L’inchiesta di Sergio Rizzo su Repubblica sul “riscatto negato” di Reggio

È un giornalista di punta Sergio Rizzo, autore, tra l’altro di fortunati best-seller sulla “casta” col collega Gianantonio Stella: la sua inchiesta pubblicata oggi su Repubblica, sulla nuova questione meridionale, tocca il caso di Reggio. È una fotografia impietosa di come lo Stato centrale si sia dimenticato e si dimentichi ancora della più grande città della Calabria. Dove convivono ‘ndrangheta, disoccupazione, fuga dei giovani, dove lo Stato «ha sempre fato grandi promesse senza mai mantenerne una».

«Si vedono nitidamente – annota Rizzo – tutte le falle e le irresponsabilità della nostra politica. Con scelte determinate solo da interessi di parte, come la decisione di non riunire le città metropolitane di Reggio e Messina, due città di confine destinate a parlarsi. E adesso si profila, nel cinquantesimo anniversario del “Boia chi molla” una nuova resa dei conti.»

Rizzo ripercorre, dopo aver riportato le sconsolate riflessioni del sindaco Falcomatà, le vicende di 50 anni fa: «Presidente del Consiglio in quel 1970 era il lucano Emilio Colombo, un democristiano che maneggiava alla perfezione il codice del consenso. E confezionò un pacchetto con lo stabilimento della Liquichimica e il quinto centro siderurgico a Gioia Tauro. Quarantamila posti di lavoro si vendettero. Ma l’altoforno non si fece, e nemmeno la megacentrale al posto suo. Restò solo il porto. Quanto alla Liquichimica, ci sono operai andati in pensione dopo decenni di cassa integrazione senza aver varcato i cancelli. Poi, dopo quei fallimenti, il decreto Reggio. Correva l’anno 1989 e il governo De Mita stanziò 600 miliardi di lire, pari a 642 milioni di euro attuali. Gli scandali, le ruberie, i commissariamenti non si contano. Sappiamo solo che nel 2019 ci sono ancora da spendere 200 milioni di euro».

Se i nostri politici leggessero i giornali, forse un po’ di vergogna salirebbe. (rrm)

(nella foto di copertina il giornalista Sergio Rizzo)