INVECCHIAMENTO E LONGEVITÀ: WELFARE
E OPPORTUNITÀ COME LEVA DI SVILUPPO

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Come aiutiamo i giovani a fare famiglia” e “come trasformare l’invecchiamento della popolazione da un onere percepito a una leva positiva per il Paese, stimolando la ‘silver economy’ e creando nuove opportunità economiche e sociali a beneficio di tutte le generazioni? L’Italia, d’altronde, è un laboratorio globale per l’invecchiamento, con sfide uniche legate allo spopolamento dei territori e alla necessità di ripensare il welfare. Nel nostro Paese si fanno sempre meno figli, per una serie di fattori interconnessi tra loro; e il Mezzogiorno, da questo punto di vista, vive la più grande fragilità. È fondamentale, quindi, capire come gestire un fenomeno ormai in divenire e cambiare la narrativa ponendosi domande diverse. Le “risposte”, se così le vogliamo chiamare, le hanno suggerite gli esperti, gli economisti, gli specialisti del terzo settore, mondo sanitario, ma anche esponenti del mondo culturale e digitale che si sono confrontati al secondo Focus Sud e Futuri, organizzato dalla Fondazione Magna Grecia a Scilla. Una due giorni iniziata col dibattito “Generazioni in mutamento”, in cui si è cercato di capire come l’innovazione, in particolare la salute digitale e l’intelligenza artificiale, possano garantire una “longevità in salute”.

«La sfida della denatalità e quindi le politiche per la longevità chiedono grande innovazione e creatività, ma si fondano anche sul rinnovamento di un patto di solidarietà intergenerazionale. In questo, i territori sono ovviamente al centro, e quelli del nostro Mezzogiorno, che si contraddistinguono per una particolare forza e solidità delle reti informali, lo sono ancora di più», ha commentato, aprendo i lavori, Fiammetta Pilozzi, responsabile del Centro di Ricerca di Fondazione Magna Grecia. Come “sfruttare questa positività?” Lo spunto viene da Fabio Miraglia, imprenditore e presidente Giomi Rsa: «possiamo usare un milione di metri quadri di borghi che le persone stanno abbandonando per creare veri e propri villaggi, sul modello anglosassone».

Luoghi che possono essere incubatori di modelli di silver economy unici in grado di attrarre anziani di tutto il Paese. «Un sistema – ha aggiunto – che non sia basato solo sul volontariato e che sia in grado di creare anche occupazione, grazie anche alla rivoluzione del digitale». Il risultato sarebbe ‘esplosivo’ con conseguenze a cascata: porterebbe una riqualificazione dei territori e soprattutto il consolidarsi della domiciliazione dei servizi, in spazi abitativi personalizzati, monitorati dal digitale e sostenibili economicamente. L’idea è configurare nuovi modelli dell’abitare in cui unire le dimensioni della condivisione a quello della preservazione della privacy e della personalizzazione degli spazi, il tutto in luoghi densi di storia e di bellezza. Guardando così ai bisogni della persona che, spesso, nelle strutture RSA si perde. «“La tecnologia, inoltre, aiuterebbe ad avvicinare figli e nipoti: nuovi care giver nati con la tecnologia, e in grado di assumere il ruolo di veri e propri alfabetizzatori», ha concluso Miraglia.

Un approccio condiviso da Rocco Mammoliti, responsabile Sicurezza informatica di Poste italiane che ha raccontato come le Poste non abbiano abbandonato nessun borgo «perché crediamo sia nel mondo fisico che nel mondo digitale, che però vanno connessi». Tanto che Poste italiane ha avviato un progetto – Police – che porta dentro l’ufficio postale la garanzia di avere, oltre a quelli già inclusi, l’erogazione di tutti i servizi della Pubblica amministrazione compresi quelli legati al sistema sanitario, «creando, così, un unico punto di accentramento di prenotazione e consegna dei referti, per esempio. L’ufficio postale resta quindi vivo e integrato, sede di una rete di relazioni di cui gli anziani hanno bisogno».

In Italia, 14 milioni di persone oggi sono over 65, il 24% della popolazione totale. E il trend è in crescita. Con esso aumenteranno anche i problemi di salute correlati all’invecchiamento. Non solo, dobbiamo considerare che oggi di questi over 65, il 42% vive in coppia senza figli, il 31% è solo e un esiguo 13% vive con i figli. Più del 70% del totale quindi è rappresentato da anziani soli. Come aiutarli allora nella loro reale esigenze di salute? Una delle  soluzioni viene proposta da Pietro Rossi, cardiologo, co-founder di Policardio una startup che produce il primo device patch in grado di fare ECG e holter a casa con la qualità ospedaliera: «abbiamo pensato ad una piattaforma che monitora, analizza dati e mette in comunicazione in modo automatico l’anziano e il medico. E, nel caso di necessità, contatti il figlio o chi per lui». Un sistema totalmente automatizzato, interconnesso e attento alla parte sanitaria ma anche a quella psicologica. «Abbiamo previsto infatti la possibilità di avere consulti veloci e sempre disponibili, superando il problema che il medico non risponda al telefono con il conseguente senso di abbandono nell’anziano».

Ma la digitalizzazione può cambiare l’assistenza sanitaria e andare verso la silver economy anche nel sistema assicurativo e finanziario, «che sta ripensando prodotti e servizi centrati sempre più sulla prevenzione, con app per i vari monitoraggi, e incentivi economici per chi aderisce a stili di vita sani. Va promossa una trasformazione assicurativa che finanzi, per esempio, l’assistenza domiciliare continuativa e la gestione dei farmaci. Insieme ad una educazione finanziaria per una longevità consapevole tramite l’erogazione di corsi per over 60 su come gestire patrimoni, pensioni e tecnologie per una connessione diretta con i servizi sociali», ha detto Alberto Polverino, Direttivo cluster C.H.I.C.O.

«Non va dimenticato che qualsiasi processo di sviluppo sostenibile deve essere equo, in particolare in un’ottica di genere, e ancor di più se si parla di silver economy». Le donne sono più longeve degli uomini, ma sono anche quelle che soffrono maggiormente il rischio di trovarsi in condizione di fragilità, soprattutto sotto il profilo economico. Il monito, che arriva dalla voce autorevole e appassionata di Rossana Oliva De Conciliis, Presidente onoraria della Rete per la Parità, ha l’obiettivo di sensibilizzare politica, mondo economico e società a puntare su misure che pongano al centro il principio di garantire parità di diritti e opportunità, anche in età anziana, e anche nei processi di progettazione di politiche di sviluppo di prodotti e servizi che guardino a un pubblico “silver”.

L’intera due giorni ha preso spunto da una ricerca promossa da Fondazione Magna Grecia e curata dai sociologi Emiliana Mangone e Giuseppe Masullo, che ha mostrato come, fra le varie preoccupazioni che “bloccano” i giovani nello sviluppare la propensione alla genitorialità, vi sia il timore «di perdere occasioni, non solo professionali, ma di vita e culturali».

Il patrimonio culturale, del resto, è uno strumento potentissimo attraverso cui generare identità, ma anche apprendimento, sviluppare categorie di interpretazione della realtà, e quindi imparare anche la cittadinanza. Da qui la necessità che il nostro patrimonio culturale sia “family friendly”, fruibile da genitori e figli.

«Pensiamo ai bambini – ha detto Francesco Pisani, professore di Neuropsichiatria infantile, Dipartimento di Neuroscienze umane della Sapienza di Roma – a quanto in loro la cultura, come la visita in un museo o di un sito archeologico, stimoli la meraviglia che a sua volta spinge alla voglia di conoscere. Le neuroscienze ci dicono che in un museo il bimbo impara a guardare, a interpretare, anche a stare fermo. E la stessa cosa vale per i genitori. Dobbiamo tenere presente che anche solo una singola esperienza culturale è fondamentale per essere educati al bello».

Daniele Carnovale è Ceo e fondatore di Guides4You, stratup che nasce sul territorio calabrese: un esempio di come i temi dell’accessibilità, del “design for all”, della necessità di rendere i beni del nostro patrimonio “per tutti”, a volte sia una necessità che nasce dal mercato in modo potente.

«Avevamo pensato ad un dispositivo che servisse per ‘leggere’ le opere e le strutture museali. Spinti dalla richiesta di mercato, ad oggi abbiamo funzioni per non vedenti e ipovedenti, per bambini ancora piccoli».

Non da meno l’esperienza della “Fondazione Medicina a misura di donna” che ha creato forse lo strumento più simbolico che sia stato ideato in Italia per costruire un patto inscindibile fra i nuovi nati, le famiglie, e il patrimonio culturale: un passaporto della cultura. «L’idea ci è venuta partendo dalla consapevolezza che la cultura aiuta a vivere di più e soprattutto meglio, come dimostrano anche numerosi studi», ha detto Chiara Benedetto, presidentessa della Fondazione.

«Il passaporto è stato tradotto in diverse lingue, viene dato alle mamme che hanno appena partorito ed e dedicato al nuovo nato e alle mamme al terzo mese di gravidanza. Offre la possibilità a tutto il nucleo famigliare di vistare gratuitamente i 48 musei della rete piemontese ed è diffuso in tutti i presidi ospedalieri dell’area metropolitana di Torino». Nel 2024 sono stati scaricati dal sito 15mila passaporti e la best practice oggi è stata adottata anche a Brescia, Pavia e Val Canonica

«Affrontare oggi la denatalità – ha concluso Nino Foti, presidente della Fondazione Magna Grecia – significa ripensare l’intero sistema Paese alla luce dell’invecchiamento, delle nuove insicurezze sociali e del bisogno di dare ai giovani un futuro desiderabile. Con questa iniziativa, pertanto, vogliamo rimettere al centro le persone, i territori e le connessioni tra le generazioni. La genitorialità si sostiene con politiche abilitanti, e il calo demografico si affronta anche guardando al nostro Mezzogiorno come a una piattaforma di sperimentazione per uno sviluppo inclusivo».

«Parlare di cultura inclusiva, significa anche capire che il nostro patrimonio – ha sottolineato – è il più potente strumento di legame intergenerazionale. Ogni museo o sito storico va reso davvero fruibile per famiglie, anziani e bambini, è così che si diventa realmente attrattivi e si costruiscono fiducia nel futuro e coesione tra generazioni. La Fondazione Magna Grecia lavora perché Sud e futuro non siano più due parole in contrasto, ma una sola visione condivisa». (ams)

LA DENATALITÀ E LA SCARSA PROPENSIONE
DEI GIOVANI A METTERE SU UNA FAMIGLIA

Che l’Italia sia un Paese con una forte criticità in ambito demografico non è una novità: i dati Istat più recenti (marzo 2025) confermano un continuo e preoccupante invecchiamento della popolazione italiana con appena 370mila bambini nati nel 2024, una diminuzione del 2,6% rispetto al 2023 e un nuovo minimo storico per la fecondità, pari a 1,18 figli per donna. Ma ciò che fino ad oggi è rimasto meno visibile è che le motivazioni della poca propensione alla natalità dei giovani non siano da ricercare soltanto nella difficile fase economica che stiamo attraversando, ma anche in fattori culturali, sociali e relazionali più complessi. Interessanti da studiare in correlazione con quelli che saranno gli effetti socioeconomici della denatalità, soprattutto se si vuole affrontare con positività il futuro.

La propensione alla genitorialità appare condizionata dalla voglia di crescere investendo su se stessi e sul proprio tempo, ma non solo.

«La questione va affrontata nella sua totalità, se si vogliono trovare soluzioni. La nostra ricerca analizza idee, opinioni e percezioni dei giovani in materia, e vuole contribuire alla comprensione del fenomeno per chi prende decisioni in materia», ha spiegato Nino Foti, presidente della Fondazione Magna Grecia (fondazione che, da quarant’anni fa della ricerca il suo cuore pulsante, in collaborazione con atenei, istituzioni, mondo del terzo settore, enti pubblici) in una conferenza stampa che si è tenuta ieri, nella Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio, alla presenza della Ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, Eugenia Roccella.

Lo studio conferma e radicalizza un tema: “per fare famiglia ci vuole famiglia”. Chi decide di fare i figli pone al centro, come elemento condizionante, la presenza forte della propria famiglia di origine a cui appoggiarsi. Il desiderio di avere dei figli esiste ed è forte fra i giovani (per il 59,4% sarà una tappa fondamentale nella propria vita di coppia), ma la sua realizzazione è spesso condizionata dall’aiuto che potranno ricevere dai genitori. Ma una robusta ‘rete salvagente’ familiare se da un lato è il primo supporto alla nascita di una famiglia con figli, dall’altro frena la voglia di quei giovani che non vogliono abbandonare il “nido” (è la famiglia la parte più soddisfacente della propria esistenza per il 42%) – e che spesso non possono farlo per mancanza di risorse – anche a causa di una profonda sfiducia nel supporto esterno, terzo settore compreso. Inoltre, i nostri giovani non diventano “genitori per caso”: chi decide di avere un figlio lo fa per una “forte propensione” (46,4%) e giudica in modo molto negativo chi lo fa senza avere la giusta condizione economica. Fare figli non è più un destino, ma un progetto che spesso viene accantonato non solo per motivi economici ma anche per il timore di compromettere il proprio sviluppo individuale: non si è disposti a rinunciare alla ricerca della solidità economica (49,5%), di un lavoro soddisfacente (33,4%), di una relazione di coppia stabile (38,4%) e di tempo a disposizione (33,6%). Il fattore tempo ha poi un peso ancora più significativo rispetto al passato: elementi spartiacque sono infatti la realizzazione delle passioni personali (43,6%), così come, più marginali ma presenti, un depauperamento della quantità e della qualità del tempo libero per poter stare con gli amici, dedicare spazio a se stessi, partecipare ad eventi culturali o sportivi, viaggiare e praticare proprie passioni.

Rispetto al passato – inoltre – una famiglia senza figli viene considerata ugualmente una famiglia. Soprattutto dalle donne, che vorrebbero facilitare le adozioni (41,5%), e che prendono le distanze dalla necessità di diventare genitrici per corrispondere al problema della decrescita demografica (4%), aspetto al contrario più avvertito negli uomini (9,1%). Per i nostri giovani, dunque, se la denatalità è un problema sociale, fare figli è una questione totalmente privata e non una responsabilità collettiva. Le giovani donne, soprattutto, temono di più di “pagarla” in termini lavorativi.

Il tema cruciale, per il presidente della Fondazione Magna Grecia, è quello di affrontare la denatalità in modo forte anche nei suoi impatti: «La denatalità mette sotto pressione il patto sociale tra generazioni, per questo è urgente studiare come gestirne gli effetti. Il tema della longevità è centrale: vanno pensati nuovi modelli di sviluppo territoriale ed economico, anche per le aree interne. Siamo il paese “più anziano” d’Europa, e fra i primi al mondo per longevità: se non impariamo a guardare a questo anche in chiave di opportunità perdiamo un’occasione fondamentale di crescita», conclude.

In tal senso, con un nuovo “Osservatorio permanente su Denatalità, sostenibilità intergenerazionale e longevità”, la Fondazione intende aprire nuovi percorsi di ricerca e dibattito approfondendo per lo più quattro ambiti: invecchiamento attivo e silver age economy: la longevità considerata come leva trasformativa per ripensare la cittadinanza, il lavoro, l’economia, le politiche abitative e la partecipazione sociale; nuovi modelli di welfare che superino il “modello mediterraneo” basato principalmente sulla famiglia, ridistribuendo le responsabilità di cura e protezione sociale anche al di fuori del nucleo familiare, per alleggerire il carico sulle donne, ma anche sperimentazioni di welfare comunitario, housing collaborativo e di gestione e intervento per mezzo di sistemi per la salute digitale e di IA; una nuova narrazione per la genitorialità: campagne di comunicazione e sensibilizzazione che sfatino gli stereotipi, introducendo una visione più inclusiva e plurale per cambiare la percezione culturale della genitorialità da onere a opportunità; interventi che valorizzino il ruolo dei nonni e delle reti di prossimità nel supporto alla genitorialità e all’invecchiamento attivo, anche individuando politiche e interventi inediti ad hoc che facilitino l’alleanza intergenerazionale. (rrm)

Con la Fondazione Magna Grecia un forum su problemi e soluzioni contro il cybercrime

di SANTO STRATI – Il convegno sul cybercrime promosso e organizzato a Palermo dalla Fondazione Magna Grecia centra, ancora una volta, un tema di scottante attualità e che, ancora, non riesce a trovare soluzione presso Governo e Parlamento.

I reati informatici sono in costante ascesa e, al di là delle truffe e dei cosiddetti “furti” di identità, in realtà il fenomeno – fino a oggi troppo sottovalutato – sottintende i rischi per i giovanissimi e la creazione di nuove, vere e proprie, dipendenze. Un termine che si è sentito più volte è “nomofobia”, ovvero la paura di essere disconnessi dal telefonino che comincia a serpeggiare tra i giovanissimi.

Come si cura questa nuova patologia-dipendenza? Il “pericolo” non si elimina togliendo il telefonino al minorenne, bensì facendo una costante opera di “educazione digitale” nei confronti dei ragazzi che devono imparare a utilizzare al meglio il proprio cellulare senza diventarne succubi e “dipendenti”.

La Fondazione Magna Grecia, guidata dal presidente Nino Foti, aveva già dedicato un altro convegno lo scorso anno sui crimini informatici, presentando un accurato studio del prof. Marcello Ravveduto, docente all’Università di Salerno: in quest’occasione ha creato quattro panel di discussione e confronto che sono risultati una straordinaria miniera di informazioni non solo per gli addetti ai lavori (magistrati e forze dell’ordine) ma anche per studiosi, intellettuali e parlamentari.

A questi ultimi (presente con Saverio Romano, presidente della Commissione parlamentare per la Semplificazione, anche l’on. Martina Semenzato, presidente della commissione bicamerale d’inchiesta sul Femminicidio e su ogni forma di violenza di genere) è demandato il compito di individuare soluzioni legislative che tengano conto non solo del cybercrime e delle sue varianti (revenge porn, per esempio, e accesso ai siti pornografici o di violenza per i minorenni) ma anche della grande sfida che ci attende con l’intelligenza artificiale.

Il materiale ricavato dagli interventi degli oltre venti relatori dovrà diventare – a nostro avviso – materia di studio per il Parlamento. La ministra delle Pari Opportunità, Eugenia Maria Roccella – ha spiegato nel suo intervento che la “debolezza” finanziaria dell’Esecutivo non permette investimenti importanti per la famiglia e per i giovani, né tanto meno per affrontare il problema dell’utilizzo del web da parte dei giovanissimi. Sono risorse che, però, andranno rapidamente trovare per non rischiare di restare indietro a fronte un problema che cresce ogni giorno di più.

L’utilizzo improprio del telefonino da parte anche di bambini sotto i 10 anni comporta seri rischi: non si tratta di attuare rigide politiche proibizionistiche, bensì di individuare il sistema per“governare” la rete e poter sfruttare al meglio le opportunità tecnologicamente avanzate che, comunque, non sono da sottovalutare nella valutazione del rischio informatico.

Con i sistemi predittivi dell’IA si può in qualche modo prevenire la violenza di genere (cogliendo per tempo i segnali di allarme), ma è necessario mettere su una task force in grado di operare H24 (e non solo in orario d’ufficio 9-17) per il contrasto ai crimini che si realizzano e viaggiano attraverso attraverso la rete.

Il telefono cellulare, sia ben chiaro, è una conquista di civiltà e progresso, ma il suo utilizzo da partedei minorenni va sicuramente regolato. E qui emerge il dato principale del convegno: occorre fare non solo formazione presso i giovani e le famiglie, ma anche e soprattutto “informazione” perché si conoscano opportunità e rischi. Una campagna di “educazione digitale” è quanto mai opportuna e urgente.

In questo modo si formano  e si informano – senza trascurare le famiglie – le nuove generazioni per evitare di far trovare loro brutte sorprese e incontri pericolosi con pedofili e maniaci o, per i più piccoli, di farsi turbare da scene hard troppo liberamente disponibili sulla rete che, spesso, sono shoccanti persino per gli adulti.

Il Presidente della Fondazione Magna Grecia, Nino Foti, a fine lavori sì è detto largamente soddisfatto dei risultati dell’incontro: «Abbiamo prodotto molto materiale utile per studiare e approfondire il fenomeno del cybercrime in tutti i suoi aspetti, ma soprattutto siamo riusciti con oltre venti, qualificati, interventi a far capire la dimensione reale del rischio informatico, soprattutto per i giovanissimi: una corretta informazione e attività formative diventano indispensabili per portare a casa risultati soddisfacenti. Dobbiamo organizzare incontri nelle scuole, promuovere iniziative che coinvolgano gli insegnanti e gli istituti. Parlare ai ragazzi e spiegare opportunità e rischi».

A chiudere il convegno Antonello Colosimo, presidente di Sezione Corte dei Conti e Presidente ODV Fondazione Magna Grecia, in quale con due parole ha saputo sintetizzare cosa è emerso dall’intensa giornata di studio: inadeguatezza ed evoluzione.

Nel primo caso Governo e Parlamento sono chiamati a fornire risposte precise e adeguate al fenomeno del cybercrime con tutti i suoi pericolosi risvolti; l’evoluzione riguarda il futuro che grazie ai nuovi strumenti tecnologici (inclusa l’Intelligenza artificiale) può consentire nuove metodologie e tecniche investigative sui crimini di nuova generazione.

La tecnologia non è nemica – questo è evidente – ma non si può combattere con la fionda contro i cybercriminali che dispongono di bazooka e hanno risorse eccezionali per far crescere i propri traffici a danno della comunità e, soprattutto, dei giovani, i più esposti ai pericoli della rete. (s)

Nino Foti (Fondazione Magna Grecia): Serve iniziativa legislativa contro cybercrime

«La legislazione italiana e quella degli Stati europei sono indietro rispetto a questi fenomeni. Proprio per questo è necessario che vi sia un’iniziativa legislativa che possa normare alcune attività illegali perché, da quello che è la nostra esperienza, siamo in una fase molto pericolosa perché purtroppo le organizzazioni criminali sono organizzate meglio dello Stato». È quanto ha detto Nino Foti, presidente della Fondazione Magna Grecia, nel corso del I Cybercrime Forum organizzato dalla Fondazione Magna Grecia e ospitato al Loggiato di San Bartolomeo di Palermo.

Dopo i saluti iniziali di Roberto Lagalla, sindaco di Palermo, che si è soffermato sulla trasformazione digitale attualmente in corso e sull’impatto che questo fenomeno sta avendo sulla società, Foti ha introdotto i lavori del Forum: «Questo convegno nasce dopo due attività di ricerca della nostra Fondazione, uno sull’influenza dei social sulla criminalità organizzata e l’altro sul cybercrime, che abbiamo recentemente presentato alle Nazioni Unite, che ha posto una particolare attenzione sul dark web, la parte più oscura, quella che riguarda l’attività che un personaggio criminale può agire stando seduto nel suo salotto e operare dall’altra parte del pianeta».

«Basti pensare che con le criptovalute – ha aggiunto – è possibile comprare quantitativi importanti di droga senza le tradizionali transazioni finanziarie».

Il primo panel, moderato dal giornalista di La7 Marco Piccaluga, dal titolo “Educare per proteggere: i giovani fra social network e nuove dipendenze” ha visto la partecipazione di Nuccia Albano, assessore Regionale della Famiglia, delle Politiche Sociali e del Lavoro della Regione Siciliana, di Padre Francesco P. Biondolillo, presidente e Fondatore “La Casa del sorriso” e Claudia Caramanna, Procuratore della Repubblica Tribunale Minori Palermo che ha illustrato dati allarmanti: «il 44,6% di bambini nella fascia tra i 6 ei 10 anni utilizzano quotidianamente internet ed accedono a piattaforme come TikTok, Instagram o altro».

«È chiaro che questo crea i presupposti per una dipendenza in età futura – ha sottolineato –. Le nuove tecnologie chiaramente creano una dipendenza e favoriscono talvolta la criminalità e certamente c’è un mondo all’interno dei social e del web che è assolutamente scriteriato».

A seguire sono intervenuti Ismaele La Vardera, deputato dell’Assemblea regionale siciliana e Presidente dell’Integruppo Parlamentare contro le droghe e le dipendenze nei giovani, Biagio Sciortino, Presidente nazionale Intercear Coordinamento nazionale dei servizi e delle comunità terapeutiche, Vincenzo Di Piazza, dirigente Centro Operativo della Polizia Postale di Palermo, Bartolomeo Romano, Professore Ordinario Diritto Penale dell’Università di Palermo e Marcello Ravveduto, Direttore del Laboratorio Digital Public History dell’Università di Salerno, che ha parlato di come le mafie si presentano sui social network, come si sviluppa la mentalità criminosa dall’analogico al digitale e ha anche annunciato che nel marzo 2025 la Fondazione Magna Grecia presenterà il secondo rapporto sulle Mafie nell’era digitale con focus sul social network TikTok.

Martina Semenzato, deputata della Repubblica e Presidente Commissione Parlamentare di inchiesta sul Femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, si è soffermata su come governare il cambiamento tecnologico che può rappresentare una risorsa, puntando sull’educazione digitale dei più giovani mentre la Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia Eugenia Maria Roccella, ha concluso questo panel dichiarando: «Il web è una grande opportunità, ma anche una fonte di rischio per i minori e la prevenzione di questo rischio ci vede impegnati su vari fronti».

«Innanzitutto – ha aggiunto – sollecitando il ruolo educativo delle famiglie, che sono e restano il primo luogo di formazione: nessuna sfida educativa potrà essere vinta se non si parte dalla famiglia. Con il decreto Caivano, ad esempio, abbiamo promosso e potenziato l’utilizzo dei sistemi di controllo parentale sui device, che consentono di monitorare l’attività online dei figli minori, ma lo abbiamo fatto puntando innanzi tutto sulla consapevolezza e sul ruolo centrale dei genitori».

«L’accesso precoce alla pornografia e alla violenza – ha proseguito – è un pericolo che può condizionare la vita dei giovanissimi oggi e degli adulti di domani. Stiamo lavorando molto anche sulla prevenzione del cyberbullismo, un’insidia che bisogna saper cogliere e che può lasciare il segno nei nostri ragazzi».

«E quest’anno  – ha detto ancora – abbiamo promosso un collegamento ideale anche fra il tema dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e il contrasto della violenza contro le donne, perché il rispetto è un valore che si deve apprendere fin da piccoli, nelle famiglie, a scuola e in ogni ambito della nostra società».

«Sullo sfondo di tutto c’è, poi – ha continuato – il tema demografico: una società senza figli è una società di solitudini, di famiglie smagliate, una società senza prospettive e senza senso del futuro, dunque una società di persone più fragili e più vulnerabili».

«Contrastare il calo demografico e investire sulle famiglie significa anche proteggere i nostri ragazzi, perché il rapporto fra i propri pari non è sufficiente e quando diventa esclusivo pone un problema educativo che si riflette su tutto ciò di cui stiamo discutendo», ha concluso la Ministra Roccella.

Il secondo panel, condotto dalla giornalista Silvia Perdichizzi, si è focalizzato sul tema “Formare per difendersi: come la criminalità si muove nel dark web”.

 In collegamento è intervenuto Antonio Nicaso, Docente Queen’s University Canada e componente Comitato Scientifico FMG, che ha parlato della globalizzazione delle strategie criminali attualmente in atto, dei sistemi delle criptovalute, al metaverso e all’IA, evidenziando le difficoltà da parte degli apparati investigativi a far fronte a queste nuove strategie criminali perché non ci sono stati adeguati investimenti nella tecnologia.

A seguire gli interventi di Ranieri Razzante, Componente del Comitato per la strategia sull’IA della Presidenza del Consiglio, Antonio Balsamo, Sostituto Procuratore Generale della Cassazione e già Presidente Tribunale di Palermo, che si è soffermato sul mondo dei crimini informatici organizzati. In collegamento Sandro Raimondi, Procuratore della Repubblica di Trento è intervenuto sul tema del cybercrime nell’ambito delle imprese.

Gli interventi di Raffaele Bonsignore, avvocato Penalista, Roberto Cao Pinna, Responsabile Servizi Speciali Tecninf, Michele Carbone, Direttore della Direzione Investigativa Antimafia, Marzia Sabella, Procuratore Aggiunto Tribunale Palermo e Giovanni Pitruzzella, Giudice della Corte Costituzionale, hanno approfondito diversi aspetti di questi fenomeni criminosi, del darkweb e soffermandosi su quali possibilità e strumenti abbia lo Stato per fronteggiarli.

L’on. Francesco Saverio Romano, presidente Commissione Parlamentare per la Semplificazione ha, quindi, aggiunto: «I rischi del cybercrime per la pubblica amministrazione sono quotidiani e elevatissimi. La commissione che presiedo ha iniziato una serie di audizioni per comprendere come la digitalizzazione della nostra pubblica amministrazione possa non subire attacchi hacker e abbiamo scoperto che questi attacchi sono quotidiani. Quello che occorre è la formazione».

«Il 56% degli italiani non è digitalizzato – ha spiegato – o meglio non è alfabetizzato dal punto di vista digitale, così come gli operatori della pubblica amministrazione. Il fenomeno dell’ingerenza dei sociali anche su altri fenomeni che sono quelli della criminalità da un lato e della fragilità, delle difficoltà, dall’altro, che aggredite dalla criminalità anche attraverso i social diventano qualcosa da contrastare, ma occorre farlo attraverso la conoscenza».

Le conclusioni del Forum sono state affidate ad Antonello Colosimo, Presidente di Sezione Corte dei Conti e Presidente Odv della Fondazione Magna Grecia che ha evidenziato: «In questo incontro, grazie ai contributi dei diversi relatori che si sono alternati, è emersa l’inadeguatezza, a vari livelli, dell’approccio nei confronti del fenomeno della globalizzazione che è dirompente e che è letteralmente esploso negli ultimi anni».

«Registriamo, anche – ha aggiunto – l’evoluzione degli strumenti tecnologici e abbiamo bisogno di tecniche investigative all’avanguardia per far fronte a questi crimini di nuova generazione, e un alleggerimento nella normazione. Dobbiamo convivere con questo fenomeno e ce lo dimostra Trump, visto che ha dichiarato di voler fare degli Stati Uniti la prima Nazione democratica con uso della moneta digitale. E, citando, Benjamin Franklin, padre fondatore degli Stati Uniti d’America, chiudo questo incontro affermando che ‘l’umanità soffre per metà schiacciata sotto il peso dei progressi che ha fatto». (rrc)

La Fondazione Magna Grecia porta la Costituzione nelle scuole: A Co-Ro la lectio di Antonio Baldassarre

Sono stati oltre un centinaio gli studenti che hanno partecipato all’evento Gli studenti incontrano la Costituzione, organizzato dalla Fondazione Magna Grecia e svoltosi nell’Aula Magna del Liceo Classico “Giovanni Colosimo” di Corigliano Rossano.

Di questi studenti, la maggioranza appartenevano alle classi quarta e quinta Liceo classico, una classe di prima e alcune delegazioni delle ultime classi appartenenti altri indirizzi scolastici. A Loro la Fondazione ha donato alcune copie della Costituzione.

Presenti anche numerose autorità civili, politiche e militari. Dopo i saluti di Edoardo Giovanni De Simone, dirigente scolastico dei Licei “G. Colosimo” e “F. Bruno”, sono intervenute Rosaria Succurro, Presidente della provincia di Cosenza e Pasqualina Straface, consigliera regionale, che hanno evidenziato l’importanza di questo appuntamento, inteso come momento di crescita formativa per gli studenti per la conoscenza dei valori etici, culturali e sociali.

Nino Foti, presidente della Fondazione Magna Grecia, ha introdotto l’evento spiegando come questa iniziativa rappresenti la prima di una serie di attività formative promosse dalla Fondazione Magna Grecia nelle Scuole del Mezzogiorno.

Dopo aver illustrato l’excursus storico della nascita della nostra Costituzione, ha evidenziato l’importanza e il valore della Carta Costituzionale, soprattutto per ciò che riguarda i suoi principi fondamentali e i diritti e doveri dei cittadini, e ha sottolineato come la conoscenza della Costituzione sia fondamentale per comprendere anche il peso di alcune riforme attuali, come ad esempio quella dell’autonomia differenziata, che riguardano e toccano tutti i cittadini.

A seguire si è svolta la lectio magistralis di Antonio Baldassarre, presidente emerito della Corte Costituzionale, che in apertura ha reso omaggio a Costantino Mortati, importante costituzionalista e padre costituente nato proprio a Corigliano, nei 40 anni dalla scomparsa e con il quale ha avuto un rapporto personale di stima e collaborazione.

Il Presidente Baldassarre, dopo una introduzione storica, ha passato in rassegna numerose tematiche e i principi fondamentali alla base della Costituzione italiana, che sono anche diventati modello per altre esperienze costituzionali.

Ha anche raccontato i lavori dell’Assemblea Costituente, che è stata definita da Baldassarre come «la fase più alta della politica italiana», ha ricordato che la sovranità popolare viene per la prima volta sancita dalla Costituzione italiana, introducendo nel nostro Paese nuovo modo di pensiero ed ha anche evidenziato l’attualità della Costituzione per il “perenne valore dei principi in essa stabiliti”, aggiungendo che “deve essere per tutti, per il popolo”.

Sono state poi rivolte dagli studenti numerose e interessanti domande al presidente Baldassarre, su temi di stringente attualità come, ad esempio, il diritto alla salute, il diritto allo studio in relazione alle sfide attuali, sui conflitti bellici e sui valori della pace, sulla cittadinanza ai migranti, sul diritto al lavoro, sull’impatto dell’Intelligenza Artificiale nella vita dei cittadini.

Le conclusioni dell’evento sono state affidate ad Antonello Colosimo, Presidente O.I.V. della Fondazione Magna Grecia, che ha ricordato con emozione la figura del padre Giovanni Colosimo, al quale è intitolato il Liceo di Corigliano. Ha anche ringraziato gli studenti, che hanno dimostrato il valore dello studio, della curiosità e dell’impegno, il preside De Simone ed i professori che hanno reso possibile l’evento.

«Mi auguro che venga data la cittadinanza onoraria di Corigliano – Rossano al presidente Baldassarre, che ha anche avuto un legame speciale con Costantino Mortati», ha detto Antonello Colosimo.

«Questa giornata – ha aggiunto – è stata un dono e rimarrà nella mente di tutti noi, perché avere Baldassarre che spiega la Costituzione e risponde in modo chiaro e concreto alle domande degli studenti, hanno reso effettivo questo scambio vitale tra una Costituzione scritta, una formale e una materiale, calata nei problemi che sono stati posti. Il dono si deve tradurre nella trasmissione, perché se quello che abbiamo ricevuto non lo riversiamo nella nostra quotidianità, siamo degli irriconoscenti».

«Ai giovani – ha concluso –bisogna trasmettere questi valori, perché hanno tutte le capacità di essere cittadini di domani e hanno bisogno di esempi e di persone che vengono a raccontare esperienze, come è accaduto oggi». (rcs) 

CORIGLIANO ROSSANO – L’evento “Gli studenti incontrano la Costituzione”

Domani mattina, a Corigliano Rossano, alle 10, nell’Aula Magna del Liceo Classico Giovanni Colosimo di Corigliano – Rossano, si terrà l’evento “Gli studenti incontrano la Costituzione”, organizzato dalla Fondazione Magna Grecia.

Dopo i saluti di Edoardo Giovanni De Simone, Dirigente Scolastico dei Licei “G. Colosimo” e “F. Bruno”, l’on. Nino Foti, Presidente della Fondazione Magna Grecia, introdurrà l’iniziativa che costituisce la prima di una serie di attività formative previste dalla Fondazione Magna Grecia nelle Scuole del Mezzogiorno.

A seguire la lectio magistralis di Antonio Baldassarre, Presidente Emerito della Corte Costituzionale, che si soffermerà che dialogherà con gli studenti anche sui temi di cogente attualità legati alla nostra Carta Costituzionale.

L’evento sarà moderato da Fabrizio Frullani, vice direttore del Tg2. (rcs)

Al principe Alberto II di Monaco il Premio Internazionale Magna Grecia

«Siamo molto orgogliosi di consegnare questo premio a Sua Altezza Serenissima, il Principe Alberto II di Monaco, che nel corso degli anni ha coltivato i suoi fortissimi legami con l’Italia e si è impegnato, fin dalla sua incoronazione, nella promozione del Mezzogiorno d’Italia». È quanto ha dichiarato Nino Foti, presidente della Fondazione Magna Grecia, nel corso della cerimonia di premiazione del Premio Internazionale Magna Grecia, riconoscimento pensato per omaggiare coloro che più si sono distinti per la valorizzazione dell’italianità nel mondo, svoltosi a Roma.

«Siamo fortemente convinti che gran parte della nostra cultura occidentale nasca nelle aree della Magna Grecia, ponti tra passato e presente e nuclei identitari capaci di connettere con le proprie origini sia coloro che ancora lì vivono, sia le comunità di italiani diffuse nel mondo. Ed è in tal senso che noi, come Fondazione Magna Grecia, ci impegniamo ogni giorno», ha detto il presidente della Fondazione impegnata, da anni, nello sviluppo e nella promozione del Mezzogiorno in Italia e nel mondo, aggiungendo come «questo riconoscimento è stato istituito nel 1997, ma quest’anno è la prima volta che viene assegnato in Italia».

Il riconoscimento è stato conferito al Principe Alberto II di Monaco «per aver voluto promuovere, rafforzare e valorizzare speciali legami con l’Italia – si legge nella motivazione del Comitato dei Fondatori della Fondazione Magna Grecia –. Di particolare menzione, la promozione che Sua Altezza Serenissima ha voluto riconoscere ai luoghi storici della Famiglia Grimaldi e ai territori della Magna Grecia, antichi feudi con i quali ha voluto rinvigorire il profondo legame, mai reciso, nel corso dei secoli. Un riconoscimento, dunque, che resta significativo per il valore umanitario e l’azione che il Principe, sempre sensibile alle tematiche del nostro tempo, ha saputo imprimere nel Suo instancabile impegno internazionale».

«I legami tra il mio Paese e la mia famiglia e l’Italia, la sua capitale, e l’Italia meridionale in particolare sono innumerevoli e talvolta quasi immemorabili –. Ha commentato il Principe Alberto II di Monaco –. Sono profondamente colpito dall’attribuzione di questo premio che sono lieto di ricevere personalmente, oggi. Lo interpreto come un riconoscimento e, al tempo stesso, un incoraggiamento a proseguire il viaggio che ho intrapreso per incontrare le genti, gli amministratori locali e le forze vitali dell’Italia meridionale».

Negli anni precedenti sono state insignite del Premio Internazionale Magna Grecia personalità quali, tra gli altri, il regista premio Oscar, sceneggiatore e produttore cinematografico Giuseppe Tornatore, il Presidente Mediaset Fedele Confalonieri, il Presidente della Repubblica Argentina, Mauricio Macri, il Governatore dello Stato di New York, George Pataki, il medico, biologo e accademico statunitense, Robert Gallo e il fisico, imprenditore, inventore del microprocessore e del touchscreen nonché candidato al Premio Nobel per la Fisica, Federico Faggin(rrm)

A Sibari riflessioni su cultura, innovazioni e valorizzazione del territorio con la Fondazione Magna Grecia

Sono emersi importanti spunti di riflessioni su cultura, innovazione e valorizzazione del territorio, nel corso del convegno “Percorsi di Sviluppo del Territorio tra Cultura E Innovazione”, organizzato dalla Fondazione Magna Grecia in collaborazione con Enea – Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie l’energia e lo sviluppo economico sostenibile e Parchi Archeologici di Crotone e Sibari” e svoltosi al Museo Archeologico di Sibari.

L’evento è stato aperto dai saluti dell’Assessore Annamaria Bianchi e ha visto la partecipazione di autorevoli relatori che si sono soffermati e hanno analizzato nei vari aspetti come l’innovazione tecnologica possa essere determinante per la valorizzazione dei beni culturali e lo sviluppo del territorio.

Nino Foti, presidente della Fondazione Magna Grecia, ha aperto il convegno citando l’intervento di Giovanni Pugliese Caratelli, tra i maggiori esperti di storia antica, durante il primo Simposio internazionale sulla Magna Grecia nel 1987, in cui lo studioso ricordava l’importanza di tener vivo nel nostro Paese il ricordo della tradizione civile italiota.

«La nostra presenza a Sibari è significativa – ha spiegato – perché qui la Magna Grecia, culla della civiltà occidentale, affonda le sue radici. Questo territorio era particolarmente fertile con una produzione agricola, e soprattutto vinicola, importante, che ha alimentato il mito della “dolce vita” della città di Sibari, caratterizzato dalla sfarzosità dei banchetti, dal consumo smisurato di vino e da abitudini esageratamente lussuose. Per la nostra Fondazione essere qui non è solo un ritorno alle sue origini, ma è anche un grande orgoglio, dal momento che uno dei membri del Comitato scientifico della Fondazione, Pier Giovanni Guzzo, condusse una campagna di scavi archeologici tra il 1969 e il 1975 a Sibari rinvenendo non una, ma ben tre città».

«La parabola storica di Sibari che, distrutta da Crotone, venne rifondata dagli Ateniesi con il nome di Turi – ha concluso – per poi passare sotto il controllo dei Romani che la ribattezzarono Copia, è del tutto eccezionale. Oggi, da ospiti visitatori ne ammiriamo le antiche rovine e una bellezza che, riconosciuta in antico, non è mai tramontata».

Fabrizio Frullani, vice direttore del Tg2, ha moderato i due panel del convegno. Il primo è stato dedicato a “Territorio e cultura” e ha visto la partecipazione in collegamento del direttore Generale Musei Ministero della Cultura, Massimo Osanna. Successivamente sono intervenuti Antonio Baldassarre, Presidente emerito della Corte Costituzionale, Filippo Demma direttore Parchi Archeologici di Crotone e Sibari, Ugo Picarelli, Fondatore e Direttore della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico e Florindo Rubbettino, Ceo di Rubbettino Editore.

In questa tavola rotonda si è evidenziata la straordinaria rinascita del Museo Nazionale Archeologico della Sibaritide che, sotto la guida di Demma, è diventato un vero e proprio punto di incontro per la comunità, portando a esempio il recente successo ottenuto dal Vinitaly, svoltosi recentemente al Parco archeologico di Sibari e che ha visto la partecipazione di circa 20 mila persone. In questo senso si è rivelata fondamentale l’autonomia gestionale dei musei attuata in questi anni nel nostro Paese e, in questo nuovo contesto, l’aiuto delle nuove tecnologie possono rendere i musei accessibili a 360°.

La seconda parte del convegno è stata dedicata al tema “Territorio e innovazione”. Hanno preso la parola Giovanni Papasso, sindaco di Cassano all’Ionio, Donatella Armentano, Ordinario di Chimica Generale ed Ingegneria Università della Calabria, delegata del Rettore per i Laboratori e le Infrastrutture di Ricerca, Paolo Praticò, Dirigente Generale Dipartimento Sviluppo Economico e Attrattori Culturali Regione Calabria, da remoto Giovanni Portaluri, Responsabile Investimenti Pubblici Invitalia, Francesco Cicione, Presidente Entopan, Giorgio Graditi, Direttore Generale Enea e Paolo Mauriello, Ordinario di Geofisica applicata Università degli Studi del Molise, già Direttore Itabc Cnr.

In questo panel si è parlato degli investimenti che la Regione Calabria sta effettuando per avviare la digitalizzazione dei beni culturali e di tutti quei progetti che potranno coinvolgere i giovani, con l’obiettivo di farli rimanere nella propria terra. Si è anche parlato delle fasi fondamentali per realizzare al meglio questi investimenti, che sono la programmazione e la condivisione. Inoltre, è stato ribadito come Magna Grecia debba diventare un punto di incontro fra sapere umanistico e sapere tecnologico.

Le conclusioni dell’evento sono state affidate ad Antonello Colosimo, presidente Odv Fondazione Magna Grecia, che ha passato in rassegna i tratti salienti degli interventi dei relatori che si sono alternati nel corso dell’evento.

A proposito del Museo, Antonello Colosimo ha elogiato il lavoro di Demma che ha coniugato l’innovazione nella tradizione e ha annunciato la volontà di realizzare una convenzione con il Parco Archeologico di Sibari, dichiarando: «Sono venuto a visitare questo Museo quattro anni fa e lo spettacolo che si presentava davanti ai miei occhi era di una tristezza mortificante. Una ricchezza non valorizzata. Il direttore Demma ha dimostrato cosa vuole dire fare un percorso di innovazione nella tradizione».

«Questo rappresenta – ha concluso – il valore di un uomo che sa dare concretezza alla storia. L’autonomia gestionale ha trasformato i musei da luoghi polverosi in cui rifugiarsi se pioveva, in luoghi che raccontano la storia della cultura della nostra civiltà. Siamo la prima potenza mondiale culturale e dobbiamo puntare a essere un punto di riferimento in Europa e nel mondo». (rcs)

Al Museo Nazionale Archeologico di Sibari il convegno su Percorsi di sviluppo del territorio tra cultura e innovazione”

Domani mattina, al Museo Archeologico della Sibaritide, alle 9.30, si terrà il convegno Percorsi di Sviluppo del Territorio tra Cultura E Innovazione, organizzato dalla Fondazione Magna Grecia in collaborazione con Enea – Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile eParchi Archeologici di Crotone e Sibari”.

Dopo i saluti di Giovanni Papasso, Sindaco di Cassano all’Ionio, l’evento sarà introdotto da Nino Foti, Presidente Fondazione Magna Grecia.Seguiranno quindi due panel di approfondimento tematico, che saranno moderati dal giornalista Fabrizio Frullani, Vice Direttore del Tg2. Nel primo, dedicato a “Territorio e cultura”, interverranno Antonio Baldassarre, Presidente emerito Corte Costituzionale, Filippo Demma Direttore Parchi Archeologici di Crotone e Sibari, Massimo Osanna, Direttore Generale Musei Ministero della Cultura, Ugo Picarelli, Fondatore e Direttore della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, Paolo Praticò, Dirigente Generale Dipartimento Sviluppo Economico e Attrattori Culturali Regione Calabria e Florindo Rubbettino, CEO Rubbettino Editore.

La seconda parte del convegno sarà dedicata al tema “Territorio e innovazione”. Prenderanno la parola Donatella Armentano, Ordinario di Chimica Generale ed Ingegneria Università della Calabria, Delegata del Rettore per i Laboratori e le Infrastrutture di Ricerca, Francesco Cicione, Presidente Entopan, Aldo Ferrara, Presidente Unindustria Calabria, Giorgio Graditi, Direttore Generale Enea, Paolo Mauriello, Ordinario di Geofisica applicata Università degli Studi del Molise, già Direttore Itabc CNR e Giovanni Portaluri, Responsabile Investimenti Pubblici Invitalia.

Le conclusioni saranno affidate ad Antonello Colosimo, Presidente Odv Fondazione Magna Grecia. (rcs)

Nicola Gratteri alla Camera: «La mafia oggi va braccata sulle reti digitali»

di PINO NANO – «Sul piano del contrasto alla criminalità organizzata e alle sue nuove forme, abbiamo perso molto know how. Fino a sei o sette anni fa, le nostre forze dell’ordine erano le migliori, “davano le carte” in tutti i più importanti tavoli internazionali, oggi non è più così. E questo perché chi ha programmato il Paese negli ultimi dieci, quindici anni non ha avuto capacità di visione».

-Procuratore Gratteri, come se ne esce?

«Serve che il Governo decida di investire in software, e serve farlo subito. Serve assumere ingegneri informatici, oltre che coprire le piante organiche delle forze dell’ordine C’è chi dice limitiamo e torniamo indietro sulle intercettazioni, torniamo al maresciallo anni 50. Se non capiamo e non ci rendiamo conto che oggi un telefonino è più potente del computer che ha consentito all’uomo di atterrare sulla Luna e che possiamo ordinare sul dark web due tonnellate di cocaina comodamente dal salotto, e allo stesso tempo sento dire che bisogna tornare ai pedinamenti, io mi preoccupo, rabbrividisco e mi arrabbio. Le mafie e la criminalità mutano col mutare della società».

Nicola Gratteri non fa sconti a nessuno, e si sbagliava chi immaginava che una volta destinato a Napoli a guidare la Procura più grande d’Europa, se ne stesse richiuso nel silenzio ovattato della sua stanza, sulla parte più alta e inaccessibile del grattacielo che ospita la Procura napoletana. 

Ieri alla Camera dei Deputati è tornato a tuonare contro tutto il sistema che oggi gestisce la macchina burocratica della giustizia italiana. Ma soprattutto, è tornato in cattedra, su invito della Fondazione Internazionale Magna Grecia, per spiegare come anche la mafia abbia rivoluzionato la sua vita interna, adeguandola alla tecnologia più avanzata del momento. Del resto, commenta il procuratore di Napoli, viviamo nell’era dell’Intelligenza Artificiale e dovevamo pure aspettarcelo.

Nessuno dieci anni avrebbe mai potuto immaginarlo, ma oggi la mafia controlla e governa anche le reti digitali di tutto il mondo. Come? Semplice. Dialogando con gli altri, conquistando la gestione diretta del mondo dei social, entrando in contatto con il mondo digitale. Questo del procuratore Gratteri sembra quasi il racconto avveniristico di un fenomeno nuovo, ma questa – avverte – è la realtà con cui gli investigatori da oggi in poi dovranno fare i conti. Un mondo completamente diverso da quello di un tempo, scandito oggi da contatti in rete e da algoritmi che solo in pochi sanno ancora governare bene, e tra “questi pochi” ci sono anche le mafie. 

Ma tutto questo ce lo spiega straordinariamente bene il Rapporto presentato ieri a Roma, alla Camera dei Deputati, dal Presidente della Fondazione Magna Grecia, l’onorevole Nino Foti, e di cui Nicola Gratteri ne è stato testimonial.

«La rivoluzione digitale – si legge nel rapporto della Fondazione – ha cambiato il modo di comunicare di tutti noi, compreso quello delle mafie. Nel grande ecosistema digitale, i Social Network Sites (Sns) sono i vettori privilegiati di interazione e diffusione dei contenuti. Dai pizzini ai social network, anche le mafie si sono adeguate al mondo digitale. Oggi comunicano con post, video e tweet, usati per parlare tra clan, per lanciare messaggi di avvertimento, per dare istruzioni, ma anche per arruolare nuove leve con codici e linguaggi che sembrano appartenere a veri e propri influencer». 

Utilizzano droni e sommergibili radiocomandati per trafficare in droga e armi, assoldano i migliori hacker del mondo, agiscono con disinvoltura sul web – dove hanno oramai spostato molte delle loro attività – creano banche online per riciclare denaro, cominciano a usare l’intelligenza artificiale. Sono queste le nuove mafie, sempre più abili a cavalcare l’onda dell’innovazione tecnologica e informatica per ampliare il loro raggio di azione e aumentare i profitti. 

-Cose che il Procuratore Nicola Gratteri racconta e spiega al Paese da anni.

Grazie alla loro grande capacità di adattamento le mafie sono diventate ormai organizzazioni ibride, capaci cioè di operare tanto nella realtà analogica quanto in quella digitale. Al tradizionale pizzo affiancano le estorsioni online, puntano sul metaverso e sul dark web. Se prima andavano alla ricerca di avvocati, commercialisti, broker, notai, agenti immobiliari… oggi, cercano ovunque ingegneri informatici, hacker e drug designer. La mafia corre in rete insomma, e corre veloce, mentre imprese e istituzioni arrancano affannosamente in un’eterna carenza e inadeguatezza di risorse e di personale specializzato. 

Tradotto in parole più semplici vuol dire che Facebook, YouTube, Twitter, Instagram e TikTok, in quest’ordine, si sono impadroniti della rete, dei nostri computer e dei nostri smartphone, creando una dimensione osmotica che integra e spesso risponde a quanto avviene nel reale. Le mafie, dunque, raccontano sé stesse e si (ri)specchiano nei post di denuncia dell’antimafia sociale: se gli esperti prima interpretavano il fenomeno organizzandone il racconto, ora si può assistere al reality show delle mafie semplicemente aprendo le nostre app e selezionando il flusso di contenuti suggeriti dagli algoritmi, o seguendo i trend virali degli hashtag o delle canzoni trap e neomelodiche. In tal senso, si è dimostrato quantomai necessario uno studio delle dinamiche performative dei mafiosi online.

Un report che non mancherà di far discutere e di essere analizzato da quanti ogni giorno si confrontano con questo tema e che racconta il “fenomeno criminale” attraverso un’analisi di 90 GB di video TikTok, due milioni e mezzo di tweet, 20mila commenti a video YouTube e centinaia fra profili e pagine di Facebook e Instagram, “«dai quali emergono – spiega il Presidente della Fondazione onorevole Nino Foti le caratteristiche di un fenomeno che sembra affermarsi sempre di più in una mescolanza dai confini labili tra reale e virtuale».

Ne emerge un immaginario digitale delle mafie che si alimenta in maniera circolare: i social sono lo specchio e il motore di aggiornamento costante (updatism) della cultura criminale mafiosa che risemantizza i vecchi immaginari costruendo consenso attraverso una bulimica creazione di contenuti. Come navigati influencer i rampolli delle mafie promuovono, attraverso la ridondanza del lusso, il successo del loro brand criminale. La generazione Z dei clan e delle paranze sta cambiando il volto delle organizzazioni criminali mostrando quanto sia necessario saper gestire la scena digitale per ottenere consenso ed essere riconoscibili in quanto mafiosi all’interno di una società in cui informazione e consumi rendono tutti uguali. 

Non a caso il Procuratore Nicola Gratteri ha tenuto ancora una volta una delle sue solite lezioni magistrali sul ruolo fondamentale che la scienza informatica può dare oggi a chi come lui dà la caccia ai latitanti della Ndrangheta in tutto il mondo, ricordando anche  – e sottolineando più volte- che nel paragone con altri sistemi giudiziari internazionali non sempre siamo i primi, «ma potremmo diventarlo se si investisse di più nella lotta al mondo organizzato del crimine, come fanno per esempio gli americani, un sistema che non condivido anche se più pragmatico del nostro, o come fanno ancora meglio gli israeliani che hanno capito meglio di tutti gli altri quanto il controllo della rete sia fondamentale per capire cosa si muove attorno a noi e come intervenire in tempo per evitare il peggio».

Ma anche su questo Nicola Gratteri va giù pesante.Il Procuratore di Napoli spiega infatti che il tema è attualissimo «ma i dati legati al rapporto che intercorre tra il mondo organizzato del crimine e il mondo digitale è in perenne trasformazione, e che quindi i dati di oggi tra sei mesi non saranno più utili. Da qui la necessità di riaggiornarli continuamente e si sottoporli ad analisi continue».

La ricerca, realizzata nel pieno rispetto della privacy, alla fine ha dimostrato che l’utilizzo dei social network rendono trasparenti i processi di comunicazione delle mafie in cui “fan”, simpatizzanti promuovono il “brand” attraverso un’estetica del potere che esalta il lusso e l’onore, e quindi il successo dell’organizzazione anche attraverso il ricordo di chi ha dato la vita e di chi ha patito il carcere per giungere a questo risultato. Tutte cose che Nicola Gratteri aveva già anticipato dieci anni fa, quando per la prima volta si incominciava a parlare di queste cose. 

I primi a comprendere l’importanza dei social media – racconta lo studioso italoamericano Antonio Nicaso che prende la parola subito dopo Nicola Gratteri – sono stati i cartelli messicani, dando sfoggio della loro potenza militare, ma anche della loro esasperata violenza.

«Su Youtube postavano i video delle loro efferatezze, simili a quelle dei jihadisti che decapitavano i loro nemici. Quei video hanno fatto da apripista. Nel vortice di una violenza sempre più ibrida, vistosamente comunicativa, sono finiti anche webmasters, cantanti neomelodici, rapper e trapper. Si è passati dalle ballate che raccontavano le gesta dei rivoluzionari messicani ai narcocorrido, le musiche popolari che descrivono, a volte celebrandole, le imprese dei narcos».

«Oggi sui social media c’è di tutto. Senza più il filtro di un regista, di uno sceneggiatore, di un autore. Oggi sono loro a rappresentarsi, a raccontarsi, a celebrare il mondo dei nuovi ricchi che, grazie ai narcopesos, vestono Armani e girano in Ferrari al fianco di ragazze strepitose. Anche i mafiosi sono diventati prosumer, consumatori e produttori di quello che in Nord America viene definito “cyberbanging”, ovvero l’esaltazione dei comportamenti, del tenore di vita di chi si è arricchito con i proventi delle attività criminali».

«Sembra quasi impossibile da credere, ma la cultura dei Meme sta prendendo il sopravvento su quella dei pizzini, contribuendo a svecchiare i miti del passato e a creare nuove narrazioni. La crescente iper-connettività – spiega bene il report della Fondazione Magna Grecia – ha portato a una diluizione dei confini tra la vita online e quella offline, con conseguenze significative sulla nostra antologia del presente».

E non a caso in prima fila ancora oggi c’è lui, Nicola Gratteri, il nemico numero uno di questa nuova Mafia digitale. (pn)