UN VERO E PROPRIO FLOP IL BANDO PER ASSUMERE 2.800 FIGURE NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE AL SUD;
COncorso Pubblica Ammnistrazione

AL CONCORSO PER IL SUD SOLO 821 IDONEI
RINUNCE, SALARI BASSI E FUTURO INCERTO

Non c’è tregua per il Concorso per il Sud, voluto dal ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, per il rilancio della Pubblica Amministrazione nel Mezzogiorno che, purtroppo, si conferma essere un grande e clamoroso flop. Nemmeno la seconda chance per gli esclusi, circa 70 mila, ha potuto mettere una pezza su un concorso che, alla prima prova, ha visto la metà degli 8.582 candidati ammessi lasciare il banco vuoto. E nemmeno questa seconda opportunità ha dato i suoi frutti, dato che sono stati selezionati soltanto 821 candidati idonei, a fronte dei 2.800 che dovrebbero essere assunti.

Il Concorso, infatti, serviva per individuare 5 profili tecnici per supportare le amministrazioni pubbliche nell’attuazione dei progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: funzionario esperto amministrativo giuridico, funzionario esperto in gestione, rendicontazione e controllo, funzionario esperto tecnico, funzionario esperto in progettazione e animazione territoriale e funzionario esperto analista informatico. Di questi, 107 andranno a rafforzare la struttura delle Regioni, 76 alle Province, 35 alle Città metropolitane, 364 alle città capoluogo di provincia, 160 ai Comuni delle aree interne, 155 ai Comuni con più di 50mila abitanti, 146 ai Comuni medi, 943 a quelli con meno di 30mila abitanti, più altri 57 destinati ad altri enti coinvolti nella gestione del Pnrr.

Una opportunità, definita dalla ministra per il Sud, Mara Carfagna, «di lavoro concrete ai tanti giovani che maturano percorsi di formazione anche di eccellenza all’interno delle università del Mezzogiorno, ma poi sono costretti a farli fruttare al Nord o all’estero» che, purtroppo, si è rivelato essere un fallimento per tanti motivi, a partire dal contratto di 36 mesi, seguito dallo stipendio (1.400) e dalla mancanza di prospettive, che è, invece, quello di cui hanno bisogno i destinatari di un bando che doveva rappresentare, anche, una rivoluzione proprio nell’ambito dei concorsi: «digitalizzazione dei concorsi, prova scritta della durata di un’ora, ‘cento giorni’» diceva il ministro Brunetta che, ad oggi, ha ammesso – come riporta Open – che «forse abbiamo sbagliato qualcosa perché il contratto a termine, forse, non è così appetibile, un salario medio basso non è così appetibile per cercare delle skills specialistiche e il gioco è complicato».

Tutto ciò, quindi,  riporta ancora Open «induce a un’ampia riflessione sull’attrattività della pubblica amministrazione per figure di elevata specializzazione – ha detto ancora Brunetta –. Ha pagato l’impianto originario del concorso, impostato dal precedente governo per reclutare esperti con contratti a tempo determinato e retribuzioni standard medio-basse. Evidentemente l’offerta è stata giudicata insufficiente. Ha pesato anche, oltre al perdurare dello stato di emergenza legato al Covid, la contemporanea ripresa di molti concorsi pubblici che favorisce da parte dei candidati una maggiore selezione di quelli a cui effettivamente partecipare».

Per il ministro della PA, dunque, «è necessario  un serio approfondimento sulle condizioni di inquadramento delle figure più qualificate, anche dal punto di vista retributivo, e sulla qualità e tipologia degli strumenti di selezione».

A commentare il fallimento del concorso, la ministra per le Politiche Giovanili, Fabiana Dadone, che a Open ha dichiarato che «Il diavolo sta nei dettagli del bando, non certo nella norma. Prevedere in norma l’assunzione di figure che abbiano professionalità specifiche che possano essere valutate in fase avanzata è un conto, porle come sbarramento in accesso è limitante per chi è neo laureato e vede nella pubblica amministrazione non solo un posto fisso ma anche una prospettiva di esperienza utile per il proprio futuro».

Per la ministra, «la pubblica amministrazione – ha detto ancora a Open – ha necessità di competenze nuove, specifiche e di alto livello ma con le rigidità imposte dal rispetto dovuto del principio del concorso pubblico e le figure professionali stabilite». I giovani adesso «chiedono stabilità, meritocrazia e possibilità in termini di prospettive occupazionali e crescita sul fronte professionale».

«Trovare l’equilibrio tra le due esigenze non è facile – ha concluso – soprattutto dopo anni di narrazione ingiusta sia sulla qualità della pubblica amministrazione (da sempre descritta come il lido dei prigri, furbetti, incapaci) che sui giovani (choosy, svogliati, pretenziosi)». (rrm)