di PIETRO MASSIMO BUSETTA – La forza dei fatti è contro il caterpillar Calderoli. Ce l’ha messa tutta ma, come dice il Vangelo, quando non parleranno le persone parleranno le pietre.
E quello che oggi dicono le pietre è che i Lep non sono, come forse ha ritenuto il Ministro, un fatto tecnico ma un fatto economico.
Mettere insieme una commissione di oltre 60 elementi era chiaro che sarebbe stato inutile, perché una volta calcolati i livelli essenziali di prestazioni poi bisognava trovare il modo di realizzarli.
Non posso credere che il Ministro in realtà fosse così ingenuo da pensare che le motivazioni di diversi diritti alla salute, alla mobilità, alla scuola, derivassero da incapacità tecniche! Troppo navigato per non capire che il tema era essenzialmente economico. Evidentemente sperava di potersi limitare all’individuazione di essi, cosa più semplice della loro attuazione.
Ma il giocattolo gli è sfuggito di mano. Una mobilitazione ha portato ad una raccolta di oltre 100 mila firme per una legge di iniziativa popolare che mettesse in discussione la modifica dell’articolo 5 voluta, inopinatamente e con scarsa visione politica, dal Pd.
Si sono mobilitati i sindacati ma anche le organizzazioni datoriali, giustamente preoccupati degli effetti dirompenti della statuizione dell’esistenza di due paesi, con cittadini di serie A e B.
Molti consigli comunali si sono espressi contro e le preoccupazioni dell’anima centralista di Fratelli d’Italia ha cominciato a nutrire preoccupazioni sugli effetti di una riforma che rafforzava enormemente i governatori a scapito di Palazzo Chigi.
Peraltro anche molti governatori di Forza Italia, che avevano votato a favore della riforma in Conferenza delle Regioni, come Occhiuto e Schifani, hanno poi manifestato in riunioni di partito tutte le loro perplessità su una riforma che stabilisce la cristalizzazione della spesa storica.
Forse il vero tema sul quale concentrarsi sarebbe quello dello sviluppo del Sud, unico modo perché ognuno si tenga le risorse che produce. Se vuoi evitare di aiutare i tuoi figli l’unico modo è che guadagnino abbastanza per mantenersi autonomamente. Sembra un principio banale che in realtà stenta a diventare patrimonio condiviso.
Un modello di sviluppo che vede una parte che continua a diventare sempre più povera e peggio servita e un’altra che procede, anche se più lentamente di realtà analoghe dei competitor europei.
Una parte che continua ad antropizzarsi sempre più, nella quale si spostano i meridionali in cerca dei diritti di cittadinanza negati nelle loro terre, oltre quelli al lavoro anche quelli ad una sanità adeguata, una mobilità possibile e a un progetto di futuro per i propri figli, mancante totalmente nelle loro aree di origine, con le conseguenze di un utilizzo del suolo sempre più intenso, con l’esigenza di infrastrutturazioni sempre più invasive, come le terze e quarte corsie autostradali.
Probabilmente a livello teorico il principio della convenienza per tutti viene accettato ma poi è quando vi devono essere i comportamenti conseguenti che tutto diventa più difficile.
Se non si affronta la problematica della sottoutilizzazione del capitale umano del Sud, dove lavora solo una persona su quattro quando il rapporto fisiologico sarebbe perlomeno una persona su due, rimarrà sempre l’esigenza di assistenza di un’area che rimarrà non autonoma ma dipendente a livello economico di quella più ricca, pur avendo servizi molto contenuti e limitati. L’obiettivo è quello di avere la consapevolezza condivisa che una locomotiva non è sufficiente per fare viaggiare ad una velocità adeguata tutto il treno del Paese.
È chiaramente un cambio di paradigma rispetto alle politiche attuate dall’Unità d’Italia in poi. Che prevedono che si sposti l’asse di interesse verso le aree più deboli. A cominciare delle più facili e banali come individuare le città del Sud per i grandi eventi, che servano da date catenaccio per avere certezza sulla definizione dei tanti lavori necessari.
Bisogna convincersi che il Sud non è una palla al piede, ma come la ex Ddr per la Germania, un tesoro da valorizzare con un doppio risultato: quello di non pesare più sul Nord ma anche quello di contribuire alla formazione della ricchezza complessiva. E deve essere chiaro che rispetto a questo progetto non vi è il piano B che aveva immaginato Calderoli, se non si vuole spaccare il Paese. Opzione illogica in un momento in cui già l’Unione Europea è già troppo piccola rispetto ai colossi che si confrontano a cominciare da Usa, Cina e India. (pmb)
[Courtesy Il Quodiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]