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Ferry boat RC

Enzo Vitale: Salviamo dalla demolizione il vecchio attracco dei ferry boat al porto di Reggio

di ENZO VITALE* – È ancora lì, ma non per molto. Eravamo abituati a non più usarlo, da molti decenni ormai, ma comunque a farci osservare dalla sua presenza. Il vecchio attracco dei traghetti costituisce un cimelio, è la memoria di un periodo fatto di tempi più lunghi e tutto sommato non spiacevoli.

Il primo collegamento tra le sponde con mezzi navali in grado di trasportare carri ferroviari è datato 1 novembre 1899 ed è organizzato in base agli studi dell’ingegnere navale Antonino Carabetta. Questi, insieme all’ammiraglio Giovanni Bettolo, aveva superato in Parlamento le critiche dell’allora Ministro ai Lavori Pubblici, che definiva ridicolo pensare di impiegare risorse pubbliche “per quattro ceste di frutta che passano da Messina a Reggio”.

Fu così che una prima coppia di navi, lo Scilla e il Cariddi, con locomozione a pale, di 50 metri di lunghezza e in grado di trasportare sei carri, cui si aggiunsero dopo un paio di anni il Calabria e il Sicilia, aprirono la nuova era di trasporti sullo Stretto. La tragedia del 1908 e i successivi eventi bellici del 1915/18 solo rallentarono i collegamenti, che ripresero con più vigore e mezzi più moderni nel ventennio tra le due guerre. Il secondo dopoguerra diede un ulteriore impulso ai collegamenti, che si adattarono alle nuove esigenze ferroviarie.

Ed è a questo periodo che risalgono i resti degli attracchi, vero esempio di archeologia industriale più che di modernariato, che fanno bella mostra di sé in prossimità dall’attuale stazione marittima.

Le Ferrovie, notoriamente molto poco attente ai dettagli culturali, hanno deciso per la demolizione. L’Autorità di sistema portuale ha necessità di spazi per nuovi attracchi di mezzi veloci e per attualizzare il concetto di metropolitana del mare. Nel piano regolatore portuale, approvato dal Comune, non c’è spazio per queste cosucce da intellettuali brontoloni (d’altronde, se si decide di demolire la storica piazza De Nava è comprensibile che non si capisca chi parla di archeologia industriale).

Quale soluzione per operare un saggio intervento conservativo? Si potrebbe, vista la programmata costruzione del Museo del Mare, smontare la struttura per riposizionarla all’interno di un percorso museale dedicato al traghettamento sullo Stretto, dai tempi delle barche a vela ai primi ferry boat fino ai recenti aliscafi. Con la pioggia di milioni in arrivo non ci dovrebbe essere un problema economico; nulla in contrario avrebbero le Ferrovie e nemmeno l’Autorità portuale. La decisione se buttare alle ortiche un altro pezzo di storia cittadina, peraltro sfruttabile in senso turistico, spetterà al Comune. (ev)

*Presidente Fondazione Mediterranea