25 ANNI FA LA PRIMA NAVE PORTACONTAINE
A GIOIA T. IL FUTURO STA TUTTO NEL PORTO

di MARIA CRISTINA GULLÍ – Sembra ieri e invece è passato un quarto di secolo: era il 16 settembre 1995 quando una nave belga portacontainer, la Concord, si affacciò davanti al porto di Gioia Tauro e imboccò il canale di accesso per approdare alle banchine. Erano quasi le 18, quando iniziarono le operazioni di scarico dei primi 150 container che avrebbero cambiaro e segnato il futuro del Porto. Era da quindici anni che il Porto di Gioia Tauro attendeva un’occasione di utilizzo, un’opportunità di rilancio che avrebbe decisamente cambiato la vita di tutta l’area, ma soprattutto di molti nuovi occupati.

Il porto era praticamente inutilizzato dalla sua creazione. Un’altra “cattedrale nel deserto” nonostante le opportunità che la sua posizione di centralità nel Mediterraneo potesse far sperare in un fruttuoso utilizzo. L’idea di trasformare il porto in un hub per il transhipment, ovvero lo scarico dei container e la loro nuova destinazione. Mancava perché si realizzasse a pieno l’intermodalità necessaria per fare del Porto un hub di interesse europeo, ovvero mancavano pochi chimoetri di ferrovia che doveva collegare il porto alla stazione più vicina, così da instradare, direttamente dallo scarico a terra, i container sui treni merci destinati a raggiungere mete europee. Mancava e manca tuttora il collegamento ferroviario, anche se la presidente della Regione Jole Santelli, tra i suoi primi atti di governo ha sbloccato un impasse che si trascinava dam una decina di anni, per una stupidissiva controversia sulla competenze tra Autorità portuale e Ferrovie dello Stato. A breve dovrebbe aprisi il cantiere per realizzare questi poco meno di cinque chilometri che trasformeranno radicalmente la funzionalità del Porto.

Se si guarda ai numeri, c’è di che restare strabiliati: in questi 25 anni sono transitati per Gioia Tauro quasi 68 milioni di container: si usa la misura del TEU, acronimo di twenty-foot equivale unit, che corrisponde a un contenitore standard di poco più di 38 metri cubi, per contare i container trasportati, e i teu sono stati circa 70 milioni in questo quarto di secolo, con una media di 2300 navi all’anno, qualcosa come 50mila navi che hanno approdato a Gioia con il loro carico. Da ultimo sono arrivare le supernavi che solo a Gioia possono attraccare per via dei profondi fondali.

Il Porto, come è utile ricordare, era nato per servire il V Centro Siderurgico che il Cipe aveva assegnato a Reggio Calabria, dopo la rivolta del 1970. Il V Centro Siderurgico, com’è noto, non  vide mai la luce a seguito della crisi della siderurgia che investì tutto il mondo, quindi da porto industriale si pensò di trasformarlo in un hub polifunzionale, vista soprattutto la sua posizione nel centro del Mediterraneo. Verso la fine degli anni Settanta erano già state realizzate le banchine, i moli, i bacini e i grandi spazi a ridosso delle banchine portuali hanno fatto ipotizzare un utilizzo di destinazione e scarico per il comparto del trasporto marittimo via container. Proprio in quegli anni si stava sviluppando il traffico container e nella direttrice Suez-Gibilterra Gioia Tauro risultava in una posizione ottimale per il cosiddetto transhipment. Solo nel 1995, però, è iniziato il traffico dei container, sviluppando ritmi davvero elevati, fino a crollare miseramente alcuni anni addietro, con fosche prospettive per l’occupazione e il traffico. La nuova gestione dell’armatore Aponte con la MSC ha fatto tornare a nuova vita il Porto.

La crisi, quella che nel 2017 aveva raggiunto il momento più cruciale con il licenziamento di 377 lavoratori, sembra ormai lontana: sono rientrati quasi tutti al lavoro e la qualità e la professionalità dei terminalisti da Gioia Tauro è diventata oggetto di ammirazione presso tutti gli altri scali concorrenti. Il futuro è di farne uno scalo di riferimento nel centro del Mediterraneo che faccia da attrattore primario nei trasporti in container anche dall’Oriente, nonostante la cecità dei nostri politici che hanno escluso dalla Via della Seta (gli accordi commerciali con la Cina) proprio Gioia Tauro a favore di Trieste e Genova. Ma la strategica posizione del Porto di Gioia sicuramente farà rivedere i programmi delle grandi società di trasporto marittimo: c’è da valutare un notevole riparmio di costi e di tempi, soprattutto quando entrerà in funzione il gateway ferroviario. E il Porto di Gioia Tauro, al centro della Zona Economica Speciale, potrà costituire il punto di partenza per un serio rilancio dell’economia calabrese. (mcg)

La Via della Seta non passerà da Gioia Tauro. È un’altra occasione mancata per la Calabria

di SANTO STRATI – Un’altra mancata occasione di sviluppo per la Calabria: la “Via della Seta” che la visita del presidente cinese Xi Jinping ha ratificato non prevede l’utilizzazione del porto di Gioia Tauro, che sarebbe stato strategicamente il più indicato vista la sua potenzialità di carico, ma soprattutto per la posizione di centralità nel Mediterraneo. Sono stati privilegiati, invece, quelli di Genova e Trieste per i corridoio commerciale che collegherà la Cina e il Mediterraneo, attraverso l’Oceano Indiano e il Canale di Suez. La potenzialità di Gioia non è stato nemmeno presa in considerazione e questa è la conferma che non esiste né una politica del Mezzogiorno (ma dove sono i nostri parlamentari?) né una politica per il Mezzogiorno. C’è giusto un ministro del Sud (Barbara Lezzi) del cui ministero, però, ancora si attende di vedere qualche dichiarazione di esistenza in vita…

Saremmo, comunque, in torto a dare colpa all’attuale Governo della mancata indicazione della possibile soluzione calabrese (la scelta di Genova e Trieste va ascritta all’esecutivo guidato da Gentiloni), ma il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte – che ha annunciato di voler fare una riunione del Governo proprio a Calabria, forse a Gioia – qualcosa ancora la può fare. Riconsiderare il grande Porto di Gioia Tauro e farlo inserire nel progetto che è appena delineato e ancora deve prendere consistenza. Se si considera il prossimo avvio della Zona Economica Speciale (ZES) proprio a Gioia, il Porto potrebbe costituire davvero il volano della crescita di tutta la Piana, propulsore di ulteriori iniziative di crescita di cui beneficerebbe tutta la regione.

Indubbiamente, va considerato che l’attuale Governo ha le idee confuse in merito alla riorganizzazione marittima del Mediterraneo, visto che ha assegnato a Messina e Milazzo l’Autorità di gestione dei porti di Reggio, Villa e Gioia Tauro, dimenticando l’adozione della ZES e trascurando la concreta ipotesi di una conflittualità permanente tra un’area amministrata con caratteristiche economiche “speciali” e una Regione Sicilia che è di per sé autonoma. Un piccolo-grande garbuglio amministrativo su cui ci sarebbero vedute diverse sulle prospettive di sviluppo e sull’attribuzione definitiva del potere di scelta. Per fare un esempio, se la ZES di Gioia (che arriva fino a Reggio) prevederà particolari incentivi per i porti, perché dovrebbe essere un’Autorità siciliana a deciderne l’eventuale applicabilità su quelli di Villa, Reggio o Gioia?. Vogliamo ricordare che sulla questione Autorità portuale dello Stretto (di cui Calabria.Live si è già occupata con un’intervista al sindaco metropolitano di Reggio, Giuseppe Falcomatà, e a quello di Villa San Giovanni, Giovanni Siclari), dovranno comunque pronunciarsi le due regioni, ma la persistente miopia dei deputati calabresi pentastellati (a favore dei colleghi siciliani) non aiuta a dirimere un contenzioso di cui la Calabria avrebbe fatto volentieri a meno.

Torniamo alla Via della Seta. È di ieri un appello firmato da professionisti dell’Unical capeggiati dal prof. Francesco Aiello (che è Componente del Comitato di indirizzo della ZES) inviato proprio al presidente Conte e al presidente cinese perché riconsiderino l’ipotesi Gioia Tauro per il transhipment nel Mediterraneo. Nel documento il prof. Aiello sottolinea la valenza strategica di Gioia per la capacità di carico che non ha uguali nel sistema della portualità italiana, oltre ad avere una posizione centrale nel Mediterraneo. «Gioia – scrive il prof. Aiello – occupa da anni una posizione cruciale nel traffico containerizzato da e per l’Estremo Oriente e, in quanto tale, un suo potenziamento potrà essere fontedi ulteriori vantaggi sia per i due Paesi sia per tutti i nodi portuali collocati sulle rotte di navigazione dall’Estremo Oriente verso l’Europa».

Come ha ribadito il presidente Mattarella nel corso del suo primo incontro con Xi Jinping – fa notare il prof. Aiello – «se “la Via della Seta è un percorso a doppio senso e lungo di essa devono transitare non solo commerci, ma talenti, idee e conoscenze”, allora collocare Gioia Tauro nel progetto One Belt One Road rappresenterebbe anche la migliore strategia per contribuire ad accelerare la modernizzazione socio-economica dell’intero Mezzogiorno d’Italia. E la rivisitazione di strutturate relazioni economiche con la Cina darebbe più slancio anche alla Zona Economica Speciale della Calabria, il cui baricentro è collocato nell’area portuale di Gioia Tauro».

Un appello che non necessita di commenti e che potrebbe, senza difficoltà, essere recepito dal Presidente del Consiglio. Pechino guarda all’Europa e, ovviamente, sa poco o niente della Calabria, ma non ignora il Porto di Gioia. Il memorandum d’intesa è un documento che dovrà essere perfezionato e codificato secondo regole ancora da scrivere, c’è il tempo e l’opportunità per coinvolgere la Calabria e il grande porto di Gioia. Che, ricordiamolo, nel 2016 ha movimentato 2,8 milioni di container e risultava (prima dell’attuale processo di downgrading dovuto alle liti tra i due gestori, che ha fatto perdere il 6% di traffico) il primo in Italia e il sesto nel Mediterraneo per il transshipment. I container, nel caso di Gioia, vengono stoccati e trasferiti su navi più piccole per la consegna finale, mentre altri porti europei affidano alla ferrovia il loro trasporto. Gioia, al centro del Mediterraneo, dovrebbe vedere costruita una rete ferroviaria per il trasporto merci collegata al porto e diventare una seria antagonista (anche economica per gli operatori stranieri che spediscono i container) di Amburgo e Rotterdam. Una scelta strategica che rimetterebbe in moto gli investimenti infrastrutturali di tutto il Mezzogiorno.

C’è un “ma”, grande quanto un macigno: «Il Governo – ha scritto sul Quotidiano del Sud  Innocenza Giannuzzi presidente dei Consorzi Blu Calabria e Agricoop Italia – non investe né sul porto di Gioia Tauro né sulla rete ferroviaria calabrese». La “Via della Seta” può essere l’occasione, l’opportunità per avviare, finalmente, una seria politica per il Sud. Ci pensi, presidente Conte. (s).