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“Le nuove frontiere dell’obesità”: Ne parla in un congresso il medico calabrese Simone Ventra

di ARISTIDE BAVA – Obesità: i rischi si dovrebbero conoscere di più. Nel corso di un recente congresso che si è tenuto a Taranto è stato un medico calabrese, il dott. Simone Ventra, originario di Locri, che è uno dei punti di riferimento della Regione Puglia, in servizio presso alcune importanti strutture ospedaliere di quella Regione, (tra l’altro è responsabile dell’ U.O. cardiologica del D’Amore Hospital di Taranto).  

Ventra, che era anche responsabile scientifico del congresso al quale hanno partecipato altri autorevoli medici del panorama sanitario Italiano,  ha lanciato il suo grido d’allarme su una malattia alla quale forse si presta poca attenzione, appunto l’obesità.

«L’obesità – ha detto ricordando che questa malattia è stata definita dall’Oms una vera e propria Pandemia – ha colpito, secpondo le statistiche del 2021,  650 milioni di adulti nel mondo e attualmente rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica. A livello mondiale, al primo posto per prevalenza si collocano gli Stati Uniti, seguiti da Messico, Nuova Zelanda e Australia. In Europa si stima che il 59% degli adulti e quasi 1 bambino su 3 sia in sovrappeso o con obesità. In Italia l’obesità riguarda più di 10 milioni di persone».

La relazione del dott. Ventra ha messo a fuoco il fatto che l’obesità  si associa ad una riduzione dell’aspettativa di vita media di circa 7-8 anni ed in particolare questa è dovuta principalmente alle malattie cardiovascolari. Quando insorta in età giovanile causa una riduzione di anni vissuti in assenza di patologie cardiovascolari. Il tutto spiegabile perchè l’obesità si correla ad un aumentato rischio di ipertensione arteriosa, sindrome metabolica, insulino-resistenza, diabete mellito di tipo 2 (DM2), dislipidemia, e rappresenta essa stessa un importante fattore di rischio cardiovascolare (CV).

«Nella sostanza – dice Ventra – vi è un aumento esponenziale del rischio di eventi cardiaci avversi maggiori (Mace) a partire da valori di indice di massa corporea (BMI) >27 kg/m. L’obesità ed in particolare l’obesità viscerale conferisce  un rischio cv maggiore rispetto all’accumulo di tessuto adiposo a livello periferico o sottocutaneo. Avere una circonferenza vita maggiore di 102 cm nell’uomo e 88 nella donna rappresenta un fattore di rischio indipendente per malattia cardiovascolari. Il tessuto adiposo non rappresenta semplicemente un organo di deposito del grasso, ma un vero e proprio organo endocrino capace di secernere ormoni che aumentano il rischio cardiovascolare».

D’altra parte è ben noto, a livello sanitario, che nell’uomo il tessuto adiposo si distribuisce principalmente in depositi sottocutanei e viscerali. A livello viscerale sono principalmente localizzati a livello addominale (mesenterico e omentale) e a livello toracico (mediastino, pericardio/epicardio).

«La ridotta capacità del tessuto adiposo sottocutaneo ad accumulare i trigliceridi in eccesso – aggiunge Ventra – porta ad un aumento di accumulo di tessuto adiposo a livello viscerale e a livello di sedi ectopiche, ovvero all’interno di tessuti “non adiposi” che di per se non sono predisposti ad accumulare grasso in eccesso, come il muscolo scheletrico, il fegato, il cuore, il pancreas».

Se, dunque, è noto  che il deposito di lipidi in eccesso in sedi ectopiche è associato un rischio cv più elevato, secondo il dott. Ventra, «l’obesità rappresenta un fr indipendente per insorgenza e progressione di Fa; rappresenta inoltre un fr indipendente per progressione da Fa parossistica a Fa persistente. I pazienti obesi vanno incontro ad una maggiore probibilità di recidiva di Fa dopo Cve e/o ablazione oltre ad avere un maggior rischio di complicanze trombo-emboliche.

Riducendo di circa il 10% il peso corporeo aumenta la probabilità di circa 6-7 volte della persistenza del ritmo sinsuale. Riducendo di 5 Kg il peso corporeo si riduce del 10-12% il rischio di Fa. Riducendo del 10-15% il peso corporeo si agisce sugli outcome cardiovascolari andando a ridurre la mortalità».

Sono dati certamente importanti perché si evince che l’obesità che fino a qualche tempo fa era considerato un fattore di rischio sul quale oltre che la strategia dietetica e l’attività fisica, poco si poteva, adesso può considerarsi un fattore di rischio “trattabile”, grazie alla ricerca scientifica che ha individuato nuovi  classi di farmaci che si sono rivelati molto efficaci sulla perdita di peso. Questi nuovi farmaci, – è stato spiegato da Ventra durante l’importante congresso – tra i quali la Semaglutide in particolar modo nello studio “Select”, ha dimostrato associare all’importante calo ponderale anche una significativa riduzione del rischio di andare incontro a morte cardiovascolare, infarto e ictus non fatale.

La conclusione è, dunque, che «associando quindi, ad un sano stile di vita, che deve essere alla base di ogni trattamento terapeutico, un adeguato supporto farmacologico,  oggi si possono aiutare quei pazienti affetti da sovrappeso patologico e obesità a ridurre il proprio peso, a migliorare il proprio stato di salute e a ridurre il proprio rischio cardiovascolare». 

Una considerazione che deve far riflettere. (ab)