Agricoltura e pesca, al via confronto in Regione per crisi col Movimento Unitario

Approfondire il confronto e verificare la praticabilità di possibili azioni da assumere a livello regionale e da prospettare alle istituzioni nazionali. È questo l’obiettivo del confronto tecnico che si terrà, nei prossimi giorni, , tra i rappresentanti del Consiglio unitario e i funzionari della Regione come concordato con l’assessore all’Agricoltura della Calabria, Gianluca Gallo, lo scorso 28 febbraio.

All’incontro, infatti, Gino Brugnano, Luana Guzzetti e Tommaso Gualtieri (allevatori e agricoltori dell’area Jonica) e Gianni Fabbris per il Gruppo di Contatto con le istituzioni del Consiglio Unitario Nazionale, hanno illustrato a Gallo gli elementi fondamentali del documento su cui si stanno sviluppando le manifestazioni degli agricoltori in diverse regioni italiane e chiarito come obiettivo principale della mobilitazione è quello di porre al Paese ed alle istituzioni la gravità della crisi delle piccole e medie imprese dell’agricoltura, dell’allevamento, della pesca, della trasformazione artigiana e della piccola distribuzione resa ancor più insopportabile dall’aumento della capacità del Made in Italy di espandere i propri guadagni.

L’assessore Gallo ha condiviso la sottolineatura che mette in evidenza la grande difficoltà delle piccole e medie imprese produttive Calabresi ed ha dato conto degli sforzi della Regione di dover fare i conti con una fase di congiuntura che investe l’intero Paese e tutta l’agricoltura mediterranea del Sud dell’Europa e che incide in maniera pericolosa per la Calabria contribuendo ad indebolirne il tessuto economico e sociale.

Sforzi che hanno portato la Regione a compiere azioni importanti intervenendo, per esempio, con iniziative sull’indebitamento delle aziende calabresi (Fondo Finagri dotato di 25 milioni di Euro con la possibilità per le piccole e medie imprese di ristrutturare la debitoria a breve ammortizzandola nel lungo periodo) o per tamponare l’emergenza sulla epidemia di bluetong su cui sono già state messe in campo diverse iniziative anche venendo incontro alle sollecitazioni della Rete degli Allevatori del Movimento Salviamo l’Allevamento.

«Certo – ha sostenuto l’Assessore  – i fattori della crisi delle piccole e medie imprese calabresi di agricoltura e pesca sono dentro il quadro nazionale ed internazionale e la Regione Calabria non può che essere interessata a partecipare e contribuire allo sforzo insieme alle altre Regioni e di concerto con le istituzioni nazionali, per concentrare, organizzare e ottimizzare gli obiettivi».

Fabbris ha chiarito ulteriormente la proposta del Movimento in campo, spiegando come «la sollecitazione alle Regioni è quella di produrre atti che documentino la realtà, oltre ogni generico e fumoso approccio, e, concretamente, forniscano uno screening realistico della situazione per sottoporlo ai livelli istituzionali sovra regionali (come la Conferenza Stato Regioni, il Governo e il Parlamento) perché si possa comporre il quadro delle crisi ed assumere, anche concertando misure in deroga contrattate in Europa, le iniziative indispensabili ad affrontare la gravissima crisi dell’acqua e della sua gestione e disponibilità e per evitare il tracollo di interi settori e di aree regionali come quelle della Calabria interessata, per esempio, da fortissime crisi nel settore dell’agrumicoltura, della cerealicoltura, dell’allevamento per le ricorrenti zoonosi che si vanno cronicizzando o di diverse marinerie costiere».

Quattro gli assi su cui concentrare il confronto e avviare la ricognizione per possibili iniziative di emergenza:

  • la messa in campo di un intervento forte e strutturale sull’indebitamento di sistema legato alle crisi di settori specifici che rafforzi e valorizzi quanto la Regione ha già messo in campo;
  • l’individuazione di quali sono i settori regionali maggiormente colpiti dal dumping di prodotti importati senza che venga garantito il rispetto degli standard ambientali, sociali e di sicurezza per la salute imposti ai produttori calabresi al fine di prospettare interventi per garantire il rispetto del principio di reciprocità;
  • una ricognizione dei costi produttivi reali delle aziende calabresi in modo da integrare le indicazioni contenute dal “Decreto Lollobrigida” di Luglio che ha opportunamente istituito la soglia minima dei costi produttivi delle aziende al di sotto dei quali i contratti commerciali sono illegittimi, anche per prospettare ad ISMEA elementi concreti su cui assolvere al mandato conferito con il decreto del Ministro e e rendere operativa l’indicazione del decreto;
  • il rafforzamento del confronto già avviato con la Rete interregionale Salviamo l’Allevamento di Territorio sulle iniziative necessarie per contrastare le epizoozie e le zoonosi in Calabria e il confronto sulle maggiori criticità delle marinerie calabresi più esposte.

Con l’impegno a tenere l’incontro tecnico e di approfondimento nei prossimi giorni, terminato l’incontro in Regione con l’Assessore Gianluca Gallo, la delegazione del Consiglio Unitario Calabrese con Gianni Fabbris si è recata a Crotone per incontrare il Presidente della Provincia di Crotone, Sergio Ferrari, cui sono stati illustrati i documenti della vertenza e per cui è stata discussa l’opportunità di convocare una iniziativa del Consiglio Provinciale cui proporre l’adozione di atti di sostegno alle richieste. Sempre presso la provincia di Crotone si è tenuto anche l’incontro con il Sindaco di Umbriatico, Pietro Greco, allevatore con cui è stato definito il percorso operativo per l’apertura di uno sportello di assistenza e ascolto degli allevatori colpiti dalle epizoozie (TBC, BRC e Blue Tong) a sostegno delle esigenze di un settore decisivo per il territorio da troppo tempo lasciato nell’incertezza. (rcz)

IL COMPARTO AGROALIMENTARE È IL CUORE
PULSANTE DELLA CALABRIA: PORTA 29 MLD

di ELIA FIORENZA – La Calabria contribuisce con un valore aggiunto annuo di circa 29 miliardi di euro, sostenendo un’economia prevalentemente orientata al settore terziario, seguito dall’industria e dall’agricoltura. Il comparto agroalimentare si distingue per la qualità delle sue produzioni locali e rappresenta un pilastro fondamentale dell’economia regionale. Le principali colture includono fichi, agrumi, drupacee e uva, oltre a cereali come frumento e segale.

L’olivicoltura e la produzione di agrumi caratterizzano il paesaggio agricolo, con un’abbondante raccolta di arance, clementine, fichi e cedri. Tra i prodotti più rappresentativi della regione spiccano il bergamotto, il rosmarino, il gelsomino e la liquirizia. Quest’ultima, in particolare, vanta una lunga tradizione e un riconoscimento ufficiale: la Liquirizia di Calabria Dop. Dal 2011, questo prodotto ha ottenuto la denominazione di origine protetta dall’Unione Europea, garantendo qualità e autenticità.

Negli ultimi anni, la produzione di liquirizia è stata incentivata, portando alla coltivazione e raccolta di circa 1.000 ettari di liquirizieti, sia spontanei che coltivati, con una produzione media annua di 2.500 tonnellate di radici. Numerosi prodotti calabresi vantano marchi di qualità IGP, tra cui la Cipolla Rossa di Tropea, le Clementine di Calabria, il Limone di Rocca Imperiale, la Patata della Sila, il Finocchio di Isola di Capo Rizzuto, l’Olio di Calabria e il Torrone di Bagnara. Anche il settore apistico ricopre un ruolo significativo, favorito da un ambiente incontaminato. Con circa 100.000 alveari censiti nel 2019, la Calabria è tra le principali regioni italiane per la produzione di miele. La pratica del nomadismo, diffusa tra gli apicoltori, sfrutta la varietà di pascoli disponibili nelle aree agrumicole della Piana di Sibari e nelle zone ricche di Eucalipto del Crotonese. La coltivazione del riso assume un ruolo strategico, grazie alla presenza della Società Agricola Terzeria e della riseria Magisa.

Ogni anno vengono prodotti tra gli 8.000 e i 10.000 quintali di risone, trasformati in varietà pregiate come arborio, carnaroli e riso nero. L’olivicoltura affonda le sue radici in una tradizione secolare. Le varietà autoctone, tra cui Dolce di Rossano, Grossa di Gerace, Carolea, Cassanese, Ottobratica e Sinopolese, coprono una superficie pari al 17,3% della produzione nazionale di olive da olio. La Calabria ospita 718 frantoi attivi, a conferma della rilevanza del settore. La Cipolla Rossa di Tropea Calabria IGP si distingue per le sue qualità nutrizionali e organolettiche. La filiera, che coinvolge oltre 1.600 operatori, genera un valore di consumo pari a 60 milioni di euro. Ricca di antiossidanti e minerali essenziali, questa varietà viene definita “oro rosso di Calabria”. Il settore vitivinicolo si estende su circa 10.000 ettari, distribuiti in territori collinari e montani.

La produzione annua si attesta sui 368.000 ettolitri di vino, di cui il 43% è rappresentato da vini Dop e il 34,6% da vini Igp. Tra le denominazioni più rinomate figurano Cirò Doc, Savuto Doc e Greco di Bianco Doc La viticoltura calabrese ha radici antiche, arricchite nel X secolo dall’arrivo dei monaci orientali, che introdussero nuove tecniche di coltivazione. L’agroalimentare calabrese si distingue per l’eccellenza dei suoi prodotti certificati. La regione conta 12 marchi Dop e Igp, tra cui tre oli extravergine d’oliva Dop e l’olio essenziale di Bergamotto di Reggio Calabria Dop. Tra i salumi spicca la Soppressata di Calabria Dop.

La Bivongi Doc, situata nella valle bizantina dello Stilaro, in provincia di Reggio Calabria, rappresenta una delle denominazioni vinicole più antiche, testimonianza di un patrimonio enologico tramandato nei secoli.

L’insieme di queste produzioni conferma il ruolo centrale dell’agroalimentare nell’economia calabrese, esaltando un connubio tra tradizione e innovazione che valorizza il territorio e le sue risorse. (ef)

 

Agricoltura, costituito il Coordinamento Akis per innovare il settore

Rafforzare la cooperazione tra istituzioni, imprese agricole, ricercatori e altri attori del settore per promuovere l’innovazione e la sostenibilità nel comparto agricolo regionale. È questo l’obiettivo di Akis – Agricultural Knowledge and Innovation Systems, uno strumento strategico messo in atto dall’UE per perseguire l’obiettivo trasversale della Pac 2023-2027.

«Akis rappresenta una grande opportunità per la Calabria –  ha commentato l’assessore all’Agricoltura, Gianluca Gallo – perché attraverso un partenariato multidisciplinare permetterà di affrontare le sfide emergenti del settore, come il cambiamento climatico, la digitalizzazione, la biodiversità e la sicurezza alimentare, favorendo allo stesso tempo la crescita di un’agricoltura innovativa e sostenibile».

«Il nostro impegno – ha concluso Gallo – è quello di garantire che le pratiche agricole siano all’avanguardia e in grado di rispondere alle esigenze di un mercato in continuo cambiamento».

Il Coordinamento regionale Akis avrà il compito di sviluppare una rete di collaborazione tra i diversi attori coinvolti nel sistema agricolo regionale, tra cui enti di ricerca, università, aziende agricole, istituzioni locali, associazioni di categoria e altre realtà che operano nel settore.

Sarà, inoltre, un punto di riferimento per la promozione di iniziative di formazione e aggiornamento professionale per gli agricoltori, con l’intento di rafforzare la loro capacità di adottare nuove tecnologie e approcci sostenibili. (rcz)

BEI: 100 milioni alla Regione Calabria per agricoltura e infrastrutture sostenibili

Sono 100 milioni la somma che la Banca europea per gli investimenti ha destinato alla Calabria per l’agricoltura e infrastrutture sostenibili.

Ciò è stato possibile grazie agli accordi di finanziamento sottoscritti con la Regione, con l’obiettivo di favorire l’occupazione giovanile, lo sviluppo di infrastrutture moderne e la transizione ecologica attraverso pratiche agricole sostenibili, mobilità pulita ed efficienza idrica. Ad annunciarlo, la Vicepresidente Bei, Gelsomina Vigliotti, e il Presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, in occasione della presentazione dell’attività del Gruppo BEI in Italia nel 2024 a Roma.

I finanziamenti da 100 milioni di euro siglati oggi rappresentano le prime tranche da 50 milioni, parte di due pacchetti finanziari più ampi da 300 milioni di euro complessivi approvati dalla BEI a favore della Regione Calabria. Questi finanziamenti, a condizioni vantaggiose e dalla durata di 25 anni, contribuiranno a sostenere investimenti per complessivi 1,6 miliardi di euro.

Il primo pacchetto finanziario punta a rendere l’agricoltura più sostenibile e resiliente ai cambiamenti climatici, promuovendo una transizione verso pratiche di pesca responsabile e la tutela della biodiversità marina. Grazie al finanziamento della Bei, sarà possibile avviare oltre 1.200 nuove imprese agricole gestite da giovani, modernizzare più di 2.500 aziende e fornire formazione a oltre 10.000 persone su temi quali agricoltura biologica, allevamento sostenibile e innovazione. Inoltre, il progetto prevede la conversione di oltre 115.000 ettari a coltivazioni biologiche e la messa in sicurezza di ulteriori 100.000 ettari per prevenire il dissesto idrogeologico. Un’importante componente digitale garantirà infine l’accesso alla banda larga a più della metà della popolazione rurale.

Il secondo pacchetto è orientato a migliorare la sostenibilità ambientale della Regione con interventi mirati alla mobilità ecologica e all’economia circolare. I fondi della BEI saranno utilizzati per l’acquisto di otto treni bimodali (elettrico-diesel), oltre che per ridurre le perdite idriche nella rete regionale, potenziandone la sua resilienza contro futuri eventi meteorologici estremi. Il progetto comprende anche interventi volti a migliorare il riciclo e il recupero dei rifiuti, con l’obiettivo di ridurre l’impronta ambientale. Infine, sono previsti alloggi a energia quasi zero (nZEB), tra riqualificazione di alloggi esistenti e la costruzione di nuovi, per circa 900 studenti delle Università di Cosenza e Catanzaro, oltre a nuovi centri di accoglienza destinati a migranti e rifugiati.

«Ripartiamo nel 2025 con la firma di due importanti accordi di finanziamento che renderanno la Regione Calabria più sostenibile, efficiente e resiliente – ha dichiarato Gelsomina Vigliotti, Vicepresidente della Bei –. Investire in pratiche agricole ecologiche, sostenere l’imprenditorialità e la formazione dei giovani, acquistare treni bimodali e realizzare infrastrutture a basse emissioni di carbonio, come alloggi per studenti e centri di accoglienza per migranti e rifugiati, è cruciale per accelerare la transizione ecologica e promuovere lo sviluppo economico e inclusivo del territorio».

«Questi accordi – ha concluso – confermano l’impegno della Bei nel supportare la sostenibilità ambientale e la coesione sociale ed economica in Europa».

«Ringrazio la Bei per aver siglato due importanti accordi di finanziamento con la mia Regione, per favorire lo sviluppo e la modernizzazione dell’agricoltura e la realizzazione di infrastrutture sostenibili – ha detto il presidente Occhiuto –. Si tratta di misure progettuali in grado di rappresentare una grande opportunità per la Calabria e per i nostri giovani imprenditori agricoli al fine di sostenere politiche green, come la conversione dei terreni a coltivazioni biologiche, favorendo la prevenzione del dissesto idrogeologico».

«Si avrà, inoltre – ha continuato – l’occasione per modernizzare la nostra rete infrastrutturale, affinché sia sempre più sostenibile e in linea con la transizione ecologica. La Calabria è una Regione desiderosa di rinnovarsi e di stare al passo con i tempi».

«I nostri giovani, che rappresentano il più grande investimento su cui puntiamo oggi – ha concluso – hanno voglia di mettersi in gioco, sviluppare competenze e aspirazioni, rimanendo nella propria terra che deve essere però sempre più moderna, innovativa e sostenibile». (rrm)

Approvata in Consiglio regionale la legge su Agricoltura sociale

Il Consiglio regionale ha approvato, su iniziativa e proposta dei consiglieri Gianluca Gallo, Filippo Mancuso e Katya Gentile, la legge tema di agricoltura sociale.

Nell’articolato normativo, che si prefigge di tutelare le fasce deboli attraverso il coinvolgimento di imprese agricole, istituzioni pubbliche, cooperative sociali e consumatori responsabili, spicca il ruolo delle fattorie sociali, centri di servizi in cui la coltivazione dell’orto, la cura degli animali, il ciclo biologico e naturale possano offrire stimoli per interventi di socializzazione, formazione e supporto all’educazione, a sostegno anche delle finalità imprenditoriali dell’attività, messa nelle condizioni di beneficiare di un più stretto rapporto col territorio e di nuove relazioni e opportunità di mercato.

«La Calabria, pur basata economicamente su un comparto agroalimentare di qualità ed in forte crescita – ha commentato Gallo, anche nella sua veste di assessore regionale all’agricoltura – presentava notevoli ritardi sotto questo particolare aspetto. Un vulnus grave, che oggi viene sanato aprendo a scenari inediti: nelle aziende agricole l’attività produttiva potrà essere affiancata da servizi culturali, educativi, assistenziali, formativi e occupazionali a sostegno di soggetti svantaggiati e a rischio di marginalizzazione i quali, a loro volta, potranno così accedere a percorsi di riabilitazione psico-fisica, sociale e lavorativa che ne favoriscano l’integrazione sociale, a tutto vantaggio anche delle aziende stesse e delle aree rurali».

In particolare, attraverso la legge di fresca adozione, che quanto agli aspetti di dettaglio sarà seguita da un regolamento attuativo, viene istituito l’elenco regionale  delle fattorie sociali e si disciplinano, dal punto di vista amministrativo, gli adempimenti propedeutici all’esercizio delle correlate attività, utilizzando gli immobili ad uso abitativo già esistenti sul fondo, anche attraverso interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione, nel rispetto delle disposizioni statali e regionali e degli strumenti urbanistici vigenti in materia edilizia e urbanistica, nonchè della normativa in materia di superamento ed eliminazione delle barriere architettoniche.

Ancora: le azioni di agricoltura sociale potranno essere svolte anche all’esterno delle strutture aziendali e dei beni fondiari nella disponibilità della fattoria sociale, nel rispetto delle norme in materia di sicurezza e igiene, con facoltà di effettuare la somministrazione di pasti, alimenti e bevande esclusivamente nei confronti dei destinatari delle attivitè. Si istituisce, altresì, un osservatorio regionale, quale luogo di confronto anche con il mondo universitario, per il monitoraggio e l’elaborazione delle informazioni sulla presenza e sullo sviluppo delle iniziative di agricoltura sociale sul territorio regionale, come ausilio alla programmazione regionale, anche al fine di facilitare la diffusione delle buone pratiche.

Gli interventi delineati saranno finanziati nell’ambito dei programmi operativi dei fondi strutturali europei coerenti, nonché attraverso il supporto di organizzazioni professionali agricole e dell’Agenzia regionale per lo sviluppo dell’agricoltura sociale calabrese. (rcz)

Le sfide dell’agricoltura calabrese tra innovazione e sostenibilità

Ha parlato dello stato dell’agricoltura in Calabria Paola Granata, presidente di Confagricoltura Cosenza, nel corso di un incontro organizzato dal Rotary Club Cosenza Nord.

Presentata dalla presidente Antonietta Converso, giovedì scorso all’hotel Europa, Granata ha parlato dei progressi che l’agricoltura calabrese ha registrato negli ultimi anni in termini di qualità, di innovazione e di sostenibilità ambientale ed umana.

Migliaia di aziende piccole e medie lavorano con passione e competenza – non solo quella tramandata dai padri, ma aprendosi a ricerca e nuove tecnologie rispettose di ambiente e salute – così arricchendo il patrimonio di sapienze ed eccellenze che è dell’intera nazione.

I risultati danno conto, tra l’altro, di una regione è seconda solo alla Puglia per quantità di olio prodotto, mentre una nota di merito va assegnata al Cosentino per essersi meglio organizzato per andare sui mercati nazionali e internazionali, come testimonia il successo delle clementine.

Non mancano, però, le negatività: la concorrenza sleale dei prodotti che arrivano da altre nazioni a prezzi più bassi pur senza una qualità comparabile a quella italiana e calabrese; la incapacità propria della nostra regione di fare rete e creare Consorzi di produttori che difendano prezzi e valore della terra e del lavoro; la scarsa riconoscibilità delle specificità calabresi sulla scena nazionale.

Paola Granata ha lamentato, ancora, la disattenzione di fatto, da parte del mondo politico verso un settore fondamentale come quello agricolo, mentre occorrerebbero misure mirate a sostegno delle aziende che affrontano sfide tanto importanti quanto gravose.

Attorno ai temi toccati si è sviluppato un interessante dibattito con i soci e l’Assistente del Governatore Sergio Nucci, presente alla serata il Governatore eletto Dino De Marco.
In conclusione, ad essere tirati in ballo sono stati i consumatori.

Terminali del complesso processo che nasce dalla terra, passa dalle aziende ed è indirizzato ai mercati, sta nelle loro scelte il potere di condizionare produttori, politica e grande distribuzione nella ricerca del meglio, della qualità reale, contrastando la contaminazione da parte di altri mercati non all’altezza degli standard nazionali. (rcs)

La Commissione UE accoglie le richieste della Regione: nuove risorse per l’agricoltura

La Commissione Europea ha autorizzato la modifica finanziaria del PSR Calabria 2014-2022 richiesta dalla Regione rendendo, così, disponibili nuove risorse per l’agricoltura calabrese.

La conferma arriva dal Dipartimento Agricoltura, che il 24 ottobre scorso aveva avanzato precisa istanza in tal senso, in coda ad un attento lavoro di concertazione con gli uffici competenti.

«In meno di un mese – ha sottolineato l’assessore regionale all’Agricoltura, Gianluca Gallo – si è riusciti a chiudere positivamente una partita alquanto rilevante per l’agricoltura calabrese, anche grazie agli ottimi rapporti instaurati con la Commissione UE ed in particolare con l’ufficio sviluppo rurale, guidato da Filip Busz, con il coordinamento di Andrea Incarnati per la programmazione 2014-2022, e con il referente per le principali regioni del Sud Italia, Leonardo Nicolia, che in stretto raccordo con il dipartimento Agricoltura si sono prodigati per l’ottenimento di questo risultato in tempi brevissimi. Saremo pertanto in grado di rimodulare e investire risorse che rischiavano di andare perdute».

Nello specifico, attraverso la modifica autorizzata da Bruxelles, sarà possibile ricalibrare la dotazione finanziaria di diverse misure strutturali negli ultimi anni pesantemente condizionate da fattori esterni quali la pandemia, il conflitto russo-ucraino, le numerose epidemie diffusesi in ambito zootecnico, le avversità climatiche.

Dal generale al particolare: per quanto concerne la Misura 4, destinata agli investimenti di ammodernamento, ristrutturazione ed innovazione all’interno delle aziende agricole finalizzati al miglioramento della competitività e della sostenibilità ambientale, preso atto della difficolta di spesa delle aziende, che avrebbe comportato un rischio di disimpegno di circa 40 milioni di euro, sono stati attivati nuovi bandi di rapida attuazione (protezione culture e fornitura arredi ed attrezzature per agriturismi), per complessivi 25 milioni di euro, mentre gli ulteriori 15 milioni saranno ora utilizzati per incrementare la Misura 13, relativa alla indennità compensativa per zone montane e svantaggiate.

Altre importanti economie di spesa, destinate sempre ad incrementare la Misura 13, provengono dalla Misura 6 (recante sostegni per le nuove imprese), da cui sono stati attinti circa 7,7 milioni di economie, e dalla Misura 8 (interventi per aumentare le superfici boscate) da cui sono stati recuperati altri 17 milioni. (rcz)

Agricoltura, da Arcea altri 17 mln per Domanda Unica

Sono altri 17 mln di euro la somma in pagamento per la Domanda Unica 2024. Lo ha reso noto l’Assessorato regionale all’Agricoltura, confermando che l’ente pagatore Arcea ha impresso un’ulteriore accelerazione alle procedure legate alla corresponsione di quanto dovuto a titolo di anticipo, in favore di migliaia di piccole e medie aziende agricole calabresi.

Il relativo provvedimento, adottato nei giorni scorsi, è di importo pari a 16.935.897 euro, che vanno ad aggiungersi agli oltre 48 milioni già erogati con i primi tre acconti, per un totale di poco superiore ai 65 milioni in un mese.

«Garantire certezze – ha commentatoa≤ l’assessore regionale all’Agricoltura, Gianluca Gallo – è fondamentale ai fini dello sviluppo del comparto agricolo, strategico per la crescita della Calabria. Altrettanto importante è assicurare liquidità a tante aziende, duramente segnate da avversità climatiche e aumento dei prezzi delle materie prime».

Intanto, con distinto decreto, Arcea ha dato corso alla liquidazione di 42.871.104,17 euro a valere sulla Misura 13 del Psr, sempre come acconto per l’indennità compensativa, a favore delle aziende agricole operanti nelle aree montane o in zone comunque caratterizzate da svantaggi naturali. (rcz)

Agricoltura, da Arcea l’anticipo di altri 35mln di euro per domanda unica

Arcea ha avviato le procedure legate alla corresponsione di quanto dovuto per la Domanda Unica 2024, a titolo di anticipo, a favore di migliaia di piccole e medie aziende agricole calabresi, per un controvalore di circa 35 milioni di euro.

Lo ha reso noto l’Assessorato all’Agricoltura. Intanto, è in corso il pagamento della terza tranche: nel complesso, liquidati quasi 50 milioni.

«Questa somma – ha spiegato l’assessore regionale all’Agricoltura, Gianluca Gallo –   si aggiunge ai quasi 14 milioni già erogati con i primi due acconti, per un totale di poco meno di 50 milioni: un’importante boccata di ossigeno per un comparto essenziale nella vita e nell’economia della Calabria e per tantissimi agricoltori che quotidianamente profondono impegno, energie e sacrifici». (rcz)

EOLICO E FOTOVOLTAICO, ENERGIA PULITA
MA ARRECANO DANNI ALLE AREE AGRICOLE

di GIOVANNI MACCARRONEMolti cittadini non si stanno rendendo conto di quanto sta succedendo al nostro territorio. Sempre più società di energia solare ed eolica si stanno espandendo sui terreni agricoli della Calabria. Come già segnalato in un precedente articolo, nel novembre 2023 risultavano già attivi nella nostra regione 440 impianti eolici – il 70% si trova nelle province di Crotone e Catanzaro e sono pure in aumento le richieste di concessioni (attualmente 157 sono in corso di valutazione). Invece, come rilevato dal Rapporto sul consumo di suolo 2023 dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), nel 2021/2022 a livello nazionale risultano consumati dall’installazione di nuovi impianti fotovoltaici a terra circa 243 ettari di suolo. Per la Calabria non risultano dati certi, ma non c’è dubbio che anche nella nostra regione una parte cospicua di terreno agricolo venga consumato da fotovoltaico installato a terra. 

Con la conseguenza che negli ultimi anni si sta assistendo allo sgombero di terreni agricoli per far sempre più posto a impianti di produzione di energia elettrica da “fonti rinnovabili di energia o assimilate”.

Risulta ormai evidente (sia a livello europeo che a livello italiano) che il ricorso a tali fonti energetiche costituisca uno degli strumenti più efficaci per l’affrancamento dalle fonti energetiche fossili ‒ auspicabile anche in chiave di sicurezza degli approvvigionamenti ‒ e per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra (sul punto si vedano i primi 5 considerando della Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili).

Così come appare del tutto evidente che soprattutto a livello europeo, oltre ad una riduzione delle emissioni di gas serra, si voglia tendere verso un miglioramento dell’efficienza energetica con una quota di soddisfacimento del consumo energetico da fonti rinnovabili pari almeno al 27 % (cfr. la Comunicazione della Commissione Com (2014) 0015 – Quadro per il clima e l’energia 2030), 

Tuttavia, a fronte di queste valide considerazioni, c’è chi, come me, evidentemente insoddisfatto, tenta di sottolineare gli effetti negativi di un possibile ulteriore aumento dell’installazione sui terreni agricoli di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra

È ormai acclarato, infatti, che il fotovoltaico a terra produca impermeabilizzazione del suolo e impoverimento del terreno e della biodiversità

Da qui l’idea, fatta propria dal legislatore, di impedire che quanto sopra possa concretamente realizzarsi. A questo proposito giova ricordare che con il decreto legge 15.05.2024 n. 63 (DL Agricoltura), convertito, con modificazioni, dalla Legge del 12 luglio 2024 n. 101, (contenente disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale) è stato previsto all’art. 5, comma 1, che “All’articolo 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, dopo il comma 1 è aggiunto  il  seguente:  «1-bis.  L’installazione degli impianti fotovoltaici con  moduli  collocati  a  terra  di  cui all’articolo 6-bis, lettera b), del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, in zone classificate agricole dai piani  urbanistici  vigenti, è consentita esclusivamente nelle  aree  di  cui  alle  lettere  a), limitatamente   agli   interventi    per    modifica,    rifacimento, potenziamento  o  integrale   ricostruzione   degli   impianti  già installati, a condizione  che  non  comportino  incremento  dell’area occupata, c), c-bis), c-bis.1), e c-ter) n. 2) e n. 3) del  comma 8 “.

Ne consegue che, a decorrere dal 14 luglio 2024 (data di entrata in vigore della legge), non è più possibile installare i pannelli solari sui terreni agricoli. Anche se, è bene evidenziarlo, nella bozza del Dl l’art. 6 modificava l’articolo 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 aggiungendo le seguenti parole: “Le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici sono aree non idonee all’installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra di cui all’articolo 6-bis, lettera b) del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28. I procedimenti di autorizzazione in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto sono conclusi ai sensi della normativa previgente”.

Invece, successivamente, è stata introdotta la possibilità di derogare al divieto di installazione di pannelli solari su terreni agricoli, Secondo quanto prevede l’art. 5, comma 1, secondo periodo, della legge 101/2024 “il divieto in questione non si applica nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunità energetica rinnovabile ai sensi dell’articolo 31 del decreto nonché in caso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), approvato con decisione del Consiglio Ecofin del 13 luglio 2021, come modificato con decisione del Consiglio Eco Fin dell’8 dicembre 2023, e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al Pnrr (Pnc) di cui all’articolo 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, converti to, con modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del Pnrr”.

Quindi, se in un primo momento il decreto legge in questione vietava in maniera assoluta l’installazione di impianti fotovoltaici su terreni agricoli, in sede di conversione si è deciso di essere meno severi concedendo la possibilità di superare il citato divieto in limitate ipotesi.

Non è questa la sede per dar conto dell’ampio dibattito scaturito, soprattutto in seno alle associazioni ambientaliste nazionali, sul senso da dare a quest’ultima soluzione, anche perché, per quel che ci riguarda, dal 14 luglio 2024 in molti casi è impedito l’utilizzo del terreno agricolo per realizzare impianti fotovoltaici. E’ questo rimane un grande successo. Sta di fatto, però, che se da una parte il legislatore è intervenuto in qualche modo su tale tipo di impianto, dall’altra parte, invece, è impressionante la mappa delle concessioni di impianti industriali per la produzione di energia mediante lo sfruttamento del vento (centrali eoliche) rilasciate sul nostro territorio.

Lo abbiamo già visto sopra. Da moltissimi anni sono stati attuati in Calabria (in particolare nelle province di Crotone e Catanzaro) progetti di invasione di pale eoliche, a terra e tra qualche tempo anche in mare. 

Nessuno ne parla. Al contrario, c’è un assordante silenzio su quanto sta accadendo da noi. Ampie zone stanno ormai perdendo le loro caratteristiche naturalistiche, agricole, storico-culturali, la stessa identità, ad opera dell’accaparramento dei terreni per l’installazione di centrali eoliche da parte di società energetiche.

Sappiamo tutti che da diverso tempo vengono stipulati atti aventi ad oggetto locazioni ultra novennali di terreni agricoli e diritti di superficie su parti di terreni anch’essi agricoli allo scopo di avere la disponibilità dei terreni sui quali realizzare impianti eolici. E sappiamo pure che la costruzione di un parco eolico può avvenire non solo su un terreno detenuto a titolo di proprietà ma anche su un terreno detenuto per effetto di un contratto di locazione, oppure su un terreno sul quale sia stato costituito un diritto reale di godimento (come il diritto di superficie). 

Per quanto di interesse in questa sede risulta, però, che l’installazione di un impianto eolico costituisce a tutti gli effetti un buon investimento per tutti coloro che possiedono un terreno ma non desiderano o non vogliono coltivarlo; i rendimenti per ettaro ottenibili, infatti, sono molto elevati.

Siffatta ragione sta spingendo i possessori (a qualsiasi titolo) di terreni soprattutto agricoli ad investire nell’eolico, o meglio a cedere i propri terreni in cambio di un guadagno facile, dimenticando tuttavia che il paesaggio, i beni ambientali e culturali e la biodiversità non hanno prezzo e rappresentano un patrimonio inestimabile la cui preservazione deve essere una priorità imprescindibile.

Ricordiamo a tutte queste persone che i parchi eolici presentano problemi enormi in vari ambiti. In particolare, i parchi in questione richiedono l’installazione di infrastrutture su ampie aree di terreno sottratto all’agricoltura, agli allevamenti di bestiame e a praterie a pascolo. Decine e decine di migliaia di ettari di terreni agricoli, pascoli, boschi spazzati via, paesaggi storici degradati, aziende agricole sfrattate, questo sta diventando il panorama in larghe parti del territorio calabrese (così come nei territori della Puglia, della Tuscia, della Sicilia e della Sardegna)

Si ricordi a tal proposito che, oltre al posizionamento degli aerogeneratori, la realizzazione di parchi eolici può comportare anche opere civili quali strade d’accesso, fondazioni, piazzole per il montaggio, scavo e ricopertura linee, opere accessorie sottostazione elettrica, regimentazione idraulica, sistemazione morfologica, opere queste che potrebbero risultare incompatibili, o quanto meno gravare sulla destinazione d’uso del territorio circostante.

Non c’è dubbio, tra l’altro, che spesso i progetti per la realizzazione di questi impianti possono richiedere l’abbattimento di alberi e la raschiatura di erbe e, in molti casi, le turbine di tali impianti (alti come un palazzo di 18 piani) possono uccidere uccelli e pipistrelli (come è stato bene evidenziato “l’impatto con gli uccelli può avvenire o direttamente, per scontro con le turbine e o indirettamente per perdita dell’habitat in conseguenza della fase di cantiere, con disturbi della nidificazione e cambi di rotte migratorie”).

Altrettanto importante è l’aspetto legato all’inquinamento acustico (riferito ovviamente al rumore generato dalle pale eoliche). A questo proposito giova ricordare che il d.lgs. 42/2017, colmando quella che con tutta evidenza appariva ormai come una vera e propria lacuna, ha inserito (art.18) gli impianti eolici tra le «sorgenti sonore fisse» di cui all’art.2, comma 1, lett.c, della legge 447/1995, affidando a successivi decreti ministeriali – peraltro ad oggi non ancora emanati, malgrado il termine per l’adozione scadesse il 16 ottobre 2017 – la disciplina dell’inquinamento acustico (art.14) come pure la fissazione di criteri per la misurazione del rumore emesso dagli impianti e per il contenimento del relativo inquinamento (art.19).

È innegabile, quindi, che il rumore generato dalle pale che girano sia di forte impatto sulle popolazioni locali ed è per questo che viene esclusa la possibilità di collocare un aerogeneratore a una distanza inferiore a 400 m da ogni abitazione (qualcuno dice che anche l’effetto Flickering, ovvero l’ombra intermittente generata dalla rotazione della pala sul suolo considerando la variazione della posizione e angolazione del sole, può dare fastidio ai residenti).

Ma anche a prescindere da quanto finora detto, quello che comunque si dovrebbe tenere presente è che gli impianti per la produzione di energia mediante lo sfruttamento del vento sono pur sempre “impianti industriali”. Pertanto, le turbine eoliche, specialmente quelle di grandi dimensioni, possono avere un impatto visivo notevole sul paesaggio. Torri alte fino a 180 metri e pale lunghe fino a 100 metri possono essere visibili a grande distanza, alterando la percezione visiva di aree naturali o rurali, in particolare in zone considerate incontaminate o di particolare valore naturalistico e paesaggistico.

Insomma, siamo messi proprio bene: tra consumo di suolo, rumore, impatto paesaggistico e sulla biodiversità il nostro territorio è ridotto proprio male.

Eppure le grandi associazioni ambientaliste nazionali parlano dell’eolico come passaggio cruciale per il futuro del nostro territorio e anche per le politiche energetiche nazionali (in tal senso anche Tar Calabria n. 32/2011).

Anch’io dico sì alle fonti rinnovabili ma allo stesso tempo dico no alla speculazione energetica. Va bene la riduzione dei consumi, il fotovoltaico sui tetti degli edifici pubblici e delle zone industriali e la costituzione di comunità energetiche, ma detto questo non possiamo proprio accettare che detti impianti possano essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, In merito, corre l’obbligo di tenere conto delle norme in tema di sostegno nel settore agricolo (valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, tutela della biodiversità, del patrimonio culturale e del paesaggio rurale).

È vero, dal punto di vista economico, che gli impianti eolici rendono di più della produzione agricola. Lo sappiamo benissimo. Ma in nome di quanto detto sopra non affittate il vostro terreno, con rendimenti che in un dato momento superano sicuramente quelli dell’attività agricola, dato che successivamente il terreno verrà restituito in condizioni non sane e con gli effetti devastanti che abbiamo descritto e a cui ciascun proprietario avrà purtroppo e suo malgrado sicuramente contribuito.

Tra l’altro bisogna ricordare che è possibile produrre energia elettrica senza dover necessariamente deturpare l’ambiente e il paesaggio. Si pensi all’energia elettrica prodotta dalle centrali idroelettriche. In Calabria ne abbiamo tante: la più famosa è quella di Timpagrande (situata nel comune di Cotronei) realizzata nel 1927 dalla S.M.E. (Società Meridionale di Elettricità), ma esistono anche quelle di Albi (CZ), Magisano (CZ), Orichella (San Giovanni in Fiore – CS), Calusia Nuova (Caccuri – KR). Si pensi anche all‘energia che sfrutta il calore naturale proveniente dall’interno della Terra (energia geotermica) e all’energia prodotto attraverso la decomposizione di materia organica, come rifiuti alimentari o letame animale, che rilasciano metano (Gas Naturale Rinnovabile – GNR)

Insomma, per la produzione di energia elettrica dobbiamo necessariamente pensare a queste ulteriori fonti rinnovabili e, soprattutto, alle potenzialità dei nostri territori rispetto ad alcune di esse. Così facendo si eviterà certamente di ricoprire il nostro territorio di mega costruzioni installate per lo più su terreni agricoli. 

Si noti, poi, che, paradossalmente, la Calabria non necessita in alcun modo di tutto questo fabbisogno energetico neppure adeguatamente verificato. Da noi, a bene vedere, la popolazione è poco più di 1.834.518 abitanti. Pertanto, se davvero si dovesse continuare a realizzare tutto quel quantitativo di installazioni indicato all’inizio, l’eventuale energia prodotta da queste mega costruzioni verrà utilizzata solo in pochissima parte del territorio calabrese. L’energia verrà portata in Italia, per soddisfare i bisogni del resto d’Italia, mentre la Calabria sarà una delle regioni che pagherà il prezzo sull’impatto ambientale e paesaggistico.

La Calabria è una terra meravigliosa, unica in Italia, ma di recente è risultata la seconda regione dell’Unione Europea (dopo la Guyana francese) per quote di persone a rischio povertà o esclusione sociale (dati Eurostat). Anche per questo è stata invasa e violentata da sempre. In futuro, quindi, evitiamo, che la Calabria possa essere assaltata da impianti eolici on-shore (sulla terraferma) e off-shore (a mare) per la produzione di energia elettrica. 

Difendiamo la bellezza della nostra terra, proteggiamo il nostro territorio, così come sta facendo da diverso tempo il popolo sardo.

Speriamo bene. (gm)