L’OPINIONE / Luigi Sbarra: Occorre rivoluzionare il vecchio modello sanitario

Bisogna mettere intorno ad un tavolo Regioni, istituzioni locali, imprese e sindacati per considerare le criticità maggiori e valutare con attenzione ogni singola risorsa disponibile e quelle ulteriormente attivabili. Occorre rivoluzionare il vecchio modello sanitario focalizzato sulla patologia e disegnarne uno nuovo centrato sulla salute e sulla prevenzione.

Dobbiamo ripensare l’assistenza, puntando allo sviluppo di una rete di servizi mirati, in grado di rispondere ai bisogni specifici delle persone. Sul terreno dei diritti e della tutela della salute delle persone non accetteremo compromessi al ribasso nella prossima legge di bilancio.

Di fronte alle enormi sfide poste dalle grandi transizioni in atto, da quella demografica a quella climatica e a quella tecnologica, bisogna considerare la spesa sociale orientata a soluzioni durevoli come un vero e proprio investimento. Dobbiamo voltare pagina e recuperare il terreno perduto. Vanno sbloccate assunzioni e stabilizzazioni, sviluppare i servizi socio-sanitari, estendere la medicina di prossimità, azzerare le liste di attesa, rilanciare gli investimenti su telemedicina e ricerca, digitalizzare i servizi, ammodernare strumentazioni e plessi ospedalieri, garantire la sicurezza nei posti di lavoro.

Vanno rinnovati i Ccnl per la Sanità pubblica e privata. Va supportata la non autosufficienza, che a livello nazionale coinvolge quasi 4 milioni di persone, non solo anziani. (ls)

[Luigi Sbarra è segretario nazionale della Cisl]

La consigliera Straface: Al lavoro per riapertura Raporto di Medicina all’ospedale Chidichimo

«Si sta lavorando per la riapertura del reparto di medicina dell’Ospedale Chidichimo di Trebisacce attraverso il completamento dell’organico e, allo stesso tempo per la realizzazione dell’eli-superficie a supporto prezioso di tutte le esigenze salva-vita delle nostre aree, soprattutto interne». È quanto ha reso noto la consigliera regionale Pasqualina Straface, nel corso di un sopralluogo al nosocomio di Trebisacce al quale sono intervenuti anche il sindaco Franco Mundo e Francesco Laviola, dirigente dell’Azienda Provinciale di Cosenza, addetto alla programmazione ed al controllo.

«Non stiamo lesinando sforzi in questa direzione – ha sottolineato la Straface – tenendo fede a tutti gli impegni che il Presidente Occhiuto ha assunto con i calabresi e che sta portando avanti insieme alla dirigenza dell’Asp, rispetto alla riapertura degli ospedali chiusi, al potenziamento delle loro specifiche funzionalità ed alla capacità di risposta alla domanda territoriale, a garanzia del fondamentale diritto alla salute».

Nel ringraziare il primo cittadino per la disponibilità e la collaborazione confermate, la Straface ha colto, quindi, l’occasione per ribadire la massima sensibilità del Presidente e della Commissione Sanità rispetto alle legittime attese della comunità di Trebisacce e di tutto l’alto jonio cosentino. (rcs)

L’OPINIONE / Amalia Bruni: Sistema sanitario calabrese sottofinanziato e a rischio

di AMALIA BRUNI – Il titolo che avete scelto per questa due giorni di approfondimento, “Sanità pubblica a rischio: priorità e sicurezza delle cure, quale riforma della colpa professionale medica?”, ci impone accurate riflessioni e strategie d’intervento. Da buoni medici non possiamo individuare la giusta terapia da mettere in campo se prima non condividiamo la diagnosi. Per deformazione professionale sono sempre partita dai dati, dai riscontri analitici, dagli indicatori: e sulla base di quelli che abbiamo a disposizione possiamo pienamente affermare che ormai da tempo il nostro Sistema sanitario nazionale attraversa la crisi più profonda dalla sua istituzione.

Il Forum delle 75 società scientifiche dei Clinici ospedalieri e universitari italiani ha lanciato un appello con cui denuncia la carenza di personale, cittadini sfiduciati, emigrazione ospedaliera. È necessario aumentare la spesa sanitaria.

Attualmente, l’Italia spende molto meno rispetto ad altri paesi europei come Germania e Francia. Questo divario si riflette in una drammatica rinuncia alle cure da parte di circa 4 milioni di persone, il 7,2% della popolazione italiana, secondo l’ultimo rapporto Istat: una percentuale che è ancora più alta in Calabria. I dati sulla nostra sanità non potranno andare a migliorare se la spesa sanitaria pubblica in relazione al Pil invece di aumentare si riduce.

Ad oggi siamo ben lontani dai principi ispiratori della legge 833/1978 con cui è stato istituito il Sistema sanitario nazionale: parliamo di una legge per cui si rende necessario un aggiornamento normativo alla luce della nuova domanda di salute e del mutato scenario sanitario. I commissariamenti e i piani di rientro sono sentenze di morte per il nostro sistema sanitario. Per garantire risorse stabili e adeguate alla sanità sono imprescindibili due proposte nel quadro nazionale: l’innalzamento della spesa sanitaria almeno al 7,5% del Pil e il superamento dei vincoli attuali di spesa sul personale, visto che il “tetto” all’assunzione di medici e professionisti sanitari e sociosanitari con contratti di lavoro subordinato a tempo determinato o con contratti flessibili è imposto da una legge che risale al 2004.La mancanza di risorse umane adeguate rende difficile gestire il carico di lavoro: il peso grava sugli operatori sanitari, considerati eroi durante la pandemia ma ora dimenticati.

E nonostante l’urgenza di aumentare le risorse da mettere a disposizione del sistema sanitario, la Camera ha bocciato la proposta di legge della segretaria nazionale del Pd Elly Schlein sull’aumento delle risorse per la sanità: perché “senza copertura”, si è giustificata la maggioranza. Eppure con un’evasione fiscale di 90 miliardi e profitti esorbitanti delle aziende farmaceutiche non tassati, le risorse potrebbero essere reperite se ci fosse la volontà politica.

Mancano i servizi, manca l’efficientamento, manca l’innovazione tecnologica, mancano investimenti in ricerca e formazione, ma mancano addirittura le cose più ovvie e indispensabili come i posti letto. Diminuisce anche il numero degli ospedali e in Calabria l’insieme della rete ospedaliera non offre le attività previste producendo una disarticolazione della risposta che spinge i cittadini verso la sanità privata. All’elenco delle carenze aggiungiamo la prevenzione, sempre poco rilevante nella programmazione socio-sanitaria registra inadeguate fonti di finanziamento: eppure il 60% del carico della malattia, in Europa e in Italia, è riconducibile a fattori di rischio che potrebbero essere modificabili con l’adozione di stili di vita salutari e una diagnosi precoce.

Dove stiamo andando? Il fondo lo abbiamo già toccato e la nostra responsabilità deve scuotere le nostre coscienze: non possiamo accettare che la legge sull’autonomia differenziata possa ancora più ingigantire i già enormi divari esistenti tra Nord e Sud. È necessaria una mobilitazione collettiva che su più fronti possa spingere verso una presa in carico innovativa, misurata e determinante della sanità pubblica: se c’è necessità di tagli nel nostro Paese, tutto può essere toccato, tranne che la sanità. (ab)

[Amalia Bruni è consigliera regionale del Pd]

Dipartimento Salute Regione: Dimissione Ospedale di Polistena fake news

In una nota il Dipartimento Salute e Welfare della Regione Calabria ha evidenziato come la notizia della dimissione dell’Ospedale di Polistena è una fake news e che, ibvece, per il nosocomio «sono in corso costanti e importanti investimenti, grazie alle risorse assegnate dalla Regione Calabria, per garantire il miglioramento assistenziale della struttura attraverso progressivi e tangibili incrementi professionali, tecnologici, infrastrutturali e l’avvio del percorso Inail».

«L’ospedale di Polistena è, infatti – viene ricordato – inserito nella programmazione del Piano triennale degli investimenti Inail per un importo totale del progetto euro pari a 35,7 milioni di euro. E dal 2022 ad oggi sono state messe in atto numerose azioni per il miglioramento infrastrutturale del nosocomio. Ristrutturazione del Pronto Soccorso e dei locali della Farmacia, ripristino e messa in sicurezza delle facciate, sistemazione e igienizzazione dei locali Laboratorio analisi, restyling del reparto di Pediatria, interventi manutentivi per i reparti di Rianimazione e Terapia Intensiva, solo per citarne alcune. Nel 2024, tra le altre cose, verranno ristrutturate le sale operatorie e il reparto di Cardiologia, verrà adeguata l’area del Cup, e verrà realizzato un nuovo punto prelievi».

«Grazie alle risorse Pnrr – continua la nota del Dipartimento – sono stati acquisiti, collaudati, e risultano regolarmente utilizzati sin dalla fine del 2022, 4 ecotomografi multidisciplinari, 1 ecotomografo Cardiologico 3D ed un ecotomografo ginecologico, per un investimento complessivo pari ad oltre 280mila euro. È stato, inoltre, già formalizzato l’acquisto di un Telecomandato RX per esami di reparto.
Con i fondi Por-Fesr Calabria 2014-2020 sono state acquisiti altri 3 ecotomografi multidisciplinari, 4 ventilatori polmonari pediatrici ed un apparecchio per le emissioni otoacustiche».

«Sul versante del personale, nel corso del 2023 e 2024 – si legge – sono stati assunti in totale 152 professionisti, e durante il 2023 è stata incrementata la quantità degli assistiti, passando da 5.844 ricoveri a 6.813 ricoveri. Per quanto attiene infine all’attività di Pronto Soccorso, il numero di accessi ha registrato un incremento nel 2023 rispetto al 2022 pari al 15,49%».

«In conclusione, come si evince dagli investimenti professionali, tecnologici, infrastrutturali e dall’avvio del percorso Inail, si ribadisce che la dismissione del nosocomio è una fake news – conclude la nota –. L’incremento di attività assistenziale testimonia che l’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria e la Regione Calabria stanno investendo in maniera significativa per migliorare il livello di efficienza e di assistenza relativi alla struttura ospedaliera di Polistena». (rcz)

Domenico Minniti è il nuovo direttore sanitario di Azienda Zero

Prestigioso incarico per Domenico Minniti, che è stato nominato, dal commissario straordinario Gandolfo Miserendino, direttore sanitario di Azienda Zero.

L’ente di governance, sul quale il presidente della Regione e commissario ad acta, Roberto Occhiuto, sta puntando per mettere ordine nel sistema sanitario in Calabria, completa la sua direzione strategica mettendo, così, un altro importantissimo tassello nel percorso tracciato, sin dal suo insediamento, dal commissario straordinario Miserendino.

«La nomina del direttore sanitario si inquadra nel percorso di strutturazione messo in campo per dare corpo all’ente – ha dichiarato il commissario straordinario Miserendino –, e rappresenta un’altra tappa importante nel suo processo organizzativo».

«Sono certo che, con l’arrivo di Minniti – ha concluso –, Azienda Zero potrà contare su una professionalità valida che, per la sua profonda conoscenza del sistema sanitario calabrese, rappresenterà un valore aggiunto per l’azione che l’ente è chiamato a svolgere».

Nativo di Napoli ma cresciuto in Calabria, precisamente a Reggio Calabria, 63 anni, Domenico Minniti, medico anestesista-rianimatore, per la sua vasta competenza in materia di Emergenza-Urgenza, ha maturato diverse e importanti esperienze professionali negli enti sanitari della nostra Regione. (rcz)

Trame 13, Francesca Nava: In Calabria non si ricorre più alla sanità pubblica

Concorsi deserti, emigrazione sanitaria, privatizzazione: è questo il quadro sconcertante sulla sanità pubblica sempre più simile a una società per azioni anche in Calabria, che è stato portato sul palco di Trame 13, attraverso un dibattito a più voci per fare il punto sul sistema sanitario calabrese.

«La Calabria è commissariata da quattordici anni, il debito è inquantificabile, non è più un territorio attrattivo. I medici non vogliono più lavorare in Calabria. I cittadini sono rassegnati, non ricorrono più alla sanità pubblica. Non c’è più consapevolezza dei propri diritti». È quanto ha detto la giornalista Francesca Nava sul palco di Trame 13, facendo il punto sulla sanità in Calabria.

Nava, assieme ad Antonella BottiniMarianna De Marzi, a marzo hanno curato l’inchiesta andata in onda a marzo su Rai 3 nel programma Presadiretta, dal titolo Sanità spa. E, di questa inchiesta, fa parte la storia di Salvatore Naccari, a cui era stata diagnosticata una sinusite cronica in una struttura sanitaria di Vibo, senza alcun controllo approfondito, anche per una mancanza di macchinari, rivelatasi, poi, un carcinoma nasofaringeo mai notato precedentemente dopo una visita a Legnano.

«Dal 2010 c’è stato un progressivo disinvestimento sulla sanità pubblica, che ha fatto crescere l’investimento sulla sanità privata dal 12 al 25%.  La Calabria non ha diritto ai diritti essenziali. Rimborsa le regioni del nord con ulteriori risorse per chi va via», ha denunciato Luca Bianchi, direttore della Svimez.

«L’emigrazione sanitaria toglie ai territori – ha ribadito –. Se perdiamo il faro della sanità, rinunciamo alla Costituzione. L’autonomia differenziata rinuncia al sogno di erogare a tutti i cittadini. L’autonomia differenziata. Non è previsto finanziamento per i livelli essenziali di assistenza. Stiamo discutendo. L’autonomia è una tassa per tutti, una tassa doppia per i cittadini del Sud».

Come si deduce dal report promosso da Svimez,  “Un Paese, due cure. I divari Nord-Sud nel diritto alla salute” nel 2022, dei 629 mila migranti sanitari (volume di ricoveri), il 44% era residente in una regione del Mezzogiorno. E secondo le valutazioni dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), nel biennio 2021-2022, in Italia circa il 70% delle donne di 50-69 anni si è sottoposta ai controlli: circa due su tre lo ha fatto aderendo ai programmi di screening gratuiti. La copertura complessiva è dell’80% al Nord, del 76% al Centro, ma scende ad appena il 58% nel Mezzogiorno.

Al dibattito, moderato dalla giornalista di LA7 Patty Torchia, ha partecipato anche la vicepresidente della commissione sanità Amalia Cecilia Bruni che sulla “fuga” dal Sud per ricevere assistenza in strutture sanitarie del Nord, soprattutto per le patologie più gravi, ha detto: «il Gemelli è fatto per 1/3 di personale calabrese. Va fuori però chi può, tutti gli altri rinunciano alle cure». Bruni si è scagliata duramente contro l’autonomia differenziata definendola “un’insulsaggine inaccettabile di questo Governo». (rcz)

CALABRIA PRIMA PER CHI SI CURA FUORI
ORA STOP ALLE “MIGRAZIONI SANITARIE”

di GIOVANNI MACCARRONEPrenotare una prestazione sanitaria all’interno del nostro Paese è abbastanza semplice. Una volta ricevuta la prescrizione medica dal proprio medico di base, è possibile contattare telefonicamente il Centro Unico di Prenotazione (Cup) e verificare così la lista d’attesa. 

Per le visite specialistiche e gli esami diagnostici con la lettera D (differibile), gli esami o le visite specialistiche dovrebbero essere fatte tra i 30 e i 60 giorni, mentre per quelle con la lettera U (urgente) gli esami o visite specialistiche dovrebbero essere fatte entro le 72 ore.

Sta di fatto che frequentemente per queste ed altre categorie la lista d’attesa supera di gran lunga questi tempi.

Per cui, il cittadino, per ricevere il servizio con tempi più rapidi, ricorre spesso ai servizi intramoenia (o in regime “intramurario”): l’attività libero-professionale che avviene all’interno delle strutture sanitarie, senza dover pagare il medico come “privato”, corrispondendo solo il ticket.

Altre volte, invece, preferisce utilizzare le strutture private convenzionate che possano offrire lo stesso servizio nei tempi previsti o comunque di qualità superiore a quello fornito da istituzioni pubbliche (Asl, Ao ecc.).

Altre volte ancora si preferisce, invece, andare lontani da casa per curarsi, quasi sempre dal Sud in direzione Nord, nella speranza di ricevere le cure migliori per la propria malattia.

Si stima che i «viaggi della salute» interessino, in un anno, circa un milione di italiani. Nel 2022, solo i ricoveri effettuati fuori Regione sono stati quasi 630 mila (contro i 498 mila nel 2020, anno della pandemia) come rilevano i dati dell’Ufficio statistica e flussi informativi sanitari di Agenas, l’Agenzia nazionale dei servizi sanitari regionali.

Quindi, approssimando i conti, senza voler far delle vere stime, potremmo tranquillamente dire che le spese sanitarie per le famiglie sono annualmente molto elevate.

È vero che, per rispetto del dettato dell’articolo 32 della Costituzione, agli indigenti devono essere comunque in ogni caso garantite le prestazioni sanitarie gratuite, ma è anche vero però che, per quanto detto sopra, costantemente i cittadini sono tenuti ad affrontare ingenti spese per la salute.  

Le famiglie già finanziano il sistema sanitario italiano tramite il fisco e, in particolare, per il 36% dall’Iva e dalle accise sulle benzine, il 28% dall’Irap e dall’addizionale Irpef, il 14% dai pagamenti diretti (prezzi), il 3% dai ticket e un altro 5% da premi di assicurazioni e mutue integrative; il restante 11% da altri tipi di tributi.

Tra l’altro, a seguito della crisi finanziaria in atto e` molto probabile che le famiglie saranno chiamate in futuro a un maggiore sforzo fiscale per finanziare il Ssn, sia sotto forma di aumento dell’addizionale Irpef (prevista fino al 3% dal D. Lgs. 68/11 sul federalismo fiscale), sia di maggiori compartecipazioni alla spesa sanitaria (+2 miliardi di euro, secondo la L. 111/11).

Va poi considerato che, data la consistenza dell’evasione e dell’elusione fiscale che ancora permangono nel nostro sistema tributario, i costi della sanità sono sopportati essenzialmente dal mondo del lavoro, che – come si è appena potuto notare – è quello che fornisce essenzialmente gli utenti della sanità pubblica

Insomma, è come il “cane che si morde la coda”, che è un modo elegante per dire che è un circolo vizioso, una situazione senza via d’uscita.

A questo proposito, bisogna considerare che quasi venti milioni non fanno la denuncia dei redditi. Il 48 % non versa neppure un euro. Quasi il 90% dell’Irpef è pagato da lavoratori dipendenti e pensionati. Dal 2024 la no tax area salirà a 13 mila euro. Sarà un aiuto per i veri poveri ma un paradiso fiscale per i finti poveri. Viene tartassato chi guadagna 50 mila euro lordi (poco più di duemila euro netti), con una tassa del 43% più le varie addizionali comunali e regionali, mentre i ricchi portano all’estero la sede delle aziende e la loro residenza fiscale. Solo 35 mila persone dichiarano più di 300.000 euro all’anno. 

Quindi – stando a quanto sopra – attualmente il Servizio Sanitario Nazionale si regge grazie al finanziamento dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, i quali, tra l’altro, ricevono spesso un salario annuo lordo medio inferiore a 11.000 euro (secondo uno studio condotto dall’Ufficio Economia dell’Area Politiche per lo Sviluppo della Cgil Nazionale, più di 5,7 milioni di lavoratori si trovano in questa situazione).

Con questo salario devono pagare soprattutto tasse, luce e gas, spese di locazione, spese condominiali, spese per mantenere una macchina, spese per la benzina (il prezzo della benzina in Italia come in tutto il mondo ha subito fortissimi rialzi nel 2022 a causa della guerra in Ucraina, arrivando anche a sfondare il tetto dei 2 euro al litro), ecc.

Se a queste spese aggiungiamo anche le spese per curarsi, si capisce il vero motivo per cui frequentemente qualcuno rinuncia alle cure (l’aumento delle spese per la salute riguarda tutte le macro-aree del Paese: al Centro e al Sud si registrano aumenti di oltre 100 euro a famiglia).

Purtroppo, questo fenomeno è molto più frequente nelle Regioni del Mezzogiorno, proprio quelle dove l’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza è inadeguata: di conseguenza, l’insufficiente offerta pubblica di servizi sanitari associata alla minore capacità di spesa delle famiglie del Sud condiziona negativamente lo stato di salute e l’aspettativa di vita alla nascita, un indicatore che vede tutte le Regioni del Mezzogiorno al di sotto della media nazionale.

Un indicatore che – come viene solitamente commentato sulla stampa – è il risultato del “monitoraggio Lea”; si tratta di una serie di indicatori (perlopiù di struttura e di processo) volti a cogliere il rispetto dei Livelli Essenziali di Assistenza nelle Regioni italiane (il monitoraggio viene effettuato dal c.d. Comitato Lea, Comitato permanente per l’erogazione dei Lea, istituito presso il Ministero della Salute).

L’indicatore non consente di tornare a vent’anni fa ma, dal 2012 al 2019 (l’anno pre-pandemia), il “punteggio Lea” è sensibilmente migliorato in tutte le Regioni a Statuto Ordinario, ad esclusione della Calabria (che ha avuto un calo da 133 a 125), ed in tutte le Regioni a Statuto Speciale, ad esclusione della Sardegna (per la quale i dati si raccolgono dal 2017 e che ha visto un calo da 140 a 111 in tre anni). 

Sulla base di questo indicatore non sarebbe quindi azzardato concludere che la qualità delle cure sia peggiorato, soprattutto nelle regioni sottoposte a piano di rientro e commissariamento (le procedure di commissariamento riguardano ben quattro regioni, tra cui la Calabria dal luglio 2010).

Ecco perché il 55% delle persone che negli ultimi anni hanno ricevuto una visita specialistica e il 40% di quelle che hanno avuto accesso a un trattamento riabilitativo abbiano coperto completamente a proprie spese il costo della prestazione. 

Questa è una situazione inaccettabile che può essere superata solo ed esclusivamente con una nuova governance delle aziende sanitarie, con maggiori assunzioni di responsabilità economica da parte di amministratori regionali e direttori aziendali e maggiore flessibilità nella sfera operativa. 

Inoltre, maggiori controlli sui manager delle Asl e delle Ao potrebbe in particolare agevolare l’attuazione delle misure di contenimento della spesa assunte ai vertici del governo centrale e regionale.

Senza dimenticare, infine, che il Pnrr ha destinato alla Missione Salute 15,63 miliardi, pari all’8,16% dell’importo totale, per sostenere importanti riforme e investimenti a beneficio del Servizio sanitario nazionale, da realizzare entro il 2026.

Poi “Tutto il resto è noia”, come dice Califano. 

Speriamo bene. (gm)

 

L’OPINIONE / Santo Biondo: Occorrono 1,4 mld per il personale sanitario in Case e Ospedali di Comunità

di SANTO BIONDO – Sulla medicina territoriale, il Governo continua a tenere nascosto il tema delle risorse economiche. In risposta alla pubblicazione, di qualche giorno fa, del nostro report sulla Missione 6 del Pnrr, Agenas ufficializza le linee di indirizzo per l’attuazione del modello organizzativo delle Case di Comunità e Ospedali, omettendo però, ancora una volta, di quantificare le risorse economiche necessarie per le assunzioni di personale sanitario da adibire al funzionamento delle Case e Ospedali di Comunità.

Il nostro lavoro di analisi ha evidenziato che, a tale scopo, occorrono circa 1,4 miliardi da destinare al personale del comparto (infermieri, infermieri di comunità, Oss e personale di supporto) al quale si dovrà aggiungere il finanziamento per i medici. Una somma molto lontana da quanto stanziato dal Governo con legge dello Stato (considerato che il Pnrr non consente di finanziare assunzioni), che si attesta invece a 250 milioni di euro per il 2025 e 250 milioni di euro per il 2026. Una cifra che, se confermata, andrebbe purtroppo a sancire il fallimento della Missione 6 Salute.

Inoltre, la previsione dell’infermiere di famiglia o di comunità ha costituito un’innovazione importante, ma i dati oggi ci dicono che nonostante il DM77 ne richieda 25/30 mila in servizio, in Italia se ne contano a malapena 3000.

Senza alcuna assunzione di nuovo personale, il rischio potrebbe essere quello di creare la figura dell’IFoC attraverso un travaso di personale sanitario dall’area ospedaliera all’area territoriale. Ciò è in totale contrapposizione con l’obiettivo sbandierato dal Governo di voler abbattere le liste d’attesa nella Sanità. Con la recente pubblicazione del report abbiamo già ampiamente rappresentato che la specifica Missione 6 Salute manca di dati e di informazioni circa la sua fase d’attuazione.

Sulla realizzazione della medicina di prossimità, dunque, il Governo continua, ostinatamente, a somministrare una cura che è sbagliata e che, se protratta, andrà a ridimensionare anche i grandi proclami che lo stesso Governo sta facendo in ordine alle riforme sulla disabilità e sulla non autosufficienza. (sb)

[Santo Biondo è segretario confederale Uil]

All’Ospedale San Giovanni di Dio di KR donata una vasca per il parto in acqua

Il Comitato di avvocati “Note fuori udienza” ha donato, al reparto di Ginecologia e Ostetricia dell’Ospedale San Giovanni di Dio di Crotone, una vasca per il parto in acqua, che sarà inaugurata martedì 11 giugno, alle 11.30.

 Gli avvocati crotonesi, Roberto Stricagnoli, Serafina Cavaliere, Marzia Lucente, Francesco Licari, Caterina Marano e Pina Notarianni, già nello scorso mese di dicembre, in occasione del concerto di beneficienza “Note fuori udienza”, avevano annunciato di voler devolvere 13mila euro al reparto di Ginecologia ed Ostetricia, con l’intento di lanciare un messaggio positivo e di speranza e di celebrare la figura della donna, oltre che il diritto alla vita e alla salute. 

Un gesto concreto di grande generosità e sensibilità nei confronti della sanità pubblica e dell’intera comunità, per il quale il reparto di Ginecologia del nosocomio cittadino, diretto da Domenico Galea e la direzione dell’Asp, guidata dal commissario straordinario Antonio Brambilla, intendono ringraziare sentitamente gli avvocati crotonesi e tutti coloro che hanno partecipato alla raccolta fondi. 

Per il reparto di Ginecologia ed Ostetricia del San Giovanni di Dio si tratta di un’acquisizione molto importante, in quanto la vasca per il parto in acqua di regola favorisce nella gestante una sensazione di benessere, accelerando i processi ed attenuando i dolori delle contrazioni. Eseguendo circa 1200 parti all’anno, l’Unità operativa complessa di Ginecologia ed Ostetricia, il cui staff è costituito da sette medici strutturati, due medici cubani e, secondo calendario, due medici in formazione specialistica dell’Università di Catanzaro, è diventata un punto nascita di riferimento e di rilievo, sia per la città di Crotone che per il vasto circondario. Il tasso di tagli cesarei nel 2023 è risultato pari a 11,2 % per i primi cesarei e a 21,8% % per il totale dei cesarei: una percentuale nettamente al di sotto della media nazionale (19,9% i primi tagli cesarei e 36,35 il totale), nonché il tasso più basso in Calabria (la cui media è pari al 34,7%). 

L’acquisizione di uno strumento quale la vasca per travaglio e parto, offrendo a tante partorienti la possibilità di sperimentare l’immersione in acqua, potrebbe incentivare sia il numero di pazienti che si rivolgeranno all’ospedale pitagorico, sia l’ulteriore riduzione del tasso di cesarei. Un obbiettivo fortemente auspicato dall’Oms e dalla comunità medica internazionale, al fine di fornire il taglio cesareo solo alle donne che ne abbiano effettiva necessità. A questo scopo e per promuovere un processo di umanizzazione del travaglio e del parto, l’Azienda sanitaria provinciale di Crotone sta lavorando affinché in futuro sia possibile offrire anche la parto analgesia, tecnica utilizzata non solo per annullare i dolori del travaglio e del parto naturale, ma indicata in situazioni ostetriche particolari, come il travaglio prematuro, il travaglio prolungato, il parto indotto, il travaglio di prova per taglio cesareo pregresso, o anche quando la gestante è affetta da determinate patologie. (rkr)

L’appello di Comunità Competente: Fare presto per usare le graduatori degli psicologi e degli assistenti sociali

Fare presto per utilizzare le graduatorie degli psicologi e degli assistenti sociali nell’interesse dei calabresi. È l’appello che Comunità Competente, assieme a 43 personalità, ha rivolto al presidente della Regione e commissario ad acta, Roberto Occhiuto, al direttore dell’Asp di Cosenza, Antonello Graziano, al commissario straordinario dell’Asp di Crotone, Antonio Brambilla, al commissario straordinario dell’Asp di Vibo, Antonio Battistini e al direttore generale dell’Asp di Reggio, Lucia Di Furia.

«I Consultori Familiari, i Servizi di salute Mentale, i SerD. ed altri Servizi – viene spiegato – stanno vivendo una  drammatica carenza di medici, psicologi, assistenti sociali ed ostetriche che riducono notevolmente  le prestazioni assistenziali che questi importanti Servizi svolgono mettendo in crisi il Progetto  Obiettivo Materno-Infantile (Pomi), la tutela della Salute Mentale nei giovani (Disturbi del  Comportamento Alimentare) e negli adulti, la cura della ” Comorbilità”, la cura dell’Alzheimer che  in Italia ed in Calabria è divenuta una epidemia, la Prevenzione e molto altro».

«Conosciamo le difficoltà nel reperire le professionalità suindicate – prosegue la lettera – ma abbiamo l’opportunità di  assumere a tempo indeterminato gli psicologi, grazie alla graduatoria del concorso espletato dall’ex  Azienda Ospedaliera Pugliese-Ciaccio che scadrà ad inizio 2025 e gli assistenti sociali tenuto conto  della graduatoria del concorso espletato dal Grande Ospedale Metropolitano (Gom) di Reggio  Calabria». 

«Con spirito di collaborazione nell’interesse supremo dei pazienti calabresi Vi invitiamo – conclude la nota – qualora non  Vi foste già attivati, ad utilizzare le predette graduatorie». (rcz)

Rubens Curia Comunità Competente Calabria;  

Giacomo Panizza Comunità Progetto Sud Lamezia Terme; 

Nunzia Coppedè FISH Calabria; 

Piero Piersante G.Dossetti ” Per una nuova etica pubblica” Cosenza; 

Rita Ciciarello CASM Calabria; 

Marina Galati CNCA ODV; 

Francesco Martino Comitato Casa della Salute Siderno; 

Santina Procopio Associazione Regionale ” Dall’Ostetrica”, 

Celeste Giovannini Accademia del Tempo Libero Reggio Calabria.; 

Isolina Mantelli Centro Calabrese di Solidarietà Catanzaro; 

Maglia Antonino Ordine Provinciale dei Medici Vibo Valentia; 

Fiore Maria ” Se non ora Quando” Marzi ( CS); 

Salvatore Miceli ” Reggio Non Tace” Reggio Calabria; 

Raffaella Dattolo Associazione ” Uniti per la nostra salute” Crotone; 

Mario Diano Corsecom Sanità della Locride; 

Maria Francesca Amendola Arcat Calabria;

Oscar Branca Coordinamento Sanità 19 Marzo Lamezia Terme; 

Daniela Diano Associazione S.IN.A.PSI. Calabria; 

Santo Vazzano Consorzio Jobel Crotone; 

Domenica Mollica Associazione Altea Reggio Calabria; 

Roberto Gatto CREA Calabria APS; 

Nicoletta Rossi Associazione San Giorgio Soccorso; 

Sandra Polimeno Associazione “5 D” Bovalino ( RC) ; 

Maria Francesca Amendola Società Italiana di Alcologia Calabria;  

Antonella Occhiuto Unione Donne Italiane ( UDI) Reggio Calabria; 

Celeste Giovannini Conoscere il Diabete Onlus ( CID) Calabria; 

Maria Teresa Roto ” Comitato Amici dei Malati Cronici” ( DAC) Reggio Calabria; Francesca Panuccio APS Arcigay Comitato Reggio Calabria;  

Antonio Laganà Associazione ” Per la ricerca neurogenetica” Lamezia Terme; Stefania Marino Associazione ” ProSalus” Palmi ( RC); 

Luciano Squillaci Forum Terzo Settore Calabria; 

Antonia Romano Comitato “Per la difesa e la promozione della sanità pubblica del Pollino”; Danilo Ferrara Ordine Regione Calabria degli Assistenti Sociali ; 

Alessandra Baldari FPCGIL Calabria; 

Lina Lizzio Associazione “Alzheimer Reggio Calabria Romana Messineo” ODV; Adriana De Luca Associazione ” Gli Altri siamo Noi ” ODV Cosenza; 

Elena Hoo “Università popolare della libera età- Auser” Rende; 

Giorgio Marcello Associazione San Pancrazio Cosenza; 

Giacomina Durante Associazione Nazionale persone con malattie reumatologiche e rare ( APMARR)  Marina Simonetti ” AttivaRende”; 

Santo Cambareri ” AltraPsicologia Calabria”; 

Ciccone Cristina Demetra cooperativa Sociale Reggio Calabria; 

Sissy Facciolà Associazione Nazionale Sclerosi Multipla ( AISM) Reggio Calabria.