Agricoltura, da Arcea l’anticipo di altri 35mln di euro per domanda unica

Arcea ha avviato le procedure legate alla corresponsione di quanto dovuto per la Domanda Unica 2024, a titolo di anticipo, a favore di migliaia di piccole e medie aziende agricole calabresi, per un controvalore di circa 35 milioni di euro.

Lo ha reso noto l’Assessorato all’Agricoltura. Intanto, è in corso il pagamento della terza tranche: nel complesso, liquidati quasi 50 milioni.

«Questa somma – ha spiegato l’assessore regionale all’Agricoltura, Gianluca Gallo –   si aggiunge ai quasi 14 milioni già erogati con i primi due acconti, per un totale di poco meno di 50 milioni: un’importante boccata di ossigeno per un comparto essenziale nella vita e nell’economia della Calabria e per tantissimi agricoltori che quotidianamente profondono impegno, energie e sacrifici». (rcz)

EOLICO E FOTOVOLTAICO, ENERGIA PULITA
MA ARRECANO DANNI ALLE AREE AGRICOLE

di GIOVANNI MACCARRONEMolti cittadini non si stanno rendendo conto di quanto sta succedendo al nostro territorio. Sempre più società di energia solare ed eolica si stanno espandendo sui terreni agricoli della Calabria. Come già segnalato in un precedente articolo, nel novembre 2023 risultavano già attivi nella nostra regione 440 impianti eolici – il 70% si trova nelle province di Crotone e Catanzaro e sono pure in aumento le richieste di concessioni (attualmente 157 sono in corso di valutazione). Invece, come rilevato dal Rapporto sul consumo di suolo 2023 dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), nel 2021/2022 a livello nazionale risultano consumati dall’installazione di nuovi impianti fotovoltaici a terra circa 243 ettari di suolo. Per la Calabria non risultano dati certi, ma non c’è dubbio che anche nella nostra regione una parte cospicua di terreno agricolo venga consumato da fotovoltaico installato a terra. 

Con la conseguenza che negli ultimi anni si sta assistendo allo sgombero di terreni agricoli per far sempre più posto a impianti di produzione di energia elettrica da “fonti rinnovabili di energia o assimilate”.

Risulta ormai evidente (sia a livello europeo che a livello italiano) che il ricorso a tali fonti energetiche costituisca uno degli strumenti più efficaci per l’affrancamento dalle fonti energetiche fossili ‒ auspicabile anche in chiave di sicurezza degli approvvigionamenti ‒ e per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra (sul punto si vedano i primi 5 considerando della Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili).

Così come appare del tutto evidente che soprattutto a livello europeo, oltre ad una riduzione delle emissioni di gas serra, si voglia tendere verso un miglioramento dell’efficienza energetica con una quota di soddisfacimento del consumo energetico da fonti rinnovabili pari almeno al 27 % (cfr. la Comunicazione della Commissione Com (2014) 0015 – Quadro per il clima e l’energia 2030), 

Tuttavia, a fronte di queste valide considerazioni, c’è chi, come me, evidentemente insoddisfatto, tenta di sottolineare gli effetti negativi di un possibile ulteriore aumento dell’installazione sui terreni agricoli di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra

È ormai acclarato, infatti, che il fotovoltaico a terra produca impermeabilizzazione del suolo e impoverimento del terreno e della biodiversità

Da qui l’idea, fatta propria dal legislatore, di impedire che quanto sopra possa concretamente realizzarsi. A questo proposito giova ricordare che con il decreto legge 15.05.2024 n. 63 (DL Agricoltura), convertito, con modificazioni, dalla Legge del 12 luglio 2024 n. 101, (contenente disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale) è stato previsto all’art. 5, comma 1, che “All’articolo 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, dopo il comma 1 è aggiunto  il  seguente:  «1-bis.  L’installazione degli impianti fotovoltaici con  moduli  collocati  a  terra  di  cui all’articolo 6-bis, lettera b), del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, in zone classificate agricole dai piani  urbanistici  vigenti, è consentita esclusivamente nelle  aree  di  cui  alle  lettere  a), limitatamente   agli   interventi    per    modifica,    rifacimento, potenziamento  o  integrale   ricostruzione   degli   impianti  già installati, a condizione  che  non  comportino  incremento  dell’area occupata, c), c-bis), c-bis.1), e c-ter) n. 2) e n. 3) del  comma 8 “.

Ne consegue che, a decorrere dal 14 luglio 2024 (data di entrata in vigore della legge), non è più possibile installare i pannelli solari sui terreni agricoli. Anche se, è bene evidenziarlo, nella bozza del Dl l’art. 6 modificava l’articolo 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 aggiungendo le seguenti parole: “Le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici sono aree non idonee all’installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra di cui all’articolo 6-bis, lettera b) del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28. I procedimenti di autorizzazione in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto sono conclusi ai sensi della normativa previgente”.

Invece, successivamente, è stata introdotta la possibilità di derogare al divieto di installazione di pannelli solari su terreni agricoli, Secondo quanto prevede l’art. 5, comma 1, secondo periodo, della legge 101/2024 “il divieto in questione non si applica nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunità energetica rinnovabile ai sensi dell’articolo 31 del decreto nonché in caso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), approvato con decisione del Consiglio Ecofin del 13 luglio 2021, come modificato con decisione del Consiglio Eco Fin dell’8 dicembre 2023, e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al Pnrr (Pnc) di cui all’articolo 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, converti to, con modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del Pnrr”.

Quindi, se in un primo momento il decreto legge in questione vietava in maniera assoluta l’installazione di impianti fotovoltaici su terreni agricoli, in sede di conversione si è deciso di essere meno severi concedendo la possibilità di superare il citato divieto in limitate ipotesi.

Non è questa la sede per dar conto dell’ampio dibattito scaturito, soprattutto in seno alle associazioni ambientaliste nazionali, sul senso da dare a quest’ultima soluzione, anche perché, per quel che ci riguarda, dal 14 luglio 2024 in molti casi è impedito l’utilizzo del terreno agricolo per realizzare impianti fotovoltaici. E’ questo rimane un grande successo. Sta di fatto, però, che se da una parte il legislatore è intervenuto in qualche modo su tale tipo di impianto, dall’altra parte, invece, è impressionante la mappa delle concessioni di impianti industriali per la produzione di energia mediante lo sfruttamento del vento (centrali eoliche) rilasciate sul nostro territorio.

Lo abbiamo già visto sopra. Da moltissimi anni sono stati attuati in Calabria (in particolare nelle province di Crotone e Catanzaro) progetti di invasione di pale eoliche, a terra e tra qualche tempo anche in mare. 

Nessuno ne parla. Al contrario, c’è un assordante silenzio su quanto sta accadendo da noi. Ampie zone stanno ormai perdendo le loro caratteristiche naturalistiche, agricole, storico-culturali, la stessa identità, ad opera dell’accaparramento dei terreni per l’installazione di centrali eoliche da parte di società energetiche.

Sappiamo tutti che da diverso tempo vengono stipulati atti aventi ad oggetto locazioni ultra novennali di terreni agricoli e diritti di superficie su parti di terreni anch’essi agricoli allo scopo di avere la disponibilità dei terreni sui quali realizzare impianti eolici. E sappiamo pure che la costruzione di un parco eolico può avvenire non solo su un terreno detenuto a titolo di proprietà ma anche su un terreno detenuto per effetto di un contratto di locazione, oppure su un terreno sul quale sia stato costituito un diritto reale di godimento (come il diritto di superficie). 

Per quanto di interesse in questa sede risulta, però, che l’installazione di un impianto eolico costituisce a tutti gli effetti un buon investimento per tutti coloro che possiedono un terreno ma non desiderano o non vogliono coltivarlo; i rendimenti per ettaro ottenibili, infatti, sono molto elevati.

Siffatta ragione sta spingendo i possessori (a qualsiasi titolo) di terreni soprattutto agricoli ad investire nell’eolico, o meglio a cedere i propri terreni in cambio di un guadagno facile, dimenticando tuttavia che il paesaggio, i beni ambientali e culturali e la biodiversità non hanno prezzo e rappresentano un patrimonio inestimabile la cui preservazione deve essere una priorità imprescindibile.

Ricordiamo a tutte queste persone che i parchi eolici presentano problemi enormi in vari ambiti. In particolare, i parchi in questione richiedono l’installazione di infrastrutture su ampie aree di terreno sottratto all’agricoltura, agli allevamenti di bestiame e a praterie a pascolo. Decine e decine di migliaia di ettari di terreni agricoli, pascoli, boschi spazzati via, paesaggi storici degradati, aziende agricole sfrattate, questo sta diventando il panorama in larghe parti del territorio calabrese (così come nei territori della Puglia, della Tuscia, della Sicilia e della Sardegna)

Si ricordi a tal proposito che, oltre al posizionamento degli aerogeneratori, la realizzazione di parchi eolici può comportare anche opere civili quali strade d’accesso, fondazioni, piazzole per il montaggio, scavo e ricopertura linee, opere accessorie sottostazione elettrica, regimentazione idraulica, sistemazione morfologica, opere queste che potrebbero risultare incompatibili, o quanto meno gravare sulla destinazione d’uso del territorio circostante.

Non c’è dubbio, tra l’altro, che spesso i progetti per la realizzazione di questi impianti possono richiedere l’abbattimento di alberi e la raschiatura di erbe e, in molti casi, le turbine di tali impianti (alti come un palazzo di 18 piani) possono uccidere uccelli e pipistrelli (come è stato bene evidenziato “l’impatto con gli uccelli può avvenire o direttamente, per scontro con le turbine e o indirettamente per perdita dell’habitat in conseguenza della fase di cantiere, con disturbi della nidificazione e cambi di rotte migratorie”).

Altrettanto importante è l’aspetto legato all’inquinamento acustico (riferito ovviamente al rumore generato dalle pale eoliche). A questo proposito giova ricordare che il d.lgs. 42/2017, colmando quella che con tutta evidenza appariva ormai come una vera e propria lacuna, ha inserito (art.18) gli impianti eolici tra le «sorgenti sonore fisse» di cui all’art.2, comma 1, lett.c, della legge 447/1995, affidando a successivi decreti ministeriali – peraltro ad oggi non ancora emanati, malgrado il termine per l’adozione scadesse il 16 ottobre 2017 – la disciplina dell’inquinamento acustico (art.14) come pure la fissazione di criteri per la misurazione del rumore emesso dagli impianti e per il contenimento del relativo inquinamento (art.19).

È innegabile, quindi, che il rumore generato dalle pale che girano sia di forte impatto sulle popolazioni locali ed è per questo che viene esclusa la possibilità di collocare un aerogeneratore a una distanza inferiore a 400 m da ogni abitazione (qualcuno dice che anche l’effetto Flickering, ovvero l’ombra intermittente generata dalla rotazione della pala sul suolo considerando la variazione della posizione e angolazione del sole, può dare fastidio ai residenti).

Ma anche a prescindere da quanto finora detto, quello che comunque si dovrebbe tenere presente è che gli impianti per la produzione di energia mediante lo sfruttamento del vento sono pur sempre “impianti industriali”. Pertanto, le turbine eoliche, specialmente quelle di grandi dimensioni, possono avere un impatto visivo notevole sul paesaggio. Torri alte fino a 180 metri e pale lunghe fino a 100 metri possono essere visibili a grande distanza, alterando la percezione visiva di aree naturali o rurali, in particolare in zone considerate incontaminate o di particolare valore naturalistico e paesaggistico.

Insomma, siamo messi proprio bene: tra consumo di suolo, rumore, impatto paesaggistico e sulla biodiversità il nostro territorio è ridotto proprio male.

Eppure le grandi associazioni ambientaliste nazionali parlano dell’eolico come passaggio cruciale per il futuro del nostro territorio e anche per le politiche energetiche nazionali (in tal senso anche Tar Calabria n. 32/2011).

Anch’io dico sì alle fonti rinnovabili ma allo stesso tempo dico no alla speculazione energetica. Va bene la riduzione dei consumi, il fotovoltaico sui tetti degli edifici pubblici e delle zone industriali e la costituzione di comunità energetiche, ma detto questo non possiamo proprio accettare che detti impianti possano essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, In merito, corre l’obbligo di tenere conto delle norme in tema di sostegno nel settore agricolo (valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, tutela della biodiversità, del patrimonio culturale e del paesaggio rurale).

È vero, dal punto di vista economico, che gli impianti eolici rendono di più della produzione agricola. Lo sappiamo benissimo. Ma in nome di quanto detto sopra non affittate il vostro terreno, con rendimenti che in un dato momento superano sicuramente quelli dell’attività agricola, dato che successivamente il terreno verrà restituito in condizioni non sane e con gli effetti devastanti che abbiamo descritto e a cui ciascun proprietario avrà purtroppo e suo malgrado sicuramente contribuito.

Tra l’altro bisogna ricordare che è possibile produrre energia elettrica senza dover necessariamente deturpare l’ambiente e il paesaggio. Si pensi all’energia elettrica prodotta dalle centrali idroelettriche. In Calabria ne abbiamo tante: la più famosa è quella di Timpagrande (situata nel comune di Cotronei) realizzata nel 1927 dalla S.M.E. (Società Meridionale di Elettricità), ma esistono anche quelle di Albi (CZ), Magisano (CZ), Orichella (San Giovanni in Fiore – CS), Calusia Nuova (Caccuri – KR). Si pensi anche all‘energia che sfrutta il calore naturale proveniente dall’interno della Terra (energia geotermica) e all’energia prodotto attraverso la decomposizione di materia organica, come rifiuti alimentari o letame animale, che rilasciano metano (Gas Naturale Rinnovabile – GNR)

Insomma, per la produzione di energia elettrica dobbiamo necessariamente pensare a queste ulteriori fonti rinnovabili e, soprattutto, alle potenzialità dei nostri territori rispetto ad alcune di esse. Così facendo si eviterà certamente di ricoprire il nostro territorio di mega costruzioni installate per lo più su terreni agricoli. 

Si noti, poi, che, paradossalmente, la Calabria non necessita in alcun modo di tutto questo fabbisogno energetico neppure adeguatamente verificato. Da noi, a bene vedere, la popolazione è poco più di 1.834.518 abitanti. Pertanto, se davvero si dovesse continuare a realizzare tutto quel quantitativo di installazioni indicato all’inizio, l’eventuale energia prodotta da queste mega costruzioni verrà utilizzata solo in pochissima parte del territorio calabrese. L’energia verrà portata in Italia, per soddisfare i bisogni del resto d’Italia, mentre la Calabria sarà una delle regioni che pagherà il prezzo sull’impatto ambientale e paesaggistico.

La Calabria è una terra meravigliosa, unica in Italia, ma di recente è risultata la seconda regione dell’Unione Europea (dopo la Guyana francese) per quote di persone a rischio povertà o esclusione sociale (dati Eurostat). Anche per questo è stata invasa e violentata da sempre. In futuro, quindi, evitiamo, che la Calabria possa essere assaltata da impianti eolici on-shore (sulla terraferma) e off-shore (a mare) per la produzione di energia elettrica. 

Difendiamo la bellezza della nostra terra, proteggiamo il nostro territorio, così come sta facendo da diverso tempo il popolo sardo.

Speriamo bene. (gm)

Dalla Regione 22 mln per tutelare le produzioni agricole e gli allevamenti

Sono 22 milioni di euro la somma che la Regione Calabria ha destinato alle aziende agricole per tutelare le produzioni agricole e gli allevamenti dai danni derivanti dalle aggressioni della fauna selvatica e dalle avversità atmosferiche.

Il bando, già pubblicato e a cui si può fare domanda entro l’11 novembre, punta a favorire la realizzazione di opere a difesa delle colture agricole e degli allevamenti stabulati dalle scorribande della fauna selvatica, in primis cinghiali e lupi, oltre che dalle conseguenze delle sempre più improvvise e violente ondate di maltempo.

«Sostenere allevatori e agricoltori in questa difficile battaglia –  ha osservato l’assessore regionale all’agricoltura, Gianluca Gallo – è fondamentale per consentire lo sviluppo del comparto agroalimentare calabrese, che va sempre più affermandosi in termini di eccellenza e qualità».

«Pur di fronte alla complessità di problematiche diffuse a livello nazionale e non solo – ha aggiunto – d’intesa con le organizzazioni di categoria, intendiamo comunque garantire risposte concrete ed utili a contribuire ad arginare l’emergenza del fenomeno».

Nello specifico, il bando è destinato a imprenditori agricoli, singoli o in forma associata, che intendano effettuare – in aree agricole del territorio calabrese – interventi di protezione di arboreti da frutto, colture ortive da pieno campo, vigneti, uliveti, seminativi o, ancora, di allevamenti stabulati. Mediante le risorse a disposizione, sarà possibile procedere – ad esempio – all’acquisto e installazione di sistemi frangivento in rete o vivo, reti antigrandine, reti ombreggianti, recinzioni perimetrali, recinzioni perimetrali con protezioni elettriche a bassa intensità e – per gli allevamenti stabulati – recinzioni con cordoli interrati in cemento o pali.

Il contributo potrà essere riconosciuto nella misura massima del 70% del costo dell’investimento, se realizzato nelle zone montane o svantaggiate, o comunque per aziende condotte da giovani che abbiano completato il primo insediamento nel quinquennio precedente la domanda di sostegno, e in ogni caso al 50%, qualora realizzato in altre zone. (rcz)

Agricoltura, la Regione istituisce il Fondo Finagri

Sostenere le aziende agricole migliorando la loro struttura finanziaria. È questo l’obiettivo del fondo Finagri, istituito dalla Regione con una dotazione di 25 milioni di euro, per favorire operazioni di rinegoziazione e ristrutturazione delle esposizioni debitorie aziendali.

La misura, programmata dalla Giunta regionale presieduta da Roberto Occhiuto su proposta dell’assessore regionale all’agricoltura, Gianluca Gallo, entra adesso nella fase attuativa, con l’approvazione del regolamento operativo (disponibile sul portale www.regione.calabria.it, nella sezione Dipartimento Agricoltura) e l’avvio della manifestazione d’interesse per l’accreditamento al fondo, rivolta a istituti bancari e intermediari finanziari.

«In un quadro già segnato dalla stagione del Covid e della pandemia – ha detto l’assessore Gallo – si è inserito il conflitto russo-ucraino con le ripercussioni sui prezzi delle materie prime. Per poter tirare avanti, il sistema agricolo ha dovuto far ricorso all’indebitamento. Era pertanto necessario, oltre che doveroso, intervenire per favorire, in maniera trasparente quanto efficace, un ritorno alla normalità ed all’equilibrio, utile a preservare centinaia di piccole e medie imprese, migliaia di posti di lavoro e la tenuta del sistema agroalimentare».

Con l’istituzione di Finagri, affidato a Fincalabra, si punta a sostenere il rafforzamento dei meccanismi di concessione di garanzie in favore delle imprese agricole, attraverso la garanzia loro concessa a copertura di finanziamenti erogati dal sistema bancario, per aiutare le stesse a far fronte alle conseguenze dell’aumento dei costi di produzione e della depressione dei prezzi di vendita, oltre delle difficoltà di accesso al credito.

A beneficiare dell’opportunità saranno le piccole e medie imprese agricole aventi sede operativa sul territorio regionale, colpite dalla crisi a seguito del conflitto russo-ucraino, mediante la concessione di garanzie dirette, per la ristrutturazione o rinegoziazione dei debiti (di durata originaria superiore a 18 mesi) in debiti a medio o lungo termine (con durata massima dei nuovi finanziamenti fissata in 20 anni, così da determinare il riequilibrio e il risanamento della situazione finanziaria aziendale.

Intanto, proseguono con regolarità le liquidazioni degli aiuti in favore del mondo agricolo. Nelle ultime ore Areca ha dato il via al pagamento di circa 5 milioni di euro, legati a diverse misure tra le quali, in particolare, quelli riconducibili ai Gal ed alla promozione.(rcz)

Sapia (Fai Cisl): Investire nel confronto sociale per prevenire sfruttamento, lavoro irregolare e caporalato

È necessario «investire nel confronto sociale al fine di prevenire fenomeni di sfruttamento, lavoro irregolare e caporalato in agricoltura». È quanto ha ribadito Michele Sapia, segretario generale di Fai Cisl Calabria, nel corso della seduta della VI Commissionel, per discutere la proposta di legge di iniziativa dei Consiglieri regionali Tavernise, Gentile e Muraca “Interventi per contrastare il fenomeno del lavoro irregolare e dello sfruttamento dei lavoratori in agricoltura”.

«In Calabria quattro lavoratori agricoli su dieci sono irregolari, si registrano ancora troppe morti, infortuni e tragedie sul lavoro», ha ricordato il sindacalista, sottolineando come «proprio a partire dalla fondamentale legge n.199 del 2016, sarà essenziale affiancare alle misure repressive, condotte dalle Autorità di Pubblica Sicurezza, ulteriori interventi atti a sostenere attività di prevenzione, centralità del lavoro degli addetti, applicazione dei contratti di lavoro, tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, garantire la parità di genere e sostenere il ruolo della bilateralità».

Rispetto all’articolato della proposta di legge regionale, il segretario Generale della Fai Cisl calabrese ha consegnato al Presidente della Commissione un documento sindacale contenente proposte e riflessioni della Federazione regionale, sottolineando che «aspetti quali il contrasto allo sfruttamento lavorativo, l’uniformità di tutele per la salute e sicurezza sul lavoro e sostegno alla filiera produttiva e distribuzione, sono strettamente correlati, tematiche complesse da affrontare, attraverso il pieno coinvolgimento dei vari attori istituzionali e sociali, in un’ottica integrata.

Serve un’ampia e capillare campagna di divulgazione all’interno delle aziende e individuare strumenti di premialità, in quanto ancora pochissime sono le aziende agricole iscritte alla Rete del Lavoro agricolo di qualità, informando anche sulle diverse opportunità e da quanto previsto dalla clausola di condizionalità sociale contenuta nella nuova Pac.

Inoltre, occorre sostenere in ogni provincia l’istituzione della sezione territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità, prevedendo anche un “Organismo regionale di Coordinamento”. 

Sarà necessario pervenire ad un apposito “Protocollo regionale per il contrasto dello sfruttamento del lavoro in agricoltura” e istituzionalizzare luoghi di confronto regionale quali il “Tavolo regionale permanente sulla salute e sicurezza sul lavoro agricolo” e rendere operativo il “Tavolo Verde”.

Ancora troppo estesa è la rete dei circuiti illegali di reperimento della manodopera agricola, troppe le baraccopoli ed i ghetti, mentre è opportuno realizzare un “Piano regionale” per gli alloggi e traporto dei lavoratori agricoli, per contrastare i luoghi dell’abbandono e le agromafie.

Per questo si rende necessario intervenire anche sul mercato del lavoro, sostenendo il ruolo degli Enti bilaterali agricoli (Ebat) presenti in ogni provincia calabrese, condividere un “Documento regionale per l’agroalimentare made in Calabria” che garantisca giuste retribuzioni ai lavoratori ed esalti l’eccellenza delle produzioni di qualità regionali, sia sul piano della distribuzione che della commercializzazione, incentivare e rendere attrattivo questo settore per giovani e studenti, anche attraverso l’istituzione della “Banca della Terra” una banca dati su terreni incolti e abbandonati da assegnare ai giovani. C’è bisogno di un cambio di passo visto che il settore agricolo calabrese continua a svuotarsi e la carenza di manodopera rischia di aggravare l’attuale situazione. 

«È urgente – ha concluso Sapia – riprendere le trattative e rinnovare in tempi celeri i cinque contratti provinciali agricoli, convinti che le aziende virtuose sono quelle che applicano i contratti, valorizzano bilateralità e sicurezza sul lavoro e investono in formazione». (rrc)

Dalla Regione 12 mln per potenziare la filiera della frutta in Calabria

Sono 12 mln di euro la somma che la Regione Calabria ha stanziato per promuovere e potenziare la filiera della frutta in Calabria. È stata, infatti, pubblicata la graduatoria provvisoria del bando per la promozione di interventi di impianti e reimpianti arborei di drupacee, pomacee, agrumi e frutta a guscio. Il bando era stato pubblicato sul finire dello scorso dicembre. Ad esito del lavoro svolto dalla Commissione di valutazione, arrivano adesso le prime risposte.

Nell’elenco sono inoltre comprese le colture inserite nella categoria a rischio di abbandono e conseguente erosione genetica. Previste, altresì, azioni finalizzate all’efficientamento dei sistemi di irrigazione.

La dotazione finanziaria assegnata, salvo ulteriori risorse aggiuntive, è pari a 12 milioni di euro, dei quali 10,5 a valere sull’intervento 4.1.1. “Investimenti in aziende agricole” e 1,5 sull’intervento 4.1.3 “Investimenti per la gestione della risorsa idrica da parte delle aziende agricole”, annualità 2023. Il sostegno, pari al 50% dei costi ritenuti ammissibili, salirà al 70% se richiesto da agricoltori operanti nelle zone montane e svantaggiate. Anche per gli investimenti realizzati da giovani agricoltori insediatisi durante i cinque anni precedenti alla presentazione della domanda di sostegno, l’aliquota potrà essere aumentata al 70% del costo dell’investimento ammissibile.

Su 225 istanze presentate, 178 sono quelle ritenute ammissibili e perciò finanziate, al momento ed in attesa del completamento delle procedure, che potrebbe portare ad un incremento del numero dei beneficiari: avverso la graduatoria, infatti, sarà possibile presentare domanda di riesame, entro il termine del 31 agosto prossimo

«L’intento – ha sottolineato l’assessore regionale all’Agricoltura, Gianluca Gallo – è migliorare la redditività delle aziende regionali di trasformazione e commercializzazione e la sostenibilità delle produzioni, oltre che aumentare l’orientamento al mercato delle aziende agricole e garantire la permanenza dei prodotti regionali sui mercati di riferimento specializzati, al fine di migliorare la catena di produzione del valore».

«Il tutto in una regione – ha aggiunto – che è divenuta un modello per alcune produzioni un tempo tipiche di altri territori: la Calabria è prima in Italia prima nella produzione di clementine (tra le quali il clementino Igp) e di recente si è affermata anche nella coltivazione dei kiwi, in particolare di quello a polpa gialla: tipologie produttive connesse agli areali di pianura e costieri, con circa 35.000 ettari dedicati agli agrumi, altre decine di migliaia riservati a pesche e nettarine, 3.000 ai kiwi, e di questi poco più di 700 ai kiwi gialli. L’interesse a valorizzare e far crescere questa ricchezza porta a investire nell’innovazione e sulla qualità, con misure e interventi specifici». (rcz)

 

Siccità, Regione autorizza aumento della dotazione di gasolio agricolo agevolato

La Regione ha autorizzato un’assegnazione suppletiva di carburante ad accise agevolate per far fronte alle conseguenze della siccità, una «misura necessaria e urgente dalle condizioni meteo estreme», ha sottolineato l’assessore regionale all’Agricoltura, Gianluca Gallo, presa di concerto con le organizzazioni di categoria, alla luce dei danni che il protrarsi del caldo e della contestuale mancanza di piogge sta arrecando alle aziende agricole.

Nello specifico, con il provvedimento richiamato è stata autorizzata la concessione di aumento del quantitativo di carburante ad accise agevolate, fino ad un massimo del 57% e nelle more del rilascio delle concessioni idriche di derivazione delle acque superficiali di uso irriguo, da richiedere entro il 30 ottobre prossimo, per le colture della patata silana e per tutte quelle – erbacee e arboree – interessate, tra le quali, a titolo esemplificativo, fagioli, fagiolini, peperoni, melanzane, zucchine, cetrioli, cipolle.

Per l’ottenimento del supplemento di carburante le aziende interessate dovranno dimostrare l’avvenuto prelievo dell’assegnazione annuale e l’inesistenza di giacenze. Da segnalare, in coda: con decreto assunto dall’organismo pagatore Arcea, è stata disposta la liquidazione di circa 600.000 euro per aiuti legati a diverse misure. Tra i pagamenti in corso spiccano quelli connessi alla produzione integrata, alla produzione biologica ed al benessere animale.

In particolare, stando alle risultanze della relazione tecnica demandata ad Arsac dal dipartimento Agricoltura, è stato appurato come nei primi sei mesi del 2024, e specialmente a marzo e aprile, le precipitazioni siano state ovunque inferiori alla media degli anni precedenti.

Le temperature elevate, esse pure superiori alle medie stagionali, hanno inoltre contribuito al verificarsi di una drastica diminuzione del contenuto idrico dei suoli, comportando per gli agricoltori la necessità di far ricorso a lavorazioni aggiuntive, con relativo incremento del consumo di carburante.

Per Gallo, infatti, «garantire certezze ai nostri agricoltori è una priorità assoluta. L’integrazione del quantitativo di carburante è solo uno dei passi per tutelare il comparto».

Inoltre, dal «confronto con i produttori e le associazioni di categoria è emersa – ha spiegato – la necessità di un intervento immediato sul punto, a causa delle condizioni meteo estreme che hanno causato un aumento dei costi operativi, compromettendo le produzioni. Nella consapevolezza delle difficoltà che i nostri agricoltori stanno affrontando e del peso economico che queste sfide comportano, con questa misura intendiamo offrire un aiuto concreto per alleviare le difficoltà esistenti». (rcz)

 

IN CALABRIA TIMIDI SEGNALI DI RIPRESA
MA SERVE FARE DI PIÙ PER L’AGRICOLTURA

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Sono solo timidi segnali, ma la Calabria, lentamente, si sta riprendendo. È quanto ha rilevato la Svimez nel rapporto Le regioni italiane nel 2023, evidenziando come la crescita del Pil della Calabria sia abbastanza sostenuta e omogenea (+1,2%) grazie soprattutto all’incremento di valore aggiunto delle costruzioni (+7,4%) ha sostenuto la crescita regionale insieme al terziario (+1,7%), nonostante il netto calo del settore industriale (-4,8%).

Importante, poi, i numeri per quanto riguarda le presenze turistiche: +11,7% in totale, di cui 25,9 sono stranieri e 9,0 italiani. La presenza di stranieri, in particolare, sono tipicamente associati livelli di spesa significativamente più elevati. Male, invece, per il valore aggiunto in agricoltura, che ha registrato un -0,5%; e -4,8% per il settore terziario. Preoccupa, in particolare, il dato dell’agricoltura, considerando l’impegno della Regione e del suo assessore, Gianluca Gallo, ad aiutare le aziende agricole a crescere e ad ammodernarsi. Ma non solo: La Calabria è la seconda regione d’Italia per incidenza del numero di aziende agricole guidate da giovani. Questo fa capire «l’interesse dei giovani per l’agricoltura», ma evidentemente nella nostra regione bisogna fare di più.

Positivo, invece, il valore aggiunto per quanto riguarda le costruzioni e i servizi, che sono a +1,7%. Nel complesso, nell’intero periodo 2019-2023, i servizi nel Mezzogiorno hanno visto un incremento di valore aggiunto inferiore alla media nazionale (+3,6 contro il +4%). La Puglia è la regione meridionale che ha registrato nel periodo la crescita più sostenuta del terziario (+5,4%).

Il calo del valore aggiunto industriale meridionale del 2023 (-0,5%), si somma alle dinamiche poco soddisfacenti del biennio 2021-22, determinando un dato cumulato del -2,4% nel periodo 2019-2023. I fattori climatici avversi che hanno caratterizzato gran parte dell’anno hanno penalizzato l’agricoltura. Il valore aggiunto del comparto è diminuito in tutte le macroaree del Paese nel 2023, con l’eccezione del Nord-Ovest (+6,4% dopo la forte flessione del 2022): -6,1% al Centro, -5,1% nel Nord-Est, -3,2% nel Mezzogiorno.

Nel 2023, i consumi delle famiglie, la componente quantitativamente più importante della domanda, sono aumentati del +1,1% nel Mezzogiorno, appena due decimi di punto percentuale in meno che nel resto del Paese (+1,3%). In generale, la spesa delle famiglie presenta un’elevata variabilità territoriale, al Sud in particolare, dove più elevata è la dipendenza della congiuntura dalla domanda interna. Specularmente, nelle regioni meridionali gli andamenti della domanda estera incidono meno sulla dinamica del Pil. In Calabria la spesa per consumi finali delle famiglie è +0,6%, gli investimenti fissi lordi sono stati +8,7% e, infine, positivo anche il dato delle esportazioni di merci al netto di prodotti energetici, che è +22,5% rispetto al 2022 e +102% rispetto al 2019.

Gli investimenti sono stati la componente più vivace della domanda interna nel 2023, crescendo del 5,5% nel Mezzogiorno e un punto percentuale in meno nel Centro-Nord. Ancora più favorevole al Mezzogiorno si è mostrata la dinamica degli investimenti nell’intero periodo 2019-2023: +29,6%, contro il +25,2% delle regioni centro-settentrionali. Soprattutto, è stata più sostenuta al Sud la crescita degli investimenti in costruzioni, una variabile rivelatasi cruciale nel determinare l’andamento favorevole della congiuntura post-Covid. Ciò soprattutto nel biennio 2021-22, per effetto del superbonus, che ha mostrato una notevole capacità di attivare produzione e valore aggiunto nel resto del sistema economico.

Nel 2023, gli investimenti in costruzioni complessivi, pubblici e privati, sono aumentati in termini reali del 4,0% nel Mezzogiorno e del 2,8% nel Centro-Nord. Guardando all’intero periodo 2019-2023, la crescita è stata del +40,7% nel Mezzogiorno, oltre 5 punti in più della media del Centro-Nord.

Ma come sta andando il 2024? Per la Svimez «l’economia italiana sta registrando andamenti che sono sostanzialmente in continuità con le tendenze dei trimestri precedenti, sia in termini di entità della crescita che dal punto di vista delle caratteristiche del ciclo, sia riguardo all’evoluzione delle componenti della domanda che alle performance dei settori produttivi. Nel primo trimestre, la crescita del Pil è stata dello 0,3% rispetto all’ultimo trimestre dello scorso anno; in termini tendenziali è stata invece pari allo 0,7%».

«Negli ultimi mesi – si legge – è proseguita la fase di ripresa del clima di fiducia dei consumatori. In particolare, risultano in ripresa le attese sulla situazione economica delle famiglie, in fase di stabilizzazione le aspettative sui prezzi e resta solida la percezione del mercato del lavoro, anche sulla base degli andamenti positivi dell’occupazione registrati nei primi mesi dell’anno», anche se «i dati sul clima di fiducia nel Mezzogiorno sono sembrati disallineati «negli ultimi trimestri da quelli delle altre macroaree: a fronte di una dinamica dell’occupazione che è rimasta vivace anche al Sud».

Segnali misti per l’inizio del 2024 provengono, invece, dalle indagini qualitative riguardanti il clima di fiducia delle imprese. Rispetto a quanto osservato nel corso del 2023, la f iducia delle imprese industriali risulta in leggero miglioramento, insieme alle attese sugli ordini e sulla produzione. Per il momento si tratta di miglioramenti modesti, che segnalano più che altro una fase di stabilizzazione della produzione. Anche i dati sulle esportazioni hanno evidenziato una relativa stabilità dei livelli recenti, con un andamento leggermente più positivo nelle regioni del Mezzogiorno. I dati di inizio anno confermano inoltre la crescita della domanda di lavoro, anche nei settori industriali, e parallelamente le inchieste congiunturali mostrano che le attese sull’occupazione non si sono deteriorate. La fase ciclica sfavorevole non sembra avere modificato i piani dell’industria italiana, i cui fabbisogni professionali sono anche legati all’esigenza di un rafforzamento del capitale umano che va al di là delle necessità di breve, legate alle oscillazioni dell’attività economica.

Per quanto riguarda il settore delle costruzioni, invece, «le indagini congiunturali presso le imprese mostrano una confidence in peggioramento nei primi mesi dell’anno. Tuttavia, i dati sull’occupazione sino al primo trimestre hanno confermato un andamento ancora crescente», mentre per i servizi è stato rilevato che la confidence «del comparto si mantiene a inizio anno ancora su livelli positivi».

La Svimez, poi, ha rilevato come nel 2023, si conferma l’andamento positivo dell’occupazione del biennio post-Covid su scala nazionale, con una crescita del +2,1% e di come «l’aumento dell’occupazione è risultato più accentuato, per il terzo anno consecutivo, nel Mezzogiorno (+3,1%), seguito da Nord-Est (+2,0%), Nord-Ovest (+1,6%) e Centro (+1,5%).

In Calabria, si registrano -15,5% di occupati in agricoltura, -2,0% per gli occupati nell’industria in senso stretto, -1,6% nelle costruzioni, mentre nei servizi il dato è positivo: +5,8%. Nel complesso, tuttavia, la percentuale di occupati per settore è +1,9%.

è risultato più accentuato, per il terzo anno consecutivo, nel Mezzogiorno (+3,1%), seguito da Nord-Est (+2,0%), Nord-Ovest (+1,6%) e Centro (+1,5%). ). L’aumento del tempo pieno è più marcato nel Mezzogiorno (+189mila), seguito da Nord-Ovest (+113mila), Centro (+83mila) e Nord-Est (+61mila). La crescita del part-time è interamente ascrivibile alla componente volontaria, per una migliore conciliazione dei tempi di vita e di lavoro: gli occupati con part-time involontario sono invece in calo in tutte le macroaree (-23mila nel Mezzogiorno).

In Calabria i dipendenti con tempo determinato sono -3,4%, mentre è positivo per quelli a tempo indeterminato: +3,8%. Di questi, +3,2% è a tempo pieno,  mentre scende il part-time: -4,1%. Importante flessione per il part-time involontario: è -4,5%. Facendo una suddivisione per genere, in Calabria è cresciuta solo l’occupazione maschile +2,0% gli uomini e solo +1,8% le donne.

Si può dire, dunque, che l’aumento dell’occupazione del 2023è stato omogeneo dei tempi di vita e di lavoro: gli occupati con part-time involontario sono invece in calo in tutte le macroaree (-23mila nel Mezzogiorno). A livello regionale, al Nord, la componente femminile prevale in Liguria, Lombardia, Trentino e Veneto, mentre nelle regioni del Centro, meno le Marche, prevale la crescita dell’occupazione maschile. Nel Mezzogiorno, solo in Campania e in Calabria cresce maggiormente l’occupazione maschile (+1,7% le donne, +3,1% gli uomini in Campania).

La scomposizione del recupero occupazione nel post-Covid per carattere dell’occupazione evidenzia lo sbilanciamento favorevole al tempo indeterminato. I dipendenti permanenti crescono decisamente rispetto ai livelli del 2019, con aumenti di 173mila unità nel Nord-Est (pari al +5,1%), 212mila nel Nord-Ovest (+4,5%), 140mila al Centro (+4,4%), 218mila nel Mezzogiorno (+6,1%). A livello territoriale, i dipendenti a termine si riducono in tutte le regioni del Nord, ad eccezione della Liguria (+7,9%), mentre crescono dovunque al Centro e nel Mezzogiorno, meno che in Calabria (-5,8%) e, soprattutto, Sardegna (-19,7%). Il tempo indeterminato cresce in tutte le regioni, ad eccezione del Molise (-1,4%), con particolare rilievo in Puglia (+9%), Umbria (+7,7%) e Liguria (+8,9%).

Il triennio post pandemia si è dunque caratterizzato per una significativa ripresa dell’occupazione, che si è accompagnata con la positiva evoluzione di alcuni aspetti qualitativi, quali gli incrementi che hanno interessato le fasce di lavoratori con contratto a tempo indeterminato e a tempo pieno. Il triennio post pandemia si è dunque caratterizzato per una significativa ripresa dell’occupazione, che si è accompagnata con la positiva evoluzione di alcuni aspetti qualitativi, quali gli incrementi che hanno interessato le fasce di lavoratori con contratto a tempo indeterminato e a tempo pieno. Tuttavia, accanto agli indicatori tradizionali, va segnalato quello di due misure “allargate” di mancata partecipazione al mercato del lavoro: il tasso di mancata partecipazione e lo slack Svimez, entrambi in calo soprattutto nel Mezzogiorno, dove d’altra parte partivano, e restano, su valori strutturalmente più elevati rispetto al resto del Paese e della media europea.

Il tasso di mancata partecipazione è una misura di sottoutilizzo del lavoro che prende in considerazione, oltre ai disoccupati, anche gli “scoraggiati” (persone disposte a lavorare che non svolgono attività di ricerca attiva) e i “sottoccupati” (gli occupati che sarebbero risposti a lavorare più ore). Tra il 2019 e il 2023, il tasso di mancata partecipazione si è ridotto dal 34,1 al 28% nel Mezzogiorno. Così la distanza dall’analogo indicatore nazionale si è ridotta da 16 a 14 punti percentuali. Il labour slack della SVIMEZ è calcolato, per dar conto delle peculiarità del mercato del lavoro italiano, aggiungendo agli “scoraggiati” e ai “sottoccupati”, il 50% dei lavoratori in part-time involontario. Questo indice, che può essere definito un tasso del “non lavoro”, tra il 2019 e il 2023 è calato nel Mezzogiorno dal 39,3 al 33%. Al di là di questa favorevole tendenza, però, il “non lavoro” nel Mezzogiorno resta su valori più che doppi che nel resto del Paese: nel 2023 lo slack è pari al 12% nella media del Centro-Nord. Le tre regioni meridionali con i tassi di “non lavoro” più elevati sono Sicilia (38%), Campania e Calabria (entrambe 36,8%). (rrm)

La Regione investe altri 5 mln per meccanizzazione delle aziende agricole

Sono altri 5 milioni di euro la somma che la Regione Calabria ha investito a favore del potenziamento tecnologico delle aziende agricole calabresi.

La Regione, infatti, ha disposto lo scorrimento della graduatoria definitiva delle domande del bando – relativo all’annualità 2020 – per la concessione di sostegni inerenti all’acquisto di nuovi macchinari, attrezzature e impianti, già finanziato con oltre 19 milioni di euro nell’ambito del Psr Calabria 2014-2020.

In una prima fase, con i fondi a disposizione, erano state ammesse a finanziamento 376 delle 511 pratiche positivamente valutate dal Dipartimento Agricoltura. Adesso si garantirà la copertura anche delle istanze sin qui rimaste priva di copertura, grazie ad un ulteriore stanziamento di circa 5 milioni, rinvenienti da economie, revoche, rinunce e rimodulazioni del piano finanziario del Psr.

«Recuperando risorse che rischiavano di andare altrimenti perdute – ha commentato l’assessore regionale all’Agricoltura, Gianluca Gallo – la Regione potrà garantire il potenziamento delle dotazioni tecnologiche delle aziende agroalimentari calabresi, e quindi l’acquisto di macchinari ed attrezzature di vario genere che possano aumentare la competitività delle stesse, promuovendo l’innovazione tecnologica nel nostro settore primario., con positive ricadute in termini di efficienza e competitività».

Nello specifico, l’intervento favorirà i processi di ammodernamento delle aziende agricole, con riferimento al rinnovo del parco macchine. In particolare, l’innovazione tecnologica nel campo della meccanizzazione agricola consentirà di ridurre i costi di produzione, attraverso l’impiego di macchine a basso impatto ambientale, al fine di migliorare le prestazioni economiche delle aziende beneficiarie e favorire la sostenibilità globale dei processi produttivi attraverso investimenti per la razionalizzazione e l’efficientamento in chiave strutturale, tecnologica e logistica. (rcz)

Siccità, Iacucci e Bevacqua chiedono chiarimenti a Giovinazzo e Regione

I consiglieri regionali del Pd, Franco Iacucci e Mimmo Bevacqua, hanno chiesto chiarimenti al commissario del Consorzio di Bonifica, Giacomo Giovinazzo e alla Regione chiarimenti in merito all’agricoltura a rischio a causa della siccità.

«L’agricoltura è un asset economico strategico per la Calabria. Purtroppo, a causa dei cambiamenti climatici che continuano a non essere fronteggiati in maniera decisa, l’acqua inizia ad avere una drastica riduzione che preoccupa gli agricoltori e già produce danni», hanno ricordato i dem, sottolineando come «rappresenta  l’ovvietà la dichiarazione del commissario del Consorzio di bonifica della Calabria, Giacomo Giovinazzo, che invita ad un uso consapevole della risorsa idrica, perché riteniamo che sostenere l’agricoltura calabrese sia fondamentale per lo sviluppo socio economico . Ci chiediamo, al contempo, quali provvedimenti abbia messo in campo fin qui la giunta regionale che, anche nel settore idrico e con la riforma dei Consorzi, ha annunciato una rivoluzione rimasta evidentemente sulla carta».

«Invitiamo, pertanto, la Regione Calabria – hanno detto ancora Bevacqua e Iacucci – a prendere i dovuti provvedimenti in tempo, così da fare fronte alle criticità che si temono per i mesi di luglio e agosto e, evidenziando che non basta soltanto denunciare le problematiche, così come ha fatto Giovinazzo, ma servono soluzioni. Anzi sarebbero già servite. Altrimenti non riusciamo a capire quale sia stato il risultato della riforma dei Consorzi e lo stesso ruolo del Commissario. Richiamiamo quindi ciascuno alle rispettive responsabilità, chiedendo di fare chiarezza sia sull’entità dell’allarme lanciato che gli interventi che il Consorzio andrà ad adottare per fronteggiarlo».

«Ricordiamo, inoltre – hanno concluso – che il Ministero dell’Ambiente, con il piano idrico a contrasto della siccità, ha destinato alla nostra Calabria 32 milioni frutto del lavoro fatto dagli ex consorzi di bonifica di euro per migliorare la sicurezza e la gestione efficiente delle risorse idriche. A tal fine chiediamo che il commissario fornisca nel dettaglio i tempi di realizzazione e che si impegni a rispettarli attraverso anche il controllo della commissione consiliare di vigilanza, poiché il sostegno agli agricoltori locali deve essere reale e concreto e non soltanto il solito slogan di circostanza».