ZES UNICA, LA VIA MAESTRA PER UN VERO
RILANCIO INDUSTRIALE DEL MERIDIONE

di ERCOLE INCALZA – Riporto di seguito un comunicato stampa, apparso su vari giornali, relativo al successo che, proprio in questi giorni, sta avendo lo strumento della Zes Unica: «Sette miliardi quelli relativi al solo 2024, precisa la Presidenza del Consiglio; una concessione del Credito di imposta al 100 per 100 della quota disponibile. Il massimo del tiraggio possibile cioè chi ha ottenuto l’autorizzazione unica ad investire nel Mezzogiorno ha potuto contare fino al 60% di credito di imposta come era stato garantito dalla norma varata dal Governo e di cui l’ex Ministro Fitto era stato l’artefice principale».

Due anni fa in una delle mie note avevo denunciato apertamente il fallimento delle ZES e avevo anche motivato la assurdità dello strumento e la anomala articolazione dello stesso sul territorio. Le mie critiche erano legate essenzialmente anche alla assenza di risultati concreti; infatti nel 2021 precisavo: «Il provvedimento istitutivo delle Zes è del giugno 2017, cioè è stato concepito più di cinque anni fa e finora non ha prodotto nulla, anzi mi scuso, ha prodotto una serie di altri provvedimenti che riporto di seguito utili solo a qualche membro delle Istituzioni per annunciarne l’esistenza e per assicurare l’immediato avvio operativo. Riporto di seguito solo alcuni dei provvedimenti: Il Decreto legge 20 giugno 2017 n. 91, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2017 n. 123  e successive modificazioni, nell’ambito degli interventi urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno, ha previsto e disciplinato la possibilità di istituzione delle Zone Economiche Speciali (Zes) all’interno delle quali le imprese possono beneficiare di agevolazioni fiscali e di semplificazioni amministrative; Con il Dpcm 25 gennaio 2018 è stato adottato il Regolamento recante l’istituzione di Zone Economiche Speciali (Zes).

Ebbene, dopo la serie di assicurazioni e di impegni presi anche dai Presidenti della Regione Sicilia, della Regione Campania e della Regione Puglia, oggi apprendiamo che un apposito Decreto del Presidente del Consiglio (Dpcm), trasmesso dal Ministro del Sud alla Presidenza per ottenere il previsto parere, attua quanto già previsto dal Decreto sul Pnrr dello scorso mese di aprile e definisce i requisiti delle Zes regionali e prevede una procedura straordinaria di revisione del perimetro delle aree individuate. Sarebbe stato invece utile effettuare una attenta analisi dello strumento istituito cinque anni fa e cercare intanto di capirne, innanzitutto, il significato e quindi soffermarsi sulle motivazioni per cui sono state costituite e cioè: dovevano essere zone geograficamente delimitate e situate entro i confini dello Stato, costituite anche da aree non territorialmente adiacenti purché presentassero un nesso economico funzionale e comprendessero almeno un’area portuale con le caratteristiche stabilite dagli orientamenti dell’Ue per lo sviluppo delle Reti Ten-T; dovevano avere l’obiettivo di attrarre grandi investimenti; dovevano avere l’obiettivo di favorire la crescita delle imprese già operative o la nascita di nuove realtà industriali nelle aree portuali e retroportuali; dovevano avere l’obiettivo di implementare le piattaforme logistiche, collegate anche da intermodalità ferroviaria.

L’allora Commissario della Zes relativa alle realtà della Campania e della Basilicata Giosy Romano difese l’operato dei vari Commissari ricordando che nella ZES da lui diretta si era riusciti, a differenza delle altre Zes, a far partire iniziative del valore di 30 – 40 milioni di euro. Io precisai subito che nei miei vari interventi non avevo mai messo in dubbio il suo operato e quello dei suoi colleghi, un operato che definii encomiabile ma, sempre due anni fa, precisai che erano poco difendibili due caratteristiche dello strumento: La limitata disponibilità delle risorse (appena 600 milioni di euro); L’assenza di una organicità dell’intero processo, una organicità che sarebbe stato possibile raggiungere solo con una Zes unica.

Oggi l’avvocato Giosy Romano, coordinatore della Struttura di missione della Zes Unica, ha  dichiarato: «Sono convinto che la semplificazione burocratica prevista per la ZES Unica debba essere comunicata costantemente al sistema delle imprese. Abbiamo in programma un road show per i prossimi mesi in giro per l’Italia per raccontare questa opportunità che accresce in modo esponenziale la convenienza ad investire nel Mezzogiorno. Per la sola Campania uno studio condotto da Ambrosetti ha ipotizzato un rimbalzo pari a 2,5 punti percentuali del Pil e forse anche oltre e questo conferma che tipo di percorso si sta delineando nell’attuazione della Legge sulla Zes unica. Siamo ad una rivoluzione nella capacità di attrarre investimenti senza precedenti».

Quindi dal 2017 al 2023, cioè fino alla scelta dell’allora Ministro Fitto e del Parlamento di varare la Legge sulla ZES Unica, avevamo perso, come Paese, una grande occasione: avevamo praticamente speso praticamente nulla e, invece, in meno di un anno si è riusciti ad attivare un volano di risorse di 7 miliardi di euro e come precisava Giosy Romano si è dato vita ad una possibile crescita di 2,5 punti percentuali del Pil.

Forse quattro Governi, quelli di Gentiloni, Conte 1, Conte 2 e Draghi dovrebbero sentirsi responsabili di questa perdita grave per l’intero Mezzogiorno; una perdita causata da un misurabile fallimento di una norma concepita e portata avanti in sette anni senza produrre nulla. Eppure, indipendentemente dal fallimento delle 8 Zes nel Mezzogiorno non possiamo non ricordare le gratuite dichiarazioni ed impegni assunti, sempre dai Governi prima richiamati, per il Mezzogiorno; addirittura nel 2017 fu varata la Legge 18/2017 con cui si disponeva «che la quota delle risorse ordinarie delle spese in conto capitale a favore delle otto Regioni del Mezzogiorno non sia inferiore al 34% del totale nazionale». Dal 2018 al 2022 la spesa per il Sud non aveva superato il 6%.

Bisogna ammetterlo la Zes Unica è il primo segnale di cambiamento concreto del Governo nei confronti del Mezzogiorno. (ei)

NO A INTERVENTI SPOT, ALLA CALABRIA
SERVE UN SERIO PROGETTO INTEGRATO

di ANGELO PALMIERI – La Calabria, una delle regioni più affascinanti ma anche più vulnerabili d’Italia, rappresenta oggi un banco di prova cruciale per l’elaborazione di strategie di sviluppo in contesti caratterizzati da vincoli strutturali e risorse sottoutilizzate. Il rilancio economico di questo territorio richiede una visione multidimensionale che sappia integrare interventi strutturali e strategie partecipative, con una particolare attenzione al capitale umano, sociale e culturale.

Una diagnosi strutturale: le cause profonde del ritardo

Il prof. Francesco Aiello, autore di numerosi studi sull’economia calabrese, ha sottolineato che le difficoltà della regione derivano da una combinazione di fattori storici e strutturali, che vanno dalla marginalità geografica alla fragilità istituzionale.

«La Calabria – scrive Aiello – vive una doppia perifericità, sia geografica, per la distanza dai principali mercati europei, sia istituzionale, per la debolezza di governance che caratterizza molti enti locali».

A queste criticità si aggiunge un problema storico di sottosviluppo infrastrutturale, che limita la mobilità delle persone e delle merci, rendendo meno competitivi i prodotti locali sui mercati nazionali e internazionali. Inoltre, la regione soffre di una scarsa integrazione tra il sistema educativo e il mondo del lavoro, con un conseguente fenomeno di emigrazione intellettuale che priva il territorio di risorse umane altamente qualificate.

Le risorse inespresse: un potenziale da valorizzare

Nonostante le criticità, la Calabria dispone di un patrimonio naturale, culturale ed economico di straordinario valore. Il suo paesaggio unico, che combina spiagge incontaminate, aree montane e borghi storici, rappresenta una risorsa fondamentale per il turismo sostenibile. Inoltre, il territorio calabrese vanta una tradizione agroalimentare di eccellenza, con prodotti come il bergamotto, il peperoncino e i vini autoctoni, che possono essere valorizzati attraverso strategie di marketing territoriale e l’integrazione in filiere produttive di qualità.

Dal punto di vista economico, l’innovazione tecnologica rappresenta un’opportunità per superare le barriere geografiche e favorire la competitività delle imprese locali. La presenza di centri di eccellenza come l’Università della Calabria offre un punto di partenza per lo sviluppo di progetti imprenditoriali innovativi, in particolare nei settori dell’ICT, delle energie rinnovabili e dell’agroalimentare.

Una strategia integrata per il rilancio economico

Per superare le storiche fragilità e costruire un percorso di crescita sostenibile, è necessario adottare una strategia integrata che coinvolga diversi livelli di intervento: istituzionale, economico e sociale. Ecco alcune proposte operative:

Sviluppo infrastrutturale e mobilità sostenibile: La prima priorità è migliorare la rete infrastrutturale della regione, con un’attenzione particolare alla modernizzazione dei trasporti. Un potenziamento delle linee ferroviarie e stradali, accompagnato da investimenti in mobilità sostenibile, potrebbe favorire l’accessibilità del territorio e attrarre investitori esterni.

Un piano regionale per l’innovazione: È fondamentale incentivare la creazione di startup e poli tecnologici, con il supporto di università e centri di ricerca. Questo piano dovrebbe includere finanziamenti per la digitalizzazione delle imprese e per lo sviluppo di prodotti e servizi innovativi, con un focus particolare su settori strategici come l’agroalimentare, il turismo e l’energia verde.

Valorizzazione del turismo culturale e sostenibile: La Calabria può trasformarsi in una destinazione turistica di alta qualità puntando sulla valorizzazione del patrimonio culturale e naturale. È necessario sviluppare itinerari tematici che combinino cultura, natura ed enogastronomia, migliorare le infrastrutture turistiche e promuovere un brand territoriale riconoscibile. Un esempio concreto potrebbe essere la creazione di un “Parco culturale del Mediterraneo”, che metta in rete le eccellenze del territorio.

Rafforzamento delle comunità locali e delle reti sociali: Il capitale sociale è un elemento essenziale per lo sviluppo economico. La creazione di piattaforme partecipative, che favoriscano il dialogo tra imprese, cittadini e istituzioni, può contribuire a rafforzare la fiducia reciproca e a promuovere progetti condivisi. Inoltre, sarebbe utile incentivare forme di cooperazione tra le imprese locali, attraverso la creazione di distretti produttivi e reti di collaborazione.

Un programma di attrazione e rientro dei talenti: La Calabria deve invertire il fenomeno della fuga di cervelli, offrendo ai giovani qualificati opportunità di lavoro e crescita professionale. Un’idea potrebbe essere quella di istituire borse di studio e incentivi fiscali per giovani professionisti che decidono di rientrare in regione o di investire nel territorio.

Il ruolo delle istituzioni e della società civile

Il successo di qualsiasi strategia di rilancio dipende dalla capacità delle istituzioni di agire come catalizzatori del cambiamento. Questo richiede un forte impegno per migliorare la trasparenza e l’efficienza della pubblica amministrazione, nonché una maggiore integrazione tra le politiche regionali, nazionali ed europee. Allo stesso tempo, è fondamentale il coinvolgimento della società civile, che deve essere protagonista attiva del cambiamento.

Le esperienze di successo in altre regioni europee dimostrano che lo sviluppo sostenibile non è solo una questione di risorse economiche, ma anche di visione strategica e capacità di collaborazione tra i diversi attori. Come sottolinea Francesco Aiello, “lo sviluppo di territori marginali richiede una governance multilivello, capace di coordinare interventi locali e politiche nazionali in un’ottica di lungo periodo”.

Conclusioni: un nuovo modello di sviluppo per la Calabria

Il rilancio economico della Calabria non può basarsi su interventi frammentari o emergenziali, ma deve fondarsi su un progetto di sviluppo integrato, che metta al centro il territorio, le sue risorse e le sue comunità. Solo attraverso un approccio di questo tipo sarà possibile superare le storiche fragilità della regione e costruire un futuro di crescita inclusiva e sostenibile.

Il prof. Aiello, con le sue analisi, ci invita a riflettere su un punto essenziale: «La crescita non può essere imposta dall’alto, ma deve partire dal basso, dalle energie e dalle risorse del territorio».

Seguendo questa lezione, la Calabria può diventare un esempio di rinascita per l’intero Mezzogiorno, dimostrando che il cambiamento è possibile anche nei contesti più complessi. (ap)

[Courtesy OpenCalabria]

L’OPINIONE / Mariaelena Senese: È urgente cambio di passo nelle politiche regionali per sviluppo della Calabria

di MARIAELENA SENESE – Negli ultimi anni, il Sud Italia ha dimostrato una crescente attrattività e competitività, confermandosi la terza regione più attrattiva tra i 22 Paesi del Mediterraneo, secondo i dati del Mediterranean Sustainable Development Index (Msdi). Tuttavia, nonostante questi progressi significativi, la Calabria continua a soffrire di un grave ritardo infrastrutturale che ostacola il pieno sviluppo delle sue potenzialità economiche e sociali.

Dati significativi emergono dal rapporto Msdi, che evidenzia come il Sud si posizioni al quinto posto nell’analisi economica e al terzo posto nella dotazione di asset, dimostrando una capacità crescente di attrarre investimenti e sviluppare innovazione e cultura. Tuttavia, in Calabria, questi progressi sono ancora frenati da un’infrastruttura inadeguata, che impedisce alla regione di sfruttare appieno queste opportunità.

In particolare, il rilancio del Porto di Gioia Tauro rappresenta una priorità assoluta. Questo porto, uno dei più grandi del Mediterraneo, ha un potenziale strategico per trasformare la Calabria in un hub logistico di rilevanza internazionale, creando nuove opportunità di lavoro e crescita economica. È imperativo che si investa in maniera decisiva nel miglioramento delle infrastrutture portuali e delle reti di trasporto ad esse connesse, per aumentare la competitività del porto e attrarre investimenti internazionali.

La creazione di nuova occupazione è un’altra questione centrale per la nostra regione. Sebbene il Sud abbia registrato un incremento dell’occupazione del 3,1% nel 2023, superando la media nazionale, la Calabria deve fare molto di più per colmare il divario con le altre regioni italiane. È necessario potenziare le politiche attive del lavoro, incentivare la nascita di nuove imprese e sostenere l’innovazione tecnologica, in modo da offrire ai giovani e alle donne svantaggiate opportunità concrete di impiego stabile e qualificato.

Il Mezzogiorno, e con esso la Calabria, rivestono un’importanza strategica non solo per l’Italia, ma per l’intera area mediterranea. Con una visione lungimirante e investimenti mirati, la nostra regione può diventare un ponte naturale tra l’Europa e l’Africa, sfruttando il suo ruolo centrale nel contesto geopolitico ed economico del Mediterraneo. Il successo del Piano Mattei e della Zes unica dipenderà anche dalla capacità della Calabria di superare le sue carenze strutturali e di inserirsi pienamente in questo processo di trasformazione.

In conclusione, riteniamo indispensabile sottolineare l’urgenza di un cambio di passo nelle politiche regionali e nazionali, per trasformare le sfide in opportunità concrete di sviluppo, crescita e occupazione per tutta la regione. (me)

[Mariaelena Senese è segretaria generale Uil Calabria]

L’OPINIONE / Francesco Napoli: Investimento di Baker Hughes opportunità unica di crescita

di FRANCESCO NAPOLI – L’investimento di Baker Hughes rappresenta un’opportunità unica per la crescita e lo sviluppo di questo territorio per l’indotto che questo genererà anche a beneficio delle piccole e medie imprese.

La  confederazione della piccola e media industria privata è pienamente cosciente delle peculiarità e delle caratteristiche del tessuto imprenditoriale regionale, ecco perchè l’investimento di Baker Hughes rappresenta un volano per la crescita e lo sviluppo del territorio calabrese per l’indotto che questo genererà anche a beneficio delle piccole e medie imprese. Da poco si è riunita proprio in Calabria la Giunta nazionale della Confapi, preceduta da un importante e proficuo incontro con il Governatore Roberto Occhiuto.

Un segnale di grande interesse per la nostra regione ma è fondamentale creare le condizioni per rendere conveniente investire sul nostro territorio. Il rispetto delle regole è alla base di un qualsiasi programma di investimenti che richiedono però tempi certi della burocrazia e l’apertura delle amministrazioni comunali ad ogni possibilità di crescita e sviluppo.

La storia di Confapi Calabria dimostra come l’obiettivo precipuo della confederazione sia sempre stato quello di attirare investimenti per attuare un cambio di paradigma, per cambiare la storia economica e sociale della Calabria.

È impossibile pensare di colmare il gap tra la nostra regione e il resto dell’Italia in termini di Pil, reddito procapite e di livelli occupazionali solo con l’assistenzialismo. Lavoro e occupazione  sono elementi chiave per contrastare anche il dramma dello spopolamento. La Calabria ha bisogno di investimenti come quello della Baker Hughes per curare la sua malattia strutturale, il divario di produttività, restituire fiducia e ridare slancio alle sue energie vitali a partire dal capitale umano.

È difficile ipotizzare un rilancio effettivo dell’economia del paese senza focalizzare l’attenzione sulle strategie e le politiche che stimolano gli investimenti pubblici e privati. Ma per il rilancio degli investimenti siamo consapevoli della necessità di fare sistema lavorando soprattutto per risolvere quei problemi e quelle resistenze che non rendono conveniente l’attenzione delle multinazionali verso una determinata area geografica.

La nostra confederazione sosterrà il progetto della Baker Hughes, perché siamo convinti che aprirà la strada ad ulteriori investimenti. Siamo e saremo sempre dalla parte di chi produce. (fn)

[Francesco Napoli è presidente di Confapi Calabria]

IL SUD NON È UN’AREA DA ABBANDONARE
MA OPPORTUNITÀ DI CRESCITA E SVILUPPO

di VINCENZO CASTELLANOHo avuto modo di apprezzare il recente rapporto Svimez 2023 che mette in luce un quadro interessante e promettente per il nostro Sud, indicando che quest’area non solo può crescere, ma in alcuni casi può farlo a ritmi superiori rispetto al Centro-Nord. Tra il 2019 e il 2023, la Puglia, pensate, si è affermata come la regione più dinamica del Paese, dimostrando che il Sud ha le potenzialità per attrarre investimenti e trattenere i giovani sul territorio.

Questo sviluppo rappresenta un segnale chiaro: il Sud non è una regione da abbandonare, ma un’opportunità di crescita e sviluppo.

Le politiche nazionali devono cogliere questo segnale e agire di conseguenza. Il governo deve promuovere il Sud come un’area di opportunità, incentivando gli investimenti e migliorando le infrastrutture. In questo contesto, il Pnrr gioca un ruolo cruciale. Tali risorse se utilizzate correttamente, possono evitare la recessione e stimolare la crescita economica del Mezzogiorno, portando benefici tangibili a lungo termine.

Tuttavia, la politica nazionale da sola non basta. Lo ripeto sempre, è indispensabile il coinvolgimento attivo delle comunità locali. Le amministrazioni locali devono collaborare strettamente con il mondo della ricerca, le università e il settore privato per creare un ecosistema favorevole all’innovazione e allo sviluppo. Questo implica non solo la valorizzazione dei talenti locali, ma anche la promozione dell’imprenditoria giovanile. Ritorno al caso della Puglia che ci dimostra come investimenti mirati possano portare a risultati significativi, un modello che altre regioni del Sud potrebbero seguire per migliorare le proprie condizioni socio-economiche.

L’industria meridionale, in particolare, deve essere al centro di questa strategia. Le transizioni digitali ed ecologiche rappresentano opportunità uniche per rilanciare il settore industriale del Sud. Le imprese devono essere supportate nell’adozione di tecnologie avanzate e pratiche sostenibili, attraverso incentivi e facilitazioni mirate. La cooperazione tra pubblico e privato è essenziale per creare un ambiente favorevole all’innovazione, che possa attrarre investimenti e creare posti di lavoro di qualità.

Nonostante questi segnali positivi, il rapporto Svimez evidenzia anche sfide significative, come il calo demografico e l’emigrazione giovanile. Tra il 2002 e il 2021, badate bene, oltre 2,5 milioni di persone hanno lasciato il Mezzogiorno, aggravando il problema della depopolazione. Per affrontare queste sfide, sono necessarie politiche mirate a migliorare la qualità della vita, aumentando i salari e riducendo la precarietà lavorativa.

Particolare attenzione deve essere posta sull’occupazione femminile, che rappresenta un elemento chiave per contrastare il declino demografico e stimolare la crescita economica. Investire nei servizi per l’infanzia e favorire un miglior equilibrio tra vita lavorativa e familiare può incentivare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

Dunque, per trasformare il Sud in un motore di sviluppo, è necessario un approccio integrato che coinvolga tutti gli attori della società. La politica nazionale deve fornire le risorse e le condizioni necessarie, mentre le comunità locali devono attivarsi per valorizzare le proprie potenzialità. Solo attraverso una collaborazione stretta e continua tra pubblico e privato, istituzioni e cittadini, si potrà costruire un futuro prospero per il Mezzogiorno, rendendolo un’area di opportunità e crescita sostenibile. Il Sud ha dimostrato di poter essere dinamico e innovativo; ora spetta a tutti noi supportarlo nel suo percorso di sviluppo, trasformandolo in un modello di successo per l’intera nazione. (vc)

[Vincenzo Castellano è dottore commercialista]

L’APPELLO / Giovan Battista Perciaccante: Servono coraggio e determinazione per progetti di sviluppo

di GIOVAN BATTISTA PERCIACCANTEIl vezzo atavico di dire no a prescindere rispetto a qualsivoglia progetto di investimento per la crescita e lo sviluppo del territorio è uno dei fattori dei ritardi strutturali accumulati dalla nostra economia con pesanti ed evidenti ricadute negative anche sul sistema sociale.

Preoccupano, infatti, gli aspetti burocratici che stanno ancora bloccando l’investimento di Baker-Hughes/Nuovo Pignone previsto nell’area del porto di Corigliano.

È appena il caso di evidenziare che la presenza di grandi investitori e di gruppi industriali strutturati, oltre che immettere capitali importanti nel sistema economico locale, creando ricchezza con nuova e stabile occupazione, diverse opportunità per l’indotto che a sua volta sarà in grado di generare ulteriori ricadute positive per la collettività ed il territorio, rappresenta uno dei principali fattori di attrattività per nuovi investimenti produttivi. In proposito, mi piace citare un vecchio adagio secondo cui ‘lo sviluppo non lo porta la cicogna, non viene dal cielo’, servono progetti industriali veri, sostenibili e capaci di guardare avanti.

Lo scorso mese di gennaio su iniziativa dell’Autorità Portuale, ci siamo ritrovati a Corigliano con i rappresentanti delle istituzioni e delle forze sociali a prendere atto con favore della valenza del progetto. Ancora prima, con il Consiglio Direttivo di Confindustria Cosenza e quello di Unindustria Calabria abbiamo avuto modo di incontrare i vertici del gruppo per conoscere i dettagli dell’investimento e la relativa portata, avendo modo di apprezzarne il valore in uno con la minuziosa attenzione riservata al rispetto delle normative ambientali, sanitarie e sociali.

Al di là delle parole e degli slogan, i tempi che viviamo e che quelli che si vanno prefigurando, impongono l’impegno morale di lavorare concretamente e con determinazione per favorire lo sviluppo calabrese. Non basta il protagonismo di pochi, serve l’impegno di tutti, teso verso uno sforzo di creatività e di generosità assolutamente nuovo e straordinario. Quello che serve è sostenere interventi progettuali importanti e di respiro strategico con un supplemento di impegno sul terreno della proposta, per concorrere a creare nuove opportunità e raggiungere il traguardo dell’efficienza e dello sviluppo strutturale e duraturo. (gbp)

[Giovan Battista Perciaccante è presidente di Confindustria Cosenza]

IL MEZZOGIORNO MAI PIÙ “PALLA AL PIEDE”
PER LA CRESCITA E LO SVILUPPO DEL PAESE

di PIETRO MASSIMO BUSETTA –  Questo stato di cose non durerà; la nostra amministrazione nuova, agile, moderna cambierà tutto. Così Chevalley si rivolge al Principe di Salina Don Fabrizio, che non vuole accettare l’offerta del Regno di diventare senatore e che manifesta tutte le sue perplessità sul nuovo corso prospettato dai nuovi regnanti.

Era il 1860 e da poco i mille garibaldini, aiutati dalle baronie che volevano liberarsi dai Borbone e dagli Inglesi che non volevano competitori nel Mediterraneo, avevano “liberato” il Meridione d’Italia. Vi credevano invece i “ picciotti” e i “cafoni” che rimarranno delusi da promesse che non si avvereranno. 

Dopo la seconda guerra mondiale, con la sconfitta e la distruzione di molte parti del Paese e  qualche dubbio sulla correttezza della conta del verdetto, si ha la Repubblica. Un ragazzo napoletano, dopo le votazioni, chiedeva al nonno, noto monarchico borbonico, come mai avesse votato per la Repubblica. E il nonno rispose deciso: cosi ci siamo liberati dai Savoia.  

E nasce quella Repubblica fondata su una Costituzione che afferma nel suo incipit: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. 

Sappiamo come è andata. Potremmo dire che tale assunto é simile a quello della pasta con le sarde dei poveri di Palermo. Chiamata pasta con le sarde …a mare. Nel senso che le sarde non le potevano comprare e mettevano lo stesso condimento nella pasta senza le sarde. L’Italia diventa una repubblica fondata sul lavoro… all’Estero o al Nord per quanto attiene il Sud.  

Ma il discorso è analogo per tutti i diritti di cittadinanza. L’unificazione politica risale al 1860, quella economica non è ancora avvenuta. E l’approccio più recente di chi ci governa è quello di statuire che tutto questo si può costituzionalizzare con l’autonomia differenziata, che in realtà si potrebbe chiamare “chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato”.  

Perché la teoria del mantenere le risorse nelle Regioni che le incassano presenta molti limiti. A parte tutta la problematica del soggetto che alla fine paga le tasse vi è il grande contributo dato dal Sud alla cosiddetta locomotiva, dal piano Marshall in poi.  

In termini di risorse, concentrate tutte in una parte, destinataria di grandi interventi per esempio per l’Autostrada del Sole e l’Alta Velocità Ferroviaria, al grande apporto di 100.000 persone all’anno formate trasferite al Nord, con un costo per le Regioni di provenienza di 20 miliardi l’anno. Alla spesa storica che prevede ogni anno un trasferimento dal Sud verso Nord di oltre 60 miliardi, se l’attribuzione pro capite fosse uguale. E al contributo culturale a un Paese repubblicano che diventava protagonista della nuova Europa, voluta da Spinelli, rilanciata da Ventotene.  

Non si sono fatti tanti sacrifici, anche umani, per consentire a pochi furbetti del quartierino senza visione  di spaccare il Paese tenendo il malloppo accumulato negli anni, investito nei grandi trafori, nel Mose di Venezia, nella Tav da completare, nella infrastrutturazione complessiva fatta per consentire alla locomotiva di correre con le risorse della fiscalità generale.       

Che tanto, era nella convinzione di molti, avrebbe trainato tutto il resto. Adesso che la locomotiva si é fermata e accumula ritardi incredibili rispetto ai grandi Paesi europei qualcuno ha pensato bene di sganciare i vagoni, perché ritiene che sono quelli che rallentano la corsa, non capendo che invece serve una seconda locomotiva che spinga da dietro tutto il convoglio.  

Solo degli inadeguati possono pensare che un Paese possa competere lasciando il 40% del territorio e il 33 % della popolazione fuori dal circuito produttivo. Lo ha capito così bene la Germania che ha riversato un mare di marchi nella ex Ddr, da avviare a soluzione un problema incancrenito da decenni di comunismo. 

Lo avevano capito prima gli Stati Uniti d’America che hanno fatto diventare la California una realtà produttiva importante. E invece noi ci accontentiamo di avere una colonia interna, che poco produce e poco dà a tutto il Paese, lasciandola nella mani di una classe dominante estrattiva locale, con la quale si è stabilito un accordo scellerato che tiene il Sud in una condizione di sottosviluppo.  

Per questo la Repubblica è stata tradita, per questo i meridionali sono stati gabbati con la promessa di uno Stato nel quale essere cittadini alla pari di tutti gli altri.

Per questo è necessario un cambio di passo per completare l’unificazione del nostro Paese. Il Presidente della Repubblica, che rappresenta l’unità nazionale, queste cose le ha dette nell’ultimo periodo molto decisamente. Ma bisogna che se ne rendano conto anche i Ministri che spesso più che giocatori della squadra Italia sembrano appartenere a un un team virtuale che si chiama Nord. 

Adesso che il Mediterraneo è ridiventato sempre più centrale, ci si rende conto che una parte ha bisogno dell’altra, così come l’Europa ha bisogno dell’Africa. Ma non in termini estrattivi, ma per moltiplicare con la collaborazione i risultati desiderati. Riuscire a capire che il gioco può prevedere che si perda tutti o che si vinca la battaglia insieme non è né semplice né scontato, ma è assolutamente necessario. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

CORIGLIANO ROSSANO E IL POTENZIALE PER
ESSERE SIMBOLO DI RISCATTO E RESTANZA

di GIOVANNI B. LEONETTINon è mai semplice raccontare un sogno, soprattutto quando si parla di politica. Non è semplice, perché spesso i sogni e la politica da molti sono visti come concetti contrapposti.

Eppure credo che, dopotutto, la politica non sia altro che il percorso verso la realizzazione di sogni collettivi. Cos’è oggi Corigliano-Rossano?

La nascita della città ha indubbiamente sconvolto la geografia della nostra regione, ponendo finalmente anche l’area dello Jonio cosentino tra le realtà politiche, economiche e commerciali del Sud Italia.

Non dimentichiamo che Corigliano-Rossano è oggi la terza città della Calabria per popolazione e la prima per estensione (29° comune d’Italia per superficie). Vantiamo il tasso di occupazione maggiore e quello di disoccupazione minore della Provincia di Cosenza, con dati migliori anche rispetto all’area Cosenza/Rende/Castrolibero.

È questo, dunque, un momento cruciale per il nostro territorio; siamo sul punto di recuperare lo svantaggio che ha sempre caratterizzato questo pezzo di Calabria.

Abbiamo la possibilità di rappresentare un modello di sviluppo per le aree svantaggiate del Mezzogiorno, consapevoli di essere stati sempre penalizzati nella distribuzione delle risorse e degli investimenti statali, regionali e provinciali. Al contempo, però, dobbiamo continuare ad avere il coraggio di essere all’altezza delle nostre legittime aspirazioni, imparando a rivendicare i nostri diritti e a non permettere più che quanto ci spetta ci sia concesso per favore, per preghiera o per carità.

È necessario, ora, un nuovo patto sociale tra politica e cittadini. Potremo e dovremo, nei prossimi anni, giocare un ruolo da protagonisti a livello regionale. Sono maturi i tempi per costruire una realtà più aperta alla classe imprenditoriale, pur con la consapevolezza che la politica deve essere sempre libera di dire di no agli indebiti interessi dei pochi.

La nostra identità comune dev’essere ancora completata e sviluppata con progettazione a lungo termine e lungimiranza. Non possiamo solo essere sulla carta la terza città della Calabria, dobbiamo avere l’ambizione di continuare a guidare e non subire i percorsi politici.

Urge un nuovo patto sociale che veda cittadini, imprese e politica co-protagonisti nello sviluppo del territorio. Ogni cittadino deve sentirsi detentore di diritti, ma anche destinatario di doveri e obblighi verso la propria comunità.

È importante istituzionalizzare e diffondere maggiormente i patti di collaborazione tra enti, associazioni, comitati e Comune.

Mi permetto di far notare che esistono già meravigliosi esempi di collaborazione e cura degli spazi comuni, tra i quali il progetto del Bosco Urbano, curato da Auser con il contributo de “Gli amici del bosco urbano” o gli altri interventi a cura delle associazioni Ri-bellezza e SosteniAmo. È opportuno promuovere il modello della concertazione e codecisione nell’assunzione delle scelte strategiche, con un dialogo permanente tra Comune e cittadini.

Certamente, sul punto, sarà utile procedere con l’attuazione di forme di decentramento amministrativo, con la suddivisione del territorio comunale in quartieri o municipi.

Ma non basta.

Devono essere istituiti forum permanenti tra il Comune e le imprese turistico/ricettive, l’imprenditoria giovanile e gli operatori sociali (seguendo gli esempi virtuosi di Emilia Romagna e Puglia), anche con la partecipazione dei sindacati.

Ancora, è da favorire il dialogo tra istituti scolastici (in particolare quelli a vocazione professionale) e imprese, sfruttando le opportunità di alternanza scuola/lavoro o l’istituzione di indirizzi di studio più vicini al fabbisogno economico/industriale, anche mediante il decentramento di parte della didattica nelle sedi d’impresa.

Sarebbe anche auspicabile rafforzare la collaborazione con l’UniCal, mettendo a disposizione dell’Università immobili comunali da destinare a facoltà legate alla vocazione agricola, agroalimentare, turistica e marittima del territorio.

Questa è l’ultima occasione per permettere “la restanza” a noi giovani, per credere nel nostro futuro, investire risorse, tempo e ambizioni nella nostra comunità.

Questa è, davvero, l’ultima occasione per consentire “la ritornanza” dei nostri studenti, imprenditori, professionisti e operai costretti a spostarsi per cercare altrove migliori condizioni lavorative.

Per tutti questi motivi Corigliano-Rossano merita continuità, premiando il lavoro svolto dall’attuale amministrazione, capace di intercettare ingenti fondi per la realizzazione di opere strategiche e di essere uno dei principali comuni della Calabria fruitori dei fondi Pnrr. 

Non è mai semplice raccontare un sogno, soprattutto quando si parla di politica. Forse le riflessioni che precedono non sono altro che i desideri di un trentenne che ha deciso di restare e credere nella sua città e nei suoi cittadini.

Contribuiamo, perciò, tutti insieme a trasformare i sogni in obiettivi e gli obiettivi in risultati concreti. Con la consapevolezza che “chi non ha mai avuto un sogno forse ha solo sognato di vivere”. (gbl)

L’OPINIONE / Giovan Battista Perciaccante: Il 2024 possa registrare vere occasioni di sviluppo

di GIOVAN BATTISTA PERCIACCANTEIl 2024 sarà un anno decisivo su molti fronti. L’auspicio è che possa far registrare vere occasioni di sviluppo per la Calabria, capaci di farci compiere un salto verso la modernizzazione istituzionale, l’efficienza e l’efficacia della struttura amministrativa, la crescita economica e la coesione sociale.

Servirà uno sforzo corale assolutamente nuovo e straordinario, una rivoluzione, innanzitutto di natura culturale, che dovrà necessariamente partire dal senso di responsabilità di ciascuno, recuperando dignità ed orgoglio di ruolo per concorrere a rendere il territorio più attrattivo e vivibile. 

È stato un anno difficile e complesso, che ha fatto registrare alti e bassi e risultati poco soddisfacenti su diversi fronti. Qualche segnale positivo c’è stato, come testimonia il Check-Up Mezzogiorno 2023, l’analisi congiunturale sullo stato di salute dell’economia meridionale presentato da Confindustria e dal Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo – SRM a fine anno, che ha confermato una generale tenuta delle imprese.

La stima dell’Indice sintetico dell’economia meridionale per il 2023, infatti, elaborata tenendo conto delle principali variabili macroeconomiche, risulta in crescita per il terzo anno consecutivo, dopo il crollo registrato nel 2020. Ferme le criticità strutturali che connotano il sistema economico meridionale, rispetto all’anno precedente, l’analisi evidenzia una crescita di alcuni degli indicatori che compongono l’indice: la stima sul dato relativo agli investimenti al Sud, che cresce di 4 punti percentuali rispetto al 2022 e di ben 17 rispetto al 2019, a conferma di una dinamica positiva che va rafforzata attraverso adeguate politiche di sostegno all’attività di impresa; il contributo dell’export, che cresce di oltre 40 punti rispetto al 2019.

Le previsioni sul Pil per il 2024 fanno ipotizzare una crescita per il Mezzogiorno dello 0,6% rispetto al 2023 se si saprà incidere con l’effettiva ‘messa a terra’ delle risorse disponibili, in primis quelle legate al Pnrr. Sul fronte di questo delicatissimo tema, servono misure strutturali e riforme organiche per rendere efficiente la macchina pubblica. In caso contrario, anche le ingenti risorse del Recovery Plan non potranno essere spese nei tempi e nei modi richiesti.

C’è da sottolineare il fatto che l’incertezza legata agli aspetti più critici dello scenario economico e geopolitico ha fatto sì che il 2023 si sia caratterizzato per un andamento altalenante del clima di fiducia delle imprese, soprattutto al Mezzogiorno ed in Calabria. Alcune misure di sostegno hanno funzionato ma caro materiali, costo delle bollette energetiche e crescita dell’inflazione hanno ridotto la capacità di spesa dei cittadini e frenato i consumi, costringendo le imprese a rivedere le proprie strategie produttive e distributive. Come organizzazione di categoria non ci siamo mai fermati nell’opera di confronto e condivisione di proposte con gli stakeholder di riferimento sui temi di reale interesse per l’economia e le imprese al fine di non disperdere quanto di positivo realizzato. 

Il 2024 possa essere un anno ricco di sfide impegnative, per affrontare le quali ci sarà bisogno di lavorare insieme per rendere efficace ogni iniziativa tesa alla crescita del territorio. Il minimo comune denominatore di ogni cosa dovrà essere la sicurezza e l’affermazione della legalità. Oggi più che mai alla Calabria dovranno saper pensare i calabresi: utilizzando in maniera efficace e compiuta i fondi a disposizione, sia nazionali che comunitari, valorizzando le risorse locali, recuperando capacità progettuale, assecondando le iniziative di sviluppo locale senza gelosie, invidie o logiche di campanile.

Servirà il coraggio di saper rischiare la proposta e la volontà di coinvolgere e far dialogare i protagonisti delle forze sociali ed istituzionali per riuscire a stimolare dinamismi e punti di eccellenza, costruendo attorno ad essi consenso istituzionale e sociale per dare vita a politiche di respiro strutturale idonee a garantire in maniera duratura crescita e sviluppo sociale ed economico. (gbp)

[Giovan Battista Perciaccante è presidente di Confindustria Cosenza]

L’OPINIONE / Francesco Napoli: Come creare sviluppo se non si spendono fondi Pnrr?

di FRANCESCO NAPOLI –  Il Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede per l’Italia le risorse più ingenti, 191 miliardi di euro. Tantissimi soldi, gran parte a prestito, che però il nostro Paese fa fatica a spendere: appena il 14%.

Gli economisti milanesi Boeri e Perotti hanno osservato che «si è voluto portare a casa più soldi possibili per porsi il problema di come spenderli».

Al contrario si sarebbero dovute definire «le nostre esigenze e le nostre priorità, le nostre capacità di realizzare e decidere di conseguenza quanto prendere a prestito».

Entro quest’anno l’Italia avrebbe dovuto spendere 60 miliardi, siamo a meno della metà. Se si dovesse continuare su questa strada ovvero ad avanzare a ritmo di 500 milioni di spesa al mese non solo l’economia non ripartirà ma difficilmente si chiuderà il piano entro giugno 2026.

Il Pnrr è nato per rilanciare l’economia e avviare le transizioni verde digitale ed aumentare, come effetto a medio e lungo termine, la resilienza del tessuto economico rispetto alle sfide del mercato globale

È urgente, in un periodo di crescita zero per l’intero territorio nazionale con una situazione allarmante per il Sud, accelerare semplificazioni e snellimenti della macchina burocratica, azioni necessarie per mettere a terra subito le risorse, aprire i cantieri e, sul fronte privato, far decollare un grande piano di sviluppo economico. (fn)

[Francesco Napoli è presidente di Confapi Calabria]