UFFICIALIZZATA LA CANDIDATURA UNICA DELLA COALIZIONE DI CENTRO DESTRA, A SINISTRA ANCORA IL CAOS;
Roberto Occhiuto

ROBERTO OCCHIUTO CANDIDATO UNITARIO
E LA SINISTRA VUOLE FARE IL CALLIPO-BIS

di SANTO STRATI – Sarà stata la contentezza o l’irruenza giovanile, ma Roberto Occhiuto – candidato unitario della coalizione di centro-destra a Presidente della Regione Calabria – non ha saputo trattenersi. A Vibo Valentia, prima che diventasse ufficiale l’annuncio della sua candidatura, s’è lasciato scappare di essere il candidato di tutta la coalizione. Un peccatuccio senza conseguenze (a destra, superare le ostilità e le diffidenze chi glielo rinfaccerebbe?), ma segnale indicativo di un nervosismo covato a lungo e finalmente levato di torno. Occhiuto è la più ovvia e scontata soluzione che il centrodestra poteva prendere per evitare di perdere la partita di Germaneto: ci aveva provato l’attuale presidente facente funzioni Nino Spirlì convincere la Lega a candidarlo a presidente e aveva persino ottenuto quasi un plebiscito agli Stati generali del partito che si sono svolti a Zambrone. Il sogno è durato una notte, al mattino Matteo Salvini ha spento ogni aspettativa e ha giocato la mossa più adatta a non indispettire l’ex cav al quale stava tentando di mollare il “trappolone” della federazione con la fusione di Lega e Forza Italia. Salvini non ci ha pensato un istante e ha bocciato ogni velleità di governo di Spirlì, che, diciamo la verità, si è affezionato all’8° piano di Germaneto e in cuor suo sognava di tornarci senza quelle odiose “ff” che sembravano una diminutio immeritata.

Il rischio del centro destra era di dare spazio a logiche correntizie e divisive: Wanda Ferro (Fratelli d’Italia) con i suoi sodali stava riscaldando i motori facendo intendere – nel caso – di essere pronta alla sfida, qualora l’idea Roberto Occhiuto non avesse avuto esiti positivi. È rimasta anche lei col boccino in mano, ma – ascoltando le silenziose raccomandazioni di Giorgia Meloni – ha fatto buon viso a cattivo gioco. Tutti insieme appassionatamente per una vittoria che sembra molto, ma molto vicina. La somma dei numeri indica il vantaggio del centro destra nei confronti di una sinistra che appare, in ogni caso, sempre più nel caos e priva di un esponente in grado di affrontare la sfida elettorale con dignità (e coraggio). 

Già, la sinistra. Ma quale? Quella di Irto che ancora una volta fa il nobile quanto inutile gesto di farsi da parte offrendo comunque la massima collaborazione per aiutare la coalizione. Quale coalizione? Irto appariva (e lo è ancora, sia ben chiaro) l’unica personalità del Partito Democratico in grado di affrontare a testa alta e con la giusta determinazione questa tornata elettorale, ma da Roma – probabilmente malconsigliati – gli hanno detto di farsi da parte, anche se dal Nazareno si continua a ripetere che nessuno vuol togliere Irto dalla competizione.

È Irto, semmai, che con saggezza, tira i remi in barca e resta a guardare, deluso, avvilito, ma con la massima dignità, senza riuscire a spiegare a se stesso e agli altri il perché di questa logica suicida, peraltro suggerita da una parte dei Cinque Stelle che cercano di recuperare terreno e visibilità. 

A Roma si afferma che Conte vorrebbe una figura della cosiddetta società civile e sembrerebbe che il segretario dem Enrico Letta accetti il suggerimento, probabilmente perché è troppo distante dalla Calabria e dai calabresi. Non ha riferimenti e, decisamente, non gli mancano grattacapi di difficile soluzione.

In poche parole, vale di nuovo la regola che della Calabria non frega niente a nessuno, all’infuori di Salvini che immagina di raccogliere al Sud il consenso che continua a perdere nelle ricche regioni settentrionali. Il “trappolone” della federazione, in fondo, non è che una mossa per ingoiare in un solo boccone quel che resta di Forza Italia e presentare all’amica-avversaria Giorgia Meloni un raggruppamento più forte dei suoi “Fratelli”. L’operazione non crediamo andrà in porto, ma – tutto sommato – ha permesso di coagulare le forze in favore di una scelta unitaria che permetterà alla coalizione di arrivare alle regionali calabresi senza molti affanni.

A sinistra, sembra evidente, si è alla ricerca di un nuovo Callipo cui affidare una nuova clamorosa sconfitta. E se poi fosse una donna? Tanto meglio ancora, sarà più facile, per qualcuno, motivare o, peggio, giustificare la mancata elezione.

Ma quale donna? Non ci sono in regione leader al femminile o figure con una caratura tale da poter raccogliere consenso trasversale (tra le tante anime della sinistra). E allora ecco che si fa avanti il nome di Anna Falcone, combattiva e intelligentissima avvocata cosentina che vive a Roma e che qualche settimana fa, con la benedizione di Luigi De Magistris ha presentato la sua formazione politica – “Primavera della Calabria”.  Un laboratorio politico più che un partito vero e proprio, a sinistra e di sinistra che fa l’occhiolino al sindaco di Napoli (del quale è stata fidata collaboratrice) e guarda alle liste civiche che dopo la separazione del tan-dem (Tansi-De Magistris) sono più che mai smarrite.

Ma sono in tanti nel partito democratico a ricordare lo “sgarbo” della Falcone alle passate elezioni politiche quando con Tomaso Montanari si mise contro i dem, senza peraltro raggiungere risultati. 

De Magistris esclude qualsiasi patto con la sinistra, ma comincia a valutare un’ipotesi che – nel caso della Falcone – lo potrebbe vedere in gioco da protagonista. Un accordo con i dem (in politica mai dire mai) per sostenere la candidatura di Anna Falcone alla quale fare poi da vicepresidente. Sembra un po’ azzardato, ma non ci sono molte altre strade. Anzi, in una situazione di questo genere potrebbe sentirsi coinvolto persino Carlo Tansi che, nel mentre litiga con De Magistris, cerca di capire cosa succede a sinistra e cosa potrebbe esser meglio per il suo Tesoro di Calabria che – secondo lui – farà incetta di voti alle prossime regionali. 

Sognare, in fondo, non costa nulla. Ed è quello che fanno “quelli” del feudo romano cui si riferiva Nicola Irto nella sua lettera con cui annunciava il ritiro, ribadita in un post in cui risulta evidente lo sconforto e la voglia di mollare. Dopo aver incontrato il segretario Letta, Irto ha scritto: «È stata una discussione vera, forse la più sincera di sempre. Mi è stato spiegato che per fare un accordo politico con il M5S è opportuno individuare un’altra candidatura. Ho ricordato che la mia non è stata un’autocandidatura: avevo dato la mia disponibilità dopo una pressante richiesta da parte di tutto il PD, ed avevo accettato per la lealtà verso la mia terra.

Se siamo arrivati a questo punto non è per una mia indisponibilità alla costruzione di nuove alleanze, ma perché ho posto pubblicamente grandi questioni politiche in ordine allo stato del PD e ai problemi della mia regione, a cominciare dalla sanità, che rimangono purtroppo tutti attuali ed inevasi. Questioni imprescindibili per la Calabria che prima o dopo andranno affrontate.

Pur confermando il mio impegno, ribadisco che nei fatti la mia candidatura e quindi la scelta della comunità democratica calabrese è del tutto superata». Superata, almeno se la tentazione del Callipo-bis si trasformerà in tragica realtà: la sinistra (divisiva, disunita, litigiosa e senza guida – da tre anni il partito è commissariato in Calabria) è davvero alla frutta. 

Non sono stati allevati giovani quadri dirigenti in grado di raccogliere il tetsimone e avanzare con un profilo di tutto rispetto. Non ci sono leader né ci sono aspiranti tali: c’è la vecchia guardia (Loiero che ha detto di volerne stare lontano, Oliverio sempre più isolato e giustamente arrabbiato) e poi c’è Irto. Unica, efficace, alternativa, in grado di cogliere anche qualche consenso trasversale, visto l’apprezzamento che ha saputo conquistare a 360 gradi. Ma non lo vogliono. E soprattutto non vogliono chiedere ai calabresi di indicare chi dovrebbe, potrebbe, rappresentarli, «per non riconsegnare alla destra la Regione».

Destra che, intelligentemente, ha trovato la quadra, con una singolare coincidenza a favore del candidato Occhiuto, il quale non dovrà temere il fuoco amico di Gentile e Company: se riuscirà a diventare Presidente della Regione, al suo posto salirà il figlio di Gentile, Andrea, per chiudere la legislatura. A pensar male si fa peccato – diceva Andreotti – ma spesso ci s’azzecca: per quale motivo i Gentile dovrebbero fare guerra al “nemico storico” Occhiuto se la sua vittoria porterà vantaggi in famiglia? 

Ultima annotazione riguarda la più che probabile vittoria della destra. Per una volta prevalga l’esigenza di pensare alle competenze e alle capacità e non alle “cambiali elettorali” da firmare con i portatori di voti. La Calabria, la nuova Regione che uscirà dalle urne tra il 15 settembre e il 15 ottobre, indipendentemente da chi sarà il vincitore, deve poter contare su uomini e donne capaci. Diversamente sarà lo stanco ripetersi di una vecchia, insopportabile, storia di scelte amicali, di opportunismi e interessi che poco hanno a che vedere con il benessere dei calabresi. Lo tenga a mente Roberto Occhiuto e il mister X (o donna che sia) che dovesse portare alla vittoria la sinistra. La Calabria e i calabresi sarebbero riconoscenti e devoti. (s)