IL MEZZOGIORNO PRODUCE PIÙ ENERGIA DI QUANTO NE CONSUMA, MA RISCHIA DI ESSERE “SFRUTTATO”;
EOLICO, AL SUD SERVE UN SERIO PROGETTO DI SVILUPPO E TUTELA DEL TERRITORIO

EOLICO, AL SUD SERVE UN SERIO PROGETTO
PER SVILUPPO A TUTELA DEL TERRITORIO

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – Con la chiusura del passaggio del gas dall’Ucraina proveniente dalla Federazione Russa ritornano i timori di una nuova crisi energetica e di un ulteriore impennata dei prezzi dell’energia.

E, con Prometeia energia in testa, sono molti a chiedere che si possa estrarre più gas nei territori dove questo in Italia è possibile, che si proceda celermente alla costruzione dei rigassificatori, in particolare quello di porto Empedocle a pochi chilometri dalla Valle Dei Templi e dalla casa natale di Pirandello, oltre che dalla falesia bianca della Scala dei Turchi e all’accelerazione delle concessioni di parchi eolici e impianti solari. 

D’altra parte che vi sia l’esigenza, al di là delle necessità contingenti, di una transizione energetica che faccia passare dai combustibili fossili alle energie rinnovabili non vi è dubbio e al di là dei soliti terrapiattisti ormai è recepito da tutti il tema del riscaldamento globale.  

La necessità di un tale cambiamento è indiscutibile per rendere i Paesi che non hanno fonti fossili, ma in ogni caso vogliono abbandonare tali fonti, autonomi. 

Il secondo passaggio rispetto a tale consapevolezza è quella di capire dove questi impianti vanno localizzati. La risposta più logica sarebbe che ognuno producesse l’energia che serve al proprio territorio. E, quindi, considerato che la realtà più energivora è quella del Nord, la cosa più logica è che si localizzino in tali aree. 

Ma ci sono già state le prime levate di scudo. La Giunta e l’Assemblea regionale piemontese dichiarano che vogliono il loro territorio libero dall’eolico e dal solare. In particolare la Giunta regionale produrrà una delibera che andrà a rendere più restrittivi i vincoli per installare gli impianti agrivoltaici nelle zone Buffer Unesco. 

Approccio simile a quello della Sardegna che ritiene di dover restringere i criteri per realizzare impianti eolici e fotovoltaici. In tal senso si sta muovendo anche la Puglia. 

Insomma è diventato chiaro a tutti che impiantare nelle aree delle strutture per la transizione energetica non sia un grande affare per le aree interessate. Nel senso che confondere tali impianti con la industrializzazione è un modo per ripetere quello che è accaduto con le raffinerie e con l’industria pesante. 

Invece si afferma, da parte di molti anche del Governo centrale, che esse siano forme di industrializzazione e che chi non vuole che vengano localizzate nelle proprie aree non vuole il progresso. In realtà la produzione di energia, indispensabile per un Paese a corto di fossile e che ha rinunciato al nucleare, è assolutamente indispensabile. Ma deve essere considerato un prezzo da pagare dai territori e che deve essere in qualche modo rimborsato. 

O perché si ha nello stesso territorio un’industria manifatturiera che deve poter avere l’energia sufficiente e quindi in quel caso serve al proprio apparato industriale o, nel caso del Mezzogiorno che ha più energia di quanto non ne consumi, perché in cambio di un impatto molto importante sui territori vengano installate industrie energivore che forniscano occupazione rilevante. 

Si sta verificando invece uno strano meccanismo per cui l’energia viene prodotta nel Mezzogiorno, che diventa solo un punto di passaggio di elettrodotti, gasdotti che trasportano l’energia dove serve. 

Per cui si ripete il meccanismo che si è attuato con l’industria petrolchimica, che ha lasciato malattie, inquinamento, pochissimi posti di lavoro e scarso reddito prodotto nei luoghi.

Ovviamente per evitare forme di opposizione locale si tende a dire che gli specchietti che si stanno dando sono brillanti, fuor di metafora che quella delle pale eoliche e degli impianti solari o dei rigassificatori è una forma di industrializzazione. 

O anche che essendovi una grande produzione di energia, sarà più facile che le aziende dell’intelligenza artificiale, che hanno bisogno di quantità enormi di essa, si localizzino in tali aree. 

In realtà poi si vede che Microsoft e Amazon si localizzano invece alle porte di Milano, dove le condizioni complessive sono più favorevoli all’impresa, o  anche la Italian GigaFactory con 200 posti di lavoro diretti e un indotto complessivo di circa 2.000 persone, contribuendo all’eccessivo utilizzo di tali territori. 

Per il Mezzogiorno sarebbe la seconda finta industrializzazione dopo la  prima, che oltretutto non solo non ha dato alcun tipo di reale contributo allo sviluppo del territorio, ma anche ha assorbito risorse europee importanti destinate al Mezzogiorno, nel momento in cui sono stati costruiti gli impianti. Né assorbe adesso sempre delle risorse cosiddette aggiuntive destinate al Sud per disinquinare le realtà coinvolte, come sta accadendo con Bagnoli, peraltro impedendo alcune destinazioni alternative, come quella turistica, per realtà estremamente vocate come la costa siracusana, quella gelese o la realtà di Taranto.  

 E allora bisogna dire no all’istallazione? Sarebbe anche questa una via di fuga sbagliata come quella di consentire la colonizzazione dei territori senza alcun attenzione alla tipologia degli ambienti e alla presenza di beni ambientali importanti, come nel caso della Valle Dei Templi. 

È necessario invece che a fronte di un utilizzo del territorio che serve al Paese, vi sia in cambio una progettazione effettiva di manifatturiero evoluto con un numero adeguato di posti di lavoro.  

Ovviamente le regioni che adotteranno un tale atteggiamento selettivo saranno accusate di essere contro il progresso, di non voler lo sviluppo dell’Italia, e i quotidiani nazionali, sotto la spinta di interessi molto forti e di risorse importanti a disposizione, accuseranno i territori di essere Nimby (Not in My Back Yard – non nel mio giardino di casa). 

Ma forse che il Mezzogiorno aumenti la consapevolezza di un suo progetto di sviluppo e la sua indisponibilità ad essere trattato da colonia interna può essere un fatto importante. Che ovviamente troverà grandi resistenze. 

Abituato il Nord ad estrarre tutto ciò che ha voluto e quando lo ha ritenuto opportuno rispetto ad una resistenza che negli anni passati non c’è stata, avrà sicuramente reazioni di fastidio che saranno rappresentate da molti organismi politici, ma anche organizzazioni imprenditoriali come Confindustria.  

Affermare una propria identità ed un proprio progetto di sviluppo per un territorio poco rappresentato politicamente e spesso con forme di ascarismo esasperato non è semplice. Ma è l’unica strada possibile da percorrere. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]