PANETTA, GOVERNATORE BANKITALIA: CON
INVESTIMENTI E RISORSE SI RIALZA IL SUD

di ERCOLE INCALZA – Tutti i Governatori della Banca d’Italia da Menichella a Baffi, da Baffi a Ciampi, da Ciampi a Fazio, fino a Visco hanno sempre denunciato le criticità presenti nel Mezzogiorno, hanno sempre elencato le motivazioni che rendeva inamovibile una serie di vincoli che non consentivano la crescita di territori ricchi di potenzialità produttive, ricchi di capacità imprenditoriali elevate. Il Governatore Ciampi, addirittura, istituì, all’interno della Banca d’Italia, un apposito osservatorio finalizzato non tanto alla identificazione delle cause di tale fenomeno quanto alla ricerca di azioni e di strumenti necessari per cercare di annullare la resistenza alla crescita presente, in modo particolare, in Regioni come la Calabria, la Sardegna ed il Molise.

Insomma dobbiamo riconoscere alla Banca d’Italia il merito di aver seguito sempre la emergenza Sud e devo anche dare atto che in questo ruolo la Banca d’Italia è stata sempre oggettiva ed ha sempre ricordato che “pur in presenza di azioni mirate dello Stato, pur in presenza di scelte mirate alla infrastrutturazione dell’intero Mezzogiorno, purtroppo gli indicatori dello stato scoio economico del Sud, come ad esempio il reddito pro capite, non sono cresciuti  per niente o gli indicatori legati alla crescita di iniziative industriali non avevano superato soglie accettabili. Tra l’altro in una delle relazioni annuali del Governatore del 2006 leggiamo: «Pur avendo realizzato dal dopo guerra ad oggi infrastrutture come i porti di Cagliari, di Augusta, di Pozzallo, di Gioia Tauro, pur avendo ristrutturato quelli di Taranto e di Salerno e pur avendo realizzato nuove reti autostradali e nuovi impianti aeroportuali, non si è riusciti a incrinare minimamente il gap esistente tra il Sud ed il resto del Paese».

Tutto questo, quindi, per confermare la serietà ed al tempo stesso la oggettività delle analisi della Banca d’Italia.

Ebbene, leggendo le dichiarazioni dell’attuale Governatore Fabio Panetta a Catania in occasione della tappa siciliana del ‘Viaggio con la Banca d’Italia – Il polso dell’economia’, ci rendiamo conto che, indipendentemente dalle gratuite dichiarazioni di alcuni schieramenti politici della opposizione, stiamo vivendo davvero un “cambio di paradigma”, stiamo cioè vivendo un fenomeno che forse non riusciamo ancora a comprendere, un fenomeno che cambia integralmente tutte le descrizioni, tutte le interpretazioni di ciò che, fino a ieri, definivamo la “economia del Sud” o meglio, la “economia retrograda del Sud”.

E devo dare atto a Panetta che, nel suo intervento a Catania, ci ha praticamente svegliato ed informato, in modo analitico, della nuova realtà meridionale.

«Il Sud Italia – ha ribadito Panetta – è cresciuto più del Paese dopo la pandemia e ha ora “occasioni di sviluppo” per la fine della fase globale di delocalizzazione, da un lato, e per la produzione di energia rinnovabile dall’altro. Uno dei motori dello sviluppo del Mezzogiorno è senza dubbio il Pnrr, ma un ruolo chiave va riconosciuto al nuovo ciclo di programmazione dei fondi strutturali e del Fondo di sviluppo e coesione, senza contare il Fondo perequativo infrastrutturale per il Mezzogiorno».

«Una iniezione di risorse che in questo decennio vale “il cinque per cento del Pil” dell’area per ogni anno. Per questo – ammonisce Panetta – è necessario assicurare un impiego efficiente delle risorse, anche preservando in futuro il metodo del Pnrr, che prevede obiettivi ben definiti, un costante vaglio delle modalità di utilizzo delle risorse e interventi a sostegno delle amministrazioni più deboli dal punto di vista gestionale. Più che l’elenco delle opere e delle scelte è vincente il modello delle procedure e della articolazione delle fasi e se serve un allungamento dei tempi per la realizzazione dei progetti previsti non dev’essere un tabù. Qualora a causa dell’ingente ammontare degli investimenti insorgesse un conflitto tra i due obiettivi, efficacia e rapidità, sarebbe preferibile salvaguardare il primo e valutare la possibilità di concordare, soprattutto per le Regioni del Sud, un allungamento dei tempi di realizzazione dei progetti».

Panetta ha poi ricordato come la crescita del Sud osservata negli anni più recenti «sia in parte dovuta a fattori temporanei, legati alla risposta fornita agli shock globali dalle autorità nazionali ed europee». Il Mezzogiorno ha beneficiato «dell’incremento degli investimenti pubblici e del sostegno ai redditi delle famiglie meno abbienti.  Adesso, però – ha ribadito Panetta – è il momento di lanciare il cuore oltre l’ostacolo e di guardare con fiducia al futuro nonostante la congiuntura internazionale. Per quanto possa sembrare paradossale, la fase di incertezza globale che stiamo attraversando può offrire occasioni di sviluppo alle regioni del Mezzogiorno».

«Gli shock geopolitici registrati negli anni scorsi, dalla pandemia alla crisi energetica, fino ai tragici conflitti in atto, hanno reso palesi i rischi connessi con le politiche di delocalizzazione produttiva. Attualmente le imprese dei principali Paesi – rimarca Panetta – pongono enfasi maggiore che in passato sul tema della sicurezza degli investimenti e delle forniture di input di importanza strategica, in particolare l’energia. Sta emergendo la tendenza a collocare le attività produttive entro i confini nazionali o presso Paesi ritenuti affidabili sul piano economico e politico. E in questo scenario «le regioni meridionali garantiscono condizioni di stabilità geopolitica ed economica, anche grazie all’appartenenza dell’Italia all’Unione europea e all’Unione monetaria, rispetto alle destinazioni tradizionali della delocalizzazione produttiva sono collocate in prossimità dei maggiori centri economici europei e al crocevia del Mediterraneo, attraverso cui transita un quinto del traffico marittimo internazionale». L’altro punto di forza è la presenza “di poli scientifici di qualità”, di una forza lavoro “sottoutilizzata” e di un potenziale “mercato di sbocco con 20 milioni di abitanti”.

Queste precisazioni e questa corretta analisi di ciò che, come detto prima, ancora non abbiamo capito penso portino anche alla ricerca dei motivi che, proprio in questo biennio, sì quello dell’attuale Governo, hanno modificato o stanno modificando, le condizioni di crescita dell’intero Sud. Penso che in questo biennio siano maturati almeno quattro elementi che hanno reso possibile questa evoluzione:

La stabilità del Governo, la possibilità del mondo della produzione ed anche delle forze sociali di interloquire con certezza per cinque anni con un Governo ed un Parlamento stabile

La presa d’atto di cosa siano i Fondi comunitari, non solo quelli del Pnrr ma soprattutto quelli legati al Fondo di Sviluppo e Coesione. In questo il confronto tra il Ministro Fitto ed alcune Regioni del Sud ha dimostrato che l’organo centrale non trasferisce all’organo locale delle risorse senza conoscere prima i programmi e le finalità delle singole assegnazioni finanziarie

Il ritorno alla aggregazione dei comportamenti dell’organo centrale nei confronti delle scelte di riassetto strategico della economia del Sud; un comportamento che è stato attuato attraverso la istituzione di una Zona Economica Speciale Unica con un adeguato supporto finanziario; una scelta dopo il fallimento delle otto Zes precedenti, ferme per sei anni con una disponibilità finanziaria ridicola

La coscienza che, come ribadito da Panetta, proprio la sommatoria di criticità, come quelle generate dalle varie guerre, identificano il Mezzogiorno come una delle aree strategiche dell’intera area Mediterranea; una realtà che se non adeguatamente sostenuta a scala nazionale mette in crisi le condizioni di crescita logistica dell’intero Paese

Ora dopo queste dichiarazioni di Panetta sarebbe bene che il Governo nella redigenda Legge di Stabilità proponesse la istituzione di una Conferenza permanente sul Mezzogiorno. Una Conferenza permanente della durata di un semestre da svolgersi a Napoli con la presenza di tutte le Regioni (le otto Regioni del Sud sono una tessera chiave del Paese e quindi è necessario il coinvolgimento di tutte le Regioni), dei Dicasteri interessati, delle Commissioni parlamentari competenti, delle forze sindacali e degli organismi rappresentanti dei grandi assetti produttivi, dell’articolato mondo della finanza.

Una Conferenza permanente, ripeto, della durata di un semestre in cui, riconoscendo questo nuovo processo di rilancio del Sud, si definiscano le condizioni per un riassetto strutturale ed infrastrutturale del Mezzogiorno; si definiscano le condizioni per una crescita stabile di questo processo positivo partito proprio in questo biennio e che non vorremmo terminasse, per colpa di una sottovalutazione delle positività riconosciute da tutti, proprio ultimamente. (ei)

La Calabria prima in Italia per finanziamenti alle mense scolastiche

Con 91,3 mln di euro, la Calabria è la prima regione in Italia per i finanziamenti per la realizzazione e messa in sicurezza delle mense scolastiche.

È quanto emerso dalla pubblicazione della graduatoria del bando Pnrr da 515 milioni di euro, che posiziona la nostra regione leader, seguita da Campania, Lazio, Lombardia e Puglia.

Il Commissario della Lega in Calabria e capogruppo in Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera dei Deputati, Rossano Sasso, ha voluto esaltare l’impegno del Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, sottolineando il ruolo cruciale che il governo e la Lega hanno avuto nel garantire un’adeguata attenzione al Sud Italia, e in particolare alla Calabria, attraverso questo bando.
«Il lavoro del Ministro Valditara è stato decisivo – ha dichiarato Sasso – per assicurare alla Calabria una quota così significativa di risorse, dimostrando una chiara volontà di ridurre le disuguaglianze territoriali e di promuovere il benessere di studenti, famiglie e lavoratrici del nostro territorio».
«Grazie al Pnrr e alla visione lungimirante del Ministro Valditara, la Calabria sta beneficiando di un’opportunità unica – ha evidenziato – per migliorare le sue infrastrutture scolastiche e garantire un futuro migliore alle nuove generazioni. La Lega continuerà a sostenere questi sforzi, lavorando affinché le risorse vengano utilizzate al meglio per il benessere del nostro territorio».
Per il Ministro Valditara «gli interventi incentivano il tempo pieno, migliorando non solo la qualità dell’istruzione per i nostri giovani, ma anche il supporto alle famiglie e alle donne lavoratrici». (rrm)

Irto (PD): Governo non ignori sulle priorità indicate da Ance

Il senatore del Pd, Nicola Irto, ha evidenziato come «non possono passare nel silenzio le recenti istanze dell’Ance sull’attuazione del Pnrr. Il governo deve rimediare ai propri gravi ritardi, specie per quanto riguarda la progettazione delle grandi infrastrutture, a partire dalle ferrovie».

«L’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza – ha spiegato – dovrebbe essere una priorità del governo, che invece perde molto tempo, spesso su questioni personali di singoli ministri. L’esecutivo di centrodestra è tutto impegnato a spaccare il Paese con l’autonomia differenziata, a definire i Lep in base al costo della vita nei singoli territori, a mantenere gli equilibri interni e a svendere all’estero beni e servizi nazionali strategici».

«Il governo – ha proseguito Irto – non ci vede né ci sente. Perciò gira lo sguardo davanti alle continue lungaggini nei pagamenti dei costruttori e alla necessità di rivedere alla svelta i prezzi dei materiali edili. Eppure, le imprese del settore, che resistono con enormi sforzi, stanno dando un contributo importante alla realizzazione delle opere previste dal Pnrr, all’occupazione e alla crescita dell’economia. Il governo continua a ignorarne le ragioni e i bisogni e, ad oggi, non ha un vero piano rispetto al finanziamento e all’avvio di nuove opere infrastrutturali al termine del Pnrr».

«So bene – ha concluso il parlamentare dem – che parlo di argomenti che non piacciono affatto al centrodestra, incapace di ascolto e di programmazione. Ora, però, è in gioco buona parte del futuro dell’Italia. Se a Palazzo Chigi continuerà a mancare una visione della realtà e la coscienza delle urgenze, il Paese continuerà a sprofondare nell’incertezza e nella crisi». (rp)

Rugna (Ance Calabria): Significativi ritardi nelle opere del Pnrr, soprattuto nelle ferrovie

«Attualmente, si rilevano significativi ritardi nelle progettazioni esecutive necessarie per rispettare le scadenze richieste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), con particolare attenzione alle grandi infrastrutture, come le ferrovie». È quanto ha rilevato Roberto Rugna, presidente di Ance Calabria, nel corso della due giorni organizzata dall’Ance Nazionale a Vico Equense sul tema delle “Opere Pubbliche oltre il 2026”, un’occasione importante per fare il punto sul settore alla presenza di una platea numerosissima di imprenditori, professionisti ed esperti.

Ad affiancare Rugna, Giovan Battista Piercacciante, vicepresidente nazionale di Ance con delega al Mezzogiorno, il presidente e dal vice presidente di Ance Cosenza, Giuseppe Galiano e Vincenzo La Pietra: dal presidente e dal vice presidente di Ance RC Michele Laganà e Herbert Catalano, oltre ai direttori Luigi Leone ed Antonio Tropea.

«Questo ritardo è il risultato di diverse concause, inclusa la debolezza strutturale delle amministrazioni locali, che faticano a far fronte alle complessità delle procedure», ha aggiunto Rugna, spiegando come «secondo i dati aggiornati, il 54% delle opere realizzate fino a oggi riguarda il settore edilizio. È importante ricordare che il Pnrr tocca una vasta gamma di settori; non solo quello delle infrastrutture, ma più della metà degli interventi (56%) si concentra su opere edilizie e infrastrutturali. Le imprese, dunque, stanno facendo la loro parte, sostenendo l’esecuzione di queste opere in un contesto che però presenta difficoltà significative».

«Uno dei principali problemi riscontrati – ha rilevato – riguarda i tempi di pagamento. Sebbene la normativa preveda che i pagamenti debbano avvenire entro 30 giorni dall’emissione del S.A.L. (Stato di Avanzamento Lavori), nella realtà, i tempi si estendono fino a 5-6 mesi. A questo si aggiunge l’impatto del caro materiali, un fattore che ha reso molti lavori economicamente insostenibili, portando a frequenti interruzioni. Le revisioni dei prezzi, fondamentali per adeguarsi all’aumento dei costi, stanno procedendo con molta lentezza. Alcuni adeguamenti sono stati erogati nel 2023, ma restano fermi quelli relativi al 2022 e per il 2024 non si intravedono ancora soluzioni. Questa situazione aumenta ulteriormente l’incertezza sull’effettiva conclusione dei progetti entro il 2026, termine previsto per il saldo finale del Pnrr».

«Al di là delle difficoltà amministrative – ha concluso – un’altra questione che preoccupa riguarda la natura delle opere incluse nel Pnrr. Circa il 70% delle opere non è di natura aggiuntiva, ma si tratta di progetti già esistenti che sono stati ripresi. Sebbene questa scelta sia comprensibile, solleva interrogativi su quali nuove opere saranno finanziate e realizzate dopo il 2026».

Per Perciaccante «la vera sfida sarà capire come il settore potrà continuare a crescere dopo la conclusione del Pnrr. Il futuro del settore edilizio e infrastrutturale dipenderà dalla capacità di immaginare nuove opere che possano avere un carattere propulsivo, simile a quello atteso dai fondi comunitari».

«Resta da vedere, quindi – ha concluso – se il contesto operativo sarà in grado di rispondere a queste esigenze o se continueranno a prevalere le difficoltà attuali». (rrm)

SCUOLE DISEGUALI, CALABRIA PRIMEGGIA
CON DIFFICOLTÀ NEI PERCORSI EDUCATIVI

di ANTONIETTA MARIA STRATI – In Calabria solo un bambino su quattro della scuola primaria ha accesso al tempo pieno, mentre solo il 20,8% degli alunni della primaria e secondaria di primo grado fruisce di una mensa e solo il 25,9% delle scuole ha una palestra, la percentuale più bassa in Italia. È il quadro sconcertante emerso dal Rapporto “Scuole Diseguali. Gli interventi del Pnrr su mese, tempo piene e palestre” di Save the Children, realizzato in occasione della ripresa dell’anno scolastico.

In Calabria, infatti, il tasso di dispersione scolastico è sopra la media nazionale: è dell’11,8% rispetto al 10,5%. Un dato che dimostra, ancora una volta, il divario e le diseguaglianze nell’offerta dei servizi educativi, che compromettono i percorsi di crescita di bambini, bambine e adolescenti, soprattutto nelle regioni del Sud e delle Isole, dove si continuano a registrare, nonostante i miglioramenti, livelli di dispersione scolastica tra i più alti in Europa.

«La scuola rappresenta uno spazio essenziale in cui dare a bambini, bambine e adolescenti uguali opportunità di crescita, contrastando la povertà educativa che oggi rappresenta più che mai un’emergenza», ha sottolineato Giorgia D’Errico, direttrice Affari Pubblici e Relazioni Istituzionali di Save the Children Italia.

«Eppure esistono ancora profondi divari territoriali nell’accesso ai servizi e alle infrastrutture educative – ha concluso – che gli investimenti e gli interventi del Pnrr fino ad ora attivati non sono riusciti a colmare totalmente. Ed è per questo che stiamo attivamente collaborando con la Regione Calabria per la definizione di un quadro organico di azioni volte alla prevenzione e al contrasto della povertà educativa, nell’augurio che questo diventi un pilastro fondamentale della programmazione e degli investimenti regionale».

La Regione, infatti, dispone di quasi 57,5 milioni di euro del Pnrr per 136 interventi interventi per mense, tempo pieno e palestre – di cui 89 per la costruzione, ristrutturazione o riqualificazione di spazi mensa e 47 per il potenziamento delle strutture sportive – per un valore complessivo di circa 57,5 milioni di euro. La provincia che ha avviato il maggior numero di interventi è di gran lunga Cosenza, con 51 progetti del valore di quasi 20,8 milioni di euro. Seguono Crotone (28 interventi per quasi 13,2 milioni) e Reggio Calabria, con 24 progetti per un valore di 8,4 milioni. Catanzaro ha ricevuto 11,4 milioni per 19 progetti, mentre Vibo Valentia attiva 14 progetti con 3,59 milioni di euro. Crotone e Vibo Valentia sono le province che hanno attivato il maggior numero di interventi per le mense rispetto al numero di studenti (rispettivamente 11 e 8,6 interventi ogni 10mila studenti), mentre Crotone e Cosenza quelle che registrano il maggior numero di interventi per il potenziamento delle infrastrutture sportive rispetto al numero di scuole (rispettivamente 7,8 e 5,1 interventi ogni 100 scuole).

Ma, nonostante questa importante somma, dal rapporto è emerso che anche tra le stesse province più svantaggiate – perfino nella stessa Regione – la distribuzione degli interventi per l’accesso al servizio mensa è disomogenea. Ad esempio, la provincia di Reggio Calabria, che ha il numero minore di studenti che accedono alla mensa nella Regione (soltanto l’11,9%) ha ricevuto 5,27 milioni per 16 progetti, ovvero 4,2 ogni 10mila studenti, mentre Cosenza, che ha una percentuale più alta (19,4%) ha ricevuto 12,28 milioni per 37 progetti, ovvero 8,2 ogni 10mila studenti. Le province di Catanzaro (29,3%) e Crotone (22,1%) hanno ricevuto finanziamenti simili, poco più di 6,4 milioni, per attivare rispettivamente 13 e 14 progetti, che però significano per Crotone un’attivazione di 11 progetti ogni 10mila studenti, la metà (5,5) per Catanzaro. Vibo Valentia (30,9% la percentuale di accesso alla mensa più alta a livello regionale) ha ottenuto il finanziamento più basso, 1,98 milioni con i quali attiva 9 progetti, ovvero 8,6 ogni 10mila studenti.

La mensa scolastica è fondamentale per garantire a studentesse e studenti, soprattutto quelli in condizioni di maggior bisogno, il consumo di almeno un pasto sano ed equilibrato al giorno. È, inoltre, un servizio indispensabile nell’ottica di incentivare l’estensione del tempo pieno e quindi di potenziare l’offerta formativa, con benefici sia per i ragazzi, , sia per le famiglie con effetti positivi in particolare per l’occupazione femminile. Eppure solo due alunni della scuola primaria su cinque beneficiano del tempo pieno – con le percentuali più basse in Molise (9,4%), Sicilia (11,1%) e Puglia (18,4%), le più alte nel Lazio (58,4%), in Toscana (55,5%) e in Lombardia (55,1%) – e solo poco più di un quarto delle scuole (il 28,1% delle classi della primaria e secondaria di I grado) offrono il tempo prolungato.

Anche la possibilità di praticare attività sportiva a scuola in una palestra rappresenta una grande opportunità per la crescita di bambine, bambini e adolescenti. Ma, ad oggi, meno della metà (il 46,4%) delle scuole statali primarie e secondarie (I o II grado) hanno una palestra. La Calabria è la Regione con la percentuale più bassa di scuole con una palestra: solo il 25,9% delle scuole (poco più di una su 4) contro il dato nazionale del 46,4%.

La regione ha ricevuto quasi 25 milioni di euro per 47 progetti di potenziamento delle strutture sportive a scuola. La provincia di Vibo Valentia, che il numero più basso di scuole con palestre nella regione (22,4%) ha attivato 5 progetti con un finanziamento di 1,6 milioni, pari a 3,1 interventi ogni 100 scuole, mentre Cosenza – che ha una percentuale leggermente superiore di scuole dotate di strutture sportive, il 23,4% – attiva ben 14 progetti per un valore di 8,5 milioni, pari a 5,1 interventi ogni 100 scuole. 14 progetti anche per la provincia di Crotone (26,8% di scuole con palestra), per un valore di 6,7 milioni e una densità progettuale di 7,8 interventi ogni 100 scuole. Soltanto 6 i progetti attivati a Catanzaro con 4,9 milioni (1,2 interventi ogni 100 scuole), mentre per Reggio Calabria i progetti attivi sono 8 per un valore di 3,16 milioni (2,2 interventi ogni 100 scuole) e una presenza di strutture sportive attualmente in un terzo degli istituti (33,3%).

In generale – si legge nel rapporto – i 433 interventi sulle strutture sportive scolastiche avviati con il Pnrr – sebbene rappresentino un passo importante per promuovere l’educazione motoria a scuola – sono insufficienti a garantire la copertura di palestre su tutto il territorio nazionale e a ridurre i divari tra le province, soprattutto nei territori dove la scuola spesso rappresenta l’unica opportunità per bambini e adolescenti di praticare attività sportiva. In Italia, un minorenne su tre (31,5%) che proviene da famiglie con scarse o insufficienti risorse economiche non pratica attività sportive e tra gli adolescenti di 15-16 anni il 16,2% rinuncia a fare sport perché troppo costoso.

Ciò che emerge, prendendo in considerazione anche i dati delle altre regioni, è una distribuzione disomogenea degli interventi tra le province più svantaggiate e la necessità di integrare le risorse del Pnrr con altri investimenti per garantire livelli essenziali delle prestazioni per l’accesso alle mense scolastiche, e così al tempo pieno, nelle scuole primarie e secondarie di I grado, nonché la presenza di palestre scolastiche su tutto il territorio nazionale, a partire dalle aree del Paese dove la scuola rappresenta spesso l’unica opportunità per bambini, bambine e adolescenti di praticare attività sportiva.

Con il Pnrr, le regioni del Mezzogiorno hanno avviato 767 progetti interventi del valore di 381 milioni e 932 mila euro, il Centro 213 del valore di 139 milioni e 340 mila euro e il Nord 428 del valore di 345 milioni e 650 mila euro. Con un investimento complessivo di oltre 17 miliardi di euro destinati al Ministero dell’Istruzione e del Merito, il Pnrr rappresenta un’occasione unica per garantire uguali opportunità a tutti i bambini, le bambine e gli adolescenti, soprattutto in territori dove la povertà minorile è più accentuata e le famiglie affrontano maggiori difficoltà economiche.

A partire dalla mensa e dal tempo pieno o prolungato, servizi essenziali di contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica: ad oggi, poco più di un bambino su due della scuola statale primaria ha accesso alla mensa (55,2%) e solo il 10,5% nella secondaria di I grado, con profonde differenze territoriali. Se nelle regioni del Centro e del Nord si concentrano le province con oltre il 50% di accesso al servizio da parte degli alunni della scuola primaria e secondaria di I grado– con punte del 70% e oltre a Biella e Monza e della Brianza, fino al 91,3% della Provincia Autonoma di Trento – gran parte delle province del Sud sono sotto la media nazionale (che è del 36,9%, considerando sia scuole primarie che secondarie di I grado).

Per Raffaela Milano, direttrice Ricerca di Save the Children Italia, «il problema che abbiamo davanti come Paese non è solo riuscire a garantire la tabella di marcia della spesa, ma fare in modo che le risorse del Pnrr raggiungano effettivamente i territori dove i bambini e le bambine scontano le maggiori difficoltà nel percorso educativo. Il PNRR rappresenta un’occasione unica per superare le disuguaglianze di offerta educativa tra nord e sud, tra centri urbani e aree interne. Ma dall’analisi della distribuzione delle risorse e degli interventi ad oggi avviati, l’obiettivo di riequilibrio sembra raggiunto solo parzialmente».

«È un campanello di allarme – ha proseguito – che deve spingere a realizzare al più presto un’analisi di impatto sulla povertà educativa di tutti gli investimenti della missione 4 del Pnrr, dedicati all’istruzione, in corso ed in programma. Nei territori più svantaggiati, è necessario integrare le risorse del Pnrr con altri fondi disponibili, per garantire un’offerta di servizi educativi a tutti i minori. Allo stesso tempo, giunti a questa fase del percorso, le istituzioni tutte, per i diversi livelli di responsabilità, devono attrezzarsi per garantire la copertura dei costi di funzionamento dei nuovi servizi in via di attivazione grazie al Pnrr – le mense così come gli asili nido – senza che l’aggravio di spesa corrente vada a ricadere solo sui comuni più virtuosi o sulle famiglie, e senza correre il rischio che i nuovi spazi, una volta pronti, restino chiusi per mancanza di risorse umane ed economiche, come purtroppo già tante volte è accaduto in passato». (ams)

Irto (PD): Il ministro Fitto lascia spesa del Pnrr a un quarto del totale

Il senatore del Pd, Nicola Irto, ha evidenziato come «nonostante abbia portato la spesa del Pnrr soltanto a 51,4 miliardi di euro rispetto agli oltre 194 previsti per l’Italia, il ministro Raffale Fitto sarebbe in partenza per fare il commissario europeo a Bruxelles» e «la spesa in questione è ferma a quasi un quarto del totale, con tutto ciò che ne consegue, soprattutto in territori come la Calabria, fortemente bisognosi delle risorse del Pnrr».

«Ancora, per come lo stesso Piano è stato rimodulato, il 65 per cento degli investimenti dovrà essere finalizzato nei primi otto mesi del 2026, entro cui l’Italia dovrà aver raggiunto il 28 per cento degli obiettivi per incassare il 19 per cento dei fondi». «Davanti a questo quadro impietoso, sorprende – ha sottolineato il senatore del Pd – il silenzio assoluto e assordante della Regione Calabria, che, con l’impiego delle risorse del Pnrr, dovrebbe guadagnare terreno in diversi ambiti fondamentali: dalla sanità all’efficienza energetica, dalla digitalizzazione all’inclusione, dalla mobilità sostenibile al turismo».

«Forse non sarà possibile –  ha concluso Irto – rimediare per tempo agli errori e alle lungaggini del centrodestra nell’attuazione del Pnrr. Temiamo, inoltre, che i ritardi cumulati dal governo colpiscano ancora una volta le regioni meridionali, secondo lo schema, divisivo del Paese, che l’esecutivo Meloni sta applicando con l’autonomia differenziata e con il recente taglio di 750 milioni del Fondo complementare del Pnrr».  (rp)

Irto (PD): Tagliati 750 mln dal fondo complementare del Pnrr

Il senatore del Partito Democratico, Nicola Irto, ha denunciato il taglio di 750 milioni dal Fondo complementare del Pnrr, «destinati, in particolare, all’Alta velocità ferroviaria Salerno-Reggio Calabria, ad ammodernare strade e porti e a potenziare la sanità pubblica».

«L’Esecutivo a trazione leghista conferma – ha spiegato il parlamentare dem – la propria avversione politica nei confronti del Mezzogiorno. Al fine di aumentare la dotazione del credito d’imposta nell’ambito della Zes unica, il governo in carica, nemico giurato della coesione territoriale e dell’equità sociale, ripropone il gioco di prestigio che aveva sperimentato, tra l’altro, per finanziare l’inutile ponte sullo Stretto: non mette un centesimo sulle priorità del Paese ma leva i soldi ai servizi e alle infrastrutture indispensabili del Sud e li indirizza altrove, stavolta condannando la Calabria al peggiore isolamento e colpendone al cuore il Servizio sanitario regionale».

«Il governo non può sottrarre – ha sottolineato Irto – risorse preziose per il futuro dei cittadini».

«Ormai è evidente che, per il proprio tornaconto elettorale – ha proseguito – il centrodestra punta all’impoverimento e allo spopolamento delle regioni del Sud. Si tratta di un disegno politicamente cieco e bieco che, centrato sull’autonomia differenziata, sta già producendo una dilatazione dei divari territoriali. Perciò, la nostra lotta politica prosegue con sempre maggiore unità e determinazione».

«Con il completamento della raccolta delle firme per il referendum contro il regionalismo differenziato, daremo al centrodestra – ha concluso il senatore del Pd – un fortissimo segnale di dissenso. Nel frattempo, con le nostre proposte e con l’ascolto delle comunità locali, continuiamo a costruire l’alternativa di governo, giorno dopo giorno».

L’OPINIONE / Mariaelena Senese: Per colmare divario infrastrutturale occorre un piano di risorse straordinario

di MARIAELENA SENESE – Per colmare il pesante divario infrastrutturale che allontana la Calabria dal resto del Paese occorre un piano di risorse straordinarie. Quelle stanziate sino ad oggi, direttamente dallo Stato e poi messe a disposizione anche dall’Unione Europea attraverso il Pnrr, appaiono insufficienti – nonostante la mole – per ammodernare e rendere efficienti gli assetti viari e ferroviari di questa regione.

Sui fondi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che spinge forte sul pedale dell’acceleratore rispetto alla Misura 3 rispetto alle altre misure, pesa poi la tagliola del tempo a disposizione per la realizzazione dei progetti. Se, infatti, non si dovesse optare per la richiesta di uno slittamento riteniamo quantomeno difficile, se non impossibile, che i progetti coperti con i fondi del Pnrr possano vedere la luce entro il 2026.

Stiamo parlano di oltre 3 miliardi di euro, quasi il 37% dell’investimento totale previsto dal Pnrr per la Calabria (come si evince dai dati resi pubblici dalla Regione Calabria), che dovrebbero servire per dare corso a venti progetti: 18 per il miglioramento della rete ferroviaria e 2 indirizzati sull’intermodalità e la logistica integrata.

Ma anche questa importante dotazione finanziaria appare poca cosa se paragonata con il costo stimato dall’Anas per il completamento della Strada statale 106 che si attesta sopra i 13 miliardi di euro, quasi quanto si stima possa servire per la realizzazione del Ponte sullo Stretto.
Davanti a questa enorme mole di denaro che ancora oggi, nonostante diversi anni di commissariamento, non è bastata a cambiare il volto della Strada statale 106, i tempi ristretti per la messa a terra dei finanziamenti del Pnrr e la loro sbilanciata programmazione, che si dimentica di sostenere economicamente e finanziariamente la cura del settore sanitario, ci fanno intravvedere un futuro cupo per un regione che non riesce a fermare la grave emorragia di giovani che la sta interessando da diverso tempo e, ancora, non è in grado di dare concretezza a politiche infrastrutturali e di sviluppo capaci di segnare una svolta decisiva rispetto al percorso di decrescita in cui è impelagata.

Cosa dire, poi, della tratta ferrata che da anni attende l’elettrificazione del tratto jonico e, da qualche tempo, aspetta che l’Alta velocità possa arrivare sino a Reggio Calabria. Se, infatti, Rete ferroviaria italiana prevede di investire in interventi ferroviari sul territorio della Calabria oltre 36 miliardi di euro, di cui oltre 16 miliardi già finanziati, la messa a terra di questa ingente mole di finanziamenti rimane sulla carta di certo per l’anno corrente ma solo per quanto riguarda i primi interventi per la realizzazione dell’Alta velocità ferroviaria.
Per il momento l’intervento che pare poter avere una accelerazione in vista di una sua definizione, ma comunque con una previsione al 2030 per la sua cantierizzazione, è quello relativo al raddoppio della galleria Santomarco. Per il resto, invece, il prolungamento dell’Alta velocità fino alla città dei Bronzi rimane assai aleatorio.

Davanti a questo stato di cose, quindi, rimarchiamo la necessità di un cambio di passo nelle politiche del Governo rispetto a una terra che non solo non riesce a colmare il suo atavico divario con il resto del Paese ma che, purtroppo, sta perdendo anche contatto rispetto alle altre regioni del Mezzogiorno. (ms)

[Maria Elena Senese è segretaria generale Uil Calabria]

PER LE INFRASTRUTTURE MANCANO AZIONI
PER PROGETTI DI MEDIO E LUNGO PERIODO

Infrastrutturedi ERCOLE INCALZA – Fra due anni ci sarà la scadenza delle scelte inserite nel Pnrr e, ormai, almeno per il comparto infrastrutture, in questa fase si sta solo cercando di dare concreta attuazione a programmi ed azioni già contemplate. Lo stato di avanzamento, come annunciato formalmente appena una settimana fa, è pari al 28%. Quindi è inutile continuare ad inseguire un possibile completamento dell’intero Piano e invece penso sia arrivato il momento per dare vita ad una nuova impostazione programmatica. Una impostazione che però tenga conto di una serie di elementi nuovi che ci impongono una attenta impostazione metodologica. Infatti non possiamo sottovalutare i seguenti nuovi atti:

La Ragioneria Generale dello Stato ha diramato una circolare alle Amministrazioni centrali dello Stato (tra cui Ferrovie dello Stato, Anas, ecc.) e agli Uffici centrali del bilancio di tutti i Ministeri in cui si precisa: «È necessario un approccio improntato alla sostenibilità economica in un’ottica di medio – lungo periodo, prestando attenzione anche agli anni successivi al triennio di previsione».

Il rispetto dei parametri comunitari alla luce sia del nuovo Piano di Stabilità che della esigenza di riportare il rapporto tra debito e Pil verso un sostanziale ridimensionamento; in tal modo si riportano in ambito fisiologico i margini per l’extradeficit e ciò impone un controllo più capillare e sistematico della spesa sul medio e lungo termine.

La richiesta formale del Ministero dell’Economia e delle Finanze a tutte le Amministrazioni centrali di «determinare gli stanziamenti da inscrivere in bilancio sia in termini di competenza che di cassa tenendo conto in maniera puntuale dell’esercizio finanziario in cui la obbligazione verrà a scadenza sulla base della pianificazione della spesa».

Entro il corrente anno disporremo di una riforma del Parlamento europeo, una riforma già definita e che sarà varata solo a valle dell’insediamento dei nuovi parlamentari. Una riforma che dà un ruolo determinante al Parlamento e ne consente anche la produzione di nuove norme e di nuove direttive.

I primi tre punti sono, a mio avviso carichi davvero di un forte spirito riformista, da parecchio tempo, insieme al professor Paolo Costa, attraverso anche un’apposita ricerca effettuata dal Centro di ricerca Astrid diretto da Franco Bassanini, abbiamo denunciato l’assenza di azioni programmatiche di medio e lungo periodo. In fondo lo stesso Pnrr si caratterizzava come un atto programmatico di breve periodo e per le proposte infrastrutturali contenute al suo interno non poteva assolutamente considerarsi uno strumento di ampio respiro. Quindi non possiamo assolutamente sottovalutare un vero cambiamento che riusciamo a leggere dopo dieci anni di stasi programmatica. Nella circolare del Ministerio dell’Economia e delle Finanze penso che il passaggio più significativo sia proprio il richiamo a «tenere conto in maniera puntuale dell’esercizio finanziario in cui la obbligazione verrà a scadenza sulla base della pianificazione della spesa».

Sembra strano ma questa circolare reinventa integralmente l’impianto della stessa Legge di Stabilità e questo cambiamento lo leggeremo sicuramente, in modo più articolato e motivato, nella prossima Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (Nadef).

Ed allora di fronte a questo cambiamento più volte invocato e motivato soprattutto negli ultimi mesi come detto prima, ritengo utile cominciare ad elencare le aree programmatiche che, proprio nel rispetto della circolare del Ministero, dovranno essere adeguatamente caratterizzate da una identificazione finanziaria non generica ma insilata nelle possibili annualità entro cui effettuare, davvero, la spesa. In fondo la stessa Ragioneria Generale dello Stato non chiede, a mio avviso, Piani e Programmi generici ed estranei da un riferimento misurabile di reale accesso alle risorse.

Per ora indico delle aree che, in modo trasversale, dovranno poi trovare concreta attuazione in specifici filoni strategici; in particolare ritengo prioritarie le seguenti aree: La rilettura integrale della offerta logistica, in particolare di tutti gli Hub (porti, interporti, aeroporti e aree del mercato). Allo stato il Paese vive di una articolazione di tali Hubcompletamente sbilanciata: il Mezzogiorno ed in parte anche il Centro del Paese sono privi di adeguati impianti. Inoltre la digitalizzazione dei singoli HUB e la interazione degli stessi con i vari operatori logistici sta diventando concreta solo in questi ultimi mesi dopo praticamente quasi quattro anni di stasi, ricordo in proposito che il Regolamento Ue 2020/1056 sulle informazioni elettroniche sul traporto merci (electronic Freight Transport Information– eFTI) è disponibile da 4 (quattro) anni e che la direttiva Nis2 (Network and Information Security) impone l’implementazione di controlli di sicurezza olistici e rigorosi per ridurre i rischi e prevenire danni di cybersicurezza a sistema e dati, entro la fine del 2024.

Quindi dopo praticamente quattro anni di approfondita meditazione oggi non abbiamo più alibi per partire e offrire un impianto gestionale di medio e lungo periodo, ripeto di medio e lungo periodo, che consentirà, grazie anche alla Ram – Logistica Infrastrutture e Trasporti S.p.A., alla domanda di trasporto, alla miriade di piccole e medie imprese, di trovare una rete di informazioni ed una assistenza capillare. Sembra strano ma questo intervento sicuramente ridimensionerà quel danno che nel 2022 ha subito il mondo della produzione del nostro Paese, un danno superiore a93 miliardi di euro (dati Istituto di Ricerca Divulga della Coldiretti)

Riforma della offerta portuale ed interportuale; da tempo segnalo l’urgenza di una riforma organica dell’intero comparto, cioè sia della portualità che della interportualità e della interazione funzionale tra le due tipologie. In realtà occorre intanto definire cosa siano davvero gli assetti interportuali, il riferimento normativo è nella Legge 240 del 1990, cioè trattasi di un provvedimento di 34 anni fa che non poteva tener conto di tutto quello che, in tutti questi anni è successo in un mondo in cui la digitalizzazione è diventata la base vitale. Analogo discorso va fatto per la portualità in cui la riforma di base è nella Legge 84 del 1994 (cioè un provvedimento di trenta anni fa). Ho più volte lamentato, dopo venti mesi di vita dell’attuale Governo, l’assenza di proposte di riforme e, addirittura, ho anche ribadito che se non si è ancora pronti a produrre una riforma organica delle due realtà logistiche (porti ed interporti) si produca quanto meno una norma singola da inserire in qualche provvedimento già in corso di esame del Parlamento in cui si definisca e si autorizzi la “autonomia finanziaria” dei soggetti preposti nella gestione di tali Hub.

Mi fermo qui e nelle mie prossime note elencherò quali debbano essere gli oggetti, le caratteristiche e le possibili procedure attuative delle altre aree portanti di un nuovo quadro strategico di medio e lungo periodo. (ei)

L’INGIUSTIFICATA NECESSITÀ DEL MINISTRO
FITTO DI RIESAMINARE IL PNRR PER IL SUD

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – «La Commissione Europea ha versato all’Italia la quinta rata del Pnrr, pari a 11 miliardi di euro. Il pagamento segue la valutazione positiva, adottata formalmente lo scorso 2 luglio, connessa al conseguimento di 53 traguardi e obiettivi della quinta rata del Pnrr italiano».

Questa la notizia delle Agenzie che riguarda un fatto estremamente importante, che viene confermato da numeri inoppugnabili: vi è un versamento nelle Casse dello Stato italiano di una cifra considerevole. Parliamo di 11 miliardi che certamente aiutano il bilancio. 

Giancarlo Giorgetti sarà molto soddisfatto e grato nei confronti di Raffaele Fitto, che porta a casa già oltre 100 miliardi. Con l’incasso della quinta rata, infatti l’Italia ha ricevuto ad oggi il 58,4% delle risorse complessive del Pnrr, pari a 113,5 miliardi di euro su un totale di 194,4 miliardi. 

Già il 2 luglio Bruxelles aveva approvato una valutazione preliminare positiva delle 53 tappe e obiettivi richiesti, per sbloccare la rata da 11 miliardi, tra cui l’attuazione di 14 riforme e 22 investimenti, in settori quali il diritto della concorrenza, gli appalti pubblici, la gestione dei rifiuti e dell’acqua, la giustizia, il quadro di revisione della spesa e l’istruzione.

L’Italia ha già richiesto a Bruxelles il pagamento della sesta rata da 8,5 miliardi di euro, ed è al lavoro per la verifica e rendicontazione dei 69 traguardi e obiettivi previsti per la settima rata del Pnrr, equivalenti a 18,2 miliardi di euro.  

I rumors della minoranza che parlano di gioco delle tre carte perché il Pnrr sarebbe solo al «37% del totale del cronoprogramma» non fanno breccia. Né può essere preso sul serio un Angelo Bonelli, leader di Europa Verde, che pensa che il Governo non sia impegnato «a risolvere i problemi reali del Paese». 

Troppa generica l’accusa e l’attivismo della Premier va proprio nel senso opposto, qualcuno addirittura chiederebbe che avesse meno iniziative. E allora tutto bene? Intanto non vi è dubbio che è meglio incassare le risorse che sono state destinate all’Italia provenienti dal debito comune che invece non essere in condizione di esigerle. 

Ma qualche considerazione più ampia deve essere fatta. Le notizie circa il fatto che a livello territoriale le risorse non stanno arrivando nel Mezzogiorno, nella quantità destinatagli dal Paese, che è inferiore a quella che sarebbe toccata se l’algoritmo europeo fosse stato applicato senza alcuna correzione, sono molto frequenti e da fonti diverse. 

 Lo stesso Raffaele Fitto ha parlato della necessità di rivedere il piano per quanto attiene il Sud, con una rimodulazione che rivela alcune difficoltà, peraltro attese, considerato lo stato degli uffici tecnici delle istituzioni locali dopo anni di “dimagrimento”.  

«Dovremo garantire che il 40% delle risorse del Pnrr vengano spese al Sud e su questo bisognerà interrogarsi. Ci sarà l’esigenza di valutare qualche altra ulteriore revisione? Forse sì». Cosi il Ministro,  in una recente audizione presso le Commissioni Riunite Bilancio e Affari Europei di Camera e Senato, nella quale non ha escluso un’ulteriore modifica al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. 

Forse siamo andati nel senso delle proposte indecenti di Giuseppe Sala e Luca Zaia, che si offrivano di spendere loro le risorse, visto che avevano progetti esecutivi e capacità di spesa? 

E che dimenticavano entrambi che il primo obiettivo del Pnrr era di diminuire i divari non di aumentarli, e che solo perché esiste il Sud sono arrivate risorse consistenti, senza dimenticare che in parte sono a debito e quindi dovranno essere restituiti da tutti gli italiani, ovviamente in modo progressivo rispetto al reddito prodotto, concetto che alcuni “nordici” non riescono ad accettare e forse capire. E che prevede che a parità di reddito si paghi lo stesso importo di tasse e che, indipendentemente da ciò che si versa, si abbia diritto agli stessi servizi essenziali, quelli che sono stati definiti come Lep (Livelli Essenziali di Prestazioni) e che invece dovrebbero essere Lup (Livelli Uniformi di Prestazioni ). 

Ma se “bisognerà” interrogarsi sulla garanzia che il 40% delle risorse del Pnrr vengano spese al Sud allora vuol dire che nel raggiungimento degli obiettivi non è prevista alcuna clausola territoriale.  Se così fosse l’Unione confermerebbe una disattenzione alla quale ormai siamo abituati, e confermerebbe un assenza di governance sull’utilizzo corretto dei fondi strutturali provenienti dall’Europa. 

È accaduto che per anni i fondi strutturali siano stati sostitutivi dei fondi ordinari, che dovevano arrivare nel Mezzogiorno, tanto che il pro-capite che avrebbe dovuto essere superiore nel Sud, per l’utilizzo dei fondi aggiuntivi dell’Europa, sia risultato poi invece, malgrado questi, inferiore, senza che ciò fosse in qualche modo rilevato e sanzionato da parte della Commissione, sempre molto attenta invece  a controllare l’andamento di altri indicatori. 

E non per per una piccola cifra ma per oltre 60 miliardi annui, come è stato ampiamente documentato dal Il Quotidiano del Sud, sulla base dei dati del Dipartimento per le Politiche di Coesione voluto da Carlo Azeglio Ciampi

Bene se il raggiungimento degli obiettivi, che hanno fatto pagare la quinta rata, seguisse la stessa logica, sottovalutando il tema della territorialità, motivo per cui i vari Sala e Zaia non si lamentano più, sarebbe molto grave. 

Perché come al solito avremmo eluso il vero obiettivo che l’Unione si era data, quando per stabilire gli importi da destinare a ciascuno aveva utilizzato tre parametri: il tasso di disoccupazione, il reddito pro capite e la popolazione. 

È chiaro che la Commissione può essere disattenta rispetto ai divari territoriali, considerato che il solo vero Paese duale in Europa,  nel quale coesistono due realtà opposte,  é l’Italia, e che gli altri, che hanno problemi simili, hanno avuto sempre una considerazione estrema, come la Spagna e la Germania, delle loro realtà periferiche. 

Ciò non toglie però che l’Unione pagando le varie rate senza controllare la destinazione territoriale, come sembrerebbe stia facendo,  in realtà diventerebbe  complice del possibile fallimento  dello strumento, che invece di diminuire i divari li aumenterebbe. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud  – L’Altravoce dell’Italia]