fenomeno che riguarda i paesi poveri, che li depaupera delle migliori energie, che non hanno alcuna possibilità di trovare collocazione nel sistema imprenditoriale esistente. 

In quel caso si tratta di una perdita netta perché senza ritorno: essendovi un sistema manifatturiero imprenditoriale molto carente, le professionalità che vanno via difficilmente potranno trovare collocazione in un eventuale loro, desiderato, ritorno, che avverrà probabilmente soltanto nella fase della pensione.

Per cui il danno sarà doppio: la prima volta lo si avrà quando si perde il costo della formazione sostenuto dalla Comunità di appartenenza, la seconda volta al loro ritorno nelle terre di origine, perché queste dovranno farsi carico di fornire le prestazioni sanitarie, che, come è noto, sono molto più frequenti quando si raggiunge una certa età. 

Peraltro il Nord del Paese, in ogni caso si rifà di eventuali perdite di capitale umano formato attraendo i giovani meridionali, spesso con operazioni di comunicazione scientifiche e programmate. Il Sud invece ha performance simili a quelle dei Paesi in via di sviluppo, come Tunisia, Marocco, Libia.

La differenza è che dal Nord Africa o dall’Africa Centrale arrivano con i barconi, dal Sud basta un volo low cost, ma il depauperamento è uguale.    

Certo consentire un tipo di abbandono come quello di cui si è parlato senza che lo Stato di appartenenza possa rifarsi perlomeno in parte dei costi sostenuti per “l’allevamento“ di tali giovani è un percorso che va rivisto. Anche se in una libera Europa, dove merci e persone possono muoversi liberamente, pensare a rimborsi dovuti allo Stato da chi lascia la propria nazione è assolutamente inimmaginabile, come lo è però la cannibalizzazione che viene fatta nei confronti di alcuni paesi, tipo per esempio la Croazia. 

I meccanismi seri che possono alla base evitare tali processi che impoveriscono alcune aree riguardano soltanto lo sviluppo di esse, le eliminazioni dei divari, che poi è quello su cui l’Europa sta cercando di lavorare più alacremente. Ma è anche il percorso più difficile. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’altravoce dell’Italia]

L’OPINIONE / Maria Elena Senese: La Calabria ha bisogno di un piano contro emigrazione giovanile

di MARIA ELENA SENESE – La Calabria è una regione ricca di risorse umane e potenziale economico, tuttavia, l’emigrazione giovanile verso il Nord Italia e l’estero rischia di compromettere il futuro della nostra terra. Giovani le cui speranze vengono tradite dal Governo che, all’interno delle leggi di bilancio, non si cura di definire con esattezza le voci di spesa rivolte specificatamente ai giovani.

Persiste, infatti, il problema della esatta quantificazione della spesa pubblica destinata ai giovani e questo nonostante la presenza di un Dicastero dedicato alle politiche giovanili e nonostante l’introduzione nel bilancio dello Stato, come riscontrabile nell’ultimo report editato dall’Osservatorio nazionale della gioventù, della nuova voce “Incentivazione e sostegno alla gioventù”.

Di fronte a questa realtà preoccupante, come Uil proponiamo alla Regione Calabria la realizzazione di un piano d’azione mirato per contrastare l’emigrazione giovanile e offrire nuove occasioni di lavoro alle giovani generazioni.

Tenendo nella debita considerazione il fatto che, in questi anni, i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza e la messa a terra della dotazione finanziaria messa a disposizione dall’Europa e dal Governo dovranno servire per riscrivere il presente e disegnare il futuro della Calabria.

Tra le principali proposte trova spazio lo sviluppo di un percorso di formazione duale: associando l’istruzione scolastica con l’apprendistato pratico presso le imprese.

Ma anche la promozione dell’imprenditorialità giovanile, attraverso incentivi fiscali, agevolazioni burocratiche e accesso facilitato al credito. Incentivare la creazione di start-up innovative e sostenibili, supportando i giovani imprenditori con programmi di tutoraggio e formazione manageriale.

La Uil Calabria, poi, ritiene indispensabile il potenziamento delle infrastrutture regioni. L’obiettivo da raggiungere dovrà essere quello di investire nel potenziamento delle infrastrutture di trasporto e connettività digitale, migliorando l’accessibilità della Calabria e facilitando gli scambi commerciali e il turismo. Questo favorirà la creazione di nuove attività economiche e l’attrazione di investimenti Sarà importante favorire la collaborazione tra il settore pubblico e privato per identificare opportunità di investimento e sviluppo economico, promuovendo partenariati tra imprese, istituzioni educative e enti di ricerca per favorire l’innovazione e la creazione di nuove imprese.

Infine, promuovere l’integrazione sociale e lavorativa dei migranti presenti sul territorio calabrese, offrendo percorsi di formazione linguistica, professionale e culturale che favoriscano la loro inclusione nella società e nel mercato del lavoro locale.

Implementare queste misure richiederà un impegno congiunto e coordinato da parte del governo regionale, delle istituzioni locali, delle associazioni di categoria e della società civile. È essenziale adottare politiche lungimiranti e sostenibili che possano garantire un futuro prospero e inclusivo per la Calabria e per le sue giovani generazioni

Per questo, la Uil Calabria invita il governo regionale, le istituzioni locali, le associazioni di categoria e la società civile a collaborare attivamente per implementare queste proposte e adottare politiche lungimiranti e sostenibili che possano garantire un futuro prospero e inclusivo per la Calabria e per le sue giovani generazioni. (mes)

[Maria Elena Senese è segretaria generale di Uil Calabria]

CORIGLIANO ROSSANO E IL POTENZIALE PER
ESSERE SIMBOLO DI RISCATTO E RESTANZA

di GIOVANNI B. LEONETTINon è mai semplice raccontare un sogno, soprattutto quando si parla di politica. Non è semplice, perché spesso i sogni e la politica da molti sono visti come concetti contrapposti.

Eppure credo che, dopotutto, la politica non sia altro che il percorso verso la realizzazione di sogni collettivi. Cos’è oggi Corigliano-Rossano?

La nascita della città ha indubbiamente sconvolto la geografia della nostra regione, ponendo finalmente anche l’area dello Jonio cosentino tra le realtà politiche, economiche e commerciali del Sud Italia.

Non dimentichiamo che Corigliano-Rossano è oggi la terza città della Calabria per popolazione e la prima per estensione (29° comune d’Italia per superficie). Vantiamo il tasso di occupazione maggiore e quello di disoccupazione minore della Provincia di Cosenza, con dati migliori anche rispetto all’area Cosenza/Rende/Castrolibero.

È questo, dunque, un momento cruciale per il nostro territorio; siamo sul punto di recuperare lo svantaggio che ha sempre caratterizzato questo pezzo di Calabria.

Abbiamo la possibilità di rappresentare un modello di sviluppo per le aree svantaggiate del Mezzogiorno, consapevoli di essere stati sempre penalizzati nella distribuzione delle risorse e degli investimenti statali, regionali e provinciali. Al contempo, però, dobbiamo continuare ad avere il coraggio di essere all’altezza delle nostre legittime aspirazioni, imparando a rivendicare i nostri diritti e a non permettere più che quanto ci spetta ci sia concesso per favore, per preghiera o per carità.

È necessario, ora, un nuovo patto sociale tra politica e cittadini. Potremo e dovremo, nei prossimi anni, giocare un ruolo da protagonisti a livello regionale. Sono maturi i tempi per costruire una realtà più aperta alla classe imprenditoriale, pur con la consapevolezza che la politica deve essere sempre libera di dire di no agli indebiti interessi dei pochi.

La nostra identità comune dev’essere ancora completata e sviluppata con progettazione a lungo termine e lungimiranza. Non possiamo solo essere sulla carta la terza città della Calabria, dobbiamo avere l’ambizione di continuare a guidare e non subire i percorsi politici.

Urge un nuovo patto sociale che veda cittadini, imprese e politica co-protagonisti nello sviluppo del territorio. Ogni cittadino deve sentirsi detentore di diritti, ma anche destinatario di doveri e obblighi verso la propria comunità.

È importante istituzionalizzare e diffondere maggiormente i patti di collaborazione tra enti, associazioni, comitati e Comune.

Mi permetto di far notare che esistono già meravigliosi esempi di collaborazione e cura degli spazi comuni, tra i quali il progetto del Bosco Urbano, curato da Auser con il contributo de “Gli amici del bosco urbano” o gli altri interventi a cura delle associazioni Ri-bellezza e SosteniAmo. È opportuno promuovere il modello della concertazione e codecisione nell’assunzione delle scelte strategiche, con un dialogo permanente tra Comune e cittadini.

Certamente, sul punto, sarà utile procedere con l’attuazione di forme di decentramento amministrativo, con la suddivisione del territorio comunale in quartieri o municipi.

Ma non basta.

Devono essere istituiti forum permanenti tra il Comune e le imprese turistico/ricettive, l’imprenditoria giovanile e gli operatori sociali (seguendo gli esempi virtuosi di Emilia Romagna e Puglia), anche con la partecipazione dei sindacati.

Ancora, è da favorire il dialogo tra istituti scolastici (in particolare quelli a vocazione professionale) e imprese, sfruttando le opportunità di alternanza scuola/lavoro o l’istituzione di indirizzi di studio più vicini al fabbisogno economico/industriale, anche mediante il decentramento di parte della didattica nelle sedi d’impresa.

Sarebbe anche auspicabile rafforzare la collaborazione con l’UniCal, mettendo a disposizione dell’Università immobili comunali da destinare a facoltà legate alla vocazione agricola, agroalimentare, turistica e marittima del territorio.

Questa è l’ultima occasione per permettere “la restanza” a noi giovani, per credere nel nostro futuro, investire risorse, tempo e ambizioni nella nostra comunità.

Questa è, davvero, l’ultima occasione per consentire “la ritornanza” dei nostri studenti, imprenditori, professionisti e operai costretti a spostarsi per cercare altrove migliori condizioni lavorative.

Per tutti questi motivi Corigliano-Rossano merita continuità, premiando il lavoro svolto dall’attuale amministrazione, capace di intercettare ingenti fondi per la realizzazione di opere strategiche e di essere uno dei principali comuni della Calabria fruitori dei fondi Pnrr. 

Non è mai semplice raccontare un sogno, soprattutto quando si parla di politica. Forse le riflessioni che precedono non sono altro che i desideri di un trentenne che ha deciso di restare e credere nella sua città e nei suoi cittadini.

Contribuiamo, perciò, tutti insieme a trasformare i sogni in obiettivi e gli obiettivi in risultati concreti. Con la consapevolezza che “chi non ha mai avuto un sogno forse ha solo sognato di vivere”. (gbl)

IN CALABRIA TANTA “PIGRIZIA” CULTURALE
SEMPRE MENO GIOVANI VANNO AL TEATRO

di GUIDO LEONE  – Si è celebrato, il 27 marzo, la 62esima Giornata internazionale del Teatro, creata dall’Unesco.

La finalità della “Giornata” è quella di sensibilizzare l’opinione pubblica, ma anche il mondo studentesco sulla scorta delle esperienze di attività teatrale promosse negli ultimi anni, sull’importanza dell’espressione teatrale e promuovere lo sviluppo delle arti performative in tutti i Paesi del mondo.

L’occasione ci consegna la possibilità di rivisitare il rapporto tra teatro e comunità calabrese e, in particolare, tra teatro e scuola nella nostra comunità e contemporaneamente di fare una riflessione sullo stato dell’arte anche del Teatro comunale “F. Cilea” di Reggio Calabria.

Lo spettacolo colto, prosa, danza, lirica, insomma lo spettacolo frutto di fatica, di ricerca, di studio è quello che deve essere sostenuto perché in Italia non ha vita facile, ancor più come vedremo in Calabria. È un problema che riguarda la formazione del pubblico fin da giovane, bisogna educare i bambini al teatro fin da piccoli perché questa forma di espressione artistica aumenta le capacità linguistiche e quindi la crescita culturale, che è il vero investimento da fare. Bisogna puntare alla formazione del pubblico facendo arrivare questo tipo di spettacoli “colti”, di valori e di linguaggi, a un maggior numero di persone.

La scuola non è fatta solo dai bambini, vi sono anche le famiglie. Anche loro devono familiarizzare con il teatro. Verso quest’ultimo esistono nel pubblico delle resistenze determinate anche da barriere di costo. Se riusciamo a rompere queste barriere la gente si accorgerà che lo spettacolo teatrale è molto più bello di quello televisivo, lo spettacolo dal vivo dà emozioni che quello della televisione non dà. Il teatro è un luogo magico. 

Ma va doverosamente sottolineato come il mondo della scuola calabrese ,sia pure con modalità spesso molto diverse, è sempre andato alla ricerca di occasioni per incontrare il teatro. È questo un fenomeno di straordinaria ricchezza e rilevanza, del quale occorre evidenziare alcuni aspetti importanti.

Sono numerose le scuole di ogni ordine e grado calabresi che hanno sviluppato negli ultimi anni un rapporto costante, seppure spesso non organico, con i linguaggi non verbali e con il teatro in particolare.

Gli spettacoli realizzati da ragazzi, spettacoli di professionisti ai quali gli allievi assistono, laboratori sperimentali di teatro, persino atipici insegnanti che si improvvisano attori e registi sono esperienze presenti spesso stabilmente in molti istituti.

Tutto ciò ci fa affermare con sicurezza che il pubblico infantile e giovanile rappresenta un’area di utenza strategica e che le attività espressive e artistiche hanno dato prova di offrire un contributo significativo per l’arricchimento dell’offerta formativa, senza considerare, altresì,  la valenza educativa dell’approccio al linguaggio teatrale.

Tuttavia, lo stato dell’arte ci restituisce una fotografia con molti chiaroscuri. Secondo l’Annuario statistico 2023 dell’Agis, nel 2022 il 12,1 per cento delle persone di 6 anni e più ha dichiarato di essere andato al teatro almeno una volta negli ultimi 12 mesi, in aumento di 9 punti percentuali rispetto al 2021 ma ancora lontani dai livelli pre-pandemici (nel 2019 erano il 20,3 per cento). L’incremento di partecipazione a spettacoli teatrali ha interessato maggiormente i giovanissimi che avevano risentito maggiormente del calo dovuto alla pandemia e per i quali una maggiore partecipazione a questo tipo di intrattenimenti si associa alla frequenza scolastica.

Tra i ragazzi di 11-17 si riscontrano percentuali più elevate di partecipazione (il 16,1 per cento). Tra i più adulti, invece, soltanto tra i 55-64enni si riscontra una partecipazione di poco superiore alla media (12,5 per cento). Le donne fruiscono più degli uomini degli spettacoli teatrali (il 13,5 per cento di spettatrici rispetto al 10,6 per cento dei maschi), soprattutto tra adolescenti e giovani. Per l’83 per cento circa degli spettatori si registra un’affluenza a teatro che non supera le tre volte l’anno, contro il 7,0 per cento di chi vi è stato sette volte o più. L’abitudine di andare a teatro almeno una volta all’anno si conferma essere una prerogativa del Centro-Nord (il 13,1 per cento rispetto al 10,1 per cento del Mezzogiorno). Al Sud e Isole, in tutte le regioni, tranne la Campania (14,0 per cento), si registrano valori al di sotto della media nazionale.

In Calabria, penultima tra le regioni italiane, nel 2022 solo il 2,0% delle persone di 6 anni e più ha dichiarato di essere andata almeno una volta a teatro negli ultimi 12 mesi, a fronte del 12,1%, come già detto, della media italiana.

Insomma l’87,6% (anno 2022) non ha fruito di spettacoli fuori casa negli ultimi dodici mesi. 

Inoltre, secondo il 19° Rapporto Annuale Federculture 2023Impresa Cultura” più contenuto è l’aumento  nel 2022 dell’incidenza della spesa in ricreazione, sport e cultura sul totale della spesa media mensile familiare. La quota di questa voce di spesa passa infatti dal 3,3 al 3,5%.

Pressoché stabile al Sud e nelle Isole, aumenta in misura più consistente al Centro, dove passa dal 3,3 al 3,7%, in termini assoluti da 83,3 a 102,4 euro +22,9%.

L’analisi della spesa media mensile delle famiglie nelle regioni denota come siano costanti i divari territoriali tra Nord e Sud del Paese. Rispetto al capitolo Ricreazione, sport e cultura è di 85 euro la differenza tra la spesa massima del Nord (Trentino Alto Adige, 127,8 euro) e quella minima del Sud (Calabria, 42,4 euro).

Osservando i dati relativi alla partecipazione (residenti che nell’arco dei 12 mesi hanno fruito di intrattenimenti culturali), come per la spesa, si rilevano dei forti incrementi nel 2022 rispetto al 2021. L’indicatore sulla partecipazione culturale fuori casa, passato dal 35,1% del 2019 all’8,3% del 2021, nel 2022, si attesta al 23,1%, comunque inferiore ai livelli pre-pandemia. Dopo il crollo della partecipazione culturale avvenuto nel 2021, gli italiani sono tornati a teatro, al cinema ai concerti, ma nel 2022 ancora risulta quasi dimezzata la quota di persone che si reca a teatro,

Comunque li si guardi, i dati del tema in oggetto raccontano di una Calabria, ma sostanzialmente anche di una Italia, particolarmente pigre da un punto di vista culturale.

Ora, come la scuola non può e non deve ignorare la presenza e l’attività sul territorio di quei gruppi o compagnie professionali o non, che si occupano di teatro, così è sperabile che i teatri della nostra regione  si propongano di funzionare a pieno regime.

Creare il pubblico di domani è una esigenza imprescindibile, per esempio, per una istituzione come il “Cilea” di Reggio Calabria  che, attraverso una auspicabile Fondazione, costituita da managerialità pubblica e del privato, possa intraprendere una politica di interventi di divulgazione , sviluppando una pedagogia teatrale e musicale e investendo sulla formazione dei ragazzi e dei giovani, complice una fitta rete di relazioni da realizzare con il mondo della scuola.

Insomma, il “Cilea” va certamente inteso come valore ma anche come risorsa, ma lo sia in funzione del servizio che può rendere al cittadino, recuperando sia la vicinanza al pubblico,sia la capacità di cogliere e di rielaborare il presente e la quotidianità.

Il teatro deve riuscire a creare un sistema, che grazie al lavoro sul territorio ed al coinvolgimento del maggior numero di persone, ritorni a rendere proprie le esigenze della committenza, ovverosia del pubblico.

E quando la sera mi capita talvolta di vedere le persone che si infilano in una sala teatrale, ancorché di quartiere, e per due ore seguire il lavoro di artisti, più o meno professionisti, a prescindere dai contenuti e dalla qualità dello spettacolo, non si può che essere speranzosi. Quella sera, quelle persone hanno lasciato il televisore dormire a casa, per partecipare ad un avvenimento d’arte in carne e ossa: riuscito o non riuscito, ma prezioso proprio perché in carne e ossa. Ecco quello che conta! (gl)

[Guido Leone è già dirigente tecnico Usr Calabria]

La vicepresidente Princi: Da mercoledì attiva misura “La Calabria per i giovani”

La vicepresidente della Regione, Giusi Princi, ha annunciato che mercoledì 13 marzo sarà attiva la misura La Calabria per i giovani, che permetterà l’erogazione di voucher sportivi a tutti i giovani calabresi di età compresa dai 14 ai 24 anni.

«È la prima volta – ha sottolineato Princi – che in Calabria viene riservata una misura così importante per lo sport. Lo scopo dell’avviso, su cui, in questa prima fase, sono stati stanziati 800 mila euro, è quello di incentivare la partecipazione attiva dei giovani, residenti in Calabria, alla pratica sportiva presso palestre, centri e scuole sportive. Il voucher sarà del valore di 500 euro e verrà erogato tramite le società e le associazioni sportive calabresi».

Attraverso apposita piattaforma predisposta da Sport e Salute, nel contesto del protocollo siglato con la Regione, tutte le realtà sportive calabresi potranno candidarsi, dal 13 e fino al 28 marzo, inserendo l’offerta sportiva garantita (discipline, tipologia di sport).

La seconda finestra della misura sarà, invece, aperta dopo il 28 marzo e sarà destinata ai giovani calabresi che potranno scegliere le discipline, le strutture presso cui svolgere la pratica sportiva (anche più di una disciplina), sulla base del ventaglio indicato, in prima battuta, dalle associazioni e società sportive. Le attività sportive attivabili nell’ambito della quota del voucher, dovranno concludersi entro il mese di febbraio 2025.

«Si tratta di un modello virtuoso – ha evidenziato Princi – con cui le istituzione garantiscono il diritto allo sport attraverso importanti sinergie come quella avviata con Sport e Salute. È una misura, che abbiamo fortemente voluto ed ideato insieme al presidente Roberto Occhiuto, per avvicinare i giovani alla pratica sportiva, anche come strumento di aggregazione relazionale e di superamento delle fragilità psicologiche».

«Con il prezioso lavoro del dipartimento istruzione, guidato da Maria Francesca Gatto – ha proseguito Princi – si sta lavorando per estendere, a breve, l’avviso anche a tutti i bambini/giovani che abbiano un’età compresa tra i 6 e i 13 anni. Considerando lo sport essenziale per garantire il diritto alla cittadinanza e il contrasto all’esclusione sociale, voglio rassicurare i tanti giovani e le associazioni sportive tutte che i voucher per l’accesso alla pratica sportiva saranno garantiti ogni anno in quanto, renderemo strutturale tale misura».

Le Associazioni e le società sportive calabresi interessate (Asd e Ssd), potranno presentare la propria candidatura, dalle ore 12 di g 13, e fino al prossimo 28 marzo, utilizzando l’apposita piattaforma raggiungibile al seguente link: https://bandi.sportesalute.eu, identificandosi attraverso la propria identità digitale (spid). (rcz)