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REGGIO – Celebrata da Le Muse la Giornata mondiale delle Malattie Rare

L’Associazione Culturale Le Muse – Laboratorio delle Arti e delle Lettere di Reggio Calabria ha celebrato, alla Chiesa di San Giorgio alla Vittoria, la Giornata Mondiale delle Malattie Rare.

Una celebrazione, quella per la Giornata Mondiale delle Malattie Rare che ha trovato ospitalità, alla parrocchia di San Giorgio alla Vittoria, guidata da don Nuccio Cannizzaro, che con Le Muse ed i suoi soci ha instaurato, essendo “chiesa degli artisti” un rapporto di cooperazione e collaborazione.

«Una iniziativa questa – ha ribadito in apertura dei lavori il presidente Muse Livoti – che da continuità ai precedenti ampi dibattiti sul sociale, e sull’inserimento del singolo con una malattia rara nella rete di relazioni, idea nata a voluta per la città di Reggio Calabria della psicologa dott.ssa Rosaria Melissi».

L’incontro, organizzato con il patrocinio dell’Ordine degli Psicologi Calabria, ha visto la premessa della Melissi che ha subito chiarito come il  titolo scelto per l’evento è Lo sguardo: diversità espressive dell’io, espressione evidente dell’importanza che il corpo esprime nel relazionarci con l’ Altro. Il corpo visibile di ognuno è corpo sociale, costantemente immerso nelle relazioni che influenza e ne viene influenzato ed il modo in cui la persona si vede e il modo in cui l’Altro lo vede, prospettive in costante dialettica tra loro, prospettive irriducibili una nell’altra.

Nella realtà delle malattie rare, diviene di fondamentale importanza educare alla conoscenza di cosa vuol dire malattia rara e moltiplicare le prospettive, affinché lo sguardo dell’altro faccia vivere alla persona con “malattia rara” l’esperienza di vedere il proprio essere nella sua complessità. La dirigente Orsola Latella, vicepresidente Muse, si è soffermata sullo sguardo come riflessione comune, lo sguardo considerato come totalità delle forme, in cui gli occhi, rappresentano appunto un linguaggio, linguaggio muto.

Lo sguardo è condivisione di se, è visione, espressione e dovrebbe condurre oltre le apparenze. Importante è avere uno – sguardo lungo -, prendendo le distanze dai modelli omologati per approdare così a quel superamento tra ragione e sentimento come dimostrato dalla “coraggiosa gioventù scolastica” molto rigida e severa nell’ambito dell’autoapprendimento.

Il dott. Vincenzo Nociti, direttore Unità Operativa Complessa Geriatria – Grande Ospedale Metropolitano Bianchi Melacrino Morelli, ha iniziato il suo intervento partendo dal concetto di Primo Levi, ovvero che «la dignità e la sicurezza di sé che nascono dall’esercitare un’arte per cui si è preparati».

Oggi, il linguaggio del corpo passa dal mittente al ricevente e nel declino della nostra società odierna non è facile interagire con gli altri poiché ci vuole la capacità di capirsi. L’uomo vale per quello che è, ma la malattia rara a volte non ci fa relazionare come vorremmo. Ha proprio ragione Aristotele – ha concluso il noto professionista Nociti, ricordando  che l’anima è la struttura stessa del corpo e dirige il funzionamento dei suoi organi per mantenerlo in vita. Quando l’anima lascia il corpo, questo diventa un corpo senza vita.

Il presidente Muse Livoti in qualità di docente d’arte, si è soffermato sul ruolo dell’occhio nella sguardo mettendo in evidenza un artista del passato come Gericault che con alcuni ritratti ha rappresentato una grande novità nel panorama artistico contemporaneo, trattando tematiche nuove e uniche con la volontà di approfondire in modo analitico la diversità psicologica umana con raffigurazioni di malati mentali che assumono la stessa dignità che possono avere le rappresentazioni dei nobili o degli alti prelati ed ancora Magritte che porta l’osservatore a “immaginare” per dare un senso surreale ad inedite “prospettive visive”.

Importante la rielaborazione della tematica affidata agli artisti de Le Muse Cristina Benedetto,  Pierfilippo Bucca, Daniela Campicelli, Maria Teresa CeretoMimma Gorgone, Antonella Laganà, Silvia Laganà, Adele Leanza, Francesco Logoteta, Emanuela Lugarà, Angelo Meduri, Santina Milardi, Grazia Papalia, i quali hanno restituito con tecniche miste, l’iride di occhi ritrovati con la sensazione del tempo perduto che delinea nel nostro -volto- la geografia della vita. (rrc)