Tavernise (M5S): Bassa affluenza a referendum è un segnale chiaro

Per il consigliere regionale del M5S, Davide Tavernise, «la bassissima affluenza registrata al referendum, con una partecipazione inferiore al 27%, rappresenta un segnale chiaro e inconfondibile: le comunità locali non si sono sentite coinvolte né rappresentate da questo processo».

«Questa bassissima affluenza – ha aggiunto – può essere interpretata in due modi: come semplice disinteresse, ma anche come una presa di posizione netta contro un progetto che appare imposto dall’alto, senza un adeguato coinvolgimento delle tre comunità».

«Le fusioni – ha proseguito – sono processi lunghi e complessi, che non si possono liquidare con proposte frettolose e calate dall’alto. Presuppongono partecipazione, comprensione e ascolto. Il voto di ieri parla chiaro. I cittadini di Cosenza, Rende e Castrolibero hanno espresso un giudizio inequivocabile, seppur in modo silenzioso, sul progetto di fusione dei tre comuni».

«Come ho già avuto modo di specificare – ha detto ancora il pentastellato – la legge sulla fusione presenta delle gravi lacune e non garantisce una reale partecipazione democratica. La mia proposta di legge, che prevedeva una modifica del referendum e un maggiore coinvolgimento dei tre Consigli Comunali, è stata ignorata dall’esecutivo. Così come non è stato dato alcun valore al mio voto di astensione in Aula».
«La maggioranza Occhiuto – ha proseguito ancora – deve ascoltare con attenzione il messaggio lanciato dai cittadini e ripensare completamente il progetto di fusione. Se si vuole andare avanti è necessario avviare un nuovo percorso di confronto e partecipazione che coinvolga tutti i soggetti interessati, garantendo trasparenza e democraticità».
«Chiediamo al presidente della Giunta regionale di rispettare la volontà popolare – ha concluso – e di sospendere ogni iniziativa che possa ledere l’identità e le specificità delle nostre comunità che, numeri alla mano, non si sentono rappresentati da questo progetto. La bassissima affluenza al referendum rappresenta una sconfitta per la democrazia e un monito per le istituzioni. È urgente ristabilire un rapporto di fiducia con i cittadini, coinvolgendoli attivamente nelle decisioni che riguardano il loro futuro». (rrc)

.

L’OPINIONE / Rosi Caligiuri: No al referendum sconfitta della Regione di Occhiuto

di ROSI CALIGIURI – Il progetto di fusione amministrativa tra Cosenza, Rende e Castrolibero, sottoposto a referendum consultivo, si è concluso con un no netto di Rende e Castrolibero e con un si nella città di Cosenza.

Questa la risposta dei cittadini e delle cittadine che non hanno detto no alla fusione, ma che si sono opposti all’arroganza del centrodestra che ha voluto utilizzare un progetto di fusione monco, calato dall’alto e a freddo, senza una progettualità del futuro unico urbano che ha escluso i consigli comunali delle municipalità interessate e un dibattito pubblico inclusivo e partecipato.

Un progetto importante come quello della fusione utilizzato come mero strumento di lotta politica che è stato punito duramente al momento del voto.
La regione di Occhiuto registra, così, una ulteriore sconfitta, dopo quella di Cosenza e di Vibo.
A Cosenza vince il si con il 70% grazie al PD unito, al circolo di Cosenza e all’amministrazione comunale di Franz Caruso che è stato sempre a sostegno del si. Persino l’astensionismo registrato è dovuto al fatto che moltissimi cittadini e cittadine non hanno voluto dire di no al progetto di fusione ma che auspicano alla creazione di una entità amministrativa più efficiente e moderna, in linea con le tendenze di aggregazione urbana in atto a livello nazionale e internazionale, che segua un progetto partecipativo dal basso e che veda la nascita di una pianificazione urbana complessiva ed esaustiva.
Per questo motivo fin dall’inizio, come circolo cittadino, abbiamo sottolineato le criticità della legge regionale e abbiamo sostenuto il ricorso al Tar e al CDS del comune di Cosenza, con l’obiettivo di evitare che il referendum si svolgesse in queste condizioni, ma assicurasse un modello di città partecipata e non una realtà istituzionale imposta dall’alto.
Necessaria sarebbe stata una ampia consultazione di ascolto per sollecitare un protagonismo attivo delle diverse forme di rappresentanza, finalizzata a individuare le scelte unitarie fondative e la definizione di un percorso virtuoso sul come realizzare la fusione e istituire, poi, la nuova municipalità della città unica. Questo dimostra come la nostra linea sia stata sempre l’indirizzo migliore, voluto dai cittadini e dalle cittadine e che, auspichiamo sia il punto dalla quale ripartire.
Il progetto della città unica non tramonta oggi. Oggi viene bocciato un atto d’imperio compiuto dal centrodestra, un monito perché la futura città unica che ci aspetta sia una efficiente città europea basata sul benessere e sulla crescita dei suoi abitanti. (rc)
[Rosi Caligiuri è segretaria cittadina del PD di Cosenza]

La vittoria del no al referendum per la Grande Cosenza

di FRANCO BARTUCCIUn referendum consultivo per la città unica tra Rende Cosenza e Castrolibero inutile quanto dannoso per gli effetti di grande conflitto politico creatosi nell’area dei tre territori comunali che ha portato ad un forte astensionismo, ma soprattutto alla vittoria del “No”  rispetto al “Si” con una ripartizione del 60% a favore dei primi e del 40% per i secondi.

L’affluenza alle urne è stata pari al 26,1%, così ripartita per Comune: Cosenza 19,12%, Rende 33,2%, Castrolibero 44,78%. I votanti sono stati 24.964 su 93.646, con questa ripartizione: a Rende 10.652, a Cosenza 10.655, a Castrolibero 3.657.

 Circa la ripartizione dei voti a Rende e Castrolibero ha vinto il “No”; mentre a Cosenza il “Si” è prevalso sul “No” con la percentuale più bassa dei votanti rispetto agli altri due centri urbani.

I commenti a caldo sono stati vari sia per l’aspetto dell’alta astensione: un progetto scritto male e presentato peggio ed imposto dall’alto anche se sostenuto dai vari partiti politici di maggioranza e minoranza, dai sindacati ed Associazioni varie di categoria a sostegno del “Si”, come da parte delle testate giornalistiche locali testardamente inchiodati a favore della creazione della città unica.

Poi ci sono stati i commenti del perché della vittoria del “No” soprattutto a Rende e Castrolibero; mentre su Cosenza è prevalsa nelle analisi la soddisfazione di coloro che attraverso movimenti liberi si erano schierati per il “No” invocando la creazione di una Cosenza policentrica. In sostanza diciamo che a vincere sono stati i liberi comitati costituitisi per il “No” sia su Rende che su Cosenza; mentre su Castrolibero è stata la vittoria del sindaco Orlandino Greco nettamente contro la “città unica”; mentre Franz Caruso che si era schierato per il “Si”, pur vincendo a Cosenza si è trovato isolato.

La verità è che l’unico soggetto e strumento di comunicazione entrato in campo nel parlare del disegno di legge regionale della città unica con la fusione dei tre comuni, chiedendone al Presidente Occhiuto il rinvio al Consiglio regionale per riscriverne uno nuovo in concordia tra le parti e con il coinvolgimento dell’UniCal è stato proprio Calabria live con la lettera aperta indirizzata al presidente della Giunta regionale pubblicata il 7 agosto 2024. 

Nei commenti a caldo fatti ieri sera qualcuno ha parlato della mancanza di un progetto serio al quale gli elettori potevano appellarsi e trovare le giuste motivazioni per recarsi alle urne. Per dire la verità Calabria live il progetto serio lo ha presentato ed illustrato da tre anni: “La grande Cosenza” auspicata dal Rettore Andreatta a seguito della scelta fatta di collocare l’Università della Calabria a Nord di Cosenza sui territori di Rende e Montalto Uffugo.  

Spiace che nessuno ha voluto prendere in considerazione questa idea progettuale della “Grande Cosenza”. Finanche nei commenti di ieri sera. L’Unical da questa campagna ne esce sconfitta in quanto non considerata e calcolata. Eppure basta andarci per capire che il tesoro, il segreto, il sogno della “Grande Cosenza” si trova lì su quell’asse non portato a compimento e collocato sui territori di Montalto e Rende tra una superstrada (SS107) e due tracciati ferroviari visibili in località Settimo (Cosenza/Paola e Sibari/Paola) con addosso l’autostrada Salerno/Reggio Calabria.

Abbiamo chiesto che il disegno di legge venisse bocciato con il “No” per salvare l’integrità territoriale dell’UniCal ed avere una opportunità di ripartire per realizzare il Sogno del Rettore Andreatta della “Grande Cosenza” ed p per questo che riporto la delibera discussa ed approvata dal Comitato Tecnico Amministrativo  dell’UniCal il 23 giugno 1971 nel momento in cui decise l’insediamento dell’Università con la raccomandazione di creare una metropolitana di collegamento con la città ed il territorio: «La localizzazione non può essere vista come fatto di pura “addizione” urbana, come un nuovo quartiere, ma deve essere vista come oculata strutturazione di una nuova città (la grande Cosenza) organizzata sulle relazioni e sul sistema dei trasporti che meglio ne favorisce l’efficienza del livello metropolitano. La nuova Università deve, anche con la localizzazione, mirare ad obiettivi di massima utilità e incidenza sociale favorendo la diretta accessibilità del maggior numero possibile di utenti. Per assolvere tutti i compiti che avrà nel futuro, Cosenza deve sfruttare al massimo la sua posizione baricentrica nel Mezzogiorno, ottenendo, dal sistema dei trasporti, le relazioni efficaci che deve avere, a partire dai collegamenti ferroviari. I punti nodali-strutturali della “Grande Cosenza” sono alla confluenza della valle del Settimo (sbocco della galleria ferroviaria Paola Cosenza nella Valle del Crati e lungo la valle dell’Esaro, da Belvedere a Sibari».

Completiamo il disegno dell’UniCal che significa nuovi posti di lavoro per chi la costruisce e ancora di più, in forma permanente, per chi vi troverà posti occupazionali di lavoro nelle strutture che mancano: Parco Tecnologico, strutture fieristiche per la ricerca, Scuole di specializzazioni, Biblioteca per il territorio, il villaggio dello sport. A chiusura un breve pensiero di Andreatta rilasciato alla Gazzetta del Sud nel mese di maggio 1972 ci dovrebbe far riflettere tutti e rimettersi al lavoro per dare a noi tutti la vera identità nel costruire la “Grande Cosenza”: «La Calabria diventerà un punto di riferimento per altre regioni italiane e anche per studenti provenienti da altre nazioni, si pensi ad esempio alla vicina Africa, che hanno bisogno di manager, dirigenti, imprenditori forgiati da una scuola moderna e più vicina». (fb)

L’OPINIONE / Orlandino Greco: Castrolibero non si è piegata alle imposizioni

di ORLANDINO GRECO – In questa campagna referendaria, ci sono stati momenti in cui mi sono sentito come Don Chisciotte, impegnato a combattere contro i mulini a vento. Ho dovuto affrontare poteri così forti da far apparire una palese mancanza di democrazia come un diritto costituzionale e legittimo. Eppure, ho sempre percepito qualcosa di più grande, una forza capace di superare persino le imposizioni di alcuni consiglieri regionali: la volontà popolare.

La sensazione netta che i cittadini fossero dalla parte giusta, quella della democrazia e della libertà, mi ha accompagnato in ogni istante. Castrolibero ha risposto. Ha risposto contro chi voleva annetterla senza rispettare la sua volontà, contro chi, prima di questo scellerato progetto, non sapeva neanche dove fosse Castrolibero.
Questa comunità non si è piegata ai poteri forti e non ha assistito in silenzio mentre altri facevano i propri interessi a discapito dei cittadini. Non solo abbiamo detto No, ma Castrolibero è stato il Comune con la maggiore affluenza al voto.
Questo dato, chiaro e trasparente, ha un valore politico enorme. È la dimostrazione che la nostra comunità è viva, consapevole e unita. Abbiamo affrontato questa sfida con coerenza e determinazione, rimanendo sempre aperti al dialogo, ma solo a un dialogo costruttivo, che nasca dal basso e tenga conto delle reali esigenze dei cittadini.
 Non abbiamo affrettato i passi per favorire tornaconti personali.  Castrolibero è, e sarà, sempre, una comunità libera, sorretta dalla volontà insindacabile dei suoi cittadini. Questo messaggio è arrivato forte e chiaro anche in Regione, ai consiglieri regionali e a tutta la politica cosentina.
Ora, anche chi diceva di agire per il bene di Castrolibero, proponendo però un progetto calato dall’alto, dovrà ricredersi. Castrolibero non si estingue. Castrolibero è, e resterà, un Comune libero, autonomo e orgoglioso della sua identità. La nostra storia, il nostro territorio e la nostra comunità continueranno a essere protagonisti, con una voce che non si piegherà mai alle imposizioni. (og)
[Orlandino Greco è sindaco di Castrolibero]

L’OPINIONE / Mario Occhiuto: Referendum non semplice voto, ma scelta per il futuro del territorio

di MARIO OCCHIUTO – Il risultato del referendum per la istituzione della Città Unica di Cosenza, Rende e Castrolibero ha sancito la vittoria del NO, e con essa la chiusura di una porta verso un’opportunità che forse non si ripresenterà mai più. Non si è trattato di un semplice voto amministrativo, ma di una scelta che avrebbe potuto cambiare il futuro del nostro territorio, garantendo più risorse, servizi migliori e maggiore attrattività per i giovani e per chi vive qui.

Chi oggi festeggia la vittoria del No deve assumersi la responsabilità di aver bloccato un progetto che puntava a superare il campanilismo e a costruire un’area urbana forte, unita e competitiva. Le divisioni non hanno mai portato sviluppo, e questo territorio continuerà a pagare il prezzo di confini amministrativi che non rispecchiano più la realtà di una comunità che vive già come un’unica città.
Non voglio negare la legittimità della scelta democratica, ma dobbiamo riflettere sul fatto che a prevalere non sono state idee per il futuro, bensì paure, disinformazione e interessi particolari.
Il No non ha proposto una visione alternativa: si è limitato a dire ‘no’ al cambiamento, lasciando il territorio in una condizione di stallo che non fa bene a nessuno.
A chi oggi si sente soddisfatto, chiedo: quali sono i vostri progetti per migliorare la qualità della vita di tutti? Quali proposte avete per garantire ai giovani un futuro qui, senza dover partire? È facile fermare un cambiamento, ma molto più difficile è costruire qualcosa di nuovo.
Per quanto mi riguarda io continuerò a credere che unire le forze sia l’unico modo per garantire un futuro migliore al nostro territorio. La visione di una città unica non muore con questo referendum, perché il bisogno di unità, sviluppo e progresso resta più vivo che mai. Il tempo dirà chi ha davvero lavorato per il bene comune. (mo)
[Mario Occhiuto è senatore di FI ed ex sindaco di Cosenza]

CITTÀ UNICA, SÌ O NO: OGGI IL REFERENDUM
PER DECIDERE SULLA “GRANDE COSENZA”

di SANTO STRATI – Oggi i cittadini di Cosenza, Rende e Castrolibero sono chiamati ad esprimere con un voto il loro parere sulla fusione dei tre comuni. È un referendum consultivo, quindi non impone vincoli per chi governa, ma risulterà sicuramente utile per mettere a confronto favorevoli e contrari.

E soprattutto aiuterà, forse, a capire perché si è arrivati a un quasi scontro tra chi pensa alla “Grande” Cosenza con la modifica dei confini territoriali e chi invece vuol mantenere lo status quo, con la continuità dell’autonomia (non differenziata…) dei tre comuni. Questa della fusione – su cui abbiamo dedicato ampio spazio accogliendo le varie opinioni e mettendo a confronto le tesi a favore e contro – è una battaglia persa in partenza per tutt’e tre i comuni, qualunque sia l’esito referendario, perché sono state prese decisioni dall’alto senza sondare e ascoltare il territorio.

È tornato in auge il vecchio (formidabile) progetto della Grande Cosenza, che piaceva molto a Beniamino Andreatta, primo Rettore dell’Università della Calabria, ma non si è ritenuto di tenere nella dovuta considerazione le ragioni del No, dei sindaci di Rende e Castrolibero. Si è deciso quindi di chiedere ai cittadini un parere consultivo da esprimere attraverso un voto in piena regola. Un voto che non potrà essere un eventuale veto, ma di cui non si potrà ignorare il risultato.

Tra l’altro, nella scheda, i votanti posso anche esprimere un parere su tre proposte per la nuova denominazione del Comune se dovesse passare la fusione (al di là delle indicazioni referendarie che non hanno, appunto, efficacia di legge). Le proposte sono: a) Cosenza, b) Cosenza-Rende-Castrolibero, c) Nuova Cosenza (ma quest’ultima – permetteteci – sembra più una testata giornalistica che il nome di una Città…). Manca invece, a nostro avviso, la denominazione più consona e indicata, se avverrà – come si pensa – la fusione dei tre comuni: ovvero Grande Cosenza. Senza presunzione per l’utilizzo dell’aggettivo “Grande”, ma con la precisa convinzione che prenderebbe piede davvero una “grande” città, secondo un vecchio futuribile progetto poi naufragato.

Oppure – permettete un ulteriore suggerimento – ancora meglio Cosenza Unica, che rende appunto l’idea una “grande” città che ha allargato il territorio con ambiziosi obiettivi di unicità rispetto alle realtà metropolitane del Sud, guardando alla crescita e al futuro delle nuove generazioni. Quest’ultimo, finalmente, sembra sempre più dipingersi di rosa, visti i continui e brillanti successi di Arcavacata. Certo oltre a sfornare fior di laureati e a formare super specialisti, l’Università dovrebbe diventare anche un centro di “reclutamento” per i propri studenti, individuando, nell’intera regione, opportunità di impiego e di utilizzo delle competenze, con una generosa ricaduta su tutto il territorio. Ma questo è un altro discorso.

Torniamo alla “città unica”: Cosenza – è una facile profezia – è predestinata a diventare la Milano del Mezzogiorno, grazie anche a un’Università di eccellenza a cui guarda tutto il mondo. Andate a contare gli studenti stranieri e chiedete quante sono le domande di ammissione – da tutto il mondo – che purtroppo ogni anno devono venire respinte. E la crescita di Cosenza sarà il volano di sviluppo per l’intera Calabria, se finiscono le rivalità di campanile e si pensa, finalmente, a fare rete tra le province calabresi.

Peccato che i politici locali non abbiano voluto sentire ragione dell’opportunità di includere anche Montalto Uffugo nella “città unica”, visto che mezza Università poggia su quel territorio. Ma a tutto c’è rimedio, se prevale il buon senso e non viene a mancare la volontà politica.

Inutile dire che  bisogna osservare che – evidentemente – ci sarebbero due municipalità che vedranno apparentemente “cancellata” la loro storia, ma in realtà la “Grande Cosenza” – a nostro avviso – costituisce una apprezzabile visione di futuro, soprattutto per le nuove generazioni, nel rispetto delle storie e dei traguardi raggiunti dai rispettivi comuni. (s)

Chi vota

Al referendum consultivo (non è richiesto il raggiungimento di alcun quorum dei votanti) sono chiamati gli elettori dei Comuni di Cosenza, Rende e Castrolibero. Le operazioni di voto inizieranno alle ore 8,00 e termineranno alle 21,00. Le operazioni di scrutinio inizieranno immediatamente dopo la conclusione delle operazioni di voto.

Gli aventi diritto al voto sono 55.717, di cui 25.963 uomini e 29.754 donne. I cittadini dell’Aire (Anagrafe Italiani residenti all’estero) che potrebbero tornare in città per esercitare il diritto di voto, sono 4347. 260 sono, invece, i maggiorenni del secondo semestre 2024.

Saranno 82 le sezioni elettorali sparse sul territorio cittadino. Si ricorda che, in occasione delle ultime consultazioni elettorali europee del giugno 2024, l’ufficio elettorale del Comune comunicò lo spostamento di alcuni seggi elettorali approvato dalla Commissione elettorale Circondariale. In particolare i seggi elettorali n.7, 8 e 9 sono stati trasferiti dall’edificio dell’ex scuola elementare di Donnici Inferiore, “Suor Elena Aiello” (strada Provinciale n. 84) all’edificio di località Bivio Donnici, Strada provinciale 241 (ex SS19) che fa parte dell’Istituto Comprensivo Cosenza 1 Zumbini, attualmente adibito a scuola elementare e media.

Un altro spostamento ha riguardato i seggi elettorali n. 29, 30 e 45 dalla sede della ex scuola di via Francesco Principe, già via Asmara, alla sede della scuola dell’infanzia di Via L. Picciotto, già via Somalia, che fa parte sempre dell’Istituto Comprensivo Cosenza 1 Zumbini. Oltre al seggio ordinario istituito presso l’Ospedale civile dell’Annunziata, saranno in funzione altri 5 seggi speciali (dove saranno raccolti i voti dell’Ospedale, espressi dai pazienti non deambulanti, e nelle case di cura e riposo con più di 100 posti letto). Altri 9 seggi volanti saranno allestiti nelle case di cura e riposo con meno di 100 posti letto. (rcs)

 

 

AUTONOMIA, DOPO SENTENZA CONSULTA
IL REFERENDUM NON È PIÙ ATTUABILE

di ERNESTO MANCINIDopo la sentenza della Corte Costituzionale del 14 novembre scorso che, pur non avendo dichiarato illegittima l’intera legge sull’autonomia differenziata ne ha censurato tutti gli elementi più significativi, c’è da chiedersi se il referendum abrogativo dell’intera legge sia ancora ammissibile e se, pertanto, si debba svolgere o meno.

Si ricorda che la legge n. 86 del 26 giugno 2024, detta anche legge Calderoli, stabilisce la possibilità di trasferimento alla competenza esclusiva delle Regioni di intere materie legislative ed amministrative previste invece come competenza in concorso tra Stato e Regione. Addirittura, la legge consente il trasferimento di tutte le ventitré materie come richiesto dalla Regione Veneto ovvero una gran parte di esse – quindici – come richiesto dalla Regione Lombardia.  Tra le materie trasferibili spiccano, per importanza strategica, istruzione, sanità, ambiente, trasporti, le quali sono già state oggetto delle preintese 2018 ed ora sono confermate dalla legge Calderoli all’art.11.

Si ricorda pure che la legge è stata impugnata per incostituzionalità ai sensi dell’art. 127 Cost. dai ricorsi di alcune regioni (Toscana, Puglia, Campania e Sardegna) ora decisi dalla Corte Costituzionale con la già menzionata sentenza del giorno 14. La legge è tuttora avversata dalla proposta di referendum abrogativo avanzata dal Comitato Promotore formato da partiti, sindacati, associazioni e comitati NO AD (no a qualunque autonomia differenziata) che ha raccolto oltre 1.300.000 forme durante la scorsa estate. La procedura per l’ammissibilità di tale referendum è in corso e dovrà definirsi entro il mese di dicembre a cura della Corte di Cassazione ed eventualmente della Corte Costituzionale.

I precetti della Corte Costituzionale

Per capire se il referendum sia ancora attuale dopo la sentenza della Corte va chiarito che tale organo (detto anche Giudice delle Leggi perché non giudica uomini ma, appunto, leggi) ha colpito e si può dire “affondato”, i punti principali della legge dettando anche princìpi vincolanti per qualsiasi attuale o futuro progetto di autonomia. 

La Corte ha sentenziato che in ogni caso si devono osservare i princìpi dell’unità della Repubblica, della solidarietà e non della competitività tra Regioni, dell’eguaglianza, della garanzia dei diritti dei cittadini, dell’equilibrio di bilancio. Tutti princìpi esattamente opposti a quelli che caratterizzano la legge Calderoli.

Ma, a parte l’affermazione dei princìpi ora ricordati, il Giudice delle Leggi ha colpito al cuore la legge Calderoli stabilendo testualmente che una normativa sull’autonomia non può trasferire intere materie legislative ed amministrative (sanità, istruzione, ecc.) alla competenza esclusiva di singole Regioni ma solo particolari funzioni relative a tali materie. 

Peraltro, tale trasferimento di particolari funzioni non è libero ma, continua il Giudice Costituzionale, deve essere “giustificato” dalla necessità rispetto alle esigenze dello Stato e del bene comune. Deve inoltre osservarsi il principio di sussidiarietà e cioè si deve dimostrare che la singola funzione sia meglio attuata esclusivamente a livello territoriale rispetto al concorso Stato/Regione.

L’esempio su quanto stabilito dalla Corte è agevole: non può trasferirsi la “materia sanità” che, in quanto materia di rilevanza costituzionale (art.32) è affidata all’intera Repubblica (Stato-Regioni-Comuni-Città Metropolitane). Né possono trasferirsi singole funzioni in cui si articola la sanità come l’assistenza ospedaliera, l’igiene pubblica, l’assistenza farmaceutica, l’assistenza medica di base, quella specialistica, la funzione veterinaria, e molte altre, in quanto si tratta di funzioni non specifiche alla singola regione ma comuni a tutte. 

Peraltro, il principio di sussidiarietà che valorizza le autonomie territoriali non può spingersi fino al punto da escludere lo Stato abolendo di fatto il Servizio Sanitario Nazionale ex art. 32 Costituzione e leggi di riforma sanitaria 833/78 e 502/92. Tutto ciò vale anche per l’istruzione, “spina dorsale del Paese” (Asor Rosa, intervista al Corriere del 2.11.2018) ed anche per l’ambiente, oggi da proteggere efficacemente soprattutto con politiche comuni sovrastatali. Così, insomma, vale la giusta applicazione del principio di sussidiarietà per ogni altra materia di rilevanza costituzionale.

Ma il Giudice delle Leggi, nonostante questi parametri siano di per sé già sufficienti per bloccare la legge Calderoli, non si è fermato qui.

Egli ha infatti stabilito che per i Lep (livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali) spetta al Parlamento e non al Governo fissare i princìpi ed i criteri direttivi per la loro determinazione. Ha precisato che l’aggiornamento dei Lep non può farsi con atto governativo (DPCM) bensì con atto del Parlamento e ciò vale anche per le aliquote di compartecipazione al gettito tributario. I finanziamenti non vanno peraltro determinati in base alla spesa storica ma sulla base di costi e fabbisogni standard, il che rende peraltro giustizia alle regioni del sud che, sulla base della spesa storica, possono solo perpetuare la loro insufficienza nei servizi pubblici (es: servizi sociali) senza alcuna implementazione che soddisfi il vero fabbisogno come certificato dai Lep.

Inoltre, le Regioni non hanno la facoltà (come vuole Calderoli nella sua legge) bensì l’obbligo di concorrere agli obbiettivi di finanza pubblica, né il Governo è esclusivo titolare del potere di iniziativa per le intese sulle autonomie particolari.

C’è dell’altro nella massima della Corte Costituzionale ma qui non mette conto di parlarne perché quanto evidenziato basta e avanza per dire che la legge Calderoli non esiste più dovendosi, affinché sia immune da vizi di illegittimità costituzionale, apportare tutte le modifiche e le integrazioni sostanziali volute dalla Corte medesima. Cha la legge sia stata demolita dai dicta della Corte Costituzionale è peraltro opinione comune della stragrande maggioranza dei costituzionalisti che in questi giorni hanno fatto sentire la loro voce.

Dunque, il referendum?

Ed allora possiamo tirare le somme per rispondere alla domanda iniziale che ci siamo posti.

A nostro avviso il referendum non è più attuale perché interverrebbe su una legge che, seppure formalmente ancora in piedi, non è più applicabile nelle sue parti fondamentali. Sono stati introdotti dal Giudice Costituzionale tali e tante modifiche ed integrazioni sostanziali e non certo marginali che fanno venire meno proprio l’oggetto del referendum.  

In altri termini si voterebbe su una legge che in gran parte non esiste più anche perché alcuni princìpi introdotti dalla Corte devono già considerarsi del tutto simili al c.d. ius superveniens: il noto  articolo 116, terzo comma  del titolo quinto della Costituzione che prevede la possibilità di autonomie particolari (e non differenziate), dovrà interpretarsi per il futuro come se ci fosse un ulteriore comma il quale stabilisce  che le “materie” di cui all’art. 117 non sono trasferibili alla esclusiva competenza delle regioni, che le “funzioni”  devono essere specifiche e non comuni (es.: minoranze linguistiche, luoghi di confine o con esigenze particolarissime, ecc. ) ed in ogni caso anche le funzioni devo essere giustificate dalla perfetta applicazione del principio di sussidiarietà.

 

La giusta autonomia regionale

Molti firmatari della richiesta di referendum, tra cui il sottoscritto, sono favorevoli allo sviluppo dell’autonomia regionale ma non certo nella forma voluta da Calderoli giustamente definita secessionista o frantumatrice dell’unità della Repubblica.  Essi sono contrari allo statalismo di massima centralizzazione ma pure al secessionismo ed alla competitività tra Regioni. 

Essi vogliono l’autonomismo regionale come disegnato dai Padri Costituenti nel 1948 eventualmente aggiornato dal legislatore del 2001(nuovo titolo V) ma a condizione che tale aggiornamento sia interpretato ed applicato secondo le odierne ed inderogabili direttive del Giudice delle Leggi.

Ben vengano perciò i Lep (livelli essenziali delle prestazioni e relativi fabbisogni e costi standard); così si “certificherà” una volta per tutte quale sia il bisogno effettivo di ciascuna regione rispetto agli standard, quale e quanta differenza via sia tra regioni ricche e regioni povere, come debba assolutamente abbandonarsi il criterio assurdo della spesa storica che nulla aggiunge alle regioni povere ed anzi le costringe ad un permanente distacco dalle regioni ricche.  Ben venga tutto ciò, così sarà meglio misurabile anche la performance della classe dirigente territoriale politica e tecnico-burocratica.

I Lep, insomma, non servono per favorire autonomie differenziate ma sono necessari per avere chiaro quanta esigenza vi sia di riequilibrio tra i diversi territori in cui si articola la Repubblica. 

Cosa succederà ora? 

Se i supremi giudici dichiareranno inammissibile il referendum resta comunque al Parlamento l’onere di introdurre tutte le direttive costituzionali imposte dalla sentenza sapendo che ogni deroga sarà illegittima stante questo precedente tassativo; se il Parlamento non correggerà la legge nel senso indicato, la stessa resterà lettera morta (come già è successo per altre leggi) in quanto non applicabile essendo stati già espunti tutti i punti essenziali che la caratterizzavano.

Se invece i supremi giudici dichiareranno ammissibile il referendum su quel nulla che resta della legge sarà ancora più difficile raggiungere il già difficilissimo quorum (circa 25 milioni di cittadini) stante la scarsa partecipazione alle urne registratasi negli ultimi anni ora vieppiù sostenuta dal fatto che la legge Calderoli è stata già cassata dall’organo di verifica della illegittimità costituzionale e di essa non resta più nulla. Ma si può fare.

Intanto qualcuno dica a Calderoli & Co (Salvini, Zaia, Fontana e maggioranza governativa) che la partita in ogni caso l’hanno già persa e che finalmente l’autonomia regionale non sarà mai differenziata come loro avrebbero voluto con uno spirito anticostituzionale e spezzaitalia mai visto dal 1948 ad oggi. (em)

 

Città unica di Occhiuto o Grande Cosenza di Andreatta?

di FRANCO BARTUCCIVisto così potrebbe essere un quesito che i cittadini di Rende, Cosenza e Castrolibero, saranno chiamati a scegliere partecipando al referendum indetto per il prossimo 1° dicembre dal Presidente della Giunta Regionale della Calabria, Roberto Occhiuto. Per dire la verità costoro saranno chiamati ad esprimersi per il “Sì”, che prevede la fusione in “città unica” dei tre comuni sopra citati, oppure per il “No”, preferendone la indipendenza e autonomia come tuttora vigente.

Per la “città unica” si intende questa scelta netta e nelle condizioni e descrizione che abbiamo ampiamente trattato nei nostri servizi precedenti e cioè riconoscere e legalizzare l’insieme di tre aree urbane ormai già esistenti nelle parti basse dei centri storici di Rende e Castrolibero con annessione ed integrazione all’area urbana di Cosenza con in cima il suo centro storico. Il termine “Città unica” è stato lanciato nel 2019 dalla consigliera regionale Simona Loizzo, oggi parlamentare.

Mentre della “Grande Cosenza” il termine nasce negli anni Sessanta nei vari circoli culturali e politici della città bruzia a seguito dell’impegno per far nascere in Calabria la prima università calabrese, che si concretizza con l’approvazione della legge istitutiva 12 marzo 1968, n° 442, che porta il nome di Aldo Moro (presidente del Consiglio) e dei ministri: Gui, Pieraccini, Colombo, Mancini, Pastore.

Nel mese di febbraio 1971 il Presidente del Consiglio Emilio Colombo, avendo come sottosegretario alla presidenza del Consiglio Dario Antoniozzi, nonché come Ministro della Pubblica Istruzione l’on. Riccardo Misasi, fa approvare dal consiglio dei Ministri, il cosiddetto “Pacchetto Colombo”, che prevede per il cosentino l’insediamento della prima università statale calabrese, ratificata successivamente nel mese di aprile da un Decreto del Presidente della Repubblica.

Il Comitato Tecnico Amministrativo, presieduto dal Rettore Beniamino Andreatta, riunitosi nel salone di rappresentanza di Palazzo dei Bruzi, delibera, dopo un periodo di studio del territorio, di insediare la nuova università, la prima istituita dalla Repubblica italiana, a Nord di Cosenza, sui territori di Rende e Montalto Uffugo, legando a Sud il complesso universitario alla superstrada 107 Crotone/Cosenza/Paola, mentre a Nord all’asse ferroviario Cosenza/Paola in località Settimo di Montalto Uffugo, costeggiata a valle dall’autostrada Salerno Reggio Calabria. Da questa scelta prende corpo, quindi, l’idea progettuale della “Grande Cosenza”, avendo come cuore palpitante e propulsivo la nascente Università della Calabria, sull’asse portante principale Montalo Uffugo/Rende e legato alla città capoluogo di Cosenza per ragioni soprattutto istituzionali e governative.

Che cos’è quindi la Grande Cosenza scaturita dalla nascita dell’Università della Calabria ed impostata nel territorio appena descritto? In parole semplici non è altro che una nuova città pensata nella media Valle del Crati, che per il Comitato Tecnico Amministrativo ed il suo presidente, prof. Beniamino Andreatta, doveva essere punto di riferimento al centro del Mediterraneo, ma soprattutto una città europea con la sua università aperta ed al servizio del territorio per un suo sviluppo economico, sociale e culturale.

Una nuova città che con l’Università si estendeva nella vasta area della media Valle del Crati, coinvolgendo attraverso un sistema viario, autostradale, ferroviario e metropolitano i vari centri urbani dislocati sulle fasce montane circostanti e lungo l’autostrada tanto da paragonare la nuova Grande Cosenza alla città metropolitana di Londra, fatta da un insieme di comuni. La Grande Cosenza legata a Castrovillari e Sibari attraverso un sistema di metropolitana veloce guardando alle due sponde dello Jonio e del Tirreno, come anche alla fascia interna della Sila per esserne laboratorio sperimentale di studio e valorizzazione in termini di investimenti turistici ed imprenditoriali.

Per fare tutto ciò si raccomandavano interventi importanti da realizzare: il completamento della galleria ferroviaria di base Paola/Cosenza; la costruzione della strada dell’Esaro; la costruzione dei raccordi stradali dall’autostrada del Sile ai nuovi insediamenti presso gli abitati a sinistra del Crati; il riammodernamento dell’itinerario stradale da Catanzaro Lido a Sant Eufemia; la costruzione della sede, con tracciato poi utilizzabile per la metropolitana veloce su rotaia, sull’itinerario della pedemontana della Serra inserito tra gli abitati storici a sinistra del Crati e la fascia boschiva a monte.

Insomma dichiarava il Rettore Beniamino Andreatta al quotidiano “La Stampa” di Torino in un servizio giornalistico pubblicato il 30 giugno 1971 con il titolo “La sfida dell’Università in Calabria” : «Pensiamo all’Ateneo calabrese come ad un quartiere specializzato di un’area metropolitana». Ed ancora: «dobbiamo fare scelte rapide per rompere la delusione del Mezzogiorno, e scelte precise per non annegare nel perfettismo dei meridionali, che alimenta discussioni interminabili. Una città come Cosenza con l’Università avrà influenza su tutta la Calabria, sarà una città di giovani in una regione che da decenni perde i suoi giovani. Naturalmente vogliamo che l’Università sia come la concepiamo, che funzioni come se ci fossimo noi stessi che l’organizziamo».

Ci sono i disegni, le planimetrie, le relazioni descrittive che mostrano il tipo di Università che la Calabria avrebbe dovuto avere sviluppata su un asse di 3 km e 400 metri tra la superstrada 107 e i binari del tracciato ferroviario Cosenza/Paola in località Settimo di Montalto Uffugo sui territori dei comuni di Rende e Montalto. Sono state appena realizzate opere strutturali lungo un asse di un chilometro e 420 metri lineari ed un complesso residenziale pari a 2.300 posti letto; mentre in base alla legge istitutiva ne avrebbe dovuto accogliere il 70% degli studenti iscritti, tradotti in termini numerici almeno 8000 posti.

L’incuria politica ed il disinteresse scaturito negli anni anche per una scarsa attenzione sia da parte della stessa comunità universitaria come della società calabrese, ne ha bloccato il progetto da ben 15 anni; mentre adesso con il disegno di legge regionale della “Città unica” ne cancellano la memoria decurtando l’area  di 310 ettari assegnatele nel 1971, con delibere dei Comuni di Rende e Montalto Uffugo, spazzando via circa 50 ettari che si trovano sul territorio di contrada Settimo, attigui al torrente che costituisce la linea di confine tra i due comuni, dove si trova la confluenza dei tratti ferroviari Cosenza/Paola e Sibari/Paola, utilizzati dal treno alta velocità Sibari/Bolzano, per non ricordare che proprio su Settimo sono in cantiere la stazione ferroviaria incrocio dell’asse portante dell’UniCal e lo svincolo autostradale Montalto sud/Rende.

C’è da chiedersi cosa ha spinto questa classe politica regionale ad insistere nel predisporre un disegno di legge che prevede la fusione solo dei tre comuni Rende/Cosenza e Castrolibero escludendo Montalto Uffugo? Sebbene informati fin dal 2019 della debolezza del progetto rispetto al disegno della Grande Cosenza, con costanti servizi giornalistici pubblicati da Calabria.Live e da contatti e colloqui frontali, come telefonici, perché questa perseveranza verso un referendum consultivo che anziché unire una comunità nell’impostare la nascita di una nuova città, posta su una unica area urbana, finisce per spaccarla?

Attraverso i vari servizi giornalistici abbiamo sempre chiarito che la nuova grande città andava realizzata in funzione del rispetto del progetto dell’Università della Calabria ed è un punto doloroso che questo non sia avvenuto, sia nella fase preparatoria del testo di disegno di legge, come nella fase di dibattimento in corso per la campagna referendaria. L’UniCal è un oggetto calato dal cielo non avendo diritto di rendersi visibile. Eppure i padri fondatori ebbero a fare raccomandazioni particolari riportati in precedenza in questo servizio per garantire crescita e sviluppo a se stessa, ma principalmente alla società calabrese.

Come altrettanto triste è il fatto che la stessa comunità universitaria e chi la dirige oggi nella sua governabilità non abbia alzato voce per tutelare e difendere l’integrità territoriale della nascente Università della Calabria da collocare in un’area urbana unica, per come chiesto dai padri fondatori, e non su due per come emerge dal disegno di legge regionale oggetto di discussione.

Se la dirigenza dell’UniCal tace con il referendum è bene che i cittadini esprimano il loro pensiero se le cose vanno bene così come sono, oppure credere che c’è ancora una speranza per cambiare pagina ed essere parte attiva nella costruzione di una nuova Grande Cosenza apponendo un “no” sulla scheda referendaria, aprendo, così, la strada nel dare inizio a quel percorso mirato a creare la città metropolitana sull’asse portante Università della Calabria esteso sul territorio Rende/Montalto Uffugo. Ci sono in questo servizio quattro immagini di Settimo e che mostrano la vacuità del disegno della città unica che ne esclude l’annessione, che ne giustifica la bocciatura. (fb)

L’OPINIONE / Franz Caruso: Referendum non sia usato a fini di parte

di FRANZ CARUSO – Immagino che l’invito del  presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, a non usare l’esito del referendum per la città unica Cosenza, Rende, Castrolibero  “come una clava per perseguire ragioni politiche”, sia indirizzato a chi ci sta deliziando con le sue uscite social dal chiaro sapore oscurantistico e antistorico, sfiorando il bizzarro o addirittura il grottescO.

Bene il Presidente Roberto Occhiuto, e non è un eufemismo, che riprendendo in mano una situazione tragicomica, riporta con i piedi per terra quanti, sostenendo la propria  proposta, mirano a sminuire  il ruolo prestigioso che Cosenza ha avuto nella storia e che nessuno mai potrà toglierle. Oltretutto, un modo maldestro per sollecitare  contrapposizioni campanilistiche con la città di Corigliano-Rossano che è uno dei punti di forza nel sistema territoriale regionale.Chi può disconoscere a Cosenza “Cosentia” di essere stata capitale dei Bruzi, capoluogo della Calabria Citeriore, identificata come Atene della Calabria, in riferimento alla sua tradizione culturale oltre che al ruolo svolto nella storia contemporanea?

Solo qualche sconsiderato… Certo, negli ultimi dieci anni, l’immagine di Cosenza è stata appannata, ha perso residenti, visto chiudere attività commerciali ed ha subito l’onta del dissesto. Situazioni che noi stiamo risanando, dando vita ad un vero e proprio rilancio della città che sta sfociando in un brillante dinamismo sociale, economico e culturale, anche grazie ad una straordinaria capacità realizzatrice volta a concretizzare con i fatti la città unica che è nel mio programma elettorale e per la quale sto lavorando portando avanti progetti e programmi chiari e definiti. Con il presidente Occhiuto, peraltro, condivido l’assunto secondo cui “non si possono assicurare servizi di qualità con risorse scarse”.

Per questo motivo il governatore della Calabria potrebbe e, io ritengo, dovrebbe corrispondere a Cosenza l’equivalente delle risorse che le sono state sottratte con il definanziamento della Metropolitana Leggera Cosenza-Rende-Unical così da consentirci di  dar vita ad un sistema di BRT ( Bus Rapid Transit), indispensabile per migliorare la qualità della mobilità nell’area urbana e rendere sempre più concreta la realizzazione della Città Unica. (fc)

[Franz Caruso è sindaco di Cosenza]

Dalla città unica parte la demolizione della Grande Cosenza città metropolitana di Beniamino Andreatta

di FRANCO BARTUCCIUna classe politica debole e senza memoria sta scippando all’Università della Calabria il diritto di crescere e diventare adulta come pensata e programmata dai padri fondatori, collocandola a Nord di Cosenza, tra la Statale 107 Crotone/Cosenza/Paola in territorio di Rende ed il tracciato ferroviario Cosenza/Paola- Paola/Sibari con incrocio a Settimo di Montalo Uffugo, lì dove l’asse strutturale della cittadella universitaria avrebbe dovuto avere la sua stazione ferroviaria di servizio per collegamenti viari in direzione dei quattro punti cardinali della Calabria in collegamento ed in rapporto con il resto del paese.

Tutto questo succede per effetto del disegno di legge di città unica, approvato dalla maggioranza di centro destra del consiglio regionale, che prevede la fusione dei Comuni di Rende, Cosenza e Castrolibero, con esclusione di Montalto Uffugo, dove l’Università della Calabria in località Settimo ha a sua disposizione, in quanto vincolati nel 1971, circa 50 ettari di terreno per realizzarvi importanti opere del progetto Gregotti, tra le quali la stazione ferroviaria in attesa di realizzazione.

Un disegno di legge che ha trovato dall’esterno l’appoggio dei consiglieri di minoranza del Partito Democratico, per effetto di aver proposto un emendamento, ottenendone l’approvazione, che prevede lo scioglimento dei consigli comunali dei tre comuni, a partire dal mese di febbraio 2027 per costituirli in città unica.

Un sostegno che tradisce il lavoro ed il sogno del Rettore Beniamino Andreatta (considerato uno dei padri fondatori del Partito Democratico) di porre le basi, con la nascita dell’Università della Calabria, della creazione di una “Grande Cosenza”, su un asse portante costituito tra i comuni di Montalto Uffugo, Rende, Cosenza per dare visibilità all’Europa e all’area del Mediterraneo la presenza di una nuova grande città metropolitana collocata nella media Valle del Crati. Una città metropolitana paragonabile alla città di Londra per effetto dell’aver messo insieme vari centri urbani collegati tra loro di un sistema viario misto stradale e metropolitano.

Con la città unica questo sogno di Andreatta scaturito dalle analisi e lavoro del Comitato Tecnico Amministrativo, che guarda caso nasce da una seduta tenutasi nel salone di rappresentanza del comune di città dei Bruzi il 31 luglio 1971, esattamente il 19 novembre 2024, a distanza di 53 anni nello stesso salone viene infranto dalla dichiarazione del sindaco, Franz Caruso, che a proposito del Referendum indetto per il 1° dicembre prossimo, dice e si dichiara  per il sì in modo di pensieri poco chiari e confusi con riferimenti alle cose fatte nell’arco dei suoi tre anni di gestione del comune ( vedi unificazione dei servizi primari avviati già con i comuni di Rende e Castrolibero, come l’unificazione del trasporto locale, ecc.).

«Se vince il sì, già dal giorno seguente – dichiara il sindaco Caruso in conferenza stampa – deve iniziare un lavoro comune tra Regione, Comuni e UniCal ed associazioni competenti in materia di fusioni, debbono lavorare insieme per avviare un percorso virtuoso di creazione della città unica».

Già di per sé il termine “unica” richiama il valore pregnante dell’unità che in questa circostanza non esiste (vedi riflessi referendum); mentre una nuova città per essere nel pieno della maturità e convivenza civile, sociale ed umana alta e qualificante richiede un dovere primario costituito dal “saper stare insieme” nel rispetto dei valori pregnanti della democrazia e della libertà, ma soprattutto nell’essere una “comunità umana” che vive sapendo rispettare gli altri prima che sé stessi in perfetta concordia, socializzazione e spirito di pace. Tutto questo non lo vediamo in questa fase dai vari comportamenti tra i fautori del “sì” e quelli del “no”.

Nel suo dire il sindaco Caruso credo che faccia confusione tra la città unica di Occhiuto e la città metropolitana pensata ed auspicata da Andreatta con il lancio della “Grande Cosenza” che prevedeva come punto di appoggio forte e primario l’inserimento di Montalto Uffugo avendo sul territorio di Settimo l’incrocio delle tratte ferroviarie Cosenza/Paola e Sibari/Paola e non è un caso che alla fine della conclusione della conferenza stampa gli ho posto una richiesta attraverso una domanda specifica e cioè di convocare in quella sala storica per la nascita dell’Università della Calabria, prima del referendum, la cittadinanza per riflettere insieme sul tema “La città unica di Occhiuto o la Grande Cosenza di Andreatta?”. Non dico la risposta.

Nella conferenza del primo cittadino ci sono dei passaggi su cui vale la pena riflettere a dimostrazione del pessimo lavoro ch’è stato fatto per arrivare a proporre un disegno di legge di città unica che fa acqua da tutte le parti e che le cittadinanze interessate ne debbono prendere coscienza se è loro intenzione recarsi alle urne per esprimere in modo responsabile un voto per il referendum consultivo indetto per il 1° dicembre prossimo.

 «Arrivare al 2027 – è stata la dichiarazione del sindaco – con uno studio di fattibilità serio che partendo dal presente ci proietti nel futuro, la stesura di una bozza di statuto del nuovo ente comunale, l’armonizzazione delle finanze e, soprattutto, un chiaro progetto di unificazione dei servizi primari. Un punto, quest’ultimo, su cui noi siamo già partiti avviando, primi in Calabria, insieme ai comuni di Rende e Castrolibero, con la costituzione dell’ambito territoriale per l’unificazione del servizio di trasporto pubblico locale».

Strano prendersi tutto questo tempo per fare le cose appena dette, riconoscendo la debolezza del piano di fattibilità fatto predisporre dalla commissione del consiglio regionale (due anni e mezzo), avendo la spada di Damocle, se qualora nel referendum dovesse vincere il “sì” e mi auguro che invece prevalga il “no”, della decisione ormai presa di accettazione di una “città unica” definita nei confini, a Nord con il torrente Settimo, e nella estensione territoriale dei comuni di Rende/Cosenza/Castrolibero.

Non sarebbe stato più utile e giusto ritirare il disegno di legge invitando il consiglio regionale a riscriverne uno nuovo in concordia tra tutte le parti con il coinvolgimento della stessa Università della Calabria, esclusa (pur essendone una vittima primaria) da ogni trattativa consultiva, come espressamente abbiamo chiesto al presidente Occhiuto nel mese di agosto scorso attraverso una lettera aperta pubblicata soltanto da Calabria live?

Pensiamo che nell’arco di sei mesi si sarebbe potuto sviluppare una nuova legge per dare il via da subito alla creazione della grande Cosenza come punto centrale di riferimento quell’incrocio ferroviario sorto in contrada Settimo di Montalto Uffugo (vedi immagine fotografiche).

«Lo slittamento al 2027 – ha detto Franz Caruso – mi interessa solo se è finalizzato alla definizione delle modalità organizzative ed amministrative da attivare con rigore e responsabilità, senza alcuna improvvisazione, per l’istituzione del nuovo Comune e non certo per altre ragioni, per come ho già avuto modo di dire due anni fa ai consiglieri Caputo e De Francesco quando mi proposero la data del 2027». 

Poi nel testo del comunicato stampa diffuso, e ritengo approvato dal sindaco, c’è un passaggio che dice molto sulla scarsa conoscenza e distinzione chiara esistente tra città unica e la grande Cosenza, che abbiamo già chiarito in precedenza in questo servizio.

«Rispetto alla sua posizione a favore della Città Unica, cristallizzata, peraltro, dal Consiglio Comunale di Cosenza – è riportato nel comunicato – già lo scorso anno, Franz Caruso ricorda anche la battaglia elettorale del 2016, al fianco di Carlo Guccione e nella coalizione che si chiamava proprio Grande Cosenza, che della città unica aveva fatto una bandiera, per arrivare al programma elettorale del 2021 in cui è tracciata chiaramente l’idea visionaria di Città Unica allargata, addirittura, ad un’area vasta metropolitana».

Ecco qui, pur non citandolo il pensiero visionario del grande Beniamino Andreatta.

Il comunicato riporta poi delle frecciate che il Sindaco in conferenza stampa ha rivolto ai due fratelli Occhiuto (sindaco e presidente della regione): «Al contrario di quanto ha fatto il mio predecessore, che oggi di Città Unica si riempie la bocca – incalza Franz Caruso – ma che per dieci anni sul tema ha prodotto solo un’anonima delibera di Giunta in cui è stata espressa solo la volontà di chiamarla, eventualmente, Cosenza».

«Da quando mi sono insediato – ha sostenuto Franz Caruso – ed in soli tre anni, il progetto di realizzare la città unica l’ho riempito, invece, di contenuti, portando avanti un processo serio e deciso bloccato solo dalla Regione Calabria. Io ho detto si alla metropolitana leggera, che l’ex sindaco ha di fatto bloccato, fino al definanziamento operato dall’ attuale presidente della Calabria. Io ho detto si al nuovo ospedale Hub di Cosenza a Vagliolise, sito baricentrico nell’area urbana e che collega la sibaritide, lo ionio ed il tirreno in maniera agevola (vedi funzionalità hub ferroviario di Settimo!), a cui prima l’ex sindaco Mario Occhiuto ha detto no perché lo voleva vicino al centro storico di Cosenza, mentre ora il fratello governatore vorrebbe realizzare ad Arcavacata a servizio dell’Unical. Non più un Hub, quindi, ma un policlinico che non è la stessa cosa. Per questo motivo si stanno allungando i tempi di realizzazione della nuova struttura ospedaliera, di cui abbiamo un bisogno impellente, e temo che anche in questo caso perderemo i finanziamenti destinati da Inail all’ospedale HUB di Cosenza».

«Per cui – ha detto ancora Franz Caruso – io sono per la Città Unica, il cui primo ispiratore è stato il compianto Pino Iacino che in una visione di sviluppo del territorio vedeva il centro storico di Cosenza e l’Unical come dei grimaldelli capaci di aprirne la cassaforte. Questa idea ci accompagna, dunque, da sempre e non la cedo a nessuno, men che meno a chi, invece, non l’ha mai neanche lontanamente contemplata, operando addirittura nel senso opposto».

«Sono ricorso al Tar contro il Referendum – ha concluso – perché non ho potuto intervenire sulla legge omnibus, che consideravo e considero una vera e propria azione di barbarie amministrativa che mina, di fatto, l’autorevolezza e l’autonomia dei Comuni per come sancita, peraltro, nella Costituzione Italiana. Per cui la battaglia legale, che non abbiamo perso, checché ne dica qualcuno perché il merito è altro, è una battaglia in difesa della democrazia e della libertà, oltreché dell’autonomia dei consigli comunali».

In questa parte finale di chiusura del comunicato che riporta fedelmente il pensiero espresso dal Sindaco Caruso in conferenza stampa è bene puntualizzare alcune cose e cioè: 1) nel suo dire non vedo una figura di sindaco teso a pensare e lavorare già nell’ottica della città unica, bensì nei limiti dell’attuale Cosenza; 2) in merito alla commemorazione del sindaco Iacino, subentrato al sindaco Fausto Lio, componente del Comitato Tecnico Amministrativo e successivamente del Consiglio di amministrazione dell’Università, si è impegnato a continuare l’opera che il suo predecessore aveva creato all’interno dei due organismi circa la valorizzazione del centro storico di Cosenza.

Riuscì, infatti, a far approvare una delibera nel 1974, con Andreatta favorevole, che prevedeva la costituzione di una commissione di studio per come meglio progettare e programmare l’insediamento di mille posti letto soprattutto per gli studenti nel centro storico di Cosenza, come anche un insediamento universitario in territorio di San Lucido. Il non avere creato un sistema di metropolitana veloce di collegamento con l’area universitaria di Arcavacata ne ha reso invano gli sforzi e la buona volontà realizzativa. 3) il fatto che il presidente della Giunta Regionale Roberto Occhiuto abbia chiuso con una transazione il rapporto con l’impresa vincitrice dell’appalto di  realizzazione della metropolitana di collegamento Università/Centro storico di Cosenza e dirottato 68 milioni di euro, sapientemente cercati dal governatore Mario Oliverio, a favore del completamento della metropolitana di collegamento tra l’Università di Germaneto e l’antico borgo della città di Catanzaro, non è altro che il segno visibile di un fine non certamente teso a fare di Cosenza quella grande città metropolitana lasciataci in eredità dal Rettore Beniamino Andreatta.

Mi addolora che il Partito Democratico cosentino, al quale ho dato la mia fiducia di adesione e continuerò a battermi per la sua esistenza e successo nel tempo, sia caduto nella trappola creata da soggetti di un’area politica che purtroppo si è collocata in una posizione non certamente apprezzata e stimata a suo tempo da uno dei padri fondatori di questo partito.

Non rimane a questo punto rivolgere un appello al Rettore dell’UniCal per presentare un immediato ricorso al Tar Calabria di sospensione del referendum e del disegno di legge a tutela della integrazione territoriale sul quale ha diritto di crescere e svilupparsi per i fini che la legge istitutiva le ha assegnato. Poi rimane il successo del “No” che ognuno può esprimere in liberta e responsabilità informata. (fb)