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Antonino Minicuci

Giochi aperti per il sindaco a Reggio, finisce il fuoco amico su Minicuci?

Non sappiamo con quale faccia il deputato reggino Ciccio Cannizzaro, principale artefice del fuoco amico che da settimane ha accolto il candidato (imposto da Salvini) Nino Minicuci, si rivolgerà ai suoi elettori dicendo che “tutto sommato come candidato unico del centrodestra Minicuci” ci può pure stare. Salvo un colpo di testa dell’ultimo minuto, pare certo che rinunci alla lotta e accolga gli ordini di scuderia di sostenere Minicuci.

Ci vuole, però, una bella faccia tosta, in assenza di una botta di coraggio che lo avrebbe spinto a candidarsi in prima persona per difendere Reggio dall'”occupazione” leghista. E non basterà portare avanti la “ragione politica”, visto che – a quanto pare – Berlusconi avrebbe fatto sapere di non gradire iniziative personali in grado di indispettire l’alleato Salvini, minacciando addirittura il commissariamento del coordinamento.

Personalmente abbiamo qualche riserva ad accreditare questa versione e crediamo che Berlusconi (o chi per lui) abbiano altro per la testa: se avessero avuto occasione di pensare il leader di Forza Italia e i suoi fidati consiglieri avrebbero certamente evitato una situazione così imbarazzante per Reggio e, soprattutto, in grado di scardinare totalmente il centrodestra reggino che, volenti o nolenti, fa riferimento a Cannizzaro.

Il sanguigno deputato reggino si è, giustamente, opposto al diktat salviniano e, fino all’ultimo, ha valutato la possibilità di correre da solo, mettendoci la faccia. Un rischio, certo, ma la città avrebbe apprezzato e, probabilmente, lo avrebbero votato anche i tanti dissidenti (nei confronti di Minicuci) di Lega e Fratelli d’Italia.

Il fatto è che le elezioni reggine sono state gestite male (e non c’entra niente l’emergenza covid) per il tentennamento continuo e inspiegabile proprio del deputato di Forza Italia. Ha illuso tutti (primo Eduardo Lamberti Castronuovo che, nell’amara lettera che pubblichiamo a fianco, spiega perché rinuncia a correre), trascurando anche gli outsider in grado di captare il consenso dei reggini, pur senza essere di partito, ma di area centrista: oltre all’ottima risorsa (con la sua assenza perde Reggio, non lui) di Lamberti Castronuovo, c’erano almeno due potenziali candidati a sindaco (Giuseppe Nucera e Giovanna Cusumano), in grado di sfidare politicamente l’uscente Falcomatà e convincere i reggini a un cambio di passo. L’altro jolly di area destrista (ora l’appoggia la Fiamma Tricolore) Angela Marcianò ha toppato clamorosamente sbagliando la c ampagna elettorale. Forte di una dotazione personale di 3-4.000 voti in città non ha saputo marcare in modo deciso la sua candidatura, disilludendo quanti puntavano su di lei.

Un problema di comunicazione, anche per lei. Se salvini avesse usato furbescamente un po’ di tatto (“mi parlano di un certo Minicuci, che dice la città?”) cioé avesse dato l’illusione ai reggini di voler ascoltare il loro parere anziché imporre il candidato della Lega, perché gli tocca a seguito del patto scellerato con i due alleati Berlusconi e la Meloni, probabilmente la storia sarebbe stata diversa. Ma siccome l’arroganza del capo leghista è nota, non c’è da stupirsi che abbia preferito fare una delle sue tante cazzate, senza pensare al peggio. Salvo che – come sommessamente ci siamo permessi di suggerire – non abbia in mente proprio la sconfitta della destra a Reggio per poi imputare agli alleati l’incapacità di gestire l’elettorato, tentando di risalire il suo ormai inarrestabile declino.

Falcomatà ha fatto anche cose buone ma non è riuscito a farsi amare dai suoi concittadini, forse per inesperienza, forse per il gruppo di sostegno che lo ha affiancato, ma la Città lo voterà come risposta a Salvini, più che per premiare i suoi sei anni di sindaco. E lo stesso Falcomatà avrebbe dovuto avere, a buon diritto, un antagonista con cui sfidarsi sui programmi, sui progetti, sulla visione strategica della Città.

Il suo – a quanto pare – unico antagonista Nino Minicuci, a sua volta, non è benvoluto dalla Città che rifiuta drasticamente l’imposizione di Salvini. Non sappiamo se l’alleanza di centrodestra, con l’eventuale ritirata di Cannizzaro dal fuoco amico, riuscirà a convincere gli incazzati elettori di area centrista e di destra di convogliare i voti su Minicuci, anziché andare al mare o – peggio per gli avversari – votare Falcomatà come argine alle insensate pretese del capo leghista. Di certo, queste saranno elezioni dove nemmenlo l’oracolo di Delfi, virgola o non virgola, riuscirebbe a dare un responso in anticipo. Facile prevedere il ricorso al ballottaggio: troppi candidati, troppi voti dispersi. E in questo caso Falcomatà porebbe essere in difficoltà.

Minicuci per ora fa la sua campagna da sicuro vincitore e dimostra che la lontananza da Reggio gli ha fatto dimenticare di che pasta sono fatti i reggini. Nemici di se stessi, ma pronti a fare fronte comune in caso di necessità, contro chi non ama Reggio. Su Minicuci, peraltro, il candidato de La Strada, Saverio Pazzano, ha rispolverato la vecchia storia del compenso di 35mila euro (sui 50mila richiesti) per i due giorni prestati alla Provincia per le elezioni del 2016 del Consiglio Metropolitano. In via transattiva gli furono liquidati 35mila euro, ma avendo fatto causa ha dovuto rinunciare all’incarico di Segretario generale della Provincia (e sicuramente del nuovo Consiglio Metropolitano). Questa storiaccia non  piace ai reggini, ma non sarà il motivo del voto mancato: i cittadini di Reggio – lo ripetiamo – si odiano l’un l’altro, tra gelosia, rancori e invidia, ma non accettano ched a decidere per loro sia un estraneo. per lo più leghista e per lo più di nome Salvini. (s)