PIL, LA CALABRIA STA CRESCENDO: +4,5%
MA PERSISTONO I RITARDI E LE DEBOLEZZE

La Calabria sta crescendo, ma molto più lentamente rispetto alle altre regioni. È quanto è emerso dall’ultimo report dell’Istat sui conti territoriali economici, che rileva una crescita del Pil della nostra regione del +4,5%. Un dato che, tuttavia, conferma la debolezza strutturale e i ritardi della Calabria.

La nostra regione, infatti, è posizionata ultima per il Pil per abitante, con 17,6 mila euro. Anche il Mezzogiorno, nella classifica generale, si posiziona ultima nel Pil per abitante, «19,7mila euro (18,3mila nel 2020), incrementando le distanze con il Centro-nord: la differenza, che si era ridotta da 15,8mila euro a 14,5mila euro tra il 2019 ed il 2020, risale infatti a 15,7mila euro per abitante nel 2021».

Inoltre, «nel 2021 – si legge nel rapporto – in Italia la spesa per consumi finali delle famiglie per abitante, valutata a prezzi correnti, è stata di 17,5mila euro. I valori più elevati di spesa pro-capite si registrano nel Nord-ovest (20,1mila euro) e nel Nord-est (19,6mila euro); segue il Centro con 18,3mila euro, mentre il Mezzogiorno si conferma l’area in cui il livello di spesa è più basso (13,7mila euro)».

Dati che, come suggerisce l’Istituto «aumentano il divario tra il Centro-Nord e il Mezzogiorno».

L’Istat, infatti, ha rilevato che nel 2021 «il Pil in volume è aumentato del 7,5% nel Nord-ovest, del 7,1% nel Nord-est, del 6% nel Mezzogiorno e del 5,9% nel Centro», mentre il Nord-Ovest mantiene il primo posto nella graduatoria del Pil pro-capite, con un valore in termini nominali di circa 38mila euro, mentre nel Mezzogiorno il livello risulta leggermente inferiore a 20mila euro annui».

Sempre nel 2021, l’Istituto ha evidenziato come «il reddito disponibile pro-capite delle famiglie del Mezzogiorno (15,1mila euro) si conferma il più basso del Paese, sebbene si riduca la distanza con quello del Centro-nord (22,1mila euro)». Due, poi, i dati importanti: la crescita del reddito delle famiglie al Sud, sostenuto anche dalle prestazioni sociali, che segna un +4,1% e la crescita degli occupati nel Mezzogiorno, che è a +1,3%.

Rimanendo sul Pil, l’Istat ha rilevato un incremento «leggermente più accentuato rispetto al Centro (5,9%) si registra nel Mezzogiorno, dove il Pil è cresciuto del 6% rispetto al 2020, trainato prevalentemente dal settore delle Costruzioni (+26,1%), con un contributo positivo alla crescita fornito anche dall’agricoltura, settore che risulta invece in flessione in tutte le altre ripartizioni territoriali».

«All’espansione dell’attività produttiva – si legge – si è accompagnato, nel 2021, una crescita in volume dei consumi finali delle famiglie del 5,3% a livello nazionale. Anche in questo caso il Nord-ovest ha mostrato l’incremento più consistente (+5,6%), il Mezzogiorno quello più contenuto (+4,8%). Nel 2021, il reddito disponibile delle famiglie è cresciuto del 3,7% a livello nazionale, come sintesi di un aumento superiore alla media nazionale al Mezzogiorno (+4,1%) e al Centro (+3,9%), e inferiore al Nord (+3,6% nel Nord-ovest e +3,4% nel Nord-est)».

Per quanto riguarda l’occupazione, a livello nazionale, l’input di lavoro complessivo, misurato in termini di numero di occupati, nel 2021 è aumentato dello 0,6%. Andando più nel dettaglio, «la ripartizione più dinamica in termini di crescita occupazionale è il Mezzogiorno, dove il numero degli occupati è aumentato dell’1,3%, mentre il Nord-Ovest e Centro hanno mostrato incrementi più contenuti, pari rispettivamente allo 0,4% e allo 0,3%, mentre nel Nord-est il numero degli occupati è rimasto pressoché stabile (+0,1% rispetto al 2020)».

«Nel Mezzogiorno – si legge – la crescita occupazionale è legata soprattutto all’andamento del settore delle Costruzioni che, in quest’area, ha registrato l’aumento più consistente (+10,7%). Da segnalare inoltre l’andamento del settore dei Servizi, che ha fatto registrare un aumento dello 0,7%, più elevato delle altre ripartizioni, mentre l’Industria è l’unico comparto a mostrare una leggera flessione (-0,1%)».

È stato rilevato, poi, come nel Mezzogiorno ci sia l’incidenza più elevata dell’economia non osservata (la somma della componente sommersa e di quella illegale), il cui peso è di 16,8% del complesso del valore aggiunto, seguito dal Centro (12%). Sensibilmente più limitata, e inferiore alla media nazionale, è l’incidenza nel Nord-est (9,8%) e nel Nord-ovest (9,2%).

La nostra regione, purtroppo, è quella che a livello regionale presenta il peso massimo, ossia il 18,8% del valore aggiunto complessivo. Primo posto, purtroppo, anche per il peso del sommerso dovuto all’impiego di input di lavoro irregolare è particolarmente elevato in Calabria (8,3% del valore aggiunto) e «l’economia illegale e le altre componenti dell’economia non osservata – scrive l’Istat – presentano infine un’incidenza che varia tra il 3,6% del valore aggiunto complessivo in Calabria e l’1,5% della Lombardia».

Per quanto riguarda il valore aggiunto pro-capite, nella nostra regione Cosenza e Vibo Valentia sono le città con i valori più bassi (rispettivamente 13,7 mila euro Cosenza e 13,9 mila euro Vibo Valentia), precedute solo da Agrigento con un valore di 13,5 mila euro.

Crotone presenta il valore più basso sul valore aggiunto per  per abitante nei segmenti produttivi: 3,3 mila euro; Reggio Calabria ha un valore aggiunto pro-capite nell’industria che arriva a poco più di 800 euro.

Nonostante questi dati sconfortanti, l’Istat ha rilevato, nel reddito disponibile delle famiglie, una crescita nel 2021 del +3,6%. Eppure, «la graduatoria del reddito disponibile per abitante – si legge – conferma sostanzialmente la situazione del 2020: in testa si pone la Provincia autonoma di Bolzano-Bozen, con 26,3mila euro correnti (25,7mila euro nel 2020), seguita da Lombardia (23,9mila euro) ed Emilia-Romagna (23,3mila euro). La Calabria chiude la graduatoria con 14,1mila euro (13,5 nel 2020), preceduta da Campania e Sicilia (rispettivamente 14,5mila euro e 14,8mila euro)». (rrm)