IN CALABRIA È INVERNO DEMOGRAFICO
NEL 2024 I NATI SONO IL 4,5% IN MENO

di CLAUDIO VENDITTI – Preoccupa il quadro delineato dall’Istat nel rapporto “Indicatori demografici Anno 2024” dal quale emerge, a livello nazionale, un calo demografico delle nascite, pari al -2,6%.

Il tasso di natalità in Calabria è stato del 6,9 mentre quello di mortalità dell’11,3 con un saldo naturale (nascite/decessi) di -4,4. I nati in Calabria nel 2024 sono stati 12.700, nel 2023 erano stati 13.282 e nel 2022 13.451.  In calo anche il numero medio di figli per donna, stimato dall’Istat per il 2024 in 1,18 a livello nazionale in Calabria 1,25 e siamo ai minimi storici.

L’età delle neomamme a livello nazionale è del 32,6 in Calabria 32,4 media delle partorienti è di 32,4 anni, Con 1,18 figli per donna nel 2024 il tasso di fecondità è ai minimi storici. Il saldo naturale, ovvero la differenza tra nascite e decessi, continua a essere fortemente negativo (-8.034).

Stiamo sprofondando nelle sabbie mobili, ed è evidente che quanto stiamo mettendo in campo, come sistema-Italia, è del tutto insufficiente per garantire un minimo equilibrio demografico. Da anni si chiede una rivoluzione che il nostro Paese non è ancora disposto ad assumere, vittima di priorità che sono sempre altre, di mancate convergenze transpartitiche, di fragilità di alleanze tra politica, amministrazione locale, lavoro associazionismo e scuola.

A tal fine mi faccio portavoce nel chiedere una Conferenza Regionale sulla famiglia. Ma anche politiche asfittiche e vincolate a patti di bilancio stringenti che invece si fanno flessibili per altre urgenze. L’anno della famiglia sembra sempre essere il prossimo in agende ormai attanagliate da crisi mondiali che oggi ci portano anche a parlare di guerra, militare o di dazi, come una possibilità di scenario ordinario. Cresce ancora anche il numero di italiani che lasciano il Belpaese.

Nel 2024 sono stati 156mila, un +36,5% con un impatto significativo per la Calabria gravata anche dal fenomeno delle migrazioni interne: -8.376. La popolazione residente in Calabria al 1° gennaio 2025 è di 1.838.568 di cui circa 106 mila di nazionalista straniera.  L’Istat ci dice che il numero medio di componenti per famiglia è sceso a 2,2, rispetto ai 2,6 di venti anni fa.

Oggi circa un terzo delle famiglie anagrafiche in Italia è costituito da una sola persona evidenziando che il tema delle solitudini cresce in modo preoccupante. Le coppie con figli rappresentano meno del 30%, mentre aumentano le famiglie monogenitoriali (10,8%) e quelle senza figli (20,2%).

Stiamo consumando il futuro in un’epoca che si fa vanto di cercare sempre la sostenibilità è il commento del presidente del Forum. Urgono politiche strutturali, generose ed universali orientate a famiglia e giovani. In tal senso, serve il coraggio, l’unità e la capacità di programmare per fare, da subito, le scelte operative conseguenti, considerando la spesa per far crescere il figlio, non come un costo individuale ma come investimento per il futuro dell’intera comunità.

Occorre cambiare cultura e supportare la famiglia come soggetto sociale che, se messo nelle condizioni, è capace di generare benessere per tutto il Paese. (cv)

[Claudio Venditti è presidente del Forum famiglie della Calabria]

PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE IN CALABRIA
USARE IL MODELLO DEI PICCOLI BORGHI

di UGO BIANCO – Calo demografici e riqualificazione dei borghi: può essere utile questo focus sulle problematiche e gli strumenti necessari per affrontare il calo demografico. Particolare rilevanza è riservata ai piccoli centri urbani, che per un totale di 5.500 rappresentano il 69% dei comuni dell’intera penisola. In essi si contano 10.068.213 di residenti per un valore del 17% dell’intera popolazione nazionale. Dalla seconda metà del 900 ai nostri giorni tutti gli indicatori demografici identificano una cospicua riduzione della popolazione.

Al 1° gennaio 2021 i residenti erano 59.236.213, riducendosi di oltre 400.000 unità rispetto all’anno di inizio della pandemia da Covid-19. Nel corso del 2021 il saldo naturale (differenza tra nascite e decessi) ha raggiunto – 335.416. Il deficit delle nascite rispetto ai decessi è dovuto alla popolazione di cittadinanza italiana (386.000), mentre per la popolazione straniera cresce in modo sostenuto (+50.584).

Le aree interne sono caratterizzate da una significativa distanza dai principali centri di offerta di servizi (Salute, Scuola, Mobilità), ma anche da una disponibilità elevata di importanti risorse ambientali (idriche, sistemi agricoli, foreste, paesaggi naturali e umani) e risorse culturali (beni archeologici, insediamenti storici, abbazie, piccoli musei, centri di mestiere). L’esodo della nuove generazioni rappresenta una vera emergenza nazionale da mitigare per ridurne gli effetti. Sulla gazzetta ufficiale n. 220 del 14 settembre 2021 è stato pubblicato il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 luglio 2021 che stabilisce come 5518 piccoli comune, con popolazione sotto i 5 mila abitanti, possono beneficiare delle risorse stanziate dalla legge “Realacci” allo scopo di riqualificare i centri storici dei piccoli borghi (L. 6 ottobre 2017 n. 158).

Questa norma favorisce gli interventi a tutela dei residenti nei piccoli centri e delle attività da loro svolte con l’obiettivo di contrastare lo spopolamento e favorire il turismo attraverso i seguenti interventi: manutenzione del territorio con la riqualificazione degli immobili esistenti e delle aree dismesse, riduzione del rischio idrogeologico, la messa in sicurezza delle infrastrutture stradali e l’incentivazione dell’efficienza energetica. Un altro contributo a sostegno della crescita demografica può venire dai programmi d’investimento mondiali ed europei, a disposizione dei governi.

In primo luogo citiamo le strategie stabilite dall’Agenda globale per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (Agenda Onu 2030) che nel 2015 ben 193 paesi del mondo, compresa l’Italia, hanno condiviso in 17 obiettivi (Sustainable Development Goals o SDGs) e 169 target e raggiungibili entro il 2030. Con questo documento è stato stabilito che il sistema di sviluppo attuale è “insostenibile”, non solo a livello ambientale, ma anche sul piano economico e sociale.

L’idea condivisa consiste nel credere che non ha più senso pensare alla sostenibilità basata sulla sola soluzione di “questioni ecologiche”, ma lo sviluppo si deve fondare su soluzioni di crescita “integrate” a livello economico, sociale ed ambientale. Questa nuova cultura di progresso si basa sulla promozione di una crescita equa e condivisa, la protezione dei diritti umani e la salvaguardia delle risorse naturali. Non meno importanti sono i fondi strutturali e di investimento Ue che operano per sostenere la coesione economica, sociale e territoriale. Per ultimo, e non per questo meno importante, citiamo il Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) composto da un pacchetto di riforme e di investimenti finanziati dell’Ue per la ripresa economico-sociale post pandemia da Covid-19.

I fondi a disposizione ammontano a 191,5 miliardi di euro, da impegnare fino al 2026. Per utilizzare le risorse distribuite, gli stati devono predisporre un programma di riforme e di investimenti. L’erogazione delle risorse avviene due volte all’anno sulla base dell’effettiva realizzazione degli interventi predeterminati alle scadenze stabilite.

In conclusione possiamo sperare che le aree interne, per lunghi anni marginalizzate e degradate, alla luce di quanto ribadito finora, possano diventare un modello di sviluppo inclusivo, sostenibile e resiliente. Capace di rendere la popolazione meno vulnerabile e rilanciare l’economia dei propri territori. Solo così si può tendere verso un riequilibrio socio-economico dell’intero territorio nazionale con la conseguente ripresa economica. (ub)

[Ugo Bianco è dirigente nazionale Associazione Nazionale Sociologi]