PNRR, IL PARADOSSO DELLA CALABRIA:
LA REGIONE INDIETRO E I COMUNI AVANTI

di PABLO PETRASSO – Il Mezzogiorno va al rilento e la Calabria è in fondo alla classifica. Il percorso del Pnrr è accidentato, almeno alle latitudini meridionali e Svimez lo mette nero su bianco nel capitolo della ricerca sui fondi europei che riguarda le opere gestite dalle Regioni. Al Sud le amministrazioni regionali hanno avviato lavori per 1,9 miliardi di euro, il 50% del del valore complessivo degli investimenti Pnrr di loro competenza. Al Nord i cantieri viaggiano a ritmo più sostenuto: il valore dei progetti avviati è di 3,5 miliardi, quasi il 76% delle risorse. Questo «ampio gap nasconde però sensibili differenziali tra amministrazioni regionali in entrambe le macroaree». E qui arriva la citazione in negativo: i cantieri faticano a partire in Basilicata (avviato solo il 21,8% dei progetti), Calabria (23,5%) e, soprattutto, Sardegna dove la percentuale delle risorse in fase di esecuzione dei lavori è ferma al 12,1%.

Più celere, invece, l’avvio della fase esecutiva dei lavori nelle regioni centro-settentrionali, con Emilia-Romagna, Valle d’Aosta e Veneto in testa.
È un quadro, quello descritto da Svimez, caratterizzato da risposte molto diverse da Regione a Regione, specchio di «apprezzabili differenziali di capacità amministrativa, anche interni a Nord e Sud del Paese». Le Regioni – e la Calabria in particolare – sono pachidermi frenati dalla burocrazia, molto più lente dei Comuni.

È una questione generalizzata. Le amministrazioni comunali meridionali vanno comunque a velocità ridotte rispetto alle “colleghe” del Nord. A fine dicembre 2024, i Comuni meridionali hanno avviato lavori per 5,6 miliardi, il 64% del valore complessivo degli investimenti a loro titolarità; per i Comuni del Centro-Nord il dato è di 9,7 miliardi, l’82,3% delle risorse Pnrr.
La differenza di capacità amministrativa, per dirla con Svimez, diventa (anche) terreno di scontro politico. È il sindaco metropolitano di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, a mettere nel mirino la Regione. Falcomatà parla di «una situazione allarmante che dimostra l’enorme divario tra l’incapacità organizzativa della Cittadella, in netta e strutturale difficoltà, e l’operatività dei Municipi che si dimostrano all’altezza delle sfide del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza».

 

I Comuni meridionali, come detto, sono stati finora più lenti rispetto a quelli del Nord, ma il primo cittadino di Reggio sottolinea che «risultano molto più efficienti della Regione Calabria sulla spesa dei fondi e sulla realizzazione delle opere Pnrr. Gli Enti locali – entra nel dettaglio – in Calabria dimostrano una capacità di spesa quasi tripla rispetto alla Regione, con un divario di molto superiore alla media nazionale. Una fotografia che non ci rallegra affatto e che costituisce invece un chiarissimo segnale della netta e strutturale difficoltà organizzativa da parte della Cittadella nell’avanzamento dei cantieri del Pnrr, a fronte di una operatività molto più sviluppata da parte di sindaci e amministratori calabresi che dimostrano di saper spendere meglio le risorse ottenute».

Qualche dato: in Calabria «a un anno e mezzo dalla scadenza del programma, i Comuni sono arrivati al 66% dei cantieri avviati. Un dato confortante che evidenzia il proficuo lavoro svolto da sindaci e amministratori locali su tutto il territorio regionale. Dall’altra parte c’è da porsi un pesantissimo interrogativo sul dato del 23% riferito alla Regione Calabria, tra le ultimissime in Italia quanto a capacità di spesa dei fondi Pnrr, peraltro in riferimento a settori strategici come quello sanitario dove la Calabria fa registrare pesantissimi ritardi perfino rispetto alle altre regioni meridionali».
L’allarme di Falcomatà, da più parti visto come uno dei papabili avversari di Occhiuto alle prossime Regionali punta il dito sulle inefficienze della gestione centralizzata: per il sindaco «si era intuito da un po’» che qualcosa fosse andato storto, «ma che la Regione, sulle stesse linee di finanziamento, si fosse fermata addirittura ad un terzo rispetto ai Comuni, è un fatto oggettivamente allarmante, sul quale sarebbe opportuno che qualcuno fornisse delle spiegazioni ai calabresi».
«A pagarne le spese – conclude il sindaco – sono come sempre i cittadini, che si vedono privati delle importanti opportunità offerte dal Pnrr, a causa dell’inefficienza di un indirizzo politico regionale evidentemente confuso e poco incisivo, attento più alle operazioni di maquillage politico che ad un reale sviluppo del territorio». (pp)
[Courtesy LaCNews24]

PNRR E OPERE PUBBLICHE, PER LA SVIMEZ
IL SUD IN RITARDO NELLA FASE ESECUTIVA

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Il Sud è in ritardo nell’avvio della fase esecutiva dei lavori del Pnrr. È quanto emerso nel nuovo numero di InformazioniSvimez “Pnrr Execution: le opere pubbliche di Comuni e Regioni” della Svimez, a meno di un anno e mezzo dalla scadenza del 2026, evidenziando come nei Comuni sono avanzati i lavori per asili e infrastrutture scolastiche, mentre nelle Regioni si registra un rallentamento delle opere, soprattutto per la sanità territoriale.

La Svimez nel documento ha ricordato come le risorse che il Pnrr destina alla realizzazione di lavori pubblici sono pari a 65 miliardi. La quota di risorse Pnrr per interventi infrastrutturali è del 54,2% nel Mezzogiorno (26,2 miliardi), di circa 6 punti percentuali superiore al dato del Centro-Nord (48,5%; 38,8 miliardi).

«Per questa tipologia di interventi – si legge – almeno in termini di stanziamenti, si raggiunge appieno la “quota Sud” del 40%. Proprio gli investimenti in opere pubbliche rappresentano l’ambito di intervento del Pnrr funzionale al riequilibrio territoriale nella dotazione di infrastrutture economiche e sociali e nella quantità e qualità dei servizi».

La distribuzione delle risorse Pnrr che finanziano la realizzazione di opere pubbliche per soggetto attuatore rivela il coinvolgimento primario delle amministrazioni decentrate, soprattutto nel Mezzogiorno.

L’incidenza delle risorse a gestione dei Comuni per opere da realizzare nell’area è del 33,2% nel Mezzogiorno e del 30,5% al Centro-Nord. Anche dai valori pro capite risulta il maggior sforzo attuativo a carico dei Comuni del Mezzogiorno: 440 euro di investimenti Pnrr per cittadino (302 euro il dato del Centro-Nord). Il dato relativo alle amministrazioni regionali è del 15% nel Mezzogiorno e di circa il 12% al Centro-Nord in termini di incidenza di risorse complessive; valutate in pro capite le risorse a gestione delle regioni meridionali raggiungono 197 euro per cittadino (118 euro il dato del Centro-Nord).

A fine dicembre 2024, i Comuni meridionali hanno avviato lavori per 5,6 miliardi, il 64% del valore complessivo degli investimenti a loro titolarità; per i Comuni del Centro-Nord il dato è di 9,7 miliardi, l’82,3% delle risorse Pnrr. Alla stessa data, per le amministrazioni regionali meridionali risultano avviati lavori per 1,9 miliardi di euro, il 50% del valore complessivo degli investimenti Pnrr a loro titolarità. Il valore dei progetti avviati per quelle del Centro-Nord si attesta a 3,5 miliardi, quasi il 76% delle risorse Pnrr.

Se da un lato emergono ritardi dei Comuni del Sud per quota di avviamento dei lavori, i dati in termini di risorse pro capite ribaltano la lettura con livelli di spesa avviata significativamente superiori: 440 euro di investimenti Pnrr per cittadino (302 euro il dato del Centro-Nord).  Va inoltre rilevato che i ritardi nell’apertura dei cantieri riflettono le difficoltà incontrate dalle amministrazioni nella fase progettuale, in quella di accesso competitivo alle risorse, e nell’espletamento delle procedure ammnistrative preliminari all’apertura dei cantieri.

Per le linee di investimento per asili nido e infrastrutture scolastiche, le percentuali di mancato avviamento lavori a gestione dei Comuni del Sud sono significativamente più contenute e si riduce la forbice sui tempi di apertura dei cantieri rispetto al resto del Paese. L’investimento “Costruzione di nuove scuole mediante sostituzione di edifici”, ricompresa nella missione M2C3, registra un valore di progetti non avviati del 9% (2% il dato medio dei Comuni del Centro-Nord). In aggregato, per la componente M4C1 dedicata al potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione, il valore dei progetti avviati è di quasi l’87% (94% il dato del Centro-Nord), per effetto di quote di progetti non in fase esecutiva comprese tra l’8% (Piano estensione del tempo pieno) e il 14% (Potenziamento infrastrutture per lo sport a scuola) delle diverse linee di investimento.

Ma perché le Regioni sono in ritardo rispetto ai Comuni? Per la Svimez è, in parte, a causa della sovrapposizione con gli impegni legati all’implementazione dei programmi della politica di coesione europea.

Il Pnrr ha individuato nella sanità l’ambito di intervento prioritario delle amministrazioni regionali, soprattutto per le misure orientate al rafforzamento della sanità di prossimità, adottando criteri perequativi di allocazione territoriale delle risorse per orientare gli investimenti verso le regioni a maggior fabbisogno. È proprio negli investimenti in sanità territoriale che le Regioni del Sud registrano i ritardi più preoccupanti.

La Svimez, di fronte a questo quadro, pone l’attenzione alla prossima rimodulazione del fondi del Pnrr, ricordando come la «precedente riprogrammazione ha già sottratto investimenti destinati al riequilibrio territoriale infrastrutturale, indirizzando i fondi verso gli incentivi alle imprese di più rapida spendibilità. Una scelta finalizzata a semplificare e accelerare l’attuazione del Piano che però ne ha indebolito le finalità di perequazione infrastrutturale territoriale».

Per questo «replicare quella scelta per motivi di efficienza rischia di penalizzare ulteriormente le finalità di perequazione territoriale dele Pnrr, soprattutto in ambiti fondamentali per la riduzione dei divari di cittadinanza, a partire dalla sanità. Se i fondi per le infrastrutture pubbliche venissero ulteriormente ridotti, il Mezzogiorno vedrebbe diminuire le opportunità di sviluppo e la possibilità di colmare i divari storici nei servizi essenziali, dalla sanità ai trasporti».

«La messa in sicurezza degli interventi orientati a ridurre i gap territoriali nella dotazione di infrastrutture economiche e sociali a titolarità degli enti locali – si legge – dovrebbe, dunque, rappresentare una priorità in vista di nuove possibili nuove riprogrammazioni per: preservare le finalità di coesione territoriale del Pnrr; valorizzare l’inedito sforzo progettuale, attuativo e di spesa realizzato delle amministrazioni, soprattutto quelle comunali; non disperdere il patrimonio di capacità ammnistrativa maturato con l’occasione del Pnrr». (ams)

 

LA “CORSA” CONTRO IL TEMPO DEL SUD
PER SPENDERE IN TEMPO LE RISORSE PNRR

di PIETRO MASSIMO BUSETTASi può contemporaneamente invitare a correre dando una scadenza molto precisa per raggiungere l’obiettivo  e poi continuare a mettere ostacoli per evitare il raggiungimento richiesto? Si, se si adotta la massima evangelica che recita che la destra non sappia quello che fa la sinistra. Per cui il ministro dell’economia agisce senza consultarsi con quello del Sud. 

«Il taglio previsto per gli enti locali è di 250 milioni quest’anno, prima tranche di 1 miliardo e 250 milioni fino al 2028, ed è già un duro colpo per tutte le amministrazioni locali – spiega Decaro – ma la cosa più grave è che il Mef vuole ripartire questo taglio colpendo i Comuni in misura direttamente proporzionale ai finanziamenti del Pnrr».

I tagli riguarderanno 6.838 Comuni, 78 province e 13 città metropolitane. Le riflessioni che vengono immediate sono che i tagli sono orizzontali e non mirati. Il che vuol dire che i Comuni del Mezzogiorno, in genere più disastrati, saranno colpiti come quelli che hanno risorse più abbondanti, anzi in misura maggiore se l’assunto che il Pnrr dovrebbe finanziare maggiormente le realtà locali del Mezzogiorno é corretto. 

Ora capisco perfettamente che opporsi ai tagli è l’esercizio più facile, e in particolare per l’opposizione. Ma se il Pnrr si pone l’obiettivo di diminuire i divari esistenti, di avvicinare i livelli essenziali delle prestazioni (Lep), come potrà avvenire se i tagli sono uguali per chi gli asili nido li ha già in un numero vicino alla percentuale richiesta dall’Unione Europea e chi invece ne è lontanissimo? 

E in ogni caso non sarebbe stato opportuno concordare i tagli con il Ministro Raffaele Fitto, che ha consapevolezza delle problematiche del Piano di Ripresa e Resilienza? Anche il Ministro Giancarlo Giorgetti, come molti in questo nostro Paese, si comporta come se il Paese fosse uno e non, come ogni evidenza statistica dimostra, due. 

Se è vero che come ha dimostrato il Dipartimento per le politiche di Coesione, su sollecitazione di Carlo Azeglio Ciampi, ogni anno una spesa pro capite uguale tra Centro Nord e Mezzogiorno prevederebbe una maggiore dotazione a favore del Sud di 60 miliardi non sarebbe stato il caso di provvedimenti articolati e differenziati per provare progressivamente a diminuire tale divario?

D’altra parte il pensiero dominante é chiaro: altro che diminuire la distanza esistente tra le due parti nei diritti di cittadinanza, la si vuole invece costituzionalizzare con l’autonomia differenziata, trattenendo un residuo fiscale che esiste solo nella mente di Luca Zaia, ma anche di Stefano Bonaccini, e dei loro ricercatori di corte.    

Lo stesso Raffaele Fitto non potrà che piegarsi rispetto alle esigenze di un bilancio che impongono alcuni aggiustamenti.

 Purtroppo la centralità del Mezzogiorno, sempre di più é solo una grida, rinnovata periodicamente ma contraddetta nei fatti. Per cui l’esigenza che le regioni meridionali facciano fronte comune diventa sempre più importante. 

Anche se operativamente diventa estremamente complicato mettere insieme amministrazioni regionali che hanno maggioranze diverse, alcune  allineate rispetto alle decisioni  del Governo.  Fare fronte comune per ricorrere,  se necessario, come ha fatto recentemente Vincenzo De Luca per i Fondi di Sviluppo e Coesione, all’ autorità giudiziaria non sarà facile. E si continuerà con un atteggiamento che sembra corretto, perché mette tutti sullo stesso piano, con tagli lineari, ma che alla fine è profondamente ingiusto, considerato che i punti di partenza di ciascuno sono diversi. 

L’effetto sarà quello di far permanere le distanze esistenti e, considerato che i Comuni del Centro Nord in genere hanno una dotazione  di risorse maggiori, probabilmente aumentarle. 

Il tema di un diverso trattamento necessario diventa sempre più dirimente rispetto agli obiettivi previsti. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

RISCHIO POVERTÀ ED ESCLUSIONE SOCIALE
È PRIMA LA CALABRIA: CAMBIARE LE NORME

di ANTONIETTA MARIA STRATI – La Calabria è tra le prime quattro regioni con la quota più alta di persone a rischio povertà ed esclusione sociale: lo afferma Eurostat e questo stato – terribile – è stato confermato dal VI rapporto Ca’ Foscari sui Comuni 2023, presentato nei giorni scorsi a Reggio. In Calabria c’è anche fin troppa disoccupazione, povertà ed esclusione sociale: nella nostra regione, infatti, il tasso di disoccupazione è al 16%, mentre a Reggio al 16,1% – secondo i dati Svimez – quindi emerge in maniera netta il bisogno di prevenzione e di tempestività, a partire dall’attuale quadro normativo che va modificato.

Dopo i saluti istituzionali del Vicesindaco di Reggio Calabria, Paolo Brunetti, che ha rimarcato le novità più recenti che interessano il Comune in tema di gestione del servizio idrico e, in prospettiva anche del settore dei rifiuti, vi è stato il saluto dell’Assessore al Bilancio, Domenico Battaglia, il quale ha sottolineato come eventi di questo genere siano fondamentali per offrire spunti necessari per una riforma. Battaglia ha ricordato come Reggio Calabria, proprio con riferimento alla criticità finanziaria, sia divenuta un caso di scuola.

È toccato al Direttore Generale del Comune, Demetrio Barreca, effettuare un lungo excursus storico delle tappe che hanno segnato la storia recente di Palazzo San Giorgio, a partire dall’ispezione del Mef del 2011, quando furono ravvisate delle criticità da cui emerse il disavanzo delle casse comunali, per giungere alle diverse deliberazioni della Corte dei Conti e poi al piano di riequilibrio.

«Il VI rapporto Ca’ Foscari sui Comuni 2023 è di tipo multidimensionale ed è importante, per i Comuni che esista. Si tratta di un rapporto continuativo, forse anche enciclopedico, che però riesce ogni anno ad affrontare temi differenziati che convergono nell’idea che il Comune è un elemento essenziale della nostra democrazia e della nostra capacità di governo territoriale», ha detto Andrea Ferri, responsabile Finanza Locale della Fondazione Ifel e dell’Anci.

«Uno dei punti di partenza della ricerca che da diversi anni caratterizza la nostra università insieme a Ifel, è la criticità finanziaria che in alcuni territori come la Calabria è molto importante», ha spiegato Marcello Degni, docente dell’Università veneziana.

«Abbiamo cercato di analizzare – ha aggiunto – le cause di tale criticità finanziaria e sono emerse alcune proposte di radicale riforma dell’attuale quadro normativo. Il titolo VIII del Tuel va riformato radicalmente. Il predissesto – ha proseguito Degni – si è rivelato un fallimento. Il dissesto è una procedura vecchia introdotta alla fine degli anni ‘80 che va completamente rivista». Da questa ricerca sono emerse delle proposte che sono state formulate al legislatore: «L’idea è che bisogna introdurre un sistema predittivo della criticità finanziaria che consenta di cogliere i segnali prima che si verifichino i problemi di criticità forte».

«Il secondo elemento – ha proseguito – è un intervento tempestivo, un affiancamento da parte del sistema multilivello dei comuni in difficoltà intervenendo con un supporto organizzativo e finanziario. Non si tratta solo di trovare dei fondi. In molti casi il dissesto è un fatto organizzativo e quindi occorrerebbe intervenire con un affiancamento, individuando professionalità e aiutando i comuni a uscire dalla situazione in cui sono pervenuti. Dunque: modello predittivo, affiancamento, sostituzione nei casi più gravi e tempestività. Le istruttorie che durano anni non sono funzionali al superamento della criticità finanziaria».

A delineare il progetto Ifel, a supporto dei comuni in criticità finanziaria è stato Fabrizio Fazioli, in collegamento audio-video. Questi ha sottolineato come le crisi finanziarie siano «da tempo sotto osservazione. Si tratta di un fenomeno importante perché in espansione. Si registra una tendenza generalizzata del comparto comunale ad una tensione finanziaria, con una grande difficoltà a gestire e svolgere le funzioni assegnate».

Fazioli ha ricordato come, in tal senso, vi sia una forte connotazione territoriale, considerato che gran parte dei comuni in difficoltà si trovi in Sicilia, Calabria e Campania. Situazione causata da «una molteplicità di fattori», fra cui ovviamente difficoltà strutturali a riscuotere le entrate ma anche «organici ridotti all’osso».

Dopo aver ribadito di ritenere il dissesto e il predissesto «strumenti non idonei» a risolvere le problematiche dei comuni, Fazioli ha spiegato come il progetto di Anci e Ifel sia quello di affiancare gli enti, in via sperimentale, con attività di supporto e assistenza. Attualmente sono 71 i comuni assistiti con una task force individuata in base all’esigenza degli enti per un totale di circa 120 esperti.

Francesco Consiglio, invece, dopo aver ringraziato i numerosi rappresentanti di tanti comuni della Calabria presenti all’evento, nel corso della tavola rotonda Esperienze di criticità finanziaria nei Comuni della Calabria, moderato dal segretario generale del Comune di Reggio, Antonio Criaco, ha ricordato come il tema dell’incontro rappresenti una questione «molto seria, una condizione in cui vivono i comuni della Calabria».

«C’è qualcosa che non sta funzionando – ha rimarcato Consiglio – se i comuni sono chiamati ad accantonare delle somme che poi non possono utilizzare». Il dirigente ha ribadito un concetto: «Il dissesto non equivale a un risanamento dei comuni che devono poi capire come andare avanti».

Per Consiglio diventa fondamentale utilizzare i fondi di accantonamento anche con una funzione di risparmio, così da «garantire i debiti tributari dei cittadini. Se il problema è la riscossione – ha evidenziato Consiglio – utilizziamo per una parte i nostri risparmi per aiutarla questa riscossione». Il dirigente si è domandato se i comuni siano organizzazioni complesse e, rispondendo positivamente, ha ricordato come non si sia mai vista una «verifica dell’adeguatezza della struttura amministrativa che dovrebbe essere effettuata obbligatoriamente dallo Stato».

Il dirigente del Settore Bilancio della Città metropolitana, Fabio Nicita, ha posto l’accento sui rapporti con i comuni e le modalità di riscossione passate da un metodo indiretto ad un metodo diretto.

Le conclusioni sono state affidate ad Andrea Ferri, Responsabile Finanza Locale della Fondazione Ifel e dell’Anci. «I comuni – ha spiegato – nel loro complesso rappresentano un comparto sano della pubblica amministrazione. Produciamo accreditamento ma non indebitamento netto per lo Stato. Non aumentiamo il debito pubblico e ci reggiamo su entrate largamente proprie, molto differenziate nel territorio».

Ad oggi, ha rimarcato Ferri, vi sono 450 crisi conclamate e 1300 comuni in sui quali è stata avviata un’iniziativa convergente. «Il rapporto – ha aggiunto – è nato nello scorso decennio con un’analisi sulla crisi in atto.  Oggi si è evoluto in modo multidimensionale».

«È stato attivato – ha detto ancora – progetto per supportare diverse decine di comuni in condizioni di instabilità e di crisi. Questo fa parte della nostra missione e ci fa capire una cosa fondamentale in generale: per risolvere questa fragilità, minoritaria ma importante con quasi tutte le città medie del sud coinvolte, che si integra con un tema di fragilità generale dei comuni, occorre trovare meccanismi perequativi radicalmente diversi che tengano conto di una sperequazione di risorse molto importante».

«La nostra perequazione è formalistica, “statisticistica” – ha aggiunto – basata su dati di ingegneria. Tutto bello e vero, ma poi alla fine inefficace. Il richiamo che ci viene dalla corte costituzionale con la sentenza 115/2020 è che la crisi è anche frutto di una debolezza strutturale. Noi ancora su questo, che riguarda soprattutto Sud e le aree interne, non stiamo intervenendo abbastanza».

«Quando capiremo, come sistema-Paese – ha concluso – che questo è un elemento di forza per tutto il Paese, come dimostrano gli investimenti Pnrr, daremo un forte contributo alla stabilità economica della finanza pubblica». (ams)

Anci Calabria: Verso istituzione della Centrale di prevenzione e tutela per sindaci e Comuni

«Come Anci Calabria stiamo per istituire la Cpt, che sta per “Centrale di prevenzione e tutela”, cioè uno strumento che consenta ai sindaci e agli altri amministratori locali di segnalare agilmente contesti e situazioni di pericolo o casi di violenza consumata». È quanto ha annunciato la presidente dell’Anci Calabria, Rosaria Succurro, sottolineando il bisogno di «fermare  l’escalation di attacchi intollerabili come quelli che di recente hanno colpito il sindaco di Cittanova, Francesco Cosentino, e l’assessore Pierfrancesco Balestrieri, del Comune di Bisignano».

«Condanniamo la violenza verso gli amministratori locali e intendiamo difenderli da intimidazioni, minacce, aggressioni e atti ritorsivi», ha evidenziato, ricordando come «l’Anci Calabria vuole creare uno scudo protettivo nei confronti degli amministratori locali, per avvicinarli ai responsabili della pubblica sicurezza e per avviare iniziative concrete di prevenzione e tutela, anche studiando e proponendo nuove norme di legge che permettano interventi più rapidi ed efficaci della magistratura e delle forze dell’ordine».

«Vogliamo sostenere i sindaci della Calabria – ha concluso la presidente Succurro – e le relative amministrazioni comunali, punti di riferimento dei cittadini e delle comunità locali in una regione che subisce continue pressioni criminali e illegali, contro cui le istituzioni pubbliche e la società civile combattono con ammirevole coraggio. Nessuno deve essere lasciato da solo». (rcz)

LA LETTERA / 30 Associazioni chiedono un alloggio per le donne vittime di violenza

Trenta Associazioni, in una lettera aperta ai Comuni calabresi, all’Anci, al Consiglio regionale della Calabria e all’Agenzia dei Beni confiscati, di attivarsi per trovare un alloggio per le donne vittime di violenza.

Una  donna maltrattata  “costretta”, per mancanza di alternative, a vivere con i figli minori in un appartamento sottostante a quello dell’ex marito violento che la vittima aveva regolarmente denunciato. Una situazione di grave rischio che aveva portato i servizi a valutare l’allontanamento dei minori per assicurare loro adeguata protezione.

Di questi giorni la situazione di cinque minori vittime di violenza assistita che si trovano a vivere con la madre in una sola stanza senza trovare, nemmeno dopo una estenuante ricerca,  disponibilità di qualche privato a dare in affitto  una abitazione. Un piccolo spaccato del nostro territorio  di una condizione in cui versano  in Italia ben 6 milioni 700mila donne e bambini  vittime di violenza, dove potere contare su un alloggio è il primo passo verso l’autonomia.

Diritto negato in calabria  dai Comuni nonostante  la legge della regione  n.20 del 2007.L’art. 7 della suddetta legge che statuisce in tema di “assistenza alloggiativa garantita”, così testualmente recita: «I Comuni, al fine di garantire adeguata assistenza alloggiativa alle donne, unitamente ai loro figli minori, che vengono a trovarsi nella necessità, adeguatamente documentata dagli operatori dei Centri antiviolenza e/o dagli operatori comunali, di abbandonare il proprio ambiente familiare e abitativo, in quanto vittime di violenze e abusi sessuali fisici o psicologici e che si trovano nell’impossibilità di rientrare nell’abitazione originaria, si avvalgono della riserva degli alloggi di cui all’articolo 31 della legge regionale 25 novembre 1996, n. 32».

Purtroppo, però, nonostante una precisa disposizione di legge, i Comuni calabresi, in palese violazione della stessa, continuano ad ignorare il dettato normativo anche a fronte di segnalazioni di urgenza spesso segnalate dalle forze. È superfluo ribadire la gravità delle violazioni di quelle previsioni normative finalizzate a tutelare la posizione della vittima di reati endofamiliari, nonché a scongiurare irreparabili tragedie familiari.

Peraltro, le  conseguenze di questi  mancati  interventi hanno ricadute importanti non solo per le vittime di violenza, ma anche sotto il profilo del sistema di protezione e di accoglienza delle donne con il paradosso che  le case rifugio e le case accoglienza che ospitano nell’emergenza le donne maltrattate, non potendo in molti casi dimetterle per mancanza di soluzioni abitative, registrano spesso una situazione di esaurimento dei posti e l’impossibilità di potere procedere a nuove accoglienze. Inoltre si registra a carico della regione uno spreco di risorse economiche rilevantissimo.

Serve, quindi, una assunzione di responsabilità immediata da parte dei Sindaci che sono chiamati a provvedere anche attraverso l’utilizzo dei beni confiscati, che, si ricorda, sono a pieno titolo parte del patrimonio di edilizia residenziale del Comune e della regione che a oltre sedici anni dalla legge 20 sul contrasto alla violenza di genere non ha provveduto ad aggiornarla e soprattutto a  finanziarla .

I soggetti promotori di questa lettera di denuncia chiedono:

  • Ai Comuni calabresi tramite anche l’Anci, il rispetto delle vigenti disposizioni di legge assegnando in via d’urgenza, a seguito di provvedimento giudiziario e/o di pubblica sicurezza, alloggi disponibili del patrimonio edilizio, compresi i beni confiscati e sequestrati a nuclei familiari composti da donne che abbiano subito violenza.
  • Al Consiglio regionale della Calabria di adottare delle norme legislative che rafforzino questo diritto dando seguito alle proposte di legge presentate sul tema per garantire alle donne vittime di violenza dei percorsi di autonomia abitativa, lavorativa e sociale.
  • Alla Agenzia dei beni Confiscati di attivare un tavolo tecnico per affrontare questa criticità

Si chiede, inoltre, che i consigli degli ordini degli avvocati della regione, nonché le diverse associazioni che si occupano della difesa dei diritti civili, di valutare la possibilità di attivare servizi di assistenza legale per tutte quelle donne vittime di violenza che chiedono il riconoscimento dei diritti previsti dalle norme vigenti. (rcz)

Dissesto idrogeologico, Regione e sindaci insieme per la difesa del suolo

La prevenzione prima di tutto è il nome del dossier informativo della Regione Calabria contro il dissesto idrogeologico.

Un tema molto attuale quanto critico nella nostra regione, talmente tanto da aver portato il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, a chiamare in Cittadella regionale tutti i sindaci della Calabria per confrontarsi sul dissesto idrogeologico.

Una chiamata a cui tutti i primi cittadini hanno risposto, consapevoli di quanto lavoro ci sia per mettere in sicurezza i Comuni.

E proprio i Comuni, ad opinione del Governatore Occhiuto, «devono essere protagonisti insieme alla Regione di tutte le attività legate alla difesa del suolo, alla prevenzione e alla mitigazione del rischio, perché alcuni eventi che un tempo erano eccezionali stanno diventano purtroppo ora ordinari a causa dei cambiamenti climatici».

«È stato il turno di Ischia – ha detto Occhiuto –, prima ancora delle Marche. La Calabria è una regione esposta a potenziali rischi dal punto di vista del dissesto e di eventi avversi», ha aggiunto Occhiuto, che poi ha ricordato: «Abbiamo licenziato in Giunta la nuova legge sulla protezione civile, dal 1997 non si riformava la legge sulla protezione civile in Calabria eppure è una regione che ha più rischi di altre». 

«E ora – ha proseguito – stiamo mettendo mano a tutte le attività utili a svolgere le azioni necessarie per la difesa del suolo. Bisogna farlo insieme ai Comuni e sono molto contento che i sindaci abbiano risposto con questa disponibilità, dimostrando grande sensibilità».

«Il sistema di allerta – ha spiegato – è governato a livello nazionale dal Dipartimento Protezione civile che poi manda i dati ad Arpacal e Arpacal li restituisce alla Protezione civile regionale. Può essere migliorato ulteriormente, perché nei mesi passati Arpacal si è dotata di una stazione meteorologica molto avanzato ma non ha assunto meteorologi che la devono governare». 

«Questo – ha sostenuto il presidente della Regione – è un tema alla mia attenzione: occorre un rilancio dell’Arpacal perché anche Arpacal deve svolgere la sua funzione, come può fare, in questa attività».

Spazio, poi, ai fondi: «Nella legge sulla protezione civile – ha spiegato – bbiamo incrementato di molto le risorse, ma tutta l’attività legata alla difesa del suolo necessita di più risorse a livello nazionale».

«Noi, però – ha continuato – intanto dobbiamo spendere le risorse che abbiamo. Soprattutto deve farlo la Regione. Su questo i sindaci hanno ragione, Io appena insediato ho verificato che c’erano 400-450 milioni da impegnare per la difesa del suolo con un avanzamento della spesa molto lento, abbiamo raddoppiato la progressione di spesa ma non basta. Sono attività che si fanno in avvalimento sui Comuni, cioè li fanno i Comuni ma bisogna aiutare i Comuni a realizzarli più velocemente». 

«Quindi mi è ben chiaro  – ha concluso – il fatto che bisogna accelerare e soprattutto bisogna accelerare qui in Regione».

Il sindaco di Catanzaro, Nicola Fiorita, pur condividendo le preoccupazione espressa da Occhiuto, ha evidenziato come si trattino di «preoccupazioni che ho espresso subito nell’immediato».

Dire che il sistema di allerta non funziona non significa voler accusare nessuno, anzi so che tutti fanno bene la loro parte, il problema è capire se questa parte è razionale e ci tutela veramente», ha aggiunto.

«Penso – ha sostenuto ancora Fiorita – che dobbiamo essere tuti consapevoli che le allerta, i bollettini che ci vengono consegnati a inizio giornata con fasce di territorio molto ampie o con Pec che arrivano a notte inoltrata su indirizzi email che non vengono controllati e non possono essere controllati e non sono fatti per controllare 24 ore su 24 non ci tutelano, non ci possono tutelare da eventi imprevisti e imprevedibili a cui purtroppo dobbiamo abituarci». 

«Allora io credo che intanto dobbiamo affinare il sistema di comunicazione e di previsione di questi eventi – ha suggerito – ma anche – ripeto – essere consapevoli che questo non potrà bastare se non mettiamo in sicurezza un territorio fragile, devastato da anni, decenni di incuria e di costruzioni non razionali e non ragionevoli, altrimenti nessun allerta e nessuno sistema di prevenzione potrà essere sufficiente». 

«Siamo qui – ha rilevato il sindaco di Catanzaro – per ascoltare il presidente, penso che questa iniziativa sia importante, utile, forse addirittura necessaria, quini è altrettanto utile e necessaria la nostra presenza: vediamo cosa ci viene detto e ribadire questa esperienza che abbiamo maturato». 

«I danni prodotti sul nostro territorio sono danni importanti, siamo in una fase ancora di emergenza a cui stiamo cercando di mettere riparo per quello che possiamo con le nostre risorse ma – ha concluso Fiorita – è chiaro che ci vorrà anche qui un intervento serio perché altrimenti continueremo a rattoppare un territorio devastato senza metterlo in sicurezza. Senza risorse eccezionali non si affrontano eventi eccezionali».

Nel dossier “La prevenzione prima di tutto”, viene ricordato i soggetti competenti in materia, ossia i Comuni, Azienda Calabria Verde e i Consorzi di Bonifica. Inoltre, indica come la mitigazione dei rischi idrogeologici può/deve essere affrontata per i diversi aspetti che caratterizzano i diversi fattori: 1. Interventi di manutenzione ordinaria (pulizia degli alvei, riparazione di argini, etc.); 2. Interventi strutturali (di regimentazione delle acque, di contenimenti di movimenti franosi, di protezione delle coste); 3. Interventi di riduzione del rischio residuo, a valle di un evento (es. riparazione di un argine danneggiati dall’evento, opere prowisionali di contenimento di movimenti franosi attivatisi, etc.).

«La riduzione dell’esposizione – viene spiegato – può ottenersi attraverso la demolizione e delocalizzazione delle costruzioni presenti in aree pericolose o, nell’imminenza di un evento, l’evacuazione dai piani seminterrati, interdizione di sottopassi pericolosi, etc. La riduzione della vulnerabilità delle costruzioni può ottenersi migliorando le fondazioni di costruzioni in aree soggette a erosione etc.».

Da non sottovalutare, poi, l’enorme sforzo economico e operativo che richiede la mitigazione dei rischi. Su quetso punto, il documento spiega che «per ottimizzare le azioni da porre in essere è fondamentale una buona conoscenza e valutazione del rischio (pericolosità, vulnerabilità ed esposizione) del territorio, in modo da individuare i punti, le aree, con maggiori criticità e indirizzare le risorse in maniera oculata».

«Gli interventi – si legge – devono essere ben individuati come tipologia, ben dimensionati e tra loro coordinati, per evitare che interventi strutturali effettuati sullo stesso bacino, sulla stessa asta fluviale, sulla stessa frana o su tratti di costa limitrofi non siano controproducenti, ma possibilmente sinergici tra di loro».

«L’intero territorio della Regione Calabria – si legge anovra – risulta suddiviso in oltre 1000 bacini, per una lunghezza complessiva delle aste fluviali censite nel Reticolo di circa 70.000 km,  ripartite per importanza secondo il numero di Horton.  La fitta rete di corsi d’acqua che solcano il territorio della Calabria richiede interventi strutturali ma soprattutto di manutenzione al fine di garantire una costante ed efficace azione di prevenzione dei dissesti.  Si tratta di operazioni da svolgere periodicamente al fine di mantenere in buono stato di efficienza  idraulico-ambientale gli alvei, in buone condizioni di equilibrio la parte spondale e in efficienza le opere idrauliche e quelle di sistemazione idrogeologica. Tutto ciò in sinergia tra gli Enti che hanno competenza sulla difesa del suolo».

 Quindi, per mitigare il rischio da alluvioni è necessario pianificare a scala di bacino, ossia un approccio che consente di stimare gli interventi necessari a mitigare il rischio. 

Nel documento viene ricordato come come il Dgr 655 del 10 dicembre 2022 si è dato il via libera all’istituzione di Task force contro l’abusivismo edilizio. Il suo compito è quello di individuare le azioni prioritarie da intraprendere per la rimozione degli abusi così da scongiu-rare le situazioni di pericolo per pubblica incolumità.

Infine, viene ribadita l’importanza di sensibilizzare i cittadini e gli agricoltori a conservare integro ed efficiente i fossi di scolo privati, che «è necessario interventi di ingegneria naturalistica e programmare interventi di manutenzione ordinaria». (rcz)

Pnrr, il sindaco di Caloveto Mazza: Sono a rischio le opere dei Comuni

Sono a serio rischio le opere dei Comuni per il Pnrr. È la denuncia fatta dal sindaco di Caloveto, Umberto Mazza, nel corso dell’evento dell’Asmel – Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali svoltosi a Napoli.

«Se non interverranno concrete ed urgenti iniziative di solidarietà – ha spiegato il primo cittadino – snellimento e sostegno da parte del Governo centrale ai comuni, soprattutto ai piccoli comuni, per fronteggiare e superare la quantità di passaggi burocratici cui adempiere e la complessità della documentazione da fornire, un binomio spesso maniacale che blocca la messa a terra delle opere già in fase di avanzamento, quella che oggi è ancora una corsa contro il tempo (22 miliardi di euro in gara) rischia di diventare un fallimentare pantano per tutta l’Italia».

Insieme al sindaco Mazza erano presenti anche il vicesindaco Francesco Salatino e gli assessori comunali Vittorio Mazza e Giuseppe Sapia.

Ospitato a Palazzo Caracciolo, a Napoli, all’evento che ha visto l’adesione di più di 4 mila amministratori, oltre il 50% dei territori italiani, hanno preso parte e sono intervenuti, tra gli altri, anche il sottosegretario di Stato alla presidenza del consiglio dei ministri, Giuseppina Castiello ed il sindaco di Benevento e già ministro Clemente Mastella.

Facendo proprio l’appello lanciato dal Sottosegretario Castiello il sindaco ha sottolineato come il rischio che salti tutto è reale, soprattutto nei comuni meridionali, ipotecati da scarsità di risorse economiche ed umane e da una ridotta se non inesistente capacità organizzativa strutturale.

«La nostra amministrazione – ha concluso – sta al momento rispettando le tempistiche e modalità del Pnrr. Lo scenario generale però resta complesso e in assenza di nuove e ulteriori misure di semplificazione e sostegno si mettono a rischio la prosecuzione e i tempi delle attività straordinarie e ordinarie programmate». (rrm)

Pnrr, Bruni: Ci sono bandi da 700 mln, i Comuni si diano da fare

La consigliera regionale e leader dell’opposizione, Amalia Bruni, ha reso noto che sono stati pubblicati «i bandi per gli avvisi relativi ai fondi Pnrr, per un totale di 700 milioni» e ha auspicato che «tutti i comuni si diano rapidamente da fare. Speriamo che i cittadini ancora una volta non debbano pagare per errori, ritardi o peggio, indifferenza, dei loro amministratori».

«538 milioni – ha spiegato – sono destinati alla rigenerazione o alla realizzazione di nuovi impianti sportive per i comuni con oltre 50mila abitanti mentre gli altri 162 per strutture che interessano almeno una federazione sportiva senza limite di abitanti».

«Tra qualche settimana – ha spiegato ancora – sarà pubblicato il nuovo bando Sport e periferie con una capienza iniziale di 40 milioni che poi arriverà a circa 120-130 milioni di euro e questi fondi saranno destinati esclusivamente ai comuni con meno di 50 mila abitanti proprio per compensare la loro esclusione dai fondi del Pnrr. Si tratta di un’occasione unica per ottenere finanziamenti in grado di intervenire sulle strutture sportive e per riqualificare le nostre periferie. C’è grande fermento, come è giusto, in questo senso da parte di molte amministrazioni». (rrc)

Il webinar dell’Anci e Conai sulle “opportunità del Pnrr per i Comuni per lo sviluppo della raccolta differenziata”

Domani mattina, alle 12, è in programma il webinar promosso da Anci Calabria e Conai dal titolo Le opportunità del Pnrr per i Comuni per lo sviluppo della raccolta differenziata.

Dopo i saluti istituzionali del presidente Marcello Manna, di Enzo Bianco, presidente del Consiglio Nazionale Anci e di Luca Ruini, presidente Conai, introdurranno i lavori Laura D’Aprile, capo dipartimento Mite e Stefania Dota, vice segretario generale Anci.
Focus sui bandi del Pnrr per la raccolta dei rifiuti urbani: supporto operativo a favore dei destinatari al centro degli interventi di Gianfranco Comito, dirigente generale reggente del dipartimento Territorio e Tutela dell’Ambiente della Regione Calabria, Antonello Antonicelli, coordinatore della struttura tecnica Anci-Conai e Fabio Costarella, responsabile sviluppo RD Centro-Sud Conai.
I lavori, coordinati dal Segretario di Anci Calabria Francesco Candia, si svolgeranno esclusivamente in videoconferenza.
Nei giorni a seguire i comuni che lo ritengono potranno, altresì, avere consulenza e/o sostegno tecnico-amministrativo da un team Conai per la predisposizione delle procedure di domanda di finanziamento e relativi interventi. (rrc)