di SANTO STRATI – La giornata di oggi è un primo passo contro il divario – esordisce il presidente del Consiglio Mario Draghi collegato in streaming con la ministra Carfagna e gli altri ospiti del Confronto per il Sud –: occorre rafforzare la coesione territoriale in Europa e far ripartire il processo di convergenza tra Mezzogiorno e centro-Nord che è fermo da decenni. Ha un quadro di riferimento tristemente preciso il premier: tra il 2008 e il 2018 la spesa pubblica per investimenti nel Mezzogiorno si è più che dimezzata, passando da 21 a poco più di 10 miliardi. Ovvero, ammette Draghi che il problema esiste ed è ben più vasto di quanto si possa immaginare.
È un successo questo “Confronto per il Sud” che la ministra Mara Carfagna ha voluto concentrare in due giorni chiamando a raccolta personalità del mondo istituzionali, membri del governo, presidenti di regione, amministratori locali. E lanciato un appello ai cittadini del Mezzogiorno di inviare idee e proposte operative attraverso il web: l’appello non è rimasto inascoltato, già nel pomeriggio c’erano più di 400 messaggi propositivi da parte di ogni categoria: semplici cittadini, imprenditori, artisti, intellettuali. La questione meridionale che deve diventare questione mediterranea, con al centro il Porto di Gioia Tauro e il rilancio di tantissime iniziative che dovranno fare capo ad esso, è più che sentita non solo dalle popolazioni del Mezzogiorno, ma dall’intero Paese, non foss’altro perché con i flussi migratori degli ultimi anni le migliori risorse intellettuali e tecniche (quelle che farebbero la fortuna della Calabria) sono andate via, al Nord, al Centro, dove non solo ci sono maggiori opportunità, ma esistono serie probabilità di poter mostrare il proprio talento e far apprezzare competenza e capacità. È la solita vecchia storia: prepariamo ottimi studenti che diventano eccellenti laureati in tre Atenei che sono il fiore all’occhiello di una regione troppo spesso dimenticata e trascurata, poi, però, ce li facciamo “soffiare” da furbastri (meglio dire, però, intelligenti) del centro-nord che ne intuiscono il valore e lo mettono a profitto del loro territorio. Basta farsi un giro per i migliori ospedali di Roma o di Milano, la parlata calabrese è una costante: sono finiti lì i nostri ragazzi, medici, ricercatori, specialisti, diventati professionisti apprezzati, ammirati, ma soprattutto valorizzati. Che se fossero rimasti in Calabria sarebbero diventati disoccupati o professionalità sfruttate con stipendi da fame, senza il minimo di prospettiva per il futuro.
E la partecipazione del premier Draghi a queste assise elettroniche (impossibile fare convegni in presenza) assume – come ha giustamente sottolineato la ministra Carfagna – un significato netto, di adesione e di impegno. «Ci sono due problemi – ha detto Draghi –: uno nell’utilizzo dei fondi europei, l’altro nella capacità di completamento delle opere pubbliche. A fronte di 47,3 miliardi di euro programmati nel Fondo per lo Sviluppo e la Coesione dal 2014 al 2020, alla fine dello scorso anno erano stati spesi poco più di 3 miliardi, il 6,7%. Nel 2017, in Italia erano state avviate ma non completate 647 opere pubbliche. In oltre due terzi dei casi, non si era nemmeno arrivati alla metà. Il 70% di queste opere non completate era localizzato al Sud, per un valore di 2 miliardi. Divenire capaci di spendere questi fondi, e di farlo bene, è obiettivo primario di questo governo. Vogliamo fermare l’allargamento del divario e dirigere questi fondi in particolare verso le donne e i giovani. Il nostro, il vostro successo in questo compito può essere anche un passo verso il recupero della fiducia nella legalità e nelle istituzioni, siano esse la scuola, la sanità o la giustizia». È un messaggio forte, rivolto al Paese: «Un vero rilancio richiede la partecipazione attiva di tutti i cittadini».
E la partecipazione non è mancata, in questa prima giornata del Confronto per il Sud: l’Italia ha potuto ascoltare non le solite litanie del Sud dimenticato e depresso, ma numeri e cifre della crisi che possono essere determinanti per costruire un progetto di sviluppo. I dati indicati dalla Banca d’Italia o dall’Istat o dalla Ragioneria generale dello Stato non sono fredde indicazioni dello sviluppo mancato, ma esprimono il percorso virtuoso che occorre seguire se – veramente – si intende colmare l’odioso divario tra Nord e Sud e offrire pari opportunità agli italiani, indipendentemente dal luogo di nascita o di residenza.
Il merito di questa due giorni, che domani si chiuderà con un intervento del ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco, è soprattutto questo: di aver attirato l’attenzione del Paese sull’incapacità di spesa (non solo del Mezzogiorno) e sulla possibilità di recupero, nei confronti della popolazione meridionale, di un gap che i nostri giovani non potranno mai perdonare se non verrà colmato. È stato rubato il futuro a tanti giovani, adesso si deve dire basta: il Governo Draghi ha detto, per voce del suo capo, che l’obiettivo è migliorare la capacità di spendere. E il Sud non può più attendere. (s)
L’intervento del presidente del Consiglio Mario Draghi
Il video della mattinata (interventi istituzionali)
il video della sessione pomeridiana (presidenti delle Regioni meridionali e sindaci)
GLI INTERVENTI CALABRESI AL CONFRONTO PER IL SUD
All’evento di ascolto e confronto per il Sud sono stati invitati per la Calabria il presidente della Regione pro-tempore Nino Spirlì, il sindaco di Reggio Giuseppe Falcomatà e la sindaca di un borgo bellissimo quanto suggestivo del Cosentino Rosanna Mazzia, primo cittadino di Roseto Capo Spulico.
Spirlì ha ribadito la sua richiesta di azzeramento del debito della sanità calabrese, vincolo per una qualsiasi idea di ripartenza: «Consentiamo a tutte le Regioni la possibilità di ripartire da zero. Ripartiamo dall’Italia. Ho chiesto un’operazione di risanamento del debito nel settore sanitario, perché mai come oggi è possibile farlo. Nessun commissario di governo sarà mai in grado di ripianare un debito che supera i due miliardi e molti calabresi sono costretti ad andare fuori regione per le cure. In questo governo sono rappresentati tutti i partiti, e chi è fuori ha dato disponibilità ad appoggiare azioni necessarie perché le cose buone vengano fatte. Se questo governo non salva il figlio più debole, come farebbe un buon padre ed una buona madre, allora non ha più diritto di dire che quel figlio è suo».
Il sindaco metropolitano di Reggio Falcomatà si è detto convinto della bontà dell’iniziativa della ministra Carfagna, in vista dell’elaborazione definitiva del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e della definizione dell’accordo di partenariato e ha definito «molto importante» l’incontro per affrontare il quale «non si può non ragionare sul tema dell’attuazione dei Livelli essenziale delle prestazioni» che, per l’inquilino di Palazzo Alvaro, rappresenta «la più netta e decisiva discriminazione di residenza fra Nord e Sud d’Italia».
«Qualche giorno fa – ha detto Falcomatà – sono stati declinati i dieci punti principali che determinano questa differenza: la gestione e la costruzione degli asili nido, la costruzione asili nido, il tempo pieno a scuola, l’erogazione dei servizi sociali, i ristori per i Comuni a causa del Covid, il trasporto pubblico locale, il turnover universitario, i posti letto negli ospedali, il fondo sanitario. Fare fronte comune per risolvere questi gap, credo sia il presupposto per imbastire ogni ragionamento, discussione o programma di crescita Mezzogiorno».
«Accanto a questo – ha aggiunto il sindaco – bisogna risolvere la clausola del 34% quale tetto per l’utilizzo dei fondi per il Sud previsti dal Recovery Fund. Questa percentuale, purtroppo, tiene conto anche di quella che è la programmazione ordinaria dell’Fsc 2021/2027 facendo venir meno l’aspetto di carattere aggiuntivo del piano di finanziamento straordinario deciso dall’Europa. Come ha correttamente osservato la Svimez, invece, per un giusto equilibrio nella ripartizione delle risorse del Recovery fund e del Next Generation Ue, al Meridione spetterebbe il 60% dei fondi, ovvero quasi il doppio degli investimenti fissati da quei parametri».
Quindi, il primo cittadino della Città Metropolitana di Reggio Calabria si è concentrato sulle proposte, partendo dalle politiche infrastrutturali con l’idea che «questo Paese non possa più andare a due velocità». Fra le priorità indicate da Falcomatà ci sono «l’alta velocità a 300 km/h fino alla Sicilia, l’ammodernamento della Strada Statale 106 ed un piano d’investimenti massiccio non soltanto sui porti del Sud, come Gioia Tauro, ma anche sul retroporto con l’avvio, finalmente, delle Zes».
«Queste idee – ha spiegato Falcomatà durante il collegamento telematico – sono frutto dei dibattiti con gli altri sindaci delle Città Metropolitane del Sud e con quella che è stata definita la rete dei sindaci del “Recovery Sud” che, nei prossimi giorni, presenterà un proprio dettagliato documento di sviluppo direttamente al primo ministro Mario Draghi».
Falcomatà ha puntato l’attenzione anche sulla gestione dei beni confiscati alle mafie rispetto ai quali «il Governo deve fare un forte investimento rivedendo la legge per l’utilizzo delle risorse derivanti dalla sottrazione dei patrimoni ai mafiosi».
Poi, il tema dei temi: l’occupazione. «Segnalo – ha affermato l’inquilino di Palazzo Alvaro – un progetto straordinario dell’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria, già posto all’attenzione del Governo ed inserito all’interno dei Contratti istituzionali di sviluppo, per la realizzazione di un Campus Agapi all’interno dell’ex area dismessa di Saline Joniche».
«Il progetto – ha spiegato Giuseppe Falcomatà – intende realizzare una sorta di San Giovani a Teduccio nel profondo sud ed all’interno di 54 mila metri quadri di terreno. Esiste già un preliminare, che potrebbe diventare un progetto definitivo d’interventi per circa 90 milioni indispensabili alla costruzione di un distretto dell’innovazione».
«L’Università – ha aggiunto – in questi anni ha preso contatti con importanti players internazionali e partner istituzionali per la realizzazione, in quest’area, di laboratori di start-up ed incubatori di imprese utili ad arginare il problema della disoccupazione, soprattutto, giovanile. I giovani neo laureanti, infatti, non hanno la possibilità di tradurre in produttività le conoscenze acquisite all’interno dei nostri atenei. Parliamo di una previsione di circa 400 nuovi posti di lavoro».
La sindaca di Roseto Capo Spulico Rosanna Mazzia ha puntato, nel suo intervento, sulla necessaria attenzione da riservare ai borghi «quel pezzo di Italia autentica che ha bisogno di rimettere in pista tutte le energie ancora inespresse. I piccoli comuni – ha detto la Mazzia – devono assumere un ruolo baricentrico in vista della elaborazione definitiva del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e della definizione dell’accordo di partenariato. «È una grande soddisfazione per Roseto Capo Spulico essere al tavolo dei lavori di questo importante incontro istituzionale, insieme ai Comuni di Salvitelle e Sulmona e delle Città Metropolitane del Sud, da Bari a Palermo. C’è tanto da fare e questa occasione di confronto ha dato la possibilità ai territori di avere una importante interlocuzione con il governo». (rrm)