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Addio a Lucia Abiuso, docente ed ex consigliere comunale di Catanzaro

Addio a Lucia Abiuso, docente ed ex consigliere comunale di Catanzaro

di NINO MALLAMACI – A Lucia, amica grande e sfortunata, nel giorno del suo compleanno.
Cara Lucia, oggi è il tuo compleanno, e certamente sarei venuto a CZ per farti gli auguri di persona. Ci saremmo accomodati sul balconcino, con questa giornata limpida di primavera che invita a farlo. Avremmo guardato il mare e preso un caffè, chiacchierando del più e del meno. Forse anche di lavoro, che però per te non era tale. O, perlomeno, non era solo quello. Perché tu ci mettevi una passione, una dedizione da missionaria. Era un tutt’uno con la tua vita e la tua anima. Questo tuo tratto l’ho colto appena ti ho conosciuta, appena arrivata da Roma in ufficio, dove ti aspettavamo per programmare incontri nelle scuole per discutere coi ragazzi dei problemi del web e dei social media.

Che, alla fine, non sono solo problemi, ma anche uno strumento per manifestare amore, come succede in questo momento. Il male ti aveva già carpita, impietoso e crudele nello scegliere le sue vittime senza badare a chi sono, a cosa fanno, a quanto sia importante la loro esistenza in questo mondo, per se stessi e per il prossimo. Non sono tra quelli che dicono, forse per ipocrisia o forse perché ci credono davvero, che in queste faccende siamo tutti uguali. No, non lo siamo affatto. E ci sono persone fantastiche che dovrebbero vivere in eterno, per quello che danno agli altri, per quanto sono importanti per la società, per la ricchezza che spandono ogni volta che si impegnano in qualcosa. Ma il Male non si fa di questi scrupoli, non è interessato a queste sottigliezze. Colpisce a casaccio, come viene viene. E se un dio c’è, come dicono in tanti (in troppi), il suo lavoro non lo fa come dovrebbe, come sarebbe giusto. Se la sua occupazione dovrebbe essere quella di diffondere il Bene, nel tuo caso ha fallito miseramente, si è sbagliato di grosso, ha preso una cantonata enorme e imperdonabile.

Molti storceranno la bocca leggendo queste mie parole, ma io non sono tipo da seguire la convenienza, da misurare il mio dire in base alla disapprovazione che potrebbe generare. Manchi a troppi, cara Lucia. Certamente a tutti quelli che hanno avuto l’opportunità di conocerti, se non di persona attraverso le tante cose in cui ti affaccendavi. Instancabilmente, indefessamente. Quel giorno, quando entrasti nella stanza, si accese la luce. Appoggiasti la tua compagna inseparabile, una stampella che ti aiutava a camminare. Nessuna recriminazione per quello che stavi passando, nessun lamento. Come mai ti ho sentito fare dopo se non una volta quando ti abbandonasti allo sconforto ma solo per iscritto. Partì la discussione, come se fossi arrivata da una gita, non da un viaggio in treno di ritorno dalla terapia. Entusiasta, precisa, preparata, informata, fattiva. In qualche giorno eri già pronta ad avviare tutto. Senza fronzoli, senza dubbi, individuando i problemi insieme alle soluzioni come solo le persone come te sanno fare.

Dandoci dentro come se nulla fosse, anche quando eri spossata e certamente non nella forma fisica necessaria per lavorare e nello stato mentale ideale per ragionare. Anche dal letto dell’ospedale. Per questo motivo io pensavo che la situazione fosse sì seria, ma che ne saresti uscita vincitrice. Anche quando mi inviavi delle foto per farmi vedere lo strazio che il tuo viso subiva per la terapia, la deformazione del tuo corpo schiavo delle medicine. Io piangevo, ma certo non te lo facevo capire e troncavo la conversazione con una scusa. Perché tu non lo facevi mai, guerriera indomita. E piangevo quando guardavo le tue foto di prima, di una ragazza e di una donna bellissima, con un sorriso da incanto. Sorriso che non hai mai perso. Ed è questo il ricordo che conservo: il tuo viso sempre sorridente, come a sfidare la realtà terribile che ti toccava vivere per ragioni che io, povero senzadio, non riesco a cogliere, non provo neanche a giustificare.

Ho un grande rimpianto, amica mia. Non averti conosciuta prima. Non nel senso di prima della malattia, ma prima per avere la possibilità di stare più tempo con te, per condividere le tante cose che ci univano, al di là delle differenze di matrice politica che tra noi non erano certo un ostacolo. Mentre ti scrivo questa strana lettera, penso a tuo padre, a tuo fratello e a tua sorella, a quel nipote del quale parlavi sempre come del tuo angelo custode. Li penso e non credo di riuscire a cogliere il dolore incommensurabile che hanno provato e provano oggi, nel giorno di gioia che quest’anno ha una mestizia inedita. Gli sono vicino, per quello che può servire.

Così come provo, scrivendo, a stare vicino a te, al ricordo di una persona meravigliosa. Ti celebro così, nel mio scritto e nel mio cuore, dove non ho avuto difficoltà a trovare un posto nel quale conservarti. (nm)