di PIETRO MASSIMO BUSETTA – Nel 2022, ultimi dati disponibili, i posti residenziali per l’assistenza alle persone che hanno più di 65 anni, delle strutture territoriali, per 1000 residenti anziani sono a Bolzano 42,6 a Trento 36,4 in Italia in media 15,2, in Basilicata 1,4 e in Sicilia 1,2, ultima in classifica.
Anche i pazienti in età pediatrica beneficiano di servizi di assistenza territoriale differenziati su base regionale. Numerosi studi mostrano che i bambini ricoverati frequentemente per asma tendono ad avere meno visite programmate a livello di assistenza territoriale e una minore aderenza alla terapia farmacologica.
Queste evidenze suggeriscono che una carente organizzazione dell’assistenza territoriale e una scarsa accessibilità alle cure possono essere responsabili di un aumentato ricorso alle cure ospedaliere. Su queste basi concettuali, il tasso di ospedalizzazione per asma può essere utilizzato per misurare la qualità dei servizi territoriali in termini di prevenzione, accesso alle cure e trattamento, presupponendo che, al migliorare di queste, diminuisca il ricorso al ricovero in ospedale.
Un argomento analogo vale per la gastroenterite, una malattia comune nei bambini, nei confronti della quale una tempestiva ed efficace cura a livello territoriale pare essere associata a una riduzione del rischio di ospedalizzazione.
E i dati seguono: il tasso di dimissione ospedaliere, per 1000 pazienti in età pediatrica 0-17 anni nel 2021, sempre ultimi dati disponibili, per affetti da gastroenterite vanno dallo 0,32 della Toscana al 2,07 dell’Abruzzo, evidenziando come la qualità dei servizi territoriali anche per i bambini è molto più scadente al Sud come al Nord.
Questi dati potete trovarli nell’ultimo rapporto Svimez, che dedica un lungo capitolo alla sanità, con una serie di informazioni a livello regionale che dimostrano, se ce ne fosse ancora bisogno, che il diritto alla salute è diverso a secondo da dove nasci e va diminuendo man mano mano che scendi lo stivale. Tutto ciò porta come è evidente ed è facile immaginare ad una speranza di vita diversa.
Infatti nell’intera Penisola hanno l’attesa di vita maggiore le province di Trento (84,2 anni) e Bolzano (83,8 anni). Seguono Veneto e Lombardia (83,6 anni), Toscana e Umbria (83,4 anni), Emilia-Romagna e Marche (83,2 anni), secondo l’analisi Eurostat hanno un’aspettativa di vita di 83 anni: Valle d’Aosta, Liguria e Sardegna. Segue con un piccolo scostamento il Lazio, dove l’aspettativa è di 82,9 anni. Mentre sono in fondo alla classifica l’Abruzzo (82,8 anni), Basilicata (82,7 anni), Puglia (82,2), Calabria (81,7 anni) e Sicilia (81,3 anni).
Cioè se hai la fortuna di nascere in provincia di Trento in media vivrai tre anni in più che se nasci in Sicilia. Per cui se qualcuno definisce lo Stato italiano ladro di vita dei meridionali nessuno potrà dire che non è vero. Certo ci sarà sempre chi dirà che la responsabilità di tale situazione è di coloro che gestiscono le strutture sanitarie, nella maggior parte dei casi individuati dalla politica. Riportando tutto alla colpa degli stessi meridionali che, come nella vulgata, confermano di essere incapaci, con una classe dirigente e politica corrotta e non adeguata.
Poi si scopre che il commissariamento di 10 anni della sanità calabra, effettuata dal Governo centrale, non ha portato a grandi miglioramenti e che alla fine il lavoro di recupero lo sta svolgendo Roberto Occhiuto, Presidente della Regione e calabrese Doc.
E che i commissari scelti, alcuni emiliano-romagnoli, quindi senza il peccato originale di essere meridionali, non hanno migliorato per nulla la situazione.
Forse se si smettesse di utilizzare anche in questo campo la spesa storica e si dessero meno risorse alla sanità privata anche di eccellenza, così presente nelle aree settentrionali, si eviterebbero non solo i tanti viaggi della speranza ma che le Regioni del Mezzogiorno li finanziassero, pagando i costi delle cure dei pazienti emigranti.
Purtroppo il meccanismo della colonia interna, così come funziona nella formazione, visto che le università del Nord continuano a reggersi sulle rette, private o statali, dei ragazzi meridionali, nel ritenere il Sud un bacino dal quale attingere i giovani lavoratori, dal quale trasportare l’energia prodotta dalle raffinerie, dai rigassificatori o adesso dagli impianti solari o eolici, è perfetto anche nell’ambito sanitario.
E sarà complicato convincere chi è abituato ad un percorso di sfruttamento a farne a meno. Anche gli inglesi che se ne andarono dall’India con un percorso di non violenza promossa dal Mahatma Gandhi furono cacciati con una lunga lotta politica che ha visto l’adozione di diverse strategie tra cui la disobbedienza civile non violenta, ma anche proteste volente, divisioni interne e pressioni internazionali.
Ovviamente la situazione del Mezzogiorno non è paragonabile, ma non vi è dubbio che se non vi è una presa di coscienza e una consapevolezza diversa il meccanismo rimarrà quello che è sempre stato. (pmb)
[Courtesy Il Quotidiano del Sud –L’Altravoce dell’Italia]