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L'OPINIONE / Franco Cimino: Perché mi candido a Catanzaro

Il 50esimo dell’Italicus, le stragi neofasciste, il presidente e la difesa continua della democrazia

di FRANCO CIMINO – Agosto e dicembre, sono i mesi preferiti dagli stragisti di ogni parte o ideologia o fanatismo religioso del mondo. I nostri sono fermi nella memoria dell’Italia democratica, che il nostro Presidente ogni giorno di più sa rappresentare secondo i valori sui quali essa é rinata dalle macerie materiali e morali del fascismo, la dittatura tra le più violente e crudeli che si conosca.

Il Fascismo, che bene la Costituzione ha inserito come unico divieto nella società libera e liberata, é stato per almeno un decennio più che un fantasma. Un pericolo altissimo, che ha fatto temere per le sorti della nostra Repubblica. È da quelle stragi terribili, da quegli uomini neri preparate e consumate quale attacco violento alla Democrazia, che la sua lunga scia ha corso quasi indisturbata per questi settantanove anni di faticosa vita democratica del Paese. Si è detto di nostalgici, di fanatici prezzolati e poveri pazzi. Ma non è stato affatto questo. Le stragi, da piazza Fontana a quella della stazione di Bologna e di piazza della Loggia a Brescia, per dire di quelle più clamorose, hanno rappresentato la strategia del Fascismo interno e internazionale.

Che non era di destabilizzare il Paese, come ancora vien detto. Rappresentavano, invece, le operazione preparatorie più efficaci al golpe che avrebbe, col concorso della paura degli italiani, sovvertito l’ordine istituzionale da poco fondato. Le cronache narrano di due tentativi di colpo di Stato, a cavallo di quegli anni. Ma a sensazione e intuizione si potrebbe pensare fossero di più. Il Paese ha resistito. E bene. Ha resistito a quegli assalti nonostante la paura diffusa che potessero ripetersi in ogni altro momento e in qualsiasi altro luogo e situazione. Il fascismo di ritorno é stato respinto con gli strumenti e i principi della Costituzione, senza alcuna pur lieve modifica del nostro ordinamento.

E senza alcun restringimento mai, anche nel futuro pur grave per altri aspetti (terrorismo rosso e mafie), degli spazi di libertà dei cittadini. Anzi, più la Democrazia veniva attaccata, più essa andava avanti. Su tutti i settori nevralgici del vivere civile. Scuola e università, più larga la partecipazione degli studenti. E più aperta la cattedra dell’autorità culturale, meno progressivamente attiva la concezione autoritaria della stessa. Mondo del lavoro, più forte la presenza operaia nelle aziende, più forte la voce del Sindacato nella programmazione dello sviluppo economico dell’intero Paese.

La “Concertazione”, quale strumento democratico per il miglioramento dei rapporti sociali più che una condizione nei rapporti, allora sempre a tre, tra mondo del lavoro, governo e mondo dell’imprenditoria. E, per non finire se non in questo articolo,avanzamento nel campo dei diritti. Dal nuovo nuovo diritto di famiglia, al divorzio, al riconoscimento della normalità omosessuale, alla libera scuola e della maggiore libertà di stampa. Al riconoscimento di ogni diversità come valore. Agli immigrati. E via dicendo. A ogni rigurgito di fascismo, l’Italia rispondeva con colpi di accetta sull’autoritarismo strisciante o ancora manifesto.

Il pericolo é stato davvero grande. E per lungo tempo. Le complicità in alcuni corpi dello Stato, l’infedeltà di alcuni uomini posti al vertice di non pochi settori, anche quando di essi si conosceva ogni luogo e forma di nascondimento, pure quello para-massonico e dei salotti neri della più brutta borghesia o nobiltà decaduta, hanno aggravato la strategia della tensione e reso più chiaro l’obiettivo della sovversione completa. Ma l’Italia li ha potuti mandare tutti all’inferno, nonostante ancora non sia scesa piena luce su quelle stragi e molte di esse siano senza colpevoli, perché forte é stata la “resistenza” popolare e l’unità degli italiani intorno alle istituzioni democratiche. Forte é stata la volontà delle forze politiche, tutte esclusa una. Forte é stato lo spirito unitario che li ha fatti lavorare insieme, come nella Resistenza storica e nella “costruzione” della Costituzione, a difesa rafforzata della Democrazia. Forte é stata la partecipazione, ancora una volta, della Chiesa Cattolica, sul fronte di quella strana “guerra”. Il mese d’agosto del terrore. Ah, quegli anni! Che dolore quelle stragi! Che pena quelle morti innocenti! Due giorni fa, i quarantaquattro anni della bomba alla Stazione di Bologna.

Ottantacinque persone uccise, duecento i feriti, molti morti prematuramente. Più della metà, ha vissuto con pesanti menomazioni. Tutti psicologicamente distrutti nella vita distrutta. Di questa strage si sa ancora poco o nulla. Ovvero, si saprebbe tutto, se solo togliessimo la cancellazione di matita sui nomi dei veri colpevoli. Oggi, una ricorrenza più solenne, il cinquantesimo della bomba sull’Italicus, il treno che da Reggio Calabria muoveva per il Brennero e il cui viaggio è stato crudelmente interrotto nella galleria di Benedetto Val di Sambro. Dodici i morti. Quarantotto i feriti. Di questa strage non si sa proprio nulla, dopo l’assoluzione dei primi colpevoli. Né mandanti, né esecutori sono stati assicurati alla Giustizia. Orrore che si aggiunge a orrore. Una ferita ancora aperta, come ha detto oggi il nostro Presidente.

Ma come chiuderla? Come evitare che il dramma immane si risolva periodicamente nella solennità delle ricorrenze? Queste sono le domande che salgono , come voci tonanti, dalle rovine di quelle stragi. E ci interrogano con inquietudine. A questa noi dobbiamo aggiungerne un’altra, non meno pesante. Come combattere le cosiddette nostalgie ricorrenti, oggi più intensamente? E, ancora, c’è, e come fronteggiarlo, un pericolo fascismo in Italia? Io tento la risposta, muovendo dall’ultima domanda. Il pericolo di un fascismo, come storicamente l’abbiamo conosciuto nel mondo, in Italia e in Europa, non c’è. Esso ha bisogno di due elementi improponibili, l’uomo forte, despota autoritaria, mani sui fianchi, divisa nera, sguardo arcigno, voce dura senza amplificazione. Una squadra speciale, che imponga, sopra gli stessi corpi militari e di polizia, l’obbedienza al capo con la forza. A lato, un tribunale speciale che processi senza difesa e prove, gli oppositori al regime. Questo fascismo violento e da squadracce é impossibile realizzarlo.

C’è l’Europa non lo si dimentichi. C’è l’Europa democratica. E quegli Stati Uniti pur se guardati sempre con sospetto, ma, se gli elettori lo vorranno il due novembre, fuori dal dominio di pazzi di orientamento caratteriale fascista. No, questo fascismo, con questo nostalgici comici in circolazione, che sanno scimmiottare solo sé stessi e la loro crassa ignoranza, anche se in taluni é rivestita del buon doppiopetto di costosa sartoria, non vi sarà mai. Neppure come lontana minaccia. Il pericolo, di cui non ci avvediamo, invece, è rappresentato da un processo già in atto. É la riduzione progressiva degli spazi di libertà di cittadini e associazioni, lo spostamento dell’autorità democratica dal Parlamento ai governi e in essi del premier, che controllerebbe tutto e su tutto deciderebbe, senza assemblee di controllo. E senza partiti. Senza opposizione reale e agita agilmente. Opposizione e partiti senza i quali la Democrazia non esiste, Le forme addolcite che addolciranno questo passaggio serviranno solo a completare l’opera di obnobilumento delle coscienze. Di conquista permanente dell’insincero consenso preventivo attraverso elezione sempre più insincere.

Quelle che servono in una virtuale “piazza Venezia” all’acclamazione del capo. C’è già un nome che gli scienziati sociali hanno imposto a questa nuova forma di autoritarismo in democrazia. É democratura. Un termine che non mi piace. Meglio dire sovranismo personalistico, o personalismo nazionalista. O semplicemente “non democrazia”. Ma è davvero ineluttabile questo processo? É destino che l’Italia debba soffrire così tanto nei passaggi più salienti della storia? No. Non lo è e non deve esserlo. Ma come si fa ad impedirlo? Nel modo più antico e più semplice. Elevando il grado di presa di coscienza della realtà, mobilitare le coscienze individuali per costruire una nuova e più forte coscienza politica.

Riprendere a discutere in ogni luogo. Fare della scuola e delle università uno spazio dell’agorà più ampia, in cui mobilitazione e responsabilizzazione significhi vigilanza e lotta per la difesa della Democrazia. Questa, che conosciamo. Questa così com’è. Di questa Costituzione, così com’è. Intanto, si può fare una cosa ancora più semplice. Che non costa alcuna fatica. Opporsi con fermezza, anche attraverso i referendum, a qualsiasi legge che limiti o alteri i principi costituzionali.

Specialmente, quelli che rompono l’unità del Paese, riducono la forza e l’autonomia del Parlamento, impongono una figura prevalente su di esso, che risponderebbe, assumendo pieni potere “decisionisti” , soltanto al popolo che l’avrà eletto. Dai, popolo Italiano, svegliati e combatti! Tocca ancora a te difenderti. Salvare il Paese. Il futuro dei tuoi figli. Ché da solo il Presidente non ce la fa. (fc)