Legge 194, Cgil: Calabria non recepisca direttive nazionali sui consultori

La Cgil, lo Spi Cgil e la Fp Cgil Calabria, insieme al Coordinamento Donne Cgil Calabria, hanno chiesto, con forza, di non recepire le indicazioni nazionali, evidenziando il principio di libertà e autodeterminazione delle donne che scevre da ogni condizionamento ideologico debbono poter esercitate un diritto sancito dalla legge 194.

Un diritto per il sindacato «già fortemente osteggiato, di fatto, dalla presenza dei tanti medici obiettori presenti nel servizio sanitario e dallo svuotamento delle figure professionali nei consultori non garantendo un’erogazione appropriata dei servizi e mandando in affanno i pochi centri accessibili all’Ivg».

Il 23 aprile scorso, infatti, è stato approvato al Senato, nell’ambito della revisione del Pnrr, il decreto 19/24 in merito alla previsione dei fondi destinati alla sanità per l’organizzazione dei Consultori Familiari, permettendo di fatto la possibilità di accesso alle associazioni antiabortiste in definizione al sostegno alla maternità.

«In ultima analisi – conclude la nota – la Cgil rivendica con forza la difesa della legge 194 e dei diritti ad essa connessi e del rispetto dei principi di presa incarico delle donne tempestiva e gratuita, evidenziando che il sostegno alla maternità si possa esprimere a maternità avvenuta e non nella scelta preventivain cui le donne devono poter esercitare il diritto di decidere sulla salute complessiva del proprio corpo in assoluta serenità e avvalendosi del sostegno professionale specializzato». (rcz)

Le Democratiche di RC: Su aborto la destra si dimostra antiprogressista

La Conferenza delle Democratiche dell’area metropolitana di Reggio Calabria, guidate dalla portavoce Barbara Panetta, hanno evidenziato come con l’approvazione dell’emendamento di Fdi con cui si prevede la presenza di associazioni anti abortiste all’interno dei consultori, luogo a cui le donne si rivolgono per sostegno e assistenza, è «una vera e propria violenza psicologica nei confronti delle donne e dei loro corpi, su cui la destra, ad ogni latitudine, immagina di imporre con la forza la propria ideologia autoritaria e cinica».

L’emendamento è stato approvato nel corso del voto di fiducia al Decreto Pnrr, inserita in Commissione Bilancio alla Camera dei Deputati, presieduta dal forzista calabrese Giuseppe Mangialavori.

Per le Democratiche, infatti, «il diritto all’aborto è una libertà di scelta delle donne su cui non si torna indietro, immaginare di imprigionarla utilizzando i fondi del Piano di Ripresa e Resilienza è vergognoso!».

«Nei fatti, il tentativo di svuotare le libertà raggiunte dalla legge 194 – hanno proseguito – già messa a dura prova dall’alto numero di medici obiettori che spesso provoca il totale impedimento all’applicazione. Piuttosto che intervenire su tale deficit, garantendo la presenza di medici non obiettori in ogni struttura sanitaria, si punta a depotenziare ulteriormente gli strumenti di libertà a cui le donne si affidano per l’interruzione di gravidanza. Tra l’altro, considerando che l’art. 2 della legge 194 prevede già la possibilità di convenzioni con associazioni di volontariato in grado di aiutare la maternità difficile dopo la nascita, l’obiettivo della destra è, in tutta evidenza, totalmente ideologico».
«Le Democratiche di Reggio Calabria – hanno ribadito – si batteranno strenuamente contro questa visione, anche a livello regionale, affinché si annullino gli effetti di scelte politiche retrive e reazionarie. Non è pensando di elargire qualche piccola sovvenzione temporanea che si aiutano le donne nella loro scelta più dolorosa, ma aumentando semmai la presenza di psicologi in grado di assisterle nella loro decisione, qualsiasi essa sia, senza influenza alcuna, e garantendo la presenza dei consultori anche nelle aree più periferiche. Inoltre, riteniamo fondamentale rafforzare gli strumenti di assistenza sociale e abitativa».
«I fondi del Pnrr – hanno detto le Democratiche – ci aspettiamo siano impegnati per la solidarietà e la crescita sociale, il sostegno alle famiglie e alle donne lavoratrici e non certo per decisioni illiberali, diventerebbe un terribile controsenso.
 L’autodeterminazione delle donne non può divenire strumento ideologico di una destra sempre più votata alle negazioni delle libertà di pensiero e di scelta».
O«gni cittadina libera si mobiliti insieme a noi – hanno concluso – la lotta unitaria non può che partire dalla difesa dei diritti costituzionali e delle libertà democratiche e antifasciste». (rrc)

Fp Cgil Area Vasta: Sconcertati da dichiarazioni del vescovo di Mileto su aborto

La segreteria Fp di Cgil Area Vasta si è detta «sconcertata» dalle esternazioni del vescovo della Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, Attilio Nostro. «Il vescovo, infatti – ha riportato Fp Cgil – nel corso della messa della Madonna del Rosario , ha invitato i fedeli a firmare al banchetto allestito davanti alla chiesa da un’associazione autorizzata dallo stesso vescovo, a sostegno della proposta parlamentare di rendere obbligatoria, per i medici dei consultori, la pratica di fare ascoltare il battito cardiaco del feto alle donne in procinto di abortire (grave il luogo scelto per propagandare questo invito, un luogo di tutti anche delle donne e uomini che ritengono che il diritto all’aborto sia una conquista sociale irrinunciabile,  per non ricadere in una grave ingiustizia di classe che nel corso del tempo, prima dell’emanazione della legge, costringeva le donne delle classi povere a rivolgersi alle “mammane” e quelle ricche alle cliniche svizzere con aborti sicuri e garantiti)».

«Probabilmente – continua la nota – il vescovo è rafforzato dalle scelte politiche del governo che non perde occasione non solo per indebolire  la legge 194, ma renderla fuorilegge con un ritorno al codice Rocco quando abortire era considerato reato, e non riusciamo a leggerla diversamente  la proposta di modifica avanzata dall’onorevole Gasparri della ’art 1 del codice civile in materia di riconoscimento della capacità giuridica del concepito” che si acquista  fin dal momento del concepimento e non come recita l’attuale  art 1  del codice civile in cui la   capacità giuridica si acquista dal momento della nascita.” I diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all’evento della nascita».

«Sarebbe, se passasse, un fatto gravissimo – si legge – dal momento che tale riconoscimento giuridico porterebbe di fatto all’impossibilità di un aborto volontario e al rischio penale per il medico che lo eseguisse e la donna che vi ricorresse «significa  accusare di omicidio chi decide di ricorrere ad una interruzione volontaria di gravidanza» come ha riportato Marco Grimaldi dell’Alleanza verdi-sinistra. La legge 194 subordina questo diritto a determinate condizioni».

«La donna può abortire solo se “accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito – continua Area Vasta –. Una legge dunque  di civiltà e di uguaglianza e non  “un liberi tutti” o abortite come volete, è una legge che attraverso un sistema di servizi, tutela la donna in un momento delicato, sofferto e difficile e noi della Fp Cgil Area Vasta la difenderemo e combatteremo per modificare l’’anomalia in questi anni che vede un aumento non tollerabile  dell’obiezione di coscienza che rende difficile il ricorso alle pratiche abortive, come non tollerabile è lo svuotamento dei consultori familiari (istituiti  dalla legge 405 del 1975), in mezzi, personale, e strumenti che  hanno un ruolo fondamentale nell’assistenza alle donne che decidono di ricorrere all’interruzione di gravidanza».

«Paradossalmente in una società come la nostra apparentemente moderna e liberalizzata – conclude la nota – persiste uno zoccolo duro di matrice  patriarcale violento che non perde occasione per colpevolizzare le donne ucciderle violentarle e renderle colpevoli con una violenza sociale e istituzionalizzata». (rvv)