TAURIANOVA (RC) – L’incontro pubblico sulla Violenza di genere

Domani pomeriggio, a Taurianova, alle 16, nella Sala Consiliare del Comune, si terrà l’incontro La violenza di genere nelle leggi nazionali e internazionali. Modelli culturali e strategie d’intervento.

L’evento conclude il corso di alta formazione contro la violenza di genere, organizzato in collaborazione dall’Amministrazione comunale, dalla Piccola Opera Papa Giovanni, dalla Regione Calabria, dalla Commissione pari opportunità e dall’Ordine degli assistenti sociali. 

Nel corso dell’incontro, a cui parteciperanno gli assessori Angela CreaMassimo Grimaldi, sarà presentato il Protocollo Rete Antiviolenza, prossimo alla sottoscrizione.

Intervengono Pietro Siclari, presidente dell’Associazione Piccola Opera Papa Giovanni, la dott.ssa Stefania Bruno, responsabile dell’Ambito Territoriale di Taurianova, il dott. Saverio Nicola Latella, responsabile Settore Welfare del Comune di Taurianova, dott.ssa Martina Calcopietro, assistente sociale sociale dello Sportello di Ascolto Territoriale di Taurianova. Modera Francesca mallamaci(rrc)

LOCRI (RC) – Al Liceo Mazzini il progetto “Conoscere per prevenire” contro la violenza di genere

Si è svolto, al Liceo delle Scienze Umane e Linguistico “G. Mazzini” di Locri, il terzo seminario del progetto di sensibilizzazione e formazione “Conoscere per prevenire”, promosso e organizzato dall’Associazione di impegno sociale “Libellula – Odv” e finanziato dalle Politiche Giovanili della Regione Calabria, finalizzato alla prevenzione della violenza di genere attraverso percorsi educativi rivolti agli studenti.

L’incontro si è aperto con i saluti della professoressa Simona Romeo, che ha sottolineato l’importanza dei progetti scolastici riguardanti il rispetto delle regole e temi di così grande importanza sociale, e del segretario generale provinciale del Sindacato Italiano Unitario Lavoratori Polizia (Siulp), Giuseppe De Stefano, che ha evidenziato come l’organizzazione sindacale, oltre alla prevenzione dei reati e all’opera della polizia, ritenga necessario il rapporto con i cittadini, soprattutto con gli studenti, per creare una cultura della legalità. A seguire, l’intervento di Emanuela Mandarano, dell’Associazione “Libellula”, responsabile del progetto, che ne ha illustrato nel dettaglio i contenuti.

Gli studenti nel corso del seminario hanno assistito alla proiezione del toccante cortometraggio Lui era mio padre, realizzato dalla segreteria provinciale del Siulp che, come ha spiegato il segretario organizzativo provinciale, Ferdinando Spagnolo, fa parte di un progetto di educazione alla legalità il cui incasso è devoluto in beneficenza a strutture che operano nel sociale.

Il video è il racconto della storia parzialmente vera di una donna che è stata accolta dal Centro Antiviolenza “Angela Morabito” di Reggio Calabria, come ha ricordato la dott.ssa Francesca Mallamaci nel suo intervento, sottolineando quanto è importante avere sul territorio punti di ascolto e di accoglienza per tutte le vittime di questo fenomeno. La parola è passata poi al magistrato del Tribunale di Locri, Stefano Guglielmino, che ha tracciato un lungo excursus storico-legislativo degli ultimi anni sulla materia.

L’incontro, moderato da Maria Simone, psicologa e presidente dell’associazione Libellula, si è concluso con un dibattito aperto con gli studenti, che hanno partecipato con attenzione e interesse a questa iniziativa di riflessione e confronto sul tema della violenza di genere, ponendo domande e riportando testimonianze. (rrc)

L’OPINIONE / Pietro Molinaro: Regione rafforza misure per vittime della criminalità e violenza di genere

di PIETRO MOLINARO – Dopo l’approvazione della Legge Regionale, ispirata dall’Imprenditore Nino De Masi, che prevede una serie di premialità per le imprese vittime della criminalità organizzata che denunciano vessazioni, minacce o estorsioni, l’ultimo Consiglio Regionale nel provvedimento cosiddetto “omnibus” ha votato un mio emendamento, che rafforza notevolmente li contenuti della L.R. 26 aprile 2018, n. 9 (Interventi regionali per la prevenzione e il contrasto del fenomeno della ‘ndrangheta e per la promozione della legalità, dell’economia responsabile e della trasparenza).

All’art. 15  prevede premialità per le vittime della criminalità e della violenza di genere. Quindi, dopo le imprese, le persone. Nello specifico “la Regione Calabria, gli enti e organismi strumentali, le aziende e società controllate o partecipate per almeno il 5 per cento del capitale sociale, devono introdurre, nella formulazione di bandi o selezioni per la ricerca di personale, un requisito di premialità, in favore delle vittime della criminalità o della violenza di genere, e per i loro familiari, con l’assegnazione di un punteggio aggiuntivo, pari al 10 per cento del parametro numerico finale”.

Questa, è una conquista e un perimetro di salvaguardia dei diritti e della libertà, perché davanti a diritti inviolabili le Istituzioni si vogliono far carico di evidenti situazioni di svantaggio che hanno intaccato la vita quotidiana di diverse persone e, il lavoro, è la prima forma di tutela.

Questa impostazione è il frutto delle numerose audizioni svolte in commissione con associazioni e con coloro che hanno subito violenze inaudite. (pm)

[Pietro Molinaro è presidente della Commissione Antindrangheta]

Parità di genere, Tavernise (M5S): depositata proposta di legge per favorirla e spazzare via la violenza

di DAVIDE TAVERNISE – Serve promuovere a tutti i livelli un cambio di mentalità che possa eliminare la radice culturale che genera la violenza di genere. Gli ultimi fatti di cronaca ci hanno profondamente colpito e vorremmo non dover più confrontarci con la brutalità e la spietata violenza di genere. Queste le convinzioni e le esigenze che sottostanno alla proposta di legge del Movimento 5 Stelle sulle “Norme per favorire la parità di genere”, che ho depositato ieri in Regione Calabria. Un proposta che parte dall’assunto che non basta inasprire le pene per eliminare la violenza, così come ampiamente dimostrato dalle associazioni di categoria, bensì agire sul paradigma culturale dominante al fine di spazzare via i tratti misogini propri di una cultura patriarcale.

Credo convintamente che la Regione Calabria debba fare la sua parte in questo processo, attuando quel cambiamento da più parti auspicato che ancora oggi però non si riesce a mettere in pratica.

La proposta che ho depositato non determina oneri a carico del bilancio regionale, in quanto presenta disposizioni a carattere ordinamentale, che promuovono una cultura di parità di genere, attraverso protocolli d’intesa con enti pubblici e privati.

Molto schematicamente l’odierna proposta di legge si muove seguendo queste direttrici, prevedendo l’adozione di un linguaggio rispettoso (art. 4), misure di promozione all’educazione e alla cultura della parità di genere con il supporto degli altri attori sociali interessati al fenomeno, quali scuole, università, associazioni sportive, al fine di favorire la consapevolezza della parità effettiva in ogni ambito del vivere civile e sociale (art. 5, 6, 7), passando anche attraverso iniziative concrete che contrastino l’immagine stereotipata della donna e tutti quegli atteggiamenti, quali le differenziazioni retributive basate sul genere, che impediscono la piena parità (art. 8 e 9).

La proposta prevede poi, nell’ottica della promozione di buone pratiche, l’istituzione del registro regionale delle imprese virtuose, quale strumento per rendere note e pubblicizzare, anche attraverso il sito istituzionale, le imprese che si distinguono per l’attenzione rivolta alla garanzia di politiche di parità (art. 10).
Si prevede inoltre che la Regione, nella gestione del personale regionale, si renda parte attrice e elemento promotore del cambiamento culturale, assicurando, con i propri atti organizzativi, l’adozione di politiche di piena parità di genere (art. 11), redigendo anche il bilancio di genere (art. 12) e redigendo le statistiche di genere nell’ambito delle attività regionali o frutto di finanziamento regionale (art. 13).

Infine, viene istituita una giornata regionale della promozione della parità di genere per incentivare la realizzazione di eventi di sensibilizzazione sul tema (art. 14).

Occorre ripartire dall’aspetto culturale per affrontare alla radice un’emergenza sociale e rimuovere gli ostacoli che impediscono la valorizzazione della differenza di genere e soprattutto il rispetto della dignità (dt)

(Davide Tavernise è consigliere regionale e capogruppo del Movimento 5 Stelle)

L’OPINIONE / Daniela de Blasio: «Garantire un lavoro alle vittime di violenza e agli orfani da femminicidio»

Le recenti affermazioni del presidente della Corte costituzionale, Augusto Barbera, che ha dichiarato che molte donne sono «impazienti» e che, «nell’auspicare nuovi traguardi, non bisogna dimenticare quelli che sono stati i progressi fatti…», hanno suscitato numerose polemiche.

Al di là del chiarimento fatto in seguito dallo stesso Barbera, che ha spiegato che l’impazienza di reclamare un diritto non avesse per lui in alcun modo un’accezione negativa, resta il fatto che i diritti delle donne e la violenza di genere sono un problema che richiede un impegno costante e una presa di coscienza collettiva. Dobbiamo, cioè, evitare che questi temi diventino qualcosa di transitorio, di cui ci si occupa solo per qualche giorno all’anno.

La violenza richiede un impegno costante per essere affrontato in modo efficace e non solo in specifiche ricorrenze.

Limitare la discussione e gli interventi, per lo più autoreferenziali, contro la violenza di genere alla sola ricorrenza del 25 novembre e all’8 marzo significa ignorare gli sforzi necessari per affrontare il problema in modo efficace.

Un tema particolarmente urgente, ma purtroppo ancora trascurato è che, oltre alle misure punitive e di sensibilizzazione, è fondamentale individuare strumenti che consentano alle donne vittime di violenza di genere di ricostruire la propria vita.

È un fenomeno complesso e radicato in profonde disuguaglianze di potere tra uomini e donne, che va ben oltre una semplice data sul calendario.

L’accesso al lavoro è fondamentale per l’emancipazione delle donne, in particolare per coloro che sono vittime di violenza di genere, quale strumento cardine di emancipazione per promuovere la loro autonomia e la sicurezza, nonché nel contribuire a rompere il ciclo di violenza.

Una soluzione dirimente per affrontare questa sfida è garantire l’accesso al lavoro e promuovere l’indipendenza economica delle donne vittime di violenza di genere e degli orfani a causa di femminicidio.

Le donne spesso affrontano sfide significative, come la mancanza di qualifiche professionali aggiornate o la necessità di risolvere questioni legali e psicologiche, pertanto, l’accesso al lavoro e all’indipendenza economica consentirebbe loro di ricostruire un nuovo percorso di vita, lontano dall’abuso e dalle situazioni di dipendenza.

Per questo motivo l’inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza di genere e degli orfani a causa di femminicidio rappresenta un metodo efficace per combattere il problema.

Per garantire un effettivo inserimento lavorativo delle vittime di violenza di genere e degli orfani potrebbe essere utile estendere, con un semplice emendamento, il trattamento di favore previsto dalla legge per le vittime della criminalità. Attualmente, l’articolo 1, comma 2, della legge 407/1998 prevede agevolazioni per l’assunzione obbligatoria di vittime di reati gravi. Questo trattamento di favore potrebbe essere esteso alle donne che rimangono vittime di atti di violenza di genere e ai soggetti rimasti orfani in seguito all’omicidio della madre, dando loro accesso a opportunità di lavoro e un’indipendenza economica.

Questa misura consentirebbe loro di superare le discriminazioni, promuovendo l’indipendenza economica. È responsabilità di tutti, innanzitutto delle Istituzioni, combattere la violenza sulle donne e promuovere l’indipendenza economica attraverso il lavoro come strumento per il cambiamento sociale.

L’indipendenza economica attraverso il lavoro rappresenta un percorso concreto per le donne vittime di violenza di genere e per gli orfani a causa di femminicidio.

Solo con un impegno concreto e un’azione continua possiamo sperare di affrontare efficacemente la violenza di genere e costruire una società in cui le donne siano libere da ogni forma di violenza. (ddb)

Il Rotary a confronto sulla violenza di genere: Quale terapia?

Il Rotary di Nicotera Medma e Polistena, presso l’Istituto Superiore “R. Piria” di Rosarno, ha affrontato un tema di attualità e che coinvolge, per certi aspetti, principalmente le giovani generazioni.

Violenza di genere: quale terapia? è il tema che ha interessato gli oltre 250 studenti che hanno ascoltato i brillanti relatori e, poi, hanno partecipato attivamente alla discussione, ponendo a confronto delle varie posizioni anche quelle dei ragazzi, molto interessati al dibattito.

Ad aprire la manifestazione i saluti di Pasquale Cutrì, neo sindaco della città di Rosarno, della dirigente scolastica, Mariella Russo, dei presidenti dei Rotary Club di Nicotera Medma e Polistena, Carlo Capria e Salvatore Auddino. Gli interventi, molto interessanti, sono stati affidati a Rosella Galluccio, responsabile ambito territoriale sociale di Rosarno, che ha evidenziato di come sia rilevante guardare agli accadimenti per rendersi conto di come si possa reagire in difesa delle persone vessate, Assunta Carrà, psicologa e presidente Scuola Superiore di psicologia applicata, che ha sottolineato di come sia fondamentale che si possano svolgere momenti di informazione per meglio formare i giovani, Antonio Marziale, garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Calabria, che ha richiamato i giovani a discutere sull’argomento ed ha invitato le scuole a promuovere l’educazione sessuale senza avere paura o timori, Giacomo Francesco Saccomanno, avvocato e giurista, che ha commentato la proposta di legge denominata “castrazione chimica”, evidenziando di come il problema debba avere, dapprima, un percorso culturale ed educativo e, poi, nei casi di recidiva, assumere tutte quelle necessarie sanzione per evitare che il reato possa ripetersi.

Ha descritto puntualmente l’importanza della proposta di legge che è stata accolta positivamente da tutti i relatori ed anche dalla platea, ribadendo che il carcere non riabilita, ma anzi e spesso è un luogo di perdizione. Infine, sono stati ascoltati tanti giovani che hanno manifestato il proprio pensiero, precisando di come sia fondamentale l’educazione sessuale, l’informazione, la formazione e, poi, delle sanzioni efficaci ed applicate. Nelle conclusioni del Governatore del Distretto 2102, Franco Petrolo, la meraviglia per aver scoperto una scuola innovativa, per aver affrontato, con tanti giovani, un argomento molto serio e di attualità, per aver potuto contribuire con il Rotary ad un momento di oggettiva informazione e, certamente, formazione per tutti. 

L’IC Carolei Dipignano “Rendano-Valentini” contro bullismo, cyberbullismo e violenza di genere

L’Istituto Comprensivo Carolei – Dipignano “Rendano- Valentini” ha ribadito il suo no al bullismo, al cyberbullismo e alla violenza di genere. E lo ha fatto attraverso l’evento Il bullismo non è uno scherzo… è un reato.

Una manifestazione per sensibilizzare gli studenti sull’importanza di combattere il bullismo e la violenza. Il nome è quello del progetto presentato da Gianluca Lumare, presidente dell’Associazione “Educando Peter Pan – Uisp Solidarietà”, che ha coinvolto gli studenti delle classi della Scuola secondaria in un momento di riflessione ed approfondimento su tematiche toccano da vicino la vita scolastica e sociale dei ragazzi.

Quale luogo migliore della Scuola per svolgere azioni di sensibilizzazione e prevenzione? È infatti dagli stessi studenti coinvolti che può e deve nascere una nuova mentalità, un nuovo modo di vedere e rapportarsi all’altro mettendo al bando ogni genere di violenza. Nel corso dell’iniziativa si è discusso di bullismo e cyberbullismo, violenza di genere e altre devianze dell’età evolutiva. Tematiche che hanno delle implicazioni sia dal punto di vista psicologico, sia dal punto di vista giuridico, configurandosi come veri e proprio reati che portano conseguenze sia per chi li subisce che per chi li mette in atto.

Le riflessioni hanno suscitato la viva e spontanea partecipazione degli studenti, che hanno presentato le proprie domande agli esperti intervenuti dimostrando come iniziative di questo genere riescano a parlare direttamente ai principali soggetti coinvolti. Il presidente Lumare ha sottolineato la riuscita dell’iniziativa ed ha apprezzato la cura con cui è stata organizzata. I ragazzi avevano infatti già avviato la discussione sui temi trattati già nelle singole classi, preparando storie, poesie, cartelloni ed altri elaborati presentati durante la mattinata.

Soddisfazione è stata espressa anche dalla referente dell’iniziativa, Angela Salvia, e dal Dirigente scolastico dell’Istituto, Domenico De Luca, che ha ringraziato Gianluca Lumare per aver trattato con incisività, chiarezza e competenza argomenti essenziali per la crescita di ciascuno e per dare risposte, non sempre facili, alle richieste di aiuto ed attenzione. La Scuola conferma dunque il suo impegno in prima linea nel processo di educazione e formazione, non limitandosi all’ambito strettamente didattico ma assolvendo quella che è la sua missione principale: formare la persona umana nel senso più ampio del termine. (rcs)

CALABRIA, DONNE IMPEGNATE NEL LAVORO
LA PRECARIETÀ A SCAPITO DELLA FAMIGLIA

di SIMONA CARACCIOLO – È errore comune credere che quando le donne occuperanno finalmente posti di vertice il sessismo sarà sconfitto. Le esperienze di vita, soprattutto in settori prettamente maschilisti, insegnano che solo quando smetteremo di pensare che essere maschio o femmina siano parametri di giudizio, sul podio o altrove, sarà stato seriamente il tempo della rivoluzione. 

Uno spaccato indicativo sulla realtà della situazione dell’occupazione femminile in Calabria può essere rappresentato dai risultati dell’indagine su La lavoratrice ai tempi del Covid-19, ideata e realizzata dal Coordinamento Donne Cisl Calabria. Il Segretario generale in un suo intervento riporta come «tale ricerca sul campo ha scelto di compiere un importante esercizio di ascolto delle donne impegnate nel mondo del lavoro, in una fase drammatica della nostra vita personale e sociale». Ne è emerso un quadro significativo sia della situazione lavorativa e reddituale, sia dei servizi di welfare e conciliazione famiglia-lavoro». Risultano le donne essere «la categoria più colpita dalla precarietà e dalla discontinuità nel lavoro.

Una sana critica stana nodi culturali che impediscono a donne e uomini di realizzare se stessi, di autodeterminarsi. Il femminismo non deve distruggere ma costruire facendo sentire la propria voce in ufficio come in famiglia; esso deve trattare i diritti in modo inclusivo, intersezionale, aperto, senza farci dimenticare i nostri doveri, primo fra tutti la libertà di essere se stessi. 

Tra le azioni culturali che mirano a valorizzare le politiche di genere c’è la sensibilizzazione al riconoscere, reagire, affrontare e superare la lotta alla violenza basata sul genere, comprese le prassi nocive dettate da consuetudini o tradizioni, col fine del rispetto della dignità e dell’integrità delle donne. 

Per intervenire e cambiare il sistema il femminismo deve entrare nel dibattito pubblico, politico, filosofico con la dignità che gli compete, con un occhio al passato ed uno al futuro. 

L’anno appena trascorso si conclude con un dato positivo: l’occupazione femminile sale al 50,5%: la quota più alta di sempre. Il rialzo a dicembre 2021, come fa sapere l’Istat, è di 54mila occupate rispetto al mese prima e di 377mila occupate in più rispetto al 2020, ma molto ancora dobbiamo fare. 

Per rafforzare i servizi dedicati alle donne vittime di violenza bisogna favorire l’empowerment sociale ed economico delle donne attraverso il potenziamento delle competenze e l’emancipazione economica. 

Empowerment è, per definizione, la conquista della consapevolezza di sé e l’acquisizione del controllo sulle proprie scelte e azioni, sia nell’ambito delle relazioni interpersonali, sia nell’ambito della vita politica e sociale. Si tratta di un processo di crescita interiore basato sulla fiducia in se stessi, sull’auto efficacia e l’auto determinazione: sentirsi capaci di far emergere il proprio potenziale. 

Guardiamo al concetto di empowerment femminile non solo come frasi di circostanza su una generica “forza delle donne”. Questo è un principio che le stesse Nazioni Unite indicano come fondamentale per lo sviluppo della società, perché va di pari passo con l’uguaglianza di genere, che assicura un futuro migliore per tutti. L’uguaglianza di genere e l’autodeterminazione di donne e ragazze è, nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, il quinto punto di 17 per uno sviluppo sostenibile. Istituzioni e leader devono impegnarsi pubblicamente a promuovere l’empowerment femminile e l’uguaglianza di genere attraverso: 

  • l’implementazione dello sviluppo imprenditoriale della catena di fornitura e delle pratiche commerciali che promuovono l’autonomia delle donne; 
  • assicurare salute, sicurezza e benessere dei lavoratori, a prescindere dal genere. 

Attraverso le Istituzioni bisogna attivare la promozione dell’equità con iniziative per le comunità ed attraverso la cosiddetta advocacy. Misurare e riportare i progressi nel raggiungimento della parità di genere, si può e si deve fare, attraverso gli Osservatori sul lavoro femminile, sulla violenza di genere, sulle pari opportunità, ecc. 

Tanti sono i percorsi che ci permettono di crescere come persone: studiare e formarci, fare esperienze variegate nel lavoro, instaurare relazioni significative, fare terapia psicologica. Dobbiamo allenare l’insieme delle capacità relazionali, comunicative e cognitive della persona che ci permettono di acquisire e potenziare competenze individuali. Senza ombra di dubbio alcuno studiare per accrescere le proprie competenze è sempre la scelta giusta e la base per poter cercare lavori inerenti i propri studi e le proprie passioni, ma anche lavori in ambito creativo o in ambito sociale. 

Molti studi evidenziano che quasi una donna su quattro è stata vittima di una relazione violenta, le cui cause sono da ricercare nella povertà, dipendenza economica e disuguaglianza di genere. 

La violenza di genere viene come di consueto identificata con la violenza fisica, ma la violenza contro le donne non riguarda unicamente lo stupro consumato. Quello è un reato gravissimo, ma non è l’unica forma di violenza contro le donne: vessazioni psicologiche, ricatti economici, minacce. È “violenza contro le donne” ogni atto di violenza fondata sul genere che provochi un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà. Così recita l’art 1 della dichiarazione Onu sull’eliminazione della violenza contro le donne. 

Molte donne, dopo la Laurea, lasciano il lavoro per occuparsi dei figli, in modo che il compagno possa fare carriera: è una scelta, un patto tra coniugi, in cui una persona è funzionale all’altra. Nulla di male, se funziona, e se rende felici. Il problema nasce quando non ci si ama più: in quel caso cosa potrà fare una donna senza alcuna esperienza lavorativa? Quando amiamo abbiamo cieca fiducia nell’altro, e di norma questa fede è anche ben riposta. Ma come donne, non abbiamo il diritto di pensare anche al futuro? D’un colpo la scelta apparentemente condivisa di dedicarsi in maniera esclusiva “solo” alla famiglia per consentire a chi “porta i pantaloni” in casa di dare sfogo, giustamente, alla propria realizzazione professionale, potrebbe apparire sotto altra luce. Si ha allora l’impressione che l’altra persona non voglia o non sia in grado di darci il rispetto che meritiamo e molto probabile che ci sia un abuso. 

L’abuso emotivo è un comportamento sgradevole che mette fortemente a disagio chi lo subisce. Solitamente l’abuso emotivo viene ripetuto in un arco di tempo, in cui una persona o un gruppo di persone si riferiscono in maniera ingiusta a qualcuno. Può essere anche un singolo evento traumatico rimasto irrisolto. Per certi versi, l’abuso emotivo è la forma più comune di abuso, più difficile da individuare e più facile da negare. Ma, proprio come l’ abuso fisico e sessuale hanno indicatori che segnano la loro presenza, anche l’abuso emotivo, essendo un attacco sistematico al proprio senso di sé, ha dei tratti comuni. Può variare in gradi di gravità, intensità e dannosità, poiché è incredibilmente distruttivo del senso di sé. Dovremmo ricordare sempre che l’amore non cura ogni ferita, non possiamo veramente salvare nessuno, ma solo amarlo, ma amare qualcuno più di se stesso, non è sano. 

Se ne può parlare, se ne deve parlare per fare prevenzioni ma soprattutto per poter intervenire, per poter costruire un’alternativa, per poter creare una rete di aiuto, per curarsi e tutelarsi. Tutto parte dalla consapevolezza di se stessi e dall’autostima che ognuno di noi coltiva nel giardino interiore del proprio vissuto. Lì dove risiedono dei traumi familiari, relazionali, vi è più facilità che il nostro se si dimostri fragile ed empatico, a discapito della realizzazione completa che una donna può nutrire come bisogno e che invece lascia sepolta sotto la capacità estrema di comprendere l’altro mettendo da parte se stessa. Non è questa però l’occasione di concentrarsi sul disturbo della dipendenza affettiva, ma l’abuso emotivo da la possibilità di menzionare un’azione comune che avviene ed è riconosciuta da tantissimi studi di psicologia quale attività di grande trauma relazionale. 

Bisogna insegnare alle ragazze e alle donne a uscire dall’isolamento, che è uno dei principali meccanismi di mantenimento e perpetuazione della violenza. Bisogna rompere il segreto e parlarne, parlarne, parlarne, con le famiglie, con le amiche, con i colleghi di lavoro, con gli specialisti del pronto soccorso e dei centri antiviolenza. È necessario investire sula dignità lavorativa ed economica delle donne anche per combatte la violenza economica, più silenziosa delle altre ma uno dei primi motivi che non consente a chi è abusata di poter anche solo ipotizzare l’interruzione della forma di violenza che finalmente riconosce. (sc)

Il convegno “Non è normale che sia normale”: Reggio e Bruxelles unite contro la violenza di genere

Domani pomeriggio, alle 16.30, a Reggio, nella Sala Biblioteca di Palazzo Alvaro, il convegno Non è normale che sia Normale, organizzato dalle Associazioni BeCal, Roadto50pernt.it e Rete Sociale.

L’incontro, che si può seguire sui canali social delle Associazioni, prevede la partecipazione di Manuela ContePortavoce e Capo Ufficio Stampa della Commissione europea in Italia, Maria Antonietta Rositanisimbolo delle vittime della violenza di genere, Domenica ClemensiAssociazione “Donne Insieme” e Denise Ensignia Camposresponsabile del coordinamento dei servizi erogati dal Cif-Cav Casa delle Donne-Madonna di Lourdes di Reggio Calabria.

Porteranno i saluti delle istituzioni locali Angela Martinoassessora alle politiche di genere del Comune di Reggio Calabria e Filippo Quartuccio Consigliere Metropolitano delegato alle Pari opportunità.

L’incontro sarà moderato da Giusy Spinella dell’Associazione BeCal.

Questo evento intende essere un momento di confronto su di un tema spesso molte volte dimenticato in provincia di Reggio Calabria, ed anche mezzo per fare rete tra le realtà locali sensibili al tema con le quali si intende stringere collaborazioni per continuare a lavorare su queste tematiche molto delicate e complesse. 

Si ringraziano le associazioni Break the Silence, Philene, M.U.S.A. UniRC per aver scelto di supportare codesto evento.  

Con l’aiuto di esperti dei centri violenza, e dal racconto in prima persona di chi ne abbia subita, si organizza un confronto con le varie realtà cittadine e con le cittadine e i cittadini. Il concetto di violenza è declinabile in varie applicazioni: per strada, sul mezzo pubblico, in discoteca, a scuola o in un’università. La molestia s’intende un mezzo di violenza e va riconosciuto come tale. La realtà di Reggio Calabria ha bisogno di questa discussione per avviare un percorso di sensibilizzazione, che sarà susseguito da una serie di attività tematiche, con l’obiettivo di stimolare le coscienze critiche di tutte e tutti rispetto ad avvenimenti di violenza di genere.  (rrc)

Rita De Lorenzo (Idm): Su violenza di genere servono rivoluzione culturale e leggi adeguate

Rita De Lorenzo, vicesegretaria regionale e dirigente nazionale Italia del Meridione Donne, con delega alle pari opportunità, ha ribadito, in merito alla violenza di genere, che «bisogna  agire con estrema urgenza, attuando “una rivoluzione culturale” che parta dal basso, dalle scuole dell’infanzia e oltre alle leggi servono adeguate forme di prevenzione e di educazione».

«La violenza sulle donne – ha spiegato – è un cancro che ancora oggi si diffonde in ogni ambito della società contemporanea senza limiti geografici e culturali. Dall’inizio dell’anno sono 22 le vittime cadute sotto la furia omicida di uomini, anche sempre più giovani, incapaci di vivere il rapporto con la propria donna semplicemente “alla pari”, senza frustrazioni, nel rispetto dell’altro, senza che questa venga considerata un oggetto di proprietà. Sempre più alto è anche il numero di donne abusate sia fisicamente sia psicologicamente. L’emergenza sanitaria causata dalla pandemia ha aumentato maggiormente il rischio di violenze in quanto, quasi sempre, questa avviene all’interno della famiglia».

«Le istituzioni – ha evidenziato – devono fornire risposte efficaci, attraverso servizi adeguati e cambiamenti a livello legislativo, per attuare tutte le tutele necessarie. Lo Stato deve dare risposte, sostenendo le donne che denunciano, garantendo indennizzi e sostegni alle vittime di violenza. Il Codice Rosso rappresenta un grande strumento, ma da solo non basta: c’è bisogno soprattutto di formazione di tutti gli quegli operatori che si trovano a rispondere alle richieste di aiuto affinché non le sottovalutino e sappiano da subito riconoscere la gravità della situazione. Il raptus non esiste, sono quasi sempre morti annunciate ed è qui che la prevenzione gioca un ruolo determinante, anche per squarciare il velo di silenzio e a volte di vera omertà che circonda le vittime, non denunciare o voltarsi dall’altra parte è il totale fallimento della società».  

«Italia del Meridione – ha proseguito – è intervenuta più volte sul tema, affiancando e sostenendo le donne vittime di violenza e manifestando apertamente contro ogni violenza di genere. IdM Donne, oggi, ha preso le redini di un percorso e progetto politico che ha alla base il sociale in tutte le sue manifestazioni, non solo contrasto ma proposte e soluzioni ad un fenomeno che esiste e si propaga anche nelle nostre comunità».

«Attivare percorsi di sostegno – ha detto ancora – formare professionisti nei diversi settori, promuovere iniziative educative, sono alla base del nostro manifesto politico ed è in questa direzione che ci stiamo muovendo non soltanto in Calabria ma in tutta Italia, intercettando figure di rilievo ed esperti per formalizzare richieste specifiche agli organi competenti e proporre azioni reali sui territori che non abbiano più il sapore di passarelle a cui, nella maggior parte dei casi, è seguito un nulla di fatto». (rrm)