di PINO NANO – Dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro a Palermo, torna venerdì in edicola “Mafie, Storia della criminalità organizzata”. E’ la grande collana editoriale che la Gazzetta dello Sport e il Corriere della Sera ripropongono ai propri lettori come “Enciclopedia aggiornata del mondo organizzato del crimine”.
Il volume del giorno, in uscita domani venerdì 20 gennaio con Il Corriere della Sera e La Gazzetta dello Sport, è La ‘Ndrangheta, un saggio della criminologa calabrese Anna Sergi, che farà molto discutere, e che per la prima volta finirà davvero nelle case di migliaia di italiani. Altro che enciclopedia, molto di più.
Ma partiamo dalla notizia ufficiale. La Gazzetta dello Sport, in collaborazione con il Corriere della Sera, presenta un’opera assolutamente inedita per comprendere la storia e l’evoluzione delle mafie e della criminalità organizzata in Italia e all’estero, una vera e propria collana editoriale che analizza le realtà mafiose «attraverso una narrazione chiara e rigorosa dei fatti, dei periodi storici, delle persone che le hanno servite e di quelle che le hanno combattute».
Niente di più attuale, dunque, dopo l’arresto dell’Ultimo padrino di Cosa Nostra Matteo Denaro Messina, ma soprattutto niente di più efficace se si pensa al racconto inedito e spietato che fa della Ndrangheta calabrese una delle studiose più attente del fenomeno.
Anna Sergi è professoressa ordinaria presso il dipartimento di Sociologia dell’Università di Essex, nel Regno Unito. La studiosa, calabrese d’origine, dopo il liceo a Cosenza consegue la laurea magistrale in Giurisprudenza all’Università di Bologna, poi sceglie di dedicarsi alle “scienze criminoli” al King’s College di Londra e poi a Essex, e viene oggi considerata come una delle massime esperte in Europa del mondo organizzato del crimine.
Va detto subito che il racconto che Anna Sergi fa oggi della Ndrangheta è quanto di più completo e moderno si possa pensare immaginare e raccontare della mafia calabrese, non a caso la studiosa anticipa che “La ’ndrangheta calabrese oggi è conosciuta come la più potente, la più ricca e la più diffusa delle mafie italiane e tra i gruppi criminali nel mondo. Alcuni dei clan di ’ndrangheta, nati nelle gole dell’Aspromonte- sottolinea la studiosa italiana- sono diventati vere e proprie dinastie delinquenti dedite alla ricerca del profitto e del potere locale”.
Come dire? Il mondo di Cosa Nostra- quello che potrebbe ora raccontare ai magistrati che lo stanno interrogando Matteo Messina Denaro – è ben poca cosa rispetto alla violenza pervasiva della ‘Ndrangheta nel mondo, ma del resto di questo ci aveva già avvisato in tempi non sospetti lo stesso Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Catanzaro, attraverso le sue mille conferenze tenute in giro per l’Italia.
In effetti, il racconto che ci fa Anna Sergi è intrigante e coinvolgente, di grande effetto mediatico, e questo grazie ad un linguaggio scientifico reso semplice scorrevole moderno e dal taglio rigorosamente giornalistico.
«La ’ndrangheta – scrive Anna Sergi – può essere paragonata ad un treno con tanti vagoni. ogni vagone ha il suo capo che è il capolocale. Poi c’è il capotreno. Poi abbiamo i treni ad alta velocità, dove non possono salire tutti ma solo i capi. Al di sopra di questo c’è anche chi viaggia in aereo, dirige gli scambi, dirotta i convogli senza mai farsi vedere».
Bene, nasce da questa filosofia, dunque, per la professoressa Anna Sergi la «necessità di tracciare la versatilità strutturale di questa organizzazione criminale.Dalla mobilità dei clan in Italia, in Europa e fino al Canada e all’Australia, fino ad accendere i riflettori su alcune delle loro attività illecite. Ma la studiosa analizza anche alcuni aspetti critici del tema, «come l’unitarietà della ’ndrangheta e il suo ruolo in alcune vicende storiche», dettagli inediti che fanno infatti riflettere sul peso attuale e preponderante della ‘Ndrangheta nell’Italia contemporanea e oltre».
Anna Sergi, l’autrice di questo saggio, è figlia d’arte in tutti i sensi, e come suo padre anche lei impastata di malinconia e angoli di solitudine che sono di tutti noi, emigrati chissà dove. Suo padre, Pantaleone Sergi, giornalista e scrittore, per 30 anni ha lavorato per il quotidiano La Repubblica. Come “inviato speciale” del giornale romano, diretto prima da Eugenio Scalfari e poi dopo da Ezio Mauro, direttori a cui Sergi faceva diretto riferimento, ha raccontato 30 anni di fatti di cronaca, senza mai una pausa, giorno per giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, dai sequestri di persona ai primi maxi processi per mafia, dalle inchieste più scottanti sulla politica alle prime novità che il Sud del Paese aveva da raccontare a chi invece preferiva continuare a relegare le regioni più povere nello storico dimenticatoio di sempre.
Cronista e scrittore a 360 gradi, per giunta impietoso, coraggioso, incapace di piaggerie o peggio ancora di ipocrisie professionali, scontroso, arrogante, a tratti anche saccente, refrattario al potere, e nemico dichiarato delle lobby.
Ieri suo padre, oggi lei, la figlia Anna Sergi. E mentre suo padre, Pantaleone, arrivato il momento della pensione riscopre una sua seconda giovinezza, da trascorrere tutta intera nelle biblioteche dell’America Latina per ricostruire la storia della stampa italiana tra Otto e Novecento, e le mille vicissitudini dei giornalisti che per primi si cimentarono nel racconto delle migrazioni italiane in Sud America, la figlia Anna Sergi invece sceglie il terreno della ricerca e dell’analisi su un fenomeno, quello della ‘ndrangheta, che suo padre ha raccontato per anni in maniera davvero magistrale e asettica, come nessun altro aveva mai fatto prima di lui.
Padre e figlia, oggi sono invece l’immagine reale della continuità assoluta di una professione e di un mestiere, quello dell’inviato speciale, che spesso e volentieri per forza di cose finisce con l’invadere e con l’occupare i piani della ricerca scientifica e dell’analisi sociologica.
Al Corriere della Sera a Milano ci dicono ancora di più, «Quello che esce venerdì sulla Calabria sarà uno dei volumi più scioccanti della collana, perche è difficile immaginare cosa realmente sia diventata oggi la Ndrangheta nel mondo».
Si parla di interlocuzioni internazionali, di rapporti sovranazionali, di affari con il gotha del traffico della cocaina in Colombia, o con la stessa Triade cinese.
Ma tutto questo è in linea con il progetto globale di questa nuova iniziativa editoriale del Corriere della Sera e di Gazzetta dello Sport che punta i riflettori e «dedica uno sguardo attento a tutte le sfaccettature delle organizzazioni criminali, che fa luce sugli aspetti più complessi di queste realtà, un’opera appositamente studiata per capire cosa sono e per non chiudere gli occhi. Perché parlarne è il primo passo per sconfiggerle».
A curare questa straordinaria iniziativa editoriale è un’altra studiosa doc, la professoressa Barbara Biscotti, già curatrice per La Gazzetta dello Sport delle collane Storia dei grandi segreti d’Italia (2021-2022) e Giorni che hanno fatto la storia (2022), titolare delle cattedre di Storia del diritto romano e Istituzioni di diritto romano del corso di laurea magistrale in Giurisprudenza presso l’Università Bicocca di Milano, una studiosa che ha pubblicato numerosi saggi e monografie di carattere scientifico e volumi storici di natura divulgativa, e che oggi viene accreditata ai vertici delle valutazioni professionali dei più grandi atenei europei.
Ma se volessimo dare una sintesi di questo lavoro come lo potremmo fare?
Spiegando cosa è oggi realmente la mafia- spiega la professoressa Barbara Biscotti: «Soprattutto – precisa – la mafia è un metodo. È un metodo di governo, che trae la propria forza dalla sfiducia nello Stato e nelle sue istituzioni e si pone su un binario parallelo al governo legittimo, del quale tuttavia sfrutta abilmente gli apparati attraverso un radicamento crescente nelle istituzioni stesse, nell’economia e nella politica. In modo tale che, senza che si verifichi mai un palese sovvertimento dello Stato, come sottolineava nel 1990 Luciano Violante nella Premessa alla relazione di minoranza della Commissione antimafia, mentre la mafia cresce, la democrazia si indebolisce, svuotata internamente da quell’entità parassitaria».
Una denuncia forte, ma ancora più forte e credibile di tante altre, perché viene da due donne, in questo caso da due studiose affermate, che hanno deciso di lasciare un segno evidente del proprio percorso professionale e accademico. Brave davvero. (pn)