Il Rotary a confronto sulla violenza di genere: Quale terapia?

Il Rotary di Nicotera Medma e Polistena, presso l’Istituto Superiore “R. Piria” di Rosarno, ha affrontato un tema di attualità e che coinvolge, per certi aspetti, principalmente le giovani generazioni.

Violenza di genere: quale terapia? è il tema che ha interessato gli oltre 250 studenti che hanno ascoltato i brillanti relatori e, poi, hanno partecipato attivamente alla discussione, ponendo a confronto delle varie posizioni anche quelle dei ragazzi, molto interessati al dibattito.

Ad aprire la manifestazione i saluti di Pasquale Cutrì, neo sindaco della città di Rosarno, della dirigente scolastica, Mariella Russo, dei presidenti dei Rotary Club di Nicotera Medma e Polistena, Carlo Capria e Salvatore Auddino. Gli interventi, molto interessanti, sono stati affidati a Rosella Galluccio, responsabile ambito territoriale sociale di Rosarno, che ha evidenziato di come sia rilevante guardare agli accadimenti per rendersi conto di come si possa reagire in difesa delle persone vessate, Assunta Carrà, psicologa e presidente Scuola Superiore di psicologia applicata, che ha sottolineato di come sia fondamentale che si possano svolgere momenti di informazione per meglio formare i giovani, Antonio Marziale, garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Calabria, che ha richiamato i giovani a discutere sull’argomento ed ha invitato le scuole a promuovere l’educazione sessuale senza avere paura o timori, Giacomo Francesco Saccomanno, avvocato e giurista, che ha commentato la proposta di legge denominata “castrazione chimica”, evidenziando di come il problema debba avere, dapprima, un percorso culturale ed educativo e, poi, nei casi di recidiva, assumere tutte quelle necessarie sanzione per evitare che il reato possa ripetersi.

Ha descritto puntualmente l’importanza della proposta di legge che è stata accolta positivamente da tutti i relatori ed anche dalla platea, ribadendo che il carcere non riabilita, ma anzi e spesso è un luogo di perdizione. Infine, sono stati ascoltati tanti giovani che hanno manifestato il proprio pensiero, precisando di come sia fondamentale l’educazione sessuale, l’informazione, la formazione e, poi, delle sanzioni efficaci ed applicate. Nelle conclusioni del Governatore del Distretto 2102, Franco Petrolo, la meraviglia per aver scoperto una scuola innovativa, per aver affrontato, con tanti giovani, un argomento molto serio e di attualità, per aver potuto contribuire con il Rotary ad un momento di oggettiva informazione e, certamente, formazione per tutti. 

L’IC Carolei Dipignano “Rendano-Valentini” contro bullismo, cyberbullismo e violenza di genere

L’Istituto Comprensivo Carolei – Dipignano “Rendano- Valentini” ha ribadito il suo no al bullismo, al cyberbullismo e alla violenza di genere. E lo ha fatto attraverso l’evento Il bullismo non è uno scherzo… è un reato.

Una manifestazione per sensibilizzare gli studenti sull’importanza di combattere il bullismo e la violenza. Il nome è quello del progetto presentato da Gianluca Lumare, presidente dell’Associazione “Educando Peter Pan – Uisp Solidarietà”, che ha coinvolto gli studenti delle classi della Scuola secondaria in un momento di riflessione ed approfondimento su tematiche toccano da vicino la vita scolastica e sociale dei ragazzi.

Quale luogo migliore della Scuola per svolgere azioni di sensibilizzazione e prevenzione? È infatti dagli stessi studenti coinvolti che può e deve nascere una nuova mentalità, un nuovo modo di vedere e rapportarsi all’altro mettendo al bando ogni genere di violenza. Nel corso dell’iniziativa si è discusso di bullismo e cyberbullismo, violenza di genere e altre devianze dell’età evolutiva. Tematiche che hanno delle implicazioni sia dal punto di vista psicologico, sia dal punto di vista giuridico, configurandosi come veri e proprio reati che portano conseguenze sia per chi li subisce che per chi li mette in atto.

Le riflessioni hanno suscitato la viva e spontanea partecipazione degli studenti, che hanno presentato le proprie domande agli esperti intervenuti dimostrando come iniziative di questo genere riescano a parlare direttamente ai principali soggetti coinvolti. Il presidente Lumare ha sottolineato la riuscita dell’iniziativa ed ha apprezzato la cura con cui è stata organizzata. I ragazzi avevano infatti già avviato la discussione sui temi trattati già nelle singole classi, preparando storie, poesie, cartelloni ed altri elaborati presentati durante la mattinata.

Soddisfazione è stata espressa anche dalla referente dell’iniziativa, Angela Salvia, e dal Dirigente scolastico dell’Istituto, Domenico De Luca, che ha ringraziato Gianluca Lumare per aver trattato con incisività, chiarezza e competenza argomenti essenziali per la crescita di ciascuno e per dare risposte, non sempre facili, alle richieste di aiuto ed attenzione. La Scuola conferma dunque il suo impegno in prima linea nel processo di educazione e formazione, non limitandosi all’ambito strettamente didattico ma assolvendo quella che è la sua missione principale: formare la persona umana nel senso più ampio del termine. (rcs)

CALABRIA, DONNE IMPEGNATE NEL LAVORO
LA PRECARIETÀ A SCAPITO DELLA FAMIGLIA

di SIMONA CARACCIOLO – È errore comune credere che quando le donne occuperanno finalmente posti di vertice il sessismo sarà sconfitto. Le esperienze di vita, soprattutto in settori prettamente maschilisti, insegnano che solo quando smetteremo di pensare che essere maschio o femmina siano parametri di giudizio, sul podio o altrove, sarà stato seriamente il tempo della rivoluzione. 

Uno spaccato indicativo sulla realtà della situazione dell’occupazione femminile in Calabria può essere rappresentato dai risultati dell’indagine su La lavoratrice ai tempi del Covid-19, ideata e realizzata dal Coordinamento Donne Cisl Calabria. Il Segretario generale in un suo intervento riporta come «tale ricerca sul campo ha scelto di compiere un importante esercizio di ascolto delle donne impegnate nel mondo del lavoro, in una fase drammatica della nostra vita personale e sociale». Ne è emerso un quadro significativo sia della situazione lavorativa e reddituale, sia dei servizi di welfare e conciliazione famiglia-lavoro». Risultano le donne essere «la categoria più colpita dalla precarietà e dalla discontinuità nel lavoro.

Una sana critica stana nodi culturali che impediscono a donne e uomini di realizzare se stessi, di autodeterminarsi. Il femminismo non deve distruggere ma costruire facendo sentire la propria voce in ufficio come in famiglia; esso deve trattare i diritti in modo inclusivo, intersezionale, aperto, senza farci dimenticare i nostri doveri, primo fra tutti la libertà di essere se stessi. 

Tra le azioni culturali che mirano a valorizzare le politiche di genere c’è la sensibilizzazione al riconoscere, reagire, affrontare e superare la lotta alla violenza basata sul genere, comprese le prassi nocive dettate da consuetudini o tradizioni, col fine del rispetto della dignità e dell’integrità delle donne. 

Per intervenire e cambiare il sistema il femminismo deve entrare nel dibattito pubblico, politico, filosofico con la dignità che gli compete, con un occhio al passato ed uno al futuro. 

L’anno appena trascorso si conclude con un dato positivo: l’occupazione femminile sale al 50,5%: la quota più alta di sempre. Il rialzo a dicembre 2021, come fa sapere l’Istat, è di 54mila occupate rispetto al mese prima e di 377mila occupate in più rispetto al 2020, ma molto ancora dobbiamo fare. 

Per rafforzare i servizi dedicati alle donne vittime di violenza bisogna favorire l’empowerment sociale ed economico delle donne attraverso il potenziamento delle competenze e l’emancipazione economica. 

Empowerment è, per definizione, la conquista della consapevolezza di sé e l’acquisizione del controllo sulle proprie scelte e azioni, sia nell’ambito delle relazioni interpersonali, sia nell’ambito della vita politica e sociale. Si tratta di un processo di crescita interiore basato sulla fiducia in se stessi, sull’auto efficacia e l’auto determinazione: sentirsi capaci di far emergere il proprio potenziale. 

Guardiamo al concetto di empowerment femminile non solo come frasi di circostanza su una generica “forza delle donne”. Questo è un principio che le stesse Nazioni Unite indicano come fondamentale per lo sviluppo della società, perché va di pari passo con l’uguaglianza di genere, che assicura un futuro migliore per tutti. L’uguaglianza di genere e l’autodeterminazione di donne e ragazze è, nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, il quinto punto di 17 per uno sviluppo sostenibile. Istituzioni e leader devono impegnarsi pubblicamente a promuovere l’empowerment femminile e l’uguaglianza di genere attraverso: 

  • l’implementazione dello sviluppo imprenditoriale della catena di fornitura e delle pratiche commerciali che promuovono l’autonomia delle donne; 
  • assicurare salute, sicurezza e benessere dei lavoratori, a prescindere dal genere. 

Attraverso le Istituzioni bisogna attivare la promozione dell’equità con iniziative per le comunità ed attraverso la cosiddetta advocacy. Misurare e riportare i progressi nel raggiungimento della parità di genere, si può e si deve fare, attraverso gli Osservatori sul lavoro femminile, sulla violenza di genere, sulle pari opportunità, ecc. 

Tanti sono i percorsi che ci permettono di crescere come persone: studiare e formarci, fare esperienze variegate nel lavoro, instaurare relazioni significative, fare terapia psicologica. Dobbiamo allenare l’insieme delle capacità relazionali, comunicative e cognitive della persona che ci permettono di acquisire e potenziare competenze individuali. Senza ombra di dubbio alcuno studiare per accrescere le proprie competenze è sempre la scelta giusta e la base per poter cercare lavori inerenti i propri studi e le proprie passioni, ma anche lavori in ambito creativo o in ambito sociale. 

Molti studi evidenziano che quasi una donna su quattro è stata vittima di una relazione violenta, le cui cause sono da ricercare nella povertà, dipendenza economica e disuguaglianza di genere. 

La violenza di genere viene come di consueto identificata con la violenza fisica, ma la violenza contro le donne non riguarda unicamente lo stupro consumato. Quello è un reato gravissimo, ma non è l’unica forma di violenza contro le donne: vessazioni psicologiche, ricatti economici, minacce. È “violenza contro le donne” ogni atto di violenza fondata sul genere che provochi un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà. Così recita l’art 1 della dichiarazione Onu sull’eliminazione della violenza contro le donne. 

Molte donne, dopo la Laurea, lasciano il lavoro per occuparsi dei figli, in modo che il compagno possa fare carriera: è una scelta, un patto tra coniugi, in cui una persona è funzionale all’altra. Nulla di male, se funziona, e se rende felici. Il problema nasce quando non ci si ama più: in quel caso cosa potrà fare una donna senza alcuna esperienza lavorativa? Quando amiamo abbiamo cieca fiducia nell’altro, e di norma questa fede è anche ben riposta. Ma come donne, non abbiamo il diritto di pensare anche al futuro? D’un colpo la scelta apparentemente condivisa di dedicarsi in maniera esclusiva “solo” alla famiglia per consentire a chi “porta i pantaloni” in casa di dare sfogo, giustamente, alla propria realizzazione professionale, potrebbe apparire sotto altra luce. Si ha allora l’impressione che l’altra persona non voglia o non sia in grado di darci il rispetto che meritiamo e molto probabile che ci sia un abuso. 

L’abuso emotivo è un comportamento sgradevole che mette fortemente a disagio chi lo subisce. Solitamente l’abuso emotivo viene ripetuto in un arco di tempo, in cui una persona o un gruppo di persone si riferiscono in maniera ingiusta a qualcuno. Può essere anche un singolo evento traumatico rimasto irrisolto. Per certi versi, l’abuso emotivo è la forma più comune di abuso, più difficile da individuare e più facile da negare. Ma, proprio come l’ abuso fisico e sessuale hanno indicatori che segnano la loro presenza, anche l’abuso emotivo, essendo un attacco sistematico al proprio senso di sé, ha dei tratti comuni. Può variare in gradi di gravità, intensità e dannosità, poiché è incredibilmente distruttivo del senso di sé. Dovremmo ricordare sempre che l’amore non cura ogni ferita, non possiamo veramente salvare nessuno, ma solo amarlo, ma amare qualcuno più di se stesso, non è sano. 

Se ne può parlare, se ne deve parlare per fare prevenzioni ma soprattutto per poter intervenire, per poter costruire un’alternativa, per poter creare una rete di aiuto, per curarsi e tutelarsi. Tutto parte dalla consapevolezza di se stessi e dall’autostima che ognuno di noi coltiva nel giardino interiore del proprio vissuto. Lì dove risiedono dei traumi familiari, relazionali, vi è più facilità che il nostro se si dimostri fragile ed empatico, a discapito della realizzazione completa che una donna può nutrire come bisogno e che invece lascia sepolta sotto la capacità estrema di comprendere l’altro mettendo da parte se stessa. Non è questa però l’occasione di concentrarsi sul disturbo della dipendenza affettiva, ma l’abuso emotivo da la possibilità di menzionare un’azione comune che avviene ed è riconosciuta da tantissimi studi di psicologia quale attività di grande trauma relazionale. 

Bisogna insegnare alle ragazze e alle donne a uscire dall’isolamento, che è uno dei principali meccanismi di mantenimento e perpetuazione della violenza. Bisogna rompere il segreto e parlarne, parlarne, parlarne, con le famiglie, con le amiche, con i colleghi di lavoro, con gli specialisti del pronto soccorso e dei centri antiviolenza. È necessario investire sula dignità lavorativa ed economica delle donne anche per combatte la violenza economica, più silenziosa delle altre ma uno dei primi motivi che non consente a chi è abusata di poter anche solo ipotizzare l’interruzione della forma di violenza che finalmente riconosce. (sc)

Il convegno “Non è normale che sia normale”: Reggio e Bruxelles unite contro la violenza di genere

Domani pomeriggio, alle 16.30, a Reggio, nella Sala Biblioteca di Palazzo Alvaro, il convegno Non è normale che sia Normale, organizzato dalle Associazioni BeCal, Roadto50pernt.it e Rete Sociale.

L’incontro, che si può seguire sui canali social delle Associazioni, prevede la partecipazione di Manuela ContePortavoce e Capo Ufficio Stampa della Commissione europea in Italia, Maria Antonietta Rositanisimbolo delle vittime della violenza di genere, Domenica ClemensiAssociazione “Donne Insieme” e Denise Ensignia Camposresponsabile del coordinamento dei servizi erogati dal Cif-Cav Casa delle Donne-Madonna di Lourdes di Reggio Calabria.

Porteranno i saluti delle istituzioni locali Angela Martinoassessora alle politiche di genere del Comune di Reggio Calabria e Filippo Quartuccio Consigliere Metropolitano delegato alle Pari opportunità.

L’incontro sarà moderato da Giusy Spinella dell’Associazione BeCal.

Questo evento intende essere un momento di confronto su di un tema spesso molte volte dimenticato in provincia di Reggio Calabria, ed anche mezzo per fare rete tra le realtà locali sensibili al tema con le quali si intende stringere collaborazioni per continuare a lavorare su queste tematiche molto delicate e complesse. 

Si ringraziano le associazioni Break the Silence, Philene, M.U.S.A. UniRC per aver scelto di supportare codesto evento.  

Con l’aiuto di esperti dei centri violenza, e dal racconto in prima persona di chi ne abbia subita, si organizza un confronto con le varie realtà cittadine e con le cittadine e i cittadini. Il concetto di violenza è declinabile in varie applicazioni: per strada, sul mezzo pubblico, in discoteca, a scuola o in un’università. La molestia s’intende un mezzo di violenza e va riconosciuto come tale. La realtà di Reggio Calabria ha bisogno di questa discussione per avviare un percorso di sensibilizzazione, che sarà susseguito da una serie di attività tematiche, con l’obiettivo di stimolare le coscienze critiche di tutte e tutti rispetto ad avvenimenti di violenza di genere.  (rrc)

Rita De Lorenzo (Idm): Su violenza di genere servono rivoluzione culturale e leggi adeguate

Rita De Lorenzo, vicesegretaria regionale e dirigente nazionale Italia del Meridione Donne, con delega alle pari opportunità, ha ribadito, in merito alla violenza di genere, che «bisogna  agire con estrema urgenza, attuando “una rivoluzione culturale” che parta dal basso, dalle scuole dell’infanzia e oltre alle leggi servono adeguate forme di prevenzione e di educazione».

«La violenza sulle donne – ha spiegato – è un cancro che ancora oggi si diffonde in ogni ambito della società contemporanea senza limiti geografici e culturali. Dall’inizio dell’anno sono 22 le vittime cadute sotto la furia omicida di uomini, anche sempre più giovani, incapaci di vivere il rapporto con la propria donna semplicemente “alla pari”, senza frustrazioni, nel rispetto dell’altro, senza che questa venga considerata un oggetto di proprietà. Sempre più alto è anche il numero di donne abusate sia fisicamente sia psicologicamente. L’emergenza sanitaria causata dalla pandemia ha aumentato maggiormente il rischio di violenze in quanto, quasi sempre, questa avviene all’interno della famiglia».

«Le istituzioni – ha evidenziato – devono fornire risposte efficaci, attraverso servizi adeguati e cambiamenti a livello legislativo, per attuare tutte le tutele necessarie. Lo Stato deve dare risposte, sostenendo le donne che denunciano, garantendo indennizzi e sostegni alle vittime di violenza. Il Codice Rosso rappresenta un grande strumento, ma da solo non basta: c’è bisogno soprattutto di formazione di tutti gli quegli operatori che si trovano a rispondere alle richieste di aiuto affinché non le sottovalutino e sappiano da subito riconoscere la gravità della situazione. Il raptus non esiste, sono quasi sempre morti annunciate ed è qui che la prevenzione gioca un ruolo determinante, anche per squarciare il velo di silenzio e a volte di vera omertà che circonda le vittime, non denunciare o voltarsi dall’altra parte è il totale fallimento della società».  

«Italia del Meridione – ha proseguito – è intervenuta più volte sul tema, affiancando e sostenendo le donne vittime di violenza e manifestando apertamente contro ogni violenza di genere. IdM Donne, oggi, ha preso le redini di un percorso e progetto politico che ha alla base il sociale in tutte le sue manifestazioni, non solo contrasto ma proposte e soluzioni ad un fenomeno che esiste e si propaga anche nelle nostre comunità».

«Attivare percorsi di sostegno – ha detto ancora – formare professionisti nei diversi settori, promuovere iniziative educative, sono alla base del nostro manifesto politico ed è in questa direzione che ci stiamo muovendo non soltanto in Calabria ma in tutta Italia, intercettando figure di rilievo ed esperti per formalizzare richieste specifiche agli organi competenti e proporre azioni reali sui territori che non abbiano più il sapore di passarelle a cui, nella maggior parte dei casi, è seguito un nulla di fatto». (rrm)

Cinzia Nava (Crpo): Nella Legge di Bilancio un fondo contro la discriminazione e violenza di genere

La presidente della Commissione regionale Pari OpportunitàCinzia Nava, ha espresso apprezzamento per il fondo, previsto nella Legge di Bilancio 2021, di sei milioni di euro, contro al discriminazione e la violenza di genere a favore degli Enti del Terzo Settore.

«La violenza di genere – ha dichiarato la presidente Nava — desta sempre più preoccupazione e non c’è ormai giorno che la cronaca non registri episodi di particolare gravità e forme di aggressione fisica e psicologica. Segno evidente della manifesta volontà da parte dell’uomo di esercitare un controllo sulle donne, ad ogni costo. Gesti che lasciano ferite anche nel cuore».

«Il contrasto a questo fenomeno – ha sottolineato Nava – parte soprattutto dal rafforzamento della rete territoriale degli enti e delle associazioni non profit presenti sul territorio. Realtà che possono essere in grado di operare efficacemente dispiegando il massimo grado di impegno solo se supportate da interventi economici. Interessante, in questo senso, anche la previsione che le amministrazioni competenti concedano in comodato d’uso gratuito alle associazioni indicate beni immobili di utilizzo collettivo. La Convenzione di Istanbul, peraltro, stabilisce un legame tra l’obiettivo della parità tra i sessi e quello dell’eliminazione della violenza nei confronti delle donne». 

«La Commissione regionale per le Pari Opportunità – ha concluso – è impegnata da sempre a sensibilizzare alla non violenza ma è necessario sostenere i Centri antiviolenza (Cav) e le case rifugio che fanno un lavoro egregio per le vittime.  Un Paese che si interessa alle donne, è un Paese civile e culturalmente evoluto». (rrc)

Da Reggio la campagna contro il femminicidio che coinvolge le scuole e alimenta la memoria

di SANTO STRATI – È un’iniziativa che per ora coinvolge solo gli istituti scolastici di Reggio e provincia, ma dovrà, ci auguriamo, coinvolgere presto tutta la Regione. È il progetto di diffondere attraverso la scuola la cultura contro la violenza di genere, contro il femminicidio, salvaguardando la memoria storica delle vittime e creando coscienza civile nei ragazzi.

È l’obiettivo che si pone l’Osservatorio regionale sulla violenza di genere che, proprio oggi, ha sottoscritto il primo impegno con l’Ufficio Scolastico della Calabria perché sia attuato un percorso didattico-formativo che impegni la scuola per la formazione di una coscienza collettiva nella cultura del rispetto reciproco fra i sessi.

L’idea parte dalla Stanza della Memoria e dell’Impegno per le vittime di femminicidio in Calabria, un locale di Palazzo Campanella che custodisce il ricordo di misfatti ingiustificabili e orrendi, in una sorta di spoon river con cartelli nominativi alle pareti di una cinquantina di donne uccise in Calabria. È una stanza con una suggestione unica, visitata dalle scolaresche che si recano a Palazzo Campanella, che offre molti spunti di riflessione, che spinge all’indignazione nel mesto ricordo di efferati delitti di donne uccise perché in quanto tali, e che aiuta, certamente, a formare i ragazzi su ciò che non è tollerabile e va combattuto con fermezza. La Stanza è stata voluta dall’Osservatorio regionale sulla violenza di genere, presieduto dal Mario Nasone e il progetto è coordinato dall’avv. Giovanna Cusumano e dalla dirigente scolastica Clelia Bruzzi.

Incontro a Palazzo Campanella sulla violenza di genere

Da questa stanza – intitolata a Mary Cirillo, una delle tante vittime di femminicidio in Calabria – parte il progetto di coinvolgere i ragazzi delle scuole, sollecitando l’adozione – a scelta – di una vittima di femminicidio cui intitolare un’aula, un laboratorio, un angolo della scuola. Una targa ricorderà chi era quella donna e la crudeltà che è stata esercitata contro di lei: un ricordo che porterà a comprendere perché va respinta ogni forma di violenza, anche la più lieve, che va denunciato ogni sopruso, va fermato chi non rispetta la moglie, la madre, la sorella, la fidanzata, l’amica. I ragazzi che vedranno la targa, che leggeranno il racconto di un brutale assassinio non potranno non riflettere sul senso del rispetto che è alla base del vivere civile, tra uomo e donna, parlandone tra di loro, e, soprattutto, discutendone con gli insegnanti. «È un’idea rivoluzionaria» – ha detto Vincenzo Chindamo, il fratello di Maria, madre di tre figli, scomparsa senza lasciare tracce e sicuramente vittima di una mano assassina ancora ignota.

È un progetto che ha trovato piena adesione nel nuovo questore di Reggio, Maurizio Vallone, che ha sottolineato, nel suo intervento, come siano diminuiti i reati di strada e come anche i femminicidi sono in calo, grazie anche al grande impegno delle forze dell’ordine e alla diffusione della cultura di rifiuto della violenza. Occorre denunciare stalker, padri, mariti, fratelli violenti, senza avere paura: è una battaglia lunga, ma la forza della dissuasione, con gli strumenti giuridici disponibili, e la voglia di dire no da parte delle vittime potrà ancor di più circoscrivere e limitare la violenza. È un impegno che il questore porterà avanti anche con un progetto ancora più ambizioso: a-ndrangheta (dove l’a equivale alla negazione) che coinvolga tutti gli istituti scolastici. La conoscenza e la cultura sono l’arma più potente per reprimere la violenza, la stupidità, la rozzezza di individui che non  hanno coscienza sociale: occorre preparare i giovani e formarli educandoli al rispetto e al rifiuto di ogni sopruso e vigliacca violenza.

Nelle interviste video che seguono parlano il responsabile dell’Osservatorio Mario Nasone, il questore Vallone e l’avv. Cusumano. Tre interventi che chiariscono l’obiettivo di questa campagna e che rendono urgente la sua adozione a livello regionale. Molte scuole del Reggino hanno già dato la propria disponibilità, occorre, però, coinvolgere le scuole di tutta la regione: i ragazzi procedono nel percorso scolastico, dando il cambio ogni anno a nuovi studenti, le targhe delle vittime di femminicidio saranno lì a offrire il testimone di qualcosa che non deve più accadere. La violenza è terribile, quella di genere è ancor più intollerabile, soprattutto se avviene tra le mura domestiche: lo si deve far capire già dai banchi di scuola. (s)

Il questore di Reggio Maurizio Vallone e l’avv. Giovanna Cusumano

Mario Nasone, responsabile Osservatorio sulla violenza di genere della Regione Calabria