NEXTELLING / Dulcis in Fiore

Nel cuore del Parco Nazionale della Sila, a San Giovanni in Fiore, tre giovani hanno dato vita a Dulcis in Fiore, un’azienda che punta alla valorizzazione dei dolci tipici calabresi. Il nome attribuito al progetto trae ispirazione dalla maestosa Abbazia Florense, che domina il paese con i suoi caratteristici fiori incastonati nell’abside, simbolo di storia e cultura, ma anche di bellezza, eleganza e ricercatezza.

Stiamo parlando dei fratelli Giovanni e Marco Piccolo e del loro amico, nonché socio, Rocco Pisano. L’azienda, di recente costituzione, è in realtà frutto di anni di esperienza, di preparazione e di studio da parte dei tre giovani, che insieme formano una squadra compatta e ben assortita per capacità e competenze. 

“L’unione fa la forza”, recita un vecchio adagio, per sottolineare che quando un gruppo di persone concorrono insieme per raggiungere un determinato obiettivo, riescono a ottenerlo più facilmente. In questo caso, l’unione di volontà e di intenti rappresenta il punto di forza che ha portato i tre imprenditori a scommettere su quest’idea brillante e lungimirante, ma al tempo stesso difficile da realizzare, soprattutto in un periodo di piena crisi economica, drammaticamente segnato dalla pandemia. 

Con caparbietà ed entusiasmo, mossi dallo stesso desiderio, Giovanni, Marco e Rocco hanno saputo unire le loro idee, frutto di ricerche e sperimentazioni pregresse, e sono riusciti, lavorando assiduamente con impegno, a concretizzare nella loro terra d’origine un sogno che ha già fatto registrare ottimi risultati e – ne siamo certi – li porterà lontano. 

Dulcis in Fiore: i prodotti

Dulcis in Fiore punta alla valorizzazione dei prodotti locali attraverso l’impiego di ingredienti di qualità eccellente e, per mezzo degli stessi prodotti dolciari, si propone di valorizzare le tradizioni locali a essi legate. Per questa ragione, accanto a delizie del palato come mastazzuoli, susumelle, cuzzupe, spicca la pitta ‘mpigliata, prodotto leader dell’azienda, in quanto tipico di San Giovanni in Fiore. Questo dolce secco, anticamente preparato principalmente per arricchire le feste nuziali, è realizzato con la stessa cura e gli stessi ingredienti che si utilizzavano nel passato. Per tutelare e valorizzare questo prelibato prodotto, Dulcis in Fiore rispetta la ricetta tradizionale che, nel corso dei decenni, è stata più volte “imitata, brutalizzata e deprezzata”. La frutta secca, con cui si riempie la sfoglia, viene accuratamente selezionata e miscelata con gli altri ingredienti, rappresentati perlopiù da aromi, ottenendo un tripudio di sapori e profumi, tipici di questa meravigliosa terra che è la Calabria. 

I mastazzuoli di Dulcis in Fiore

I loro dolciumi, oltre a essere ottenuti dall’impiego di materie prime di grande qualità, sono il frutto di un processo produttivo standardizzato. Alla maestrìa degli operatori si unisce la scelta di attrezzature altamente innovative, tecnologiche e performanti, che consentono all’azienda di realizzare dolci perfettamente uguali tra loro e in linea con quella che è l’idea e la ricetta originale, evitando così di correre il rischio che un prodotto risulti diverso da un altro, in termini di percezioni organolettiche e di valori nutrizionali. 

In poco tempo, la bontà dei dolciumi Dulcis in Fiore e la loro storia si sono fatti conoscere e apprezzare anche oltre i confini nazionali. Per conoscere meglio questa fortunata realtà e i giovani imprenditori che l’hanno ideata, abbiamo incontrato Giovanni Piccolo, portavoce del progetto.

– Giovanni, Dulcis in Fiore è un’azienda giovane e promettente. Com’è nata l’idea di dar vita a questo progetto? 

«Per introdurre l’idea di Dulcis in Fiore bisogna andare indietro nel tempo di un paio d’anni circa e dire che tutto si basa sul contesto culturale e familiare che ha fortemente influenzato e formato noi tre soci fondatori. In particolar modo io, nato e cresciuto – come mio fratello Marco – in una famiglia di commercianti imprenditori, proveniente da studi ingegneristici, da un’esperienza lavorativa nel settore privato prima (come responsabile gestionale/amministrativo), e tuttora impiegato nel settore nazionale delle telecomunicazioni, avevo sempre mostrato spiccato interesse e predisposizione alla gestione d’impresa, al marketing e alla comunicazione in generale. Così, nella primavera-estate del 2019, iniziò a ronzarmi in testa qualche idea, stimolata dalle ottime abilità di Marco (di lì a breve laureatosi in Scienze e Tecnologie Alimentari con pieni voti), che aveva peraltro lavorato in pasticceria per tre anni, e del suo amico fraterno Rocco, che da oltre vent’anni era praticamente cresciuto con le ‘mani in pasta’ nel panificio del suo paesello, sviluppando esperienza e capacità sopraffine nel campo della panificazione e dell’arte bianca. Ci sarebbe tanto altro da dire, ma in sostanza, ho semplicemente unito queste forze in un cerchio quasi perfetto, puntando da subito, con il pieno appoggio e la visione comune di Marco e Rocco, a realizzare un progetto che fosse in qualche maniera innovativo e nello stesso tempo conservatore delle tradizioni e della buona cultura locale e regionale». 

– Il nome e il logo dell’azienda rimandano a San Giovanni in Fiore, il più grande centro silano, noto anche per la sua storia legata all’abate Gioacchino da Fiore. In che modo il passato di questa terra si mescola con i vostri prodotti dolciari? 

«È bene sottolineare che, consci e sicuri della sostanza dei prodotti che avremmo creato, da subito ci siamo tutti e tre concentrati sull’immagine aziendale, a partire dal nome e dal logo: volevamo dar vita ad un vero e proprio brand che non fosse legato alla solita cultura dialettale e popolana del posto, intrisa di luoghi comuni, ma che potesse evocare qualcosa di più ricercato, impattando, sì, sulla popolazione locale, ma anche e soprattutto su quella oltre confine regionale e, perché no, nazionale! Per cui abbiamo pensato a questo connubio di idee che si condensano tutte in un breve costrutto: DULCIS IN FIORE. C’è ovviamente il doppio senso legato al proverbio latino “Dulcis in fundo”, ma abbiamo sostituito l’ultima parola con FIORE, che, in origine, era il nome con cui l’abate Gioacchino fondò il piccolo centro silano, arroccato nell’attuale centro storico dominato dall’Abbazia Florense. La presenza stessa del latino nel nome attesta il nostro legame alle origini, visto che in quel tempo era la lingua più conosciuta e con cui persino il celebre Dante Alighieri, nel canto XII del Paradiso, nella sua Divina Commedia, parla così dell’abate florense: “E lucemi dallato, il calavrese abate Giovacchino, di spirito profetico dotato”. Il logo poi è stato pensato, disegnato e realizzato (grazie al supporto di un team di esperti) per rafforzare questi concetti legati al territorio: si tratta infatti proprio di un fiore centrale, circondato da tre forme più piccole unite da una pennellata, il ché contiene un significato abbastanza intimo, ovvero il legame tra noi tre fondatori attorno al progetto centrale; ma è anche una riproduzione stilizzata dei rosoni che sono sull’abside dell’Abbazia Florense, simbolo storico e culturale della nostra cittadina». 

– Perché è così importante custodire e valorizzare le tradizioni locali, tramandandole anche attraverso i prodotti culinari? 

«“Siamo ciò che mangiamo” è un po’ l’estrema sintesi della risposta a questa domanda. Non si può negare il valore delle tradizioni legate ai prodotti alimentari tipici di ogni territorio. Troppo spesso però si assiste a un deprezzamento di questi ultimi, con distribuzioni arrangiate che comunicano malissimo il valore di quel prodotto e rievocano concetti di arretratezza che danno ragioni ai luoghi comuni di cui prima si accennava. Noi abbiamo voluto, senza alcuna presunzione, semplicemente partecipare a quel processo di valorizzazione di un territorio e delle sue tradizioni culinarie, passando anche per l’innovazione, ma mai abbandonando le origini». 

– Cos’ha di speciale la vostra pitta ‘mpigliata? 

«Si tratta senz’altro della punta di diamante del nostro paniere, anzi diremmo quasi l’ispiratrice del nostro progetto, senza la quale probabilmente Dulcis in Fiore oggi non esisterebbe. Dopo secoli e decenni di storia popolare legata a questo squisito dolce, in cui troppo spesso si è assistito anche qui a una distribuzione fuori controllo, perdendone di vista il valore culturale, storico e anche culinario, abbiamo pensato di ridarle lo spazio che le spetta, senza scendere a compromessi di qualità e/o risparmi sui costi, e senza violentare le tradizioni di altre località calabresi, ma semplicemente riprendendo il dolce sangiovannese per antonomasia, nella sua ricetta originale più autentica, e rivestendolo di un packaging elegante, ricercato ma non troppo, affascinante, coerente al prodotto e alla sua storia, sempre legato al brand e ai concetti finora esposti. Tutto ciò detto, possiamo semplicemente constatare l’essere “speciale” della nostra pitta ‘mpigliata dalle opinioni, dagli apprezzamenti e dalle congratulazioni che in pochissimo tempo abbiamo raccolto in gran numero: questo è il dato più importante».

– Cosa c’è alla base del successo di un’azienda come la vostra che, in poco tempo, da semplice scommessa si è rivelata un progetto così importante? 

«Un concetto di fondamentale importanza, che finora è stato espresso tra le righe, soprattutto nella prima risposta, è quello del gioco di squadra! Il segreto, come diciamo sempre a chi ci intervista o semplicemente ci domanda, sta nel fare gruppo e nel valorizzare e stimolare le competenze e le predisposizioni di tutti i componenti di una compagine aziendale. Questo approccio è sempre stato un po’ uno stile di vita soprattutto per me che, anche nelle mie esperienze pregresse, lavorative e non, ho sempre svolto ruoli gestionali e organizzativi, con grande attenzione e cura nel saper delegare, affidare compiti, creare fiducia reciproca e spirito di squadra vincente. Crediamo così tanto in modo unanime in questa politica, che anche i nostri collaboratori esterni e/o dipendenti vengono da subito inseriti in questa ‘macchina’ come se ne fossero parte integrante in ogni suo processo interno, rendendoli partecipi in ogni fase in modo responsabile e coinvolgente, senza creare i soliti muri titolare-dipendente, che spesso generano incomprensioni e visioni differenti: è molto complicato perseguire obiettivi chiari se non c’è unione in tutta la squadra aziendale. Naturalmente, ognuno deve saper svolgere le proprie mansioni al meglio: abbiamo già detto che siamo sempre stati sicuri di poter offrire un prodotto eccellente per qualità e gusto». 

– I vostri prodotti arrivano ovunque, anche attraverso lo shop online. Quali sono quelli più richiesti all’estero? 

«In questi pochi mesi di attività siamo riusciti a coprire buona parte della nostra regione nei settori B2B e Horeca; abbiamo destato l’interesse anche di diversi rivenditori e ristoratori fuori regione (Lombardia, Emilia Romagna, Abruzzo, Lazio), i quali hanno avuto ottimi riscontri commerciali; mentre grazie al nostro e-commerce siamo riusciti a coprire un po’ tutta la penisola, ricevendo anche qualche richiesta privata dall’estero (Germania, Svizzera, Portogallo, Francia). Stiamo lavorando per creare dei canali di rivendita e/o distribuzione per alcuni paesi esteri europei in particolare, ma va detto che il prodotto che si presta meglio rimane sempre la pitta, sia per una questione di shelf-life più lunga (12 mesi) che per maggiore impatto sul pubblico finale, soprattutto calabresi emigrati in cerca di prodotti originari della propria terra». 

– In quali canali distributivi, oltre alla vendita diretta, vi state posizionando? 

«Come accennato sopra, cerchiamo di spazzare un po’ tutti i canali di vendita, a partire dal B2C tramite il nostro shop online (e in loco anche piccolo spaccio al pubblico), passando per il B2B diretto con i rivenditori (botteghe alimentari, enogastronomie, salumerie, piccoli supermercati) oppure rivolto a pochi distributori selezionati con criterio, in quanto vogliamo mantenere sempre un certo livello di offerta commerciale. In taluni casi, operiamo anche, ma con le dovute cautele e condizioni, in conto terzi, producendo cioè nostri prodotti da cedere a un venditore che li commercializza con proprio marchio, ma si tratta di una nicchia ristrettissima, più che altro in fase di sperimentazione, ma che non rientra appieno nei nostri progetti futuri. Stiamo coltivando diversi rapporti, di cui alcuni già convertiti in veri e propri contratti di fornitura, per la distribuzione nel settore B2B europeo, come Belgio, Lussemburgo, Olanda, Francia, Spagna, Portogallo e Germania, tramite canali preesistenti con particolare attenzione ai prodotti tipici e artigianali. A breve, conclusi gli adempimenti burocratici, ci affacceremo anche all’esportazione negli USA, sempre tramite canali commerciali già operativi in loco, interessati al nostro brand. Per il settore Horeca offriamo il prodotto su richiesta, a peso, realizzato ad hoc per il servizio a tavola, quindi in formati più adatti al taglio. Anche per questa fetta di mercato, molto particolare, stiamo lavorando sulla creazione di alcuni canali esteri di distribuzione specializzati nella ristorazione». 

Che profilo ha il vostro consumatore tipo? 

«L’idea di fondo dell’intero progetto, dal suo giorno zero, è quella di offrire un prodotto di fascia medio-alta, che non debba abbassarsi alla cosiddetta guerra dei prezzi, ma che si tenga sempre a una ragionevole distanza rispetto ai prodotti commerciali largamente diffusi ovunque. Perciò il nostro cliente tipo è senz’altro propenso a spendere qualcosa in più, magari con meno frequenza, per avere un prodotto di indiscussa qualità e artigianalità nella sostanza, ma anche presentato e curato nei dettagli nella sua apparenza. Tuttavia possiamo affermare che abbiamo conquistato buona parte dei consumatori che non rientravano nei nostri obiettivi, il ché ci fa pensare che forse la richiesta gastronomica sta cambiando a tutti i livelli». 

– Quale dolce della tradizione Dulcis in Fiore propone in vista della Pasqua? 

«Per il periodo pasquale, che va dal 1° marzo al 30 aprile, abbiamo già lanciato la nostra cuzzupa, conosciuta in tutta la regione con diversi nomi e varianti, a volte anche da un paese all’altro (‘cuculi’, ‘cuddruri’, ecc). Dulcis in Fiore propone un impasto semplice, come fatto in casa, realizzato con sole uova (simbolo della Pasqua), farina e zucchero, leggermente aromatizzato al limone, disponibile in due formati da 250 grammi (a ciabatta e a ciambella). Una volta cotto al forno, viene glassato manualmente con albume montato a neve e successivamente decorato con zucchero colorato. Il risultato è un dolce friabile, simile a pasta frolla, da gustare secco oppure da inzuppare nel latte a colazione».

– Perché è importante che i giovani come voi credano nelle potenzialità della terra calabrese? 

«Fatte le dovute eccezioni sulle questioni che da sempre affliggono questa terra, per motivi politici soprattutto, crediamo fermamente che la Calabria sia un frutto della nostra stessa comunicazione verso noi stessi e gli altri. In altri termini, quando si nasce e si cresce dove le generazioni precedenti non fanno altro che impartire lezioni di abbandono e disprezzo verso la propria terra, allora è chiaro che ci sia un’impostazione completamente sbagliata nell’educazione delle nuove generazioni, le quali saranno convinte in modo aprioristico di dover scappare via. Per non parlare del modo in cui abbiamo per decenni comunicato la nostra Calabria al di fuori dei nostri confini regionali, parlandone sempre con quel senso di arretratezza e di irrecuperabilità, non sempre motivati o derivanti da esperienze dirette, che hanno “rafforzato la debolezza” del brand Calabria. Chi fa marketing sa bene quanto sia importante la comunicazione, la creazione di valore: in Calabria, ma non solo, per decenni si è operato all’esatto opposto. Dulcis in Fiore è la nostra piccola, piccolissima, ma reale testimonianza che tutto ciò si può contrastare e che esiste un brand Calabria che abbia un valore positivo». 

DULCIS IN FIORE: IL RUMORE DELL’ERBA

Nel settore dolciario l’Italia si colloca al settimo posto nel pianeta. Una potenza della pasticceria che supera abbondantemente i 7 miliardi di euro dei quali oltre 5 dedicati all’esportazione nel mondo, con un saldo attivo che ne vale circa la metà. Dopo la pasta, che con la crisi bellica nel cuore dell’Europa rischia di subire un drammatico contraccolpo, il mercato dolciario è il più promettente, in termini di ritmi di crescita della sua internazionalizzazione. Un settore alimentare dove l’Italia è sempre nei gradini più alti dell’Olimpo commerciale e distributivo. Il mercato principale di sbocco è quello dell’Unione Europea, con particolare riguardo a Francia, Germania e Spagna, alla quale va aggiunto il Regno Unito, dopo la Brexit. Il Primo mercato extraeuropeo sono gli Stati Uniti, senza trascurare la costante crescita delle esportazioni in Asia. Occorre fare scrupolosa attenzione al grande periodo di cambiamento che attraversa il consumo, in senso allargato. Sostenibilità, recupero della tradizione identitaria, qualità e innovazione sono le nuove pietre angolari, dalle quali il prodotto dolciario, artigianale o industriale, non può permettersi di prescindere. Il consumatore di dolci, specie quello di leccornie che rappresentano la storia di una tradizione tipica secolare, come nel caso della pitta ‘mpigliata dei talentuosi pasticceri di Dulcis in Fiore, vive la degustazione come una vera pausa spazio-temporale, una sorta di ritorno al futuro del gusto identitario, quasi un rito che celebra il valore di legame con la propria terra, le proprie origini familiari. Per questo pretende eccellenza produttiva da ibridarsi però con i principi del salutismo, della naturalità e di una forte immagine distintiva del packaging. Il dolciume identitario possiede una grande caratteristica vincente, quella di uscire dal mercato delle ricorrenze, come i panettoni del Natale, le colombe e le uova di Pasqua. È una soluzione naturalmente indipendente dalle occasioni celebrative, pur integrandone i significati popolari. 

La pasticceria di Dulcis in Fiore si presenta per tanto come una ghiottoneria per i palati più tradizionalisti e più raffinati, un’offerta di delizie che copre ogni stagione dell’anno. Una soluzione che punta alla continuità. Se poi si va a considerare la ricerca costante di un palinsesto di ingredienti, che premiano il contesto naturale di uno dei più salubri e rinomati altipiani italiani, quello della Sila, allora non si può negare che il progetto dei nostri gastro glicemici sangiovannesi, sia degno di raccontarsi come uno dei più promettenti, per fascino, tradizione e gusto. Quando si pensa al meridione d’Italia, si cade nel luogo comune di identificarlo con la disforica icona di un albero che cade. E se invece lo vedessimo come una giovane foresta che cresce? Una serie di talenti nascosti capaci di crescere spontaneamente e quasi nel silenzio del fare tacendo, tipico della gente di Calabria? 

Capaci di fiorire in una città che Gioacchino aveva pensato e fondato, ispirandosi ad una Gerusalemme celeste, perché tutto vi potesse splendere come in un paradiso nascosto al giorno. Un paradiso clandestino dei talenti. Questi pasticceri in erba sanno incarnare questo spirito florense. Vogliono portarlo sulle tavole calabresi e italiane, in italia e nel mondo. Un mondo dove vivono altre due italie parallele di chi ha dovuto lasciare il Belpaese per cercare fortuna altrove. Ora questa fortuna potrebbe tornare alle origini anche nella pasticceria di grande qualità artigianale. Quando avrete il vero piacere di avere nel palato la pitta ‘mpigliata di Dulcis in Fiore, chiudete gli occhi, date voce alla vostre papille gustative e aprite bene le orecchie perché, se ci farete caso, potrete anche voi ascoltare il rumore dell’erba.

(a cura di Mauro Alvisi e Antonietta Malito)